Es (14;15): Esci Popolo Mio..
Gim Padova (2000/01)
Esci
Popolo Mio
Es
14-15 Radicalmente
trasformato dallÂ’incontro con
Dio, Mosè torna in Egitto. Prende con sé il fratello Aronne: in due ci si fa
coraggio!! Si presenta ai suoi fratelli e riferisce loro la missione che Dio gli
ha affidato. Gli Israeliti gioiscono: “Il
Signore ha visto la nostra afflizione!”. Ma
la lotta per la liberazione è lunga e difficile. Il faraone – il potere
sfruttatore – non intende perdere una così grande fonte di manodopera. La
battaglia di Dio (“le piaghe d’Egitto”) finisce per snervarlo: mezzi
impiegati sono vari, dai fenomeni naturali alla violenta uccisione dei
primogeniti. Il re fa quindi ciamare Mosè ed Aronne:
“Su, su; partite di mezzo al mio popolo, voi e i figli d’Israele”.
E
il popolo di Dio prende la strada verso il Mar Rosso. Il
faraone,però, si pente presto dell’ordine dato: “attaccò allora il cocchio, prese con sé i soldati…e inseguì
gli Israeliti” (Es 14,6). Il
popolo di Dio non sembra aver via di scampo: di fronte ha lÂ’acqua, alle spalle
l’esercito egiziano. Si rivolge Mosè:
“Perché ci hai portato a morire nel deserto? Non sarebbe stato meglio per noi
vivere come schiavi piuttosto che morire liberi?” (Es
14,11-12) E
i codardi ritengono che la cosa migliore da fare è tornare a vendersi ancora
agli sfruttatori, purchè non abbiano da lottare. Mentre il faraone risente di
ciò che sta perdendo, lo sfruttato pauroso non ha il coraggio d’essere
libero. Interviene
Mosè, l’uomo di fede. “Non
dovete aver paura. Siate forti e vedrete cosa farà oggi il Signore per voi” (Es
14,13). Ed
ecco che Dio manda un forte vento che spinge le acque del mare a nord e lascia
il fondo asciutto. Gli Israeliti passano senza bagnarsi i piedi. Gli Egiziani li
seguono con i carri da guerra, si impantanano nel fango e non possono sfuggire
in tempo alla marea che già torna rapidamente. Spaventati urlano:
“Fuggiamo da qui perché è il Dio d’Israele che ci castiga!” (Es
14,25). Ma
vengono travolti dalle acque ed annegano tutti. Israele
ha visto quello che è accaduto. E non ha dubbi: è stata la mano di Dio a
salvarlo e a portarlo sullÂ’altra riva, quella della LIBERTAÂ’. EÂ’ nato un
nuovo popolo, un popolo libero. I
suoi nemici galleggiano tra i flutti, morti. Questo del passaggio del Mar Rosso
è il momento più importante della sua storia. In esso Israele ha sperimentato
Jahwè come “colui che
libera”. Dio, il
suo Dio, è il Liberatore da ogni schiavitù. E’ Colui che sconfigge sia la più
grande potenza del mondo che le acque del mare, simbolo della potenza del male. Che
cosa può fare uno schiavo quando si sente libero se non dare in grida di gioia?
Ed è quello che fa Israele sulla riva del fiume:
“Canterò, canterò al Signore, che si mostrò glorioso con noi: gli egiziani,
i loro carri e i loro cavalli affondò nel mare per sempre. Il Signore è la mia
forza, in Lui porrò la mia fiducia. Il Signore è il mio salvatore, lui
glorificherò” (Es 15,1-2). Confermando
con la Sua autorità ciò che Mosè e la moltitudine di schiavi ha fatto, Dio
lancia il suo manifesto nella storia degli uomini. Lungo la Bibbia i profeti lo
ricordano: “Sciogliete i vincoli
del giogo della schiavitù, rimandate liberi gli oppressi…Soltanto allora
vedrete la gloria di Dio”
(Is 58, 6-11). Essere
giovani cristiani e missionari oggi significa essere chiamati
da Dio e inviati a un popolo che diventa il “Suo” e il “Tuo”,
per essere uno stimolo di liberazione. Annunciare un Vangelo che è oggi “buona
novella” per i
poveri e gli afflitti, gli sfruttati. Essere elemento di “sovversione” di
tutti i sistemi di sfruttamento. Mosè
aveva una grande “SPERANZA e UTOPIA” da raggiungere !! Come ha fatto ieri
Mosè fanno oggi tanti testimoni in tante parti del mondo. UTOPIA:
Ideale irrealizzabile; progetto inattuabile. UTOPISTA:
chi tende a
scambiare le sue aspirazioni con la realtà . (Sinonimo: Visionario)
(Dal vocabolario Garzanti della Lingua Italiana) ------------- UTOPIA (I
Nomadi) UTOPIA
aveva un sorella maggiore che si chiamava VERITAÂ’ SENZA ERRORE e
lanciava spesso un aquilone nel vento su cui era scritto LIBERTAÂ’ con
lÂ’accento. Le
due sorelle trascorrevano il tempo senza fermarsi mai neppure un momento, avvinte
sempre a quellÂ’aquilone senza sapere ragione. Troppo
deboli furono le braccia delle fate e troppo fini quelle dita delicate tanto che
consentirono lo strappo della fune al forte vento di quel giorno e
l’aquilone più non fece ritorno. Quell’incidente
cancellò la magia le due sorelle separarono la via: UTOPIA
andò per il mondo a cercare e VERITA’ già pensava a sposarsi. VERITA’
si sposò con il TEMPO, anche UTOPIA fu invitata all’evento e
disse: “Non ti sposare, resta libera! Guarda che le parole sono semi.” VERITA’
rispose: “Le parole sono semi hai ragione, ma per fiorire non è già la
stagione”. UTOPIA:
“Il tuo non è un matrimonio d’affetto! Ti peserà questa casa e quel
letto”. Mentre
UTOPIA andava via allegramente perché vedeva il futuro presente, VERITA’
le sussurrava a capo chino: “Stai confondendo desiderio e destino”. VERITA’
corse come fa un torrente cambiando segno a passato e presente. UTOPIA
ogni notte un uomo amava e allÂ’alba lo abbandonava. Per
VERITAÂ’, a quanto si dice, il matrimonio non fu mai felice. Il
TEMPO non è un marito ideale: avaro, vecchio ed anche brutale. Ma
in fondo in fondo VERITAÂ’ qualcosa ne ha avuto, con schiere di amanti lo ha
reso cornuto ed
alla fine dell’infedeltà ha avuto l’eredità . Mentre
UTOPIA che non ha un padrone ma ne ha centomila senza alcuna ragione resterÃ
sempre a vagare nel prato: l’aquilone non lo ha più trovato.
PASSARE
IL MAR ROSSOÂ…Â…. DallÂ’utopia al progetto Realizzare
la Speranza significa oggi mettere piccoli ma significativi germi
per una politica e unÂ’economia finalmente umane. Significa inventare e
introdurre nella società nuove vie per il commercio, l’agricoltura,
lÂ’industria, il credito, la difesa, i rapporti internazionaliÂ….Significa
trasformare in progetto la grande Utopia del Regno di Giustizia e di Pace. Ridare
dignità al sogno e all’utopia è allora il primo passo per realizzare, per
rendere concreta la speranza che andiamo annunciando. Perché bisogna sperare
ciò che ancora oggi non c’è,
sognare cieli e terra nuova. Passare
il Mar RossoÂ…. Vuol
dire spogliare lÂ’utopia di quel valore negativo e derisorio con cui i
razionalisti di questa nostra epoca, tutta protesa al danaro e al successo,
lÂ’hanno bollata. Passare
il Mar RossoÂ….. Vuol
dire trasformare lÂ’utopia in progetto. Dare gambe ai sogni. Passare
il Mar RossoÂ….. Significa
passare dall’inazione e dalla passività all’organizzazione di un’azione
comune, unÂ’azione che sia chiaro segnale di un cambiamento verso obiettivi
giusti, umani e pacifici e che sia espressione della partecipazione collettiva
al cambiamento stesso. Passare
il Mar RossoÂ…. Significa
scoprire e far scoprire a ognuno i propri talenti e i propri ruoli allÂ’interno
di unÂ’azione per il bene comune. Passare
il Mar RossoÂ…. Significa
far diventare la propria e altrui vita strumento per la realizzazione della
solidarietà e della nonviolenza come metodi politici. E’
unÂ’utopia? Ma come
si affronterebbero le grandi sfide della storia senza utopia? Di fronte alla
perdita di valore della vita, dimostrata dalle mille violenze interpersonali e
strutturali di quest’epoca così piena di rapidi cambiamenti e grandi
contraddizioni, risorge lÂ’ansia di unÂ’esigenza infinita, di unÂ’utopia che
è desiderio di credere in ciò che deve esistere sulla terra, anche se non
esiste ancora e non esisterà per molto tempo. Passare
il Mar RossoÂ…. Risorge
lÂ’utopia di un pacifismo
integrale, che
non scenda a sconti di qualche milione di morti e non chiami le guerre missioni
di polizia internazionale, ristabilimento dellÂ’ordine internazionale, missione
umanitarie, pulizie etniche, guerre elettroniche, operazioni chirurgiche, e non
copra con lÂ’ipocrisia degli embarghi la morte di milioni di bambini. Passare
il Mar RossoÂ…. Risorge
lÂ’utopia di una solidarietÃ
concreta e
onesta dal Nord al Sud del mondo,che non
contrabbandi per aiuto un ulteriore colonialismo. Risorge lÂ’utopia di una
solidarietà dal Sud al Nord, che nonostante il furto di storia, di risorse
naturali, culturali e anche di fede subito dai popoli del Sud, sappia con
generosità regalare al Nord del mondo, smarrito e confuso nel proprio cieco
egoismo, i valori che il Sud povero ha saputo proteggere. Passare
il Mar RossoÂ….. LÂ’utopia
di un ecologismo esigente,
che non rigiri in ecobusiness ed ecodittature l’imprescindibile e non più
prorogabile bisogno di fraternità con la natura. Passare
il Mar RossoÂ…. EÂ’
trasformare l’utopia in progetto ed è la sfida dei “santi”, di quanti
sanno perfettamente di essere solo servi inutili di un progetto che di fatto
viene realizzato dallo Spirito
Santo. La nostra incredulità nei confronti della presenza
dello Spirito Santo fra noi rende vana la possibilità di
realizzareÂ…lÂ’utopia. LÂ’utopia,
il sogno e la tenerezza
sono tutti elementi necessari per questo passaggio, per questa Pasqua
planetaria. Gli
utopisti allora sono coloro che, come le sentinelle della notte (Is 21,11)
stanno in questi anni lavorando la Speranza per praticare la risurrezione: per sé
, per il prossimo, per i popoli del mondo e per la natura, perché anch’essa
attende di “essere liberata
dalla schiavitù della corruzione”
(Rm 8,21). LÂ’utopista
è un contempl-attivo !!
Sta cioè con lo
sguardo nel futuro e con i piedi a terra, per trasformare lÂ’utopia in
progetto. Sa perfettamente che, se vuol fare un solco dritto, deve
puntare lÂ’aratro verso una stella (proverbio arabo). M
o s eÂ’ Fuga
Missione
Promessa
Utopia
Solitudine
Terra Promessa E
TU ?Â…???? LÂ’uomo
che non è capace di sognare È un
povero diavolo, un eunuco. LÂ’uomo
che è capace di sognare E di
trasformare i suoi sogni in realtà È un
rivoluzionario. LÂ’uomo
che è capace di amare E di
fare dellÂ’amore uno
strumento per il cambiamento è
anchÂ’egli un rivoluzionario. Il
rivoluzionario quindi è un sognatore, è un
amante, è un poeta, perché
non si può essere rivoluzionari senza
lacrime negli occhi e senza
tenerezza nelle mani. (Thomas
Borge, Nicaragua) |