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Gn (12,1-4): Risposta: un sì da amico

Gim Venegono (marzo 2002)

Un Sì da Amico 

Seconda  GIM, 10 Marzo  2002

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Da due incontri stiamo riflettendo e pregando sulla vocazione e sulla risposta che diamo a Dio. Il Signore ci vuol far fare un cammino di “liberazione”, perché la nostra ricerca e la nostra risposta non sia guidata semplicemente dai “nostri” desideri o dal “nostro” pensare il “nostro” progetto di Dio per noi. Occorre vivere l’amicizia con Dio per poter vivere la libertà e la ricchezza di essere chiamati amici e non schiavi: “Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché l servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,14-15).

In questo cammino ci vogliamo lasciar guidare dall’esempio di Abramo, lui che è stato “amico di Dio” (Dn 3,35). Abramo fa un incontro importante nella sua vita, che la cambierà completamente: l’incontro con Dio. Dio lo chiama ad una missione che realizzerà la vita di Abramo, ma sarà anche segno per il popolo d’Israele e per tante altre nazioni.

L’amicizia di Abramo con Dio è il frutto di vari fattori, qui ne segnaliamo due in particolare: l’incontro personale con Dio e la prova / fiducia.

Abramo molto probabilmente è un uomo che si era messo alla ricerca di Dio, un Dio che poi si rivela facendogli contemplare il cielo stellato. Ma è anche lo stesso Dio che cerca e Abramo si fa trovare pronto.

Dio prende l’iniziativa nella vita di Abramo; è lui che per primo pone le basi di questa amicizia: si fa garante di una promessa, del bene per Abramo e la sua gente (v. 1), dà un futuro ad Abramo, cerca il suo bene. Dio mette anche le “condizioni”, la risposta necessaria perché questa amicizia possa essere bilaterale, perché possa continuare: la completa fiducia in Lui!!!

“Vattene”, è un imperativo molto forte per le conseguenze che comporta: chiede un distacco totale e radicale da tutte le proprie sicurezze. Ma Dio non chiede solo, è Lui stesso che stringe con noi un legame indistruttibile (Gen 15) perché è Lui il garante, e ci fa vedere i frutti di questa alleanza (vv. 2-3) con la realizzazione piena della vita di Abramo. Ma l’amicizia che si instaura tra Dio e Abramo non diventa esclusiva, chiusa, anzi diventa possibilità di bene, di realizzazione di “tutte le nazioni”.

Questi sono i punti essenziali che caratterizzano l’amicizia di Abramo con Dio e che ci fanno dire che la risposta di Abramo alla chiamata di Dio è veramente un sì da amico.

Innanzitutto Abramo deve andarsene, deve lasciare tutto!!! Deve lasciare il suo paese, il luogo di nascita (nazione), la famiglia (la casa di suo padre). È tutto quello che ha, e anche quello che è, quello che lo identifica, o almeno quello che ha identificato la sua vita fino ad allora, ma che lo richiudeva nel suo piccolo mondo, nei suoi piccolo progetti. Allora quel “vattene” nasconde in sé la carica esplosiva della libertà integrale di Abramo.

Questo è possibile solo per un atto di fede totale. Solo la fiducia data dal legame che Abramo ha con Dio gli può permettere di fare questo salto “nel buio”. L’amicizia chiede questa fiducia totale nell’altro, una fiducia incondizionata, perché sa che l’Altro ci chiede un qualcosa per il nostro bene. Abramo parte senza parlare, senza chiedere (v. 4)!!

“Se riconosci che qualcuno c’era prima di te, riconosci anche l’amore e l’attenzione di chi ti ha fatto. Allora ti fidi e ti lasci condurre. Accetti di rinunciare alle ambizioni e progetti che possono anche essere sbagliati. La tua vita prende la forma di un mosaico le cui tessere si collegano nel tempo … Vorrei dire a chi ha vent’anni: il segreto è fidarsi. Se segui solo ciò che “senti”, che ti attira, rischi di realizzare soltanto il tuo piccolo progetto, la tua piccola gloria. Credo che il problema di molti cristiani oggi sia il non essere più capaci di fidarsi, di abbandonarsi; l’anteporre, al disegno di Dio, il proprio” (Card. Ersilio Tonini)

        Dio cosa mi chiede di lasciare (cose, progetti, affetti) per vivere in pienezza lÂ’amicizia con Lui e dare un vero sì da amico, e non da schiavo di me stesso, o di ciò che mi circonda?

 

Dio ci chiede di fare questo passo, ma a sua volta dona la possibilità di realizzarsi; attraverso il nostro sì rende possibili le meraviglie che Lui vuole per noi. Dio aggiunge alla sua chiamata una promessa, una promessa di prosperità, di favore, di felicità, negli ambiti più concreti nella vita. La chiamata di Dio ci porta ad una possibilità di realizzazione piena della vita. Dio è esigente e chiede una fiducia totale, ma allo stesso tempo non ci lascia soli, ci dà quella certezza che chi si mette nelle sue mani trova sicuramente la vita.

        Senti nella tua vita le benedizioni che il Signore ti ha donato; i doni che ti hanno realizzato/a come persona?

 

Ogni risposta allÂ’amicizia di Dio porta ad una apertura al mondo, agli altri. Due sono i movimenti:

a.       il nostro impegno per gli altri dato dalla nostra amicizia con Dio che ci porta allÂ’amicizia con tutti;

b.      il bene che il nostro sì, per opera di Dio, tocca e contamina gli altri, diventa bene per loro (v. 4b).

Legarci a Dio ci porta ad interessarci alle sorti dell’umanità perché Dio si è legato ad essa. Abramo ci dà di nuovo un grande esempio di come queste due dimensioni siano legate fra loro (Gen 18,16-33). Abramo diventa ambasciatore dell’umanità presso Dio, si preoccupa anche di chi è “straniero”; ha l’ardire di “sfidare Dio” per cercare il bene di tante altre persone. Il suo sì a Dio diventa sì all’umanità, la sua amicizia con Dio diventa legame con l’umanità.

        È il mio sì a Dio è un sì allÂ’umanità, specialmente alle situazioni di maggiore necessità, ai popoli che rischiano la vita in situazione di ingiustizia e oppressione? O invece rimane solo a mio vantaggio, secondo le mie necessità e bisogni?

        Come realizzo concretamente questo? Porto degli esempi.

 

Vivere da amici di Dio domanda due atteggiamenti che ci propongono Marta e Maria (Lc 10,38-42): ascolto e servizio.

Maria ci dà l’esempio dell’amico che ascolta: si mette seduta hai piedi di Gesù. È l’atteggiamento

-   di chi dà tempo per ascoltare, di chi mette la persona in questione al centro della proprio attenzione,

-   di chi umilmente pende dalle sua labbra e vuole imparare, sapendo che prima deve ricevere per poi dare,

-   di chi sa ascoltare veramente e non “sa già cosa Dio le/gli vuole dire”.

        Do tempo per mettermi ai piedi del Signore?

        Quanto so ascoltare veramente Dio? Quante volte invece ascolto solo quello che voglio io?

 

Marta è sempre stata identificata come colei che serve. È lei che invita e accoglie Gesù in casa sua (gli fa spazio e ci mette del suo); lo fa entrare nella sua vita, si scomoda per lui; è attenta a ciò che succede attorno a lei; è attenta ai suoi amici, ai loro bisogni, a ciò che stanno vivendo, fa tutto perché siano a loro agio.

È sincera e schietta con Gesù, non gli nasconde i suoi problemi e difficoltà; a parte il fatto che non voleva restare sola a lavorare, ci mostra la necessità di sentirci compartecipi nel lavoro, non si può restarsene con le mani in mano, ma essere da stimolo anche per gli altri, provocare una reazione, la necessità di sporcarsi le mani. Ma è altrettanto capace di accogliere il “rimprovero” di Gesù, imparando a seguire la logica di Dio, a lasciare che sia Lui a “pianificare” la sua vita, a darle le priorità e i valori, anche se ciò li sconvolge e cambia il suo modo di vedere e vivere la realtà.

        La realtà che mi circonda entra in casa mia? E quando vi entra mi scomoda, mi interpella e mi chiede di giocarmi fino in fondo?

 

        La mia risposta a Dio è veramente un sì da amico?

 

 

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