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Nonviolenza e parola

Gim

NONVIOLENZA E PAROLA

 

3° MISSION  -  25-26 OTTOBRE 1997

 

E’ ormai culturalmente superata la concezione solo negativa della pace intesa come assenza di guerra: pace è un concetto globale, che si potrebbe esprimere con “pienezza di vita”. Comporta il rispetto di alcuni diritti umani basilari e inseparabili fra loro: libertà, giustizia, sviluppo, equilibrio ecologico, diritti umani dei singoli e dei popoli.

Nella realtà del nostro mondo tali diritti sono spesso negati: sarebbe gravemente insufficiente una educazione alla pace e alla nonviolenza che insegnasse a chiudere gli occhi su tali violazioni, per sognare un mondo diverso e più buono.

L’educazione alla pace e alla nonviolenza deve invece partire dalla presa di coscienza della violenza, sia a livello personale che strutturale: lo scopo non è negare, ma affrontare i conflitti.

La nostra cultura considera generalmente la violenza un carattere immutabile della natura umana: ritiene violento chi si serve abitualmente di tale strumento e pacifico chi invece cerca di disciplinarlo, di attenuarlo, di evitarlo per quanto dipende da lui. La cultura della pace e nonviolenza, invece, non ritiene indiscutibile questa visione della natura umana: distingue l’aggressività naturale dalla violenza e rifiuta di considerare la violenza come un data immutabile; crede che nell’uomo vi siano capacità che gli possono permettere di affrontare, “aggredire” e risolvere i conflitti senza ricorre alla violenza. In questa prospettiva l’aggressività è vista in modo positivo e non contraddittorio con la nonviolenza: è la risorsa che ci permette di non cedere allo sconforto, che ci può dare la grinta per resistere alla violenza senza abbassarci ai suoi stessi strumenti. Gandhi sosteneva che per resistere con la nonviolenza è necessario più coraggio di quanto ne occorra per resistere con le armi.

L’educazione alla pace e alla nonviolenza consiste, in questa prospettiva, nel liberare e potenziare ciascuno di queste capacità. La sua finalità è l’educazione al conflitto. La predisposizione all’affrontare i conflitti, a reagire costruttivamente, a disobbedire, a criticare, a pensare in modo creativo e alternativo, sono dati comportamentali e culturali che devono attraversare tutta l’iniziativa educativa.

L’educazione consisterà perciò nell’allenarsi ad imparare; ad avere fiducia in se stessi e nella propria capacità creativa di affrontare e risolvere i conflitti; ad avere fiducia anche nell’altro, non deformato dai propri pregiudizi e mascherato da nemico; a trovare forme di comunicazione e collaborazione con tutti.

Questo tipo di educazione inizia eliminando il più possibile le violenze personali e strutturali nel rapporto educativo e scegliendo strumenti pedagogici non violenti omogenei con il fine: non ci può essere una educazione alla pace e nonviolenza con strumenti violenti!!

L’educazione deve arrivare all’impatto con la realtà, alla prassi, per una verifica critica delle proprie analisi e delle proprie capacità, da cui far scaturire nuova riflessione e nuova prassi di pace e nonviolenza.Tali prassi deve investire contemporaneamente sia il micro sia il macro livello: un’azione solo locale rischierebbe di non incidere sulle radici strutturali dei problemi, esaurendosi in un intervento  di pura assistenza; per contro analisi globali che non arrivassero mai a coinvolgere la nostra esistenza concreta finirebbero per creare frustrazioni e senso di impotenza anzichè speranza e capacità di lottare, oltre ad essere perfettamente funzionali alla conservazione dello status quo. “Agire localmente e pensare globalmente”.

Per i cristiani, la lotta per la pace e nonviolenza non può essere intesa come eliminazione delle diversità, come risoluzione delle tensioni e dei conflitti attraverso la negazione di uno dei poli di essi. Se non in casi estremi, non ci è possibile stabilire da che parte stanno Dio e la verità, così da poter condannare ed eliminare l’altra parte,il polo negativo, magari abbellendo il tutto col correttivo della misericordia: Dio è più nella tensione che nel consenso forzato, nella lotta che nella “pacificazione” imperiale. Dio non è impassibilità, immobile e solitaria verità, da cui dedurre chi nella storia ha ragione e chi ha torto. Dio è comunione di diversi in una tensione di Amore.

E il punto di partenza è la Sua PAROLA!  

 

 

 

LEGGI - MEDITA - PREGA

 

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