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Lc 16, 19-31: La parabola del ricco Epulone...

Gim

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La parabola del ricco Epulone (Lc 16,19-31)Â….

                                            Â… quel vangelo che se ti prende non ti da più pace !!!

 

 

Le sorti invertite

 

            "C'era una volta un uomo molto ricco". Non è una favola, ma una parabola. Inizia come le favole: "C'era una voltaÂ…". Come vorrei che questa pagina fosse favola! Ed invece è una parabola, cioè una pagina "vera" per tutti i tempi, anche per il nostro tempo.

 

            Ecco al descrizione del ricco: vestiva di lusso, con abiti molto costosi: il suo look! Faceva continue feste e grandi banchetti; simbolo della civiltà dei consumi, dello spreco. Ma questo ricco per Gesù non ha nome, né volto. Eppure il personaggio chiave, il protagonista della parabola è lui. E' commento al monito terribile di Gesù riportato da Luca: "Guai a voi ricchi che siete sazi" (6,24) di allora e di oggi.

 

            "C'era anche un povero"Â… ha un nome: Lazzaro. Gesù glielo dà: il nome dei poveri sta scritto nel cuore di Dio; nel libro della vita. I poveri Dio li conosce per nome, uno per uno, e li ama con amore preferenziale. Cristo ama tutti, è morto per tutti. Ha preferito i poveri. Verso di essi esercitò con preferenza il ministero. Di essi volle condividere la sorte: "Da ricco che era si fece povero, per farci ricchi della sua povertà." (2Cor 8,9).

 

Lo descrive vicino alla porta del palazzo con tre penellate:

1.      Divorato dalla fame:  mendica gli avanzi;

2.      Tutto coperto di piaghe: demolito fisicamente per denutrizione;

3.      Perfino i cani vanno a leccargli le piaghe: è devastato dentro dalla miseria.

 

Verrebbe da dire a Cristo: "Sei esagerato!"; se non sapessi che nelle parole del Signore vibra, pulsa, brucia il dolore, la passione del cuore di Dio per i tanti Lazzari del terzo mondo e  del quarto mondo che è il nostro.

 

"Un giorno il povero Lazzaro morì". E' toccato prima a lui, al povero. Per tanti poveri la morte è una liberazione e " fu portato dagli angeli nel seno di Abramo".

 

"Poi morì anche il ricco". Strano: è morto anche lui! Aveva tutto: soldi, amici, medici, medicine. E' morto anche lui. Per lui si la morte è una terribile disgrazia. Non solo per quello che lascia di qua, ma per quello che lo aspetta di là.

 

Lassù le sorti sono invertite, capovolte. Lazzaro in pace, nel seno di Abramo. Il ricco anonimo nell'inferno; quel fuoco: mi fido di Dio, il quale dice che si soffre terribilmente. Solo che il grande abisso, che separa le due sponde, non l'ha scavato Dio, ma l'ha scavato lui, l'uomo ricco, con i suoi egoismi e avidità. Questa parabola di Cristo sovverte, sconvolge, mette in crisi tutti i trattati della nostra morale tradizionale. Notate che il ricco non ha fatto nulla di male al povero; diremmo noi che non ha commesso alcuna ingiustizia. Solo non si è accorto del povero Lazzaro, o si è comportato come se accorto non si fosse. Ha peccato di omissione: peccati più simili al nulla… Chi li avverte? Chi li denuncia? Chi li confessa? Se si fosse confessato avrebbe trovato un prete compiacente che lo avrebbe assolto con qualche Pater, Ave, Gloria. Cristo no! All'inferno l'ha mandato, separato da un "grande abisso"! Con questa pagina nel cuore, la parabola fa d sfondo per scoprire i poveri vicini, i Lazzari di casa nostra, i poveri lontani: i Lazzari del sud del mondo.

 

 

Gesù e i poveri

 

Anzitutto quale fu l'atteggiamento di Gesù verso i poveri? Nasce povero: secondo la logica umana Dio che fa irruzione nella storia avrebbe potuto nascere a Roma, in un palazzo imperiale. Sarebbe stata un incarnazione teologicamente perfetta. Anche così sarebbe stato vero uomo e vero Dio. Ma nulla di nuovo sarebbe cominciato sulla terra. Da sempre il mondo si regge con la ricchezza e con la potenza. Nessun corso nuovo nella storia. Ma Gesù nasce uno stupore nuovo…un nuovo Giubileo.

 

E il suo Giubileo lo dichiara a Nazaret nella sinagoga: "Lo Spirito del Signore è su di me, mi ha mandato ad annunciare la buona novella ai poveri…oggi si compie in me questa Parola…"

(Lc 16-20). Testo fondamentale, il suo programma.

 

Giovanni dal carcere di Macheronte gli manda un'ambasciata: "Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". Gesù non dà una risposta diretta, rimanda ai segni messianici: "Andate e dite a Giovanni quello che avete visto e udito: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono guariti, i sordi odono…ai poveri è annunciata la buona novella e beato chi non si scandalizzerà di me" (Mt 11,2-6)

 

Ciechi che vedono, sordi che odono, zoppi che camminano, tutto questo provoca stupore, ammirazione; sbalordisce non scandalizza. Non fa perder la fede. Se Gesù avesse fatto solo miracoli avrebbe rivelato il Dio della potenza che tutti immaginiamo. La scelta dei poveri, degli emarginati, degli ultimi ha scandalizzato scribi e farisei. Certo non fu scelta esclusiva: Cristo ha frequentato e parlato anche ai ricchi. Ma fu certo scelta preferenziale. E' questo che ha scandalizzato. Se Cristo non si fosse fatto povero, non avesse preferito i poveri; se avesse solo fatto, l'elemosina ai poveri, sarebbe stato applaudito dagli scribi e farisei.

 

Un Dio che comanda l'elemosina ai poveri piace molto anche ai ricchi. Ai ricchi l'elemosina, ai poveri la pazienza. E' un programma che non disturba, non scandalizza. Per troppo tempo era stato predicato questo in passato. Ma un Dio che ti dice che ti devi mettere al servizio del povero, che merita le preferenze, il primo posto nella società perché ha più bisogno, questo scandalizza.

 

Certo Cristo non è stato razzista, né populista. La sua rivelazione sul comandamento dell'amore è la prima grande sorpresa. Al giurista che gli ha chiesto quale fosse il comandamento più importante ha risposto: "Il primo è amerai il signore Dio tuo; Il secondo è uguale al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso" (Lc 22,36-40).

Cristo pone l'amore del prossimo sullo stesso piano. Questo doveva suonare inaudito.

 

" Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello" (1Gv 4,21).

 

Vale per l'amore ciò che è detto per la conoscenza. Dio lo possiamo vedere e amare come attraverso una specchio, in enigma; finchè siamo quaggiù. Così accade nell'amore: il riflesso, questo enigma di Dio è il prossimo. "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Gv 4,20). Dio così ha trasferito nel prossimo l'amore che vorremmo dimostrare a lui.

 

 

 

 

 

La scelta preferenziale per i poveri

 

 Ma come guardare, come amare il prossimo? Come lo vede e lo ama Dio.

 

La grande, consolante verità (l'altra faccia della luna a noi sconosciuta) è questa: come Dio guarda l'uomo, come in particolare si pone di fronte al povero. Questa è la stupenda buona notizia del Vangelo.

 

Chi siano i poveri, perché lo siano lo dice l'indagine storica e sociologica.

 

Come porsi davanti ai poveri evangelicamente, lo dice il Vangelo.

 

Diamo troppo per scontata la  conoscenza del Vangelo. Con un vangelo vecchio non possiamo affrontare i problemi nuovi dei nuovi poveri.

 

La scelta preferenziale dei poveri non è un'optional pastorale. Se si vuole rivelare il vangelo, occorre questa scelta.

 

Può rigenerare la società contemporanea solo una Chiesa che rigenera se stessa mediante il Vangelo della carità che fa, come il suo Signore, la scelte preferenziale dei poveri.

Invita quindi le comunità a scoprirli, a riconoscerli, a liberali. Nelle nostre comunità manca la lista aggiornata dei poveri!!

 

1.      Scoprire i poveri  

"I poveri li avrete sempre con voi" (Mt 26,11). Non basta averli, bisogna scoprirli. Sono tesori nascosti, occorre scoprirli con gli occhi del cuore.

 

Chi sono i poveri?

 

Kalefeld nel suo libro "Il Regno di Dio e i poveri" e P. Gautier in "La Chiesa dei poveri e il Concilio", ci presentano un quadro molto vasto dei poveri presenti in numero immenso nelle nostre comunità.

 

Ci sono i poveri di beni materiali: "Beati voi che ora avete fame" (Lc 6,21). Qualunque sia la causa di questa povertà: ignoranza, pigrizia, vizio, sfruttamento.

Ci sono i poveri di cultura, di istruzione generica e specifica, poveri di educazione.

Ci sono i poveri di libertà sociale, per l'immigrazione, per i distacchi, per la solitudine, l'incertezza che l'immigrazione comporta.

Ci sono poveri di influenza sociale, che non si sentono ascoltati, che hanno bisogno di raccomandazioni e sono moltissimi. Mano a mano che l'uomo si libera da bisogni primari, emergono questi nuovi tipi di povertà (i nuovi poveri del super sviluppo!).

Ci sono i poveri di forze fisiche, di salute e di giovinezza. E' il grosso problema degli anziani. La nostra società non brilla di civiltà nell'onorare gli anziani.

Ci sono i poveri di gioia, di serenità, di amore dato e ricevuto.

Ci sono i poveri di azione liberatrice, vorrebbero liberare, ma non possono: quelli che hanno fame e sete di giustizia. I segni che li rendono riconoscibili sono le lacrime, la persecuzione, il carcere, la morte (il Vescovo Romero e il Vescovo del Ruanda).

Ci sono i poveri di virtù, di fede, di grazia, di libertà interiore: con parola significativa (senza pensarci!) sono i  poveri peccatori.

Ci sono i poveri di animo povero, gli orgogliosi. Sono i più poveri di tutti. Il "Magnificat" dice che Dio li disperde: "Ha disperso i superbi dai troni ha rimandato i ricchi a mani vuote" (Mt 1,51-53)

 

Bisogna scoprirli. Ci sono statistiche su tutto, ma non sui poveri.

 

2.      Riconoscere i poveri 

Nel Vangelo Gesù rivela come posso riconoscere il povero. Per vederlo come mio fratello, per sentirmi responsabile di lui. Confronta la parabola del samaritano.

 

Il povero diventa mio prossimo, non quando so che c'è. Figure di poveri ne incontriamo tutti i giorni, ma passano come ombre, figure scialbe; ma quando il povero diventa davanti a me una persona, come un parente, un fratello; questo è un evento. Quella persona cambia davanti a me, ma  soprattutto è un cambiamento che devo fare io. Per scoprire il povero bastano le statistiche e le indagini tecniche.

 

Per riconoscerlo in senso evangelico, ci vuole un evento nuovo dentro di me, una folgorazione.

 

Così capiterà alla fine dei tempi: "Quando ti abbiamo incontrato Signore.." ( Mt 25,44). La sorpresa dice la difficoltà di cambiare dentro perché il povero venga riconosciuto. Ci sono nelle nostre comunità? Ci sono minori in difficoltà, famiglie a rischio, malati terminali, handicappati, alcolisti, tossicodipendenti, ex carcerati, immigrati. E la tratta delle schiave? E' tornata la schiavitù! Era stata abolita dalla Rivoluzione francese, ripristinata da Napoleone, definitivamente soppressa alla fine dell'800. Ora è ripresa con moderni schiavisti. Con promessa di onesto lavoro povere donne vengono portate dall'Africa, Albania, Est Europa e buttate sulla strada a vendere la loro dignità e libertà di donne. E' un'infamia di questo inizio di terzo millennio. Se i consumatori chiedessero: raccontami la tua storia, scapperebbero inorriditi. Si fanno conniventi di questa tratta di schiave.

 

3.      Liberare i poveri  

Con la coraggiosa denuncia delle cause che producono traendo ispirazione dalle encicliche sociali.

 

" Se do da mangiare ai poveri sono santo! Se chiedo perché sono poveri sono ritenuto un comunista" dom Helder Camara.

 

E dopo la denuncia, l'impegno. Non possiamo rispondere a tutte le sofferenze; ma a molte sì se per quella strada passano dei buoni samaritani, che si fermano a fasciare ferite di cuori affranti.

Occorre rinnovare l'annuncio: un Vangelo nuovo. Il vangelo non è fatto per addormentare le persone, ma per inquietarle.

 

Ci siamo preoccupati di quelli che non vanno in chiesa, ma poco di come escono quelli che ci vanno.

 

La Chiesa vi manda ad annunciare e a testimoniare il vangelo della carità verso i poveri.

Mario Pomilio, nel romanzo "Il quinto Vangelo", narra che un pagano derideva i cristiani perché leggono un solo libro. Un vescovo gli narrò questa novella: un rabbino incontrò Gesù e gli disse: "Penso che tu sei il Messia. Le tue parole sono piene di sapienza. Ma come è possibile che i tuoi discepoli di tutti i tempi leggano un solo libro?"

"E' vero quello che tu dici, rispose Gesù. Quello però che tu non sai è che i miei discepoli il Vangelo lo scrivono ogni dì".

Scrivere ogni giorno un quinto Vangelo, che rigenera la Chiesa e la società, è la grande sfida nell'osare un tempo nuovo.

 

 

 

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