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Rut: La giustizia sposa il diritto

SOLIDARIETA’

 

1.            Qualità, condizione, di chi è solidale con altri.

2.            Sentimento di fratellanza, di vicendevole aiuto, materiale e morale, esistente fra i membri di una società, una collettività.

3.         Nelle obbligazioni con più soggetti, vincolo in forza del quale ciascun creditore ha diritto di esigere l’intero credito e ciascun debitore può essere costretto a pagare tutto il debito, con l’effetto di estinguere l’intera obbligazione.

                                                                       

                                                                        (Dal vocabolario della lingua italiana Zingarelli)

 

 

 

RUT

 LA GIUSTIZIA SPOSA IL DIRITTO

 

 

Un modello differente della giustizia è dato da Rut, donna del Nord che, accompagnando Noemi, fa la scelta preferenziale del Sud. Può essere assunta a simbolo di una scelta, oggi fondamentale, che Chiese, organismi internazionali, partiti, scienza e tecnologia, nonchè gli individui singolarmente, devono fare per accompagnare il Sud del mondo, impoverito dal Nord.

Accanto a Rut e Noemi, Booz, che con la forza del suo coraggio e con il diritto riesce a trovare una soluzione giuridica a un problema di giustizia, può essere simbolo della prevalenza del lavoro legislativo, dell’importanza dei diritti umani e dei popoli e dei nuovi modelli economici fondati sulla giustizia e la solidarietà.

Con il libro di RUT si reinventa il principio giuridico del “goel della misericordia”, il redentore, il difensore, il padrino, lo sponsor dell’oppresso, sul quale incombe il dovere di riscattare i beni e le persone che, per unasopraggiunta avversità, sono diventati proprietà di un estraneo, e farli tornare in possesso del proprietario originale. Pratica, questa, tuttora in uso nelle comunità ebraiche sparse per il mondo, in diaspora: a chi cade in disgrazia, fallisce o ha un crac finanziario è data la possibilità concreta di rimettersi in piedi con l’aiuto della comunità.

Nel libro di RUT ritroviamo la soluzione popolare comunitaria, che si realizza a partire dalla concomintanza e collaborazione di più persone: la fede di Elimelech, l’iniziativa e la dolcezza di Noemi, la scelta dei poveri da parte di Rut, il senso del diritto e della giustizia di Booz.

E’ un progetto popolare più umano rispetto agli altri progetti del tempo pensati dai grandi capi per risolvere i mali del popolo dopo la dispersione di Babilonia: quello di Esdra, basato sull’ordine, la legge, la purezza della razza, che assomiglia allo sviluppo fondato sulla crescita economica e che oggi potremmo identificare nel progetto del capitalismo selvaggio; quello di Neemia, basato sulla restituzione delle terre ai poveri; e quello di Zorobabele e Giosuè, fondato sulla riaggregazione intorno al culto.

E’ un progetto in cui i ruoli e le vocazioni di ognuno, e quindi i loro stessi nomi, sono significativi, secondo il linguaggio metaforico della Bibbia, dei valori indispensabili per costruire il progetto stesso. Nel caso del libro di RUT: la fede di Elimelech e la certezza che solo Dio è capo, la dolcezza e la determinatezza di Noemi, la scelta dei deboli fatta da Rut, l’amica, e la forza e il coraggio di Booz. Tutti concorreranno al progetto comunitario secondo i canoni di Dio e alla nascita del vero figlio di Dio, l’uomo nuovo, il servo obbediente, OBED.

 

 

DI CHI E’’ QUESTA DONNA?  (Rut  2,5)

 

Il Signore è rimasto in ombra in tutto il racconto ma la commozione del cuore di Booz sembra nascere da un cuore che si è lasciato plasmare dalla Parola del Signore, una Parola che prima di tutto chiede una profonda solidarietà con i deboli. La tenerezza di Booz è essa stessa l’intervento di salvezza operato da Dio verso le due donne. Booz si era chiesto “di chi è questa donna?” Alle cure di chi è affidata? La risposta della narrazione biblica è: a Booz!

 

Di chi è il povero? Di chi è lo straniero? Di chi sono la vedova e l’orfano? Di chi è il dolore del mondo, la solitudine del mondo? E’ mio, tuo, nostro. Questo è quanto il libro di Rut ci offre come risposta alla domanda di Booz.

 

 

 

UN’ATTUALIZZAZIONE DEL LIBRO DI RUT

 

Negli anni del dopoguerra, anni di grande fame e miseria per il Sud, una coppia di contadini decise di emigrare al Nord.

Lui era un uomo saggio molto credente, che riconosceva come capo supremo della propria vita solo Dio e nessun altro, nè generali, nè eccellenze, nè signori padroni, nè assessori corrotti, nè capi mafiosi. E infatti usava dire, quando parlava, a mò di intercalare “Dio è il mio capo” (Elimelech), e non tutte queste eccellenze, finti capi, pezzi da novanta e mezzi capi.

Quest’uomo aveva una moglie devota e buona, la cui qualità maggiore era però la dolcezza (Noemi), tanto che l’avevano soprannominata “commare zucchero e miele”.

Avevano due figli, ai quali si vedeva bene che l’aria del Nord non giovava, con tutto quello smog e l’inquinamento industriale. E infatti l’uno era delicatino e magrolino, tanto che lo avevano soprannominato “il malatino” (Maclon), l’altro era tanto fragile e macilento che la gente, con malgarbo, l’aveva soprannominato “tienimi che ti tengo” (Chilion), perchè sembrava sempre che stesse per cadere.

Dopo parecchi anni di vita faticosa e piena di umiliazioni, il saggio e tenace difensore dell’assoluta regalità del suo Dio, Elimelech, morì, e morirono anche, a pochi mesi l’uno dall’altro, i due figli: quello che la gente chiamava, non proprio a torto, “il malatino” a seguito di un forte esaurimento nervoso, l’altro di consunzione. Funesti presagi di due soprannomi! Ai funerali era venuta una vecchia compaesana che aveva detto alla vedova, per rincuorarla, perchè mai non se ne tornasse al paese, dal momento che finalmente ora lì il pane c’era in tutte le case, tanto che, nella smania dei soprannomi, quel paese l’avevano chiamato “la casa del pane” (Betlemme). Queste parole fecero scattare qualcosa nel cuore della donna ela poveretta, che dopo tutti quei lutti se ne era sempre rimasta a letto, repentinamente si alzò in piedi e decise di ritornare al Sud a casa sua. Mandò a chiamare le due nuore, che erano rimaste vedove così giovani, e disse loro: “Io me ne torno a casa perchè sono vecchia, stanca e amareggiata: Non sono più “commare zucchero e miele”, oramai sono “commare bocca di fiele” (Mara), perchè troppo amara è stata la vita con me. Voi restate pure qui, non sentitevi obbligate verso di me e cercate di rifarvi una vita.”

Erano molto diverse le due nuore: l’una vedeva le cose sempre con lo sguardo del pregiudizio, l’altra invece con quello dell’aspettativa. L’una vedeva le cose del Sud, la sua cultura e la sua gente con lo sguardo dello spavento, l’altra con quello della speranza. Delle due, l’una, dopo una lieve reticenza, fu perfettamente d’accordo di rimanere al Nord fra la sua gente; non aveva, infatti, nessuna voglia di andarsene fra quegli zulù e fu pronta e lesta a girare le spalle (Orpa) e a tornare a casa di sua madre. L’altra, invece, aveva teneramente amato il proprio marito e, amandolo, aveva capito in profondità la gente del Sud e coninuava ad amare quella gente e a esserne amica (Rut). Disse allora alla vecchia suocera: “Verrò con te, la tua gente sarà la mia gente, il tuo Dio, i tuoi valori e la tua cultura saranno anche i miei”. Le due donne si misero in viaggio e arrivarono, infine, al paese.

Erano lì da pochi giorni e Rut, donna forte e coraggiosa, non si lasciò abbattere dall’angosciosa situazione e decise di cercare subito un lavoro e, pur avendo un diploma di infermiera, non disdegnò di andare come bracciante nei campi a raccogliere pomodori. Per fortuna, o perchè la Provvidenza ci aveva messo una mano, come dicono i vecchi, il campo in cui fu portata era quello di “compare forza e coraggio” (Booz), un loro lontano parente, soprannominato così perchè incoraggiava sempre tutti e diceva: “Forza, coraggio, alzatevi in piedi, ce la farete”. Non poteva capitare meglio, Rut.

Quando “commare zucchero e miele” ebbe saputo della buona accoglienza fatta a Rut da “compare forza e coraggio”, pensò che esse erano due donne sole, povere, e che nessuno le avrebbe protette meglio di “compare forza e coraggio”. Così architettò un piano perchè il compare, già intenerito per la ragazze e la loro situazione, rimanesse compromesso con lei e la sposasse. Rut eseguì il piano della suocera e trovò il modo di stare sola con il compare, mostrandogli le sue grazie e mettendosi sotto la sua protezione.

Il compare rimase commosso, anche del fatto di essere preferito lui, che giovane proprio non era più, ai giovanotti del paese. Avrebbe potuto offrire a Rut la sua protezione, tenerla in casa e mantenerla insieme con la vecchia. Ma in questo modo l’avrebbe legata a sè con un rapporto di sottomissione e dipendenza. No! Egli, che non a caso la gente aveva soprannominato in quel modo, avrebbe risolto quel problema con forza e coraggio. Intuì che non doveva cercare nel chiuso della propria casa la soluzione al problema angoscioso delle due donne e di tante altre persone. Non avrebbe risolto quel caso facendo un favore. Intuì che, per il fatto che non era alle strette e non era indebolito dalla povertà, avrebbe potuto trasformare quel problema da individuale in collettivo, da problema delle due donne in problema di tutti quelli che stavano in una situazione simile, da cosa di famiglia in cosa della comunità, da problema personale in problema sociale e politico, da favore in diritto. Doveva far sposare la giustizia con il diritto.

Il giorno dopo, di buon mattino, andò a chiamare il parente più stretto della vecchia “commare” e con lui si recò in tribunale per vedere se egli volesse acquistare la povera terra delle due donne, l’ultima misera proprietà, pure gravata da ipoteche, che era rimasta loro. Ai magistrati, un po' meravigliati (era questa, infatti, una prassi nuova, perchè normalmente chi cadeva in disgrazia svendeva la propria terra, che così, senza troppi problemi, passava nelle mani di chi sapeva approfittare della situazione), ai giudici stupiti, “compare forza e coraggio” espose il caso e dinanzi ad essi domandò al parente più stretto se volesse comprare lui la terra delle donne. Naturalmente quell’uomo già pensava tra sè e sè: “Potrò comprarla per poco, perchè sono due donne, poco ne capiscono e sono strette dalla necessità”. E così disse: “Accetto di comprarla”.

Ma qui “compare forza e coraggio” fu proprio grande e fu lesto a legare la legge relativa alla vendita della terra alla situazione di giustizia umana, a legare cioè il diritto alla giustizia, e disse: “Se compri la terra, questa dovrà essere intestata alla vecchia suocera e alla nuora, al nome della loro famiglia”. Il parente lo guardò inebetito con la bocca spalancata come chi sta guardando un marziano: egli voleva aumentare le proprie ricchezze, non certo fare beneficienza, e disse: “Comprala tu, la terra. Fammi un po' vedere!” Fu quello che il compare fece all’istante, intestando la terra alla vecchia “commare” e instaurando così la pratica giuridica del “goel della misericordia”, del padrino del riscatto.

Dopo pochi mesi da questo straordinario evento, di cui parlarono tutte le rassegne giuridiche, “compare forza e coraggio” sposò Rut. Da lui, Rut, l’amica della gente del Sud, ha avuto un figlio, cresciuto dalla vecchia “commare”. che oggi ha trent’anni. E’ questo un vero uomo di Dio, che dedica la propria vita alla giustizia e alla pace.Per questo anche a lui la gente del paese ha dato un soprannome, lo hanno chiamato: “quello che ci dà una mano”, “il servitore” (Obed).

 

 

 

DALLA COMPLICITA’ ALLA SOLIDARIETA’

 

La Risurrezione, la Pasqua planetaria, è quella nella quale gli uomini riescono a “fare esodo” dalla solidarietà ristretta, che è complicità, per entrare nella terra promessa della solidarietà allargata.

La solidarietà non è più soltanto complicità quando diventa universale, cioè quando stabilisce regole (giustizia e diritti umani) di uguaglianza. Quando l’uguaglianza si misura sulle pari opportunità di godere delle risorse del pianeta e quando le differenze non sono considerate motivo di inferiorità a beneficio del più forte, del più aggressivo, del più potente, ma sono valorizzate. Quando, cioè, si raggiunge l’unità nella diversità.

La solidarietà ristretta, all’interno del proprio sesso,della propria generazione, della propria famiglia, del proprio gruppo etnico, della propria regione o nazione, è complicità, mentre quella allargata diventa non solo atto politico, ma anche espressione della tenerezza di Dio, diventa civiltà della tenerezza.

La solidarietà familiare, allora, è ristretta ed è semplice complicità quando la famiglia è chiusa e arroccata intorno al proprio buon nome e al proprio onore. E’ solidarietà allargata quando diventa famiglia aperta: all’affido, alle adozioni, alle case famiglia...., fondandosi sulla cura dei più deboli.

La solidarietà vicinale, di condominio, di quartiere o di paese, è ristretta quando è fondata su ciò che dice la gente, sul salvare le forme, mentre è allargata quando è aperta alle esperienze comunitarie, fondate sulla condivisione di vita.

La solidarietà di gruppo (etnico, razziale, regionale, nazionale) è ristretta quando è corporativa oppure difende i propri interessi economici o i propri confini. E’ invece allargata quando è fondata sulla gratuità, difende gli interessi dei più deboli e considera ogni uomo un fratello.

La solidarietà sessuale che mira a escludere e a considerare inferiore l’altro sesso, a tutto beneficio del proprio, è una solidarietà ristretta, è complicità, mentre è allargata la solidarietà che si fonda sulla complementarietà delle differenze.

La solidarietà partitica fa danni enormi e diventa potere, invece di servizio, quando si fonda sulla cultura dell’appartenenza e del clientelismo, mentre è solidarietà allargata quando è condivisione di valori e di progetti per il bene comune.

Infine è solidarietà ristretta quella soltanto interumana, cioè che è solo fra gli uomini e ignora gli altri esseri viventi della natura. E’ allargata quando è cosmica.

In questo passaggio da ristretta ad allargata, la solidarietà diventa forma di governo politico, atto politico.

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