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Una marcia per.... fermarsi!

Francesca, del GIM di Bari, racconta la sua esperienza alla marcia Perugia-Assisi del 7 ottobre 2018.

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Carissimi,

mi chiamo Francesca, ho 25 anni e frequento il cammino GIM di Bari da due anni. Quando ho letto della marcia Perugia-Assisi del 7 ottobre ho subito sentito l’esigenza di prendervi parte. In un primo momento mi piaceva l’idea del cammino, cioè del momento di condivisione che viene a crearsi con gli altri lungo la strada: ci si racconta esperienze di vita, si approfondisce la conoscenza di qualcuno che magari si frequenta anche abitualmente. Ma la marcia della pace Perugia-Assisi non è stato questo. Quando ero lì ho subito notato non tanto l’enorme quantità di gente che eravamo, ma soprattutto la varietà di generazioni: giovani, adulti, anziani, bambini. Dai più piccoli ai più grandi, tutti lì, giunti a Perugia per mettersi in marcia…

Ma perché marciare per la pace? Non potevamo piuttosto spendere quella giornata (forse anche qualcosa in più!) per “fare” qualcosa per costruire la pace? No. Era necessario lanciare un segnale, tutti insieme. Era necessario, paradossalmente, fermarsi. Dalla nostra quotidianità, dalle nostre attività, dal nostro “fare”, per dire, invece, noi ci siamo! E ri-unirci per accorgerci della bellezza di quanti siamo a volere la pace. E la marcia è stata la metafora della fatica: non possiamo desiderare la pace senza accorgerci di quanto è “dura” ottenerla, di quanto è scomodo ottenerla, così come è stato scomodo per noi camminare sotto la pioggia, l’umidità, attendere ore di coda nei bar; e per gli altri, impegnati a non circolare con le auto lungo quelle strade, per consentire il nostro passaggio, costretti, in qualche modo, a modificarsi, per un giorno, per la pace.

“Tutte le volte che salgo su una cima di un monte mi accade di trovarla più familiare, nel terreno, nei sassi, nelle erbe, e meno misteriosa di quanto l'immaginavo tendendo ad essa, ma l'orizzonte mi sorprende sempre.”

Come scriveva Aldo Capitini, immaginiamoci la pace come la cima di quel monte, che è lontana ed estranea solo se non proviamo a scalare, con il coraggio di sognare orizzonti nuovi.

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