Lc 20, 20-26: Chiesa e Politica: da che parte sta Dio?
Gim Venegono (gennaio 2002)
Chiesa e Politica Terza GIM, 20 Gennaio 2002 |
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Vengono 20 gennaio 2001 |
Chiesa e politica, e subito ci si drizzano le
orecchie, si fa una smorfia e si scuote la testa. Subito ci vengono in mente
i problemi tra papato e impero nel medioevo o gli appoggi alla DC, fino agli
anni Â’80, fatti da una certa parte di Chiesa. Ma allora, chiesa e politica
non hanno niente da spartirsi? La politica ai politici, la Chiesa si occupi
della fede e della devozione? E poi Gesù non ha fatto politica; anzi è ben
stato attento a non farsi invischiare: è sempre fuggito quando lo volevano
fare re, ed è stato ben attento a non farsi ingabbiare in certe categorie,
o a farsi manipolare da una certa idea politica (farisei, zeloti o
filo-romani) come vediamo nel brano di oggi.
Allora perché parlare di Chiesa e politica?
Perché la Chiesa dovrebbe fare politica?
Se per politica si intendono l’attività in
parlamento, i partiti, ecc. allora, ogni cristiano e ogni persona ha il
diritto di esprimere liberamente la sua visione politica. Ma se si prende la
politica nel suo senso originale, cioè ciò che concerne la “poliV”,
la città , cioè la vita dell’uomo, allora sì. Perché il campo della
missione della Chiesa non si riduce al “puro spirituale” né alla
“sacrestia”, come vorrebbe qualcuno. Per restare fedele
all’incarnazione di Cristo, la Chiesa è inviata nel mondo per servire la
comunità umana nell’amore, nella gratuità e soprattutto nella verità .
Essa annuncia la Parola di Dio e denuncia tutto quello che Le è contrario.
Essa deve proclamare che l’uomo e la comunità umana intera sono chiamati
a passare da condizioni di esistenza meno umane a condizioni più umane, in
modo da realizzare sempre più perfettamente la dignità di Figli di Dio. È
per questo che, in nome di Gesù Cristo che non ha paura di far saltare gli
ostacoli tradizionali e politici, che troppo spesso tendono a rinchiudere
l’uomo e la società nella schiavitù, la Chiesa ha il ruolo profetico di
rischiarare le coscienze e di proclamare la verità .
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Quali difficoltà vedo in questo impegno? Quali rischi, tranelli o
possibili strumentalizzazioni?
Dio
ha mandato da sempre i suoi profeti a richiamare i potenti in difesa del suo
popolo. E se si guarda alla vita di Gesù ci si accorge subito come si sia
sempre preoccupato di difendere i piccoli, i poveri, gli emarginati, chi era
privato della dignità di persona. In questo senso possiamo allora dire che
Gesù ha fatto politica
Con la sua risposta “Date a Cesare … e a
Dio …”, Gesù non mette Dio e Cesare sullo stesso piano; l’accento
cade su ciò che è di Dio. La preoccupazione di Gesù è anzitutto di
salvaguardare, in ogni situazione politica, i diritti di Dio. Gesù è
totalmente afferrato alla causa di Dio e della difesa dei suoi interesse nel
mondo. La causa di Dio coincide con la causa dellÂ’uomo, lÂ’affermazione
del primato di Dio è la radice della dignità dellÂ’uomo e della libertÃ
di coscienza.
Dare
a Dio ciò
che è di Dio, è molto più importante che dare a Cesare ciò che è di
Cesare. E chi dà veramente a Dio ciò che gli spetta e disposto e pronto a
dare a Cesare ciò che spetta a Cesare. D’altra parte un uomo giusto non
è disposto e non può essere indotto con nessun mezzo di pressione e di
violenza, a dare a Cesare ciò che è invece di Dio.
Questo non distacca la Chiesa dal mondo. Il
cristiano ama il mondo: per questo si oppone ai criteri “mondani” che lo
distruggono. Ama il malvagio come un fratello, e per questo resiste al male
che gli nuoce. Obbedisce all’autorità “anche per motivi di
coscienza”, quando questa è “al servizio di Dio per la giusta condanna
di chi opera il male” (Rm 13,4s). Disobbedisce quando essa gli chiede
qualcosa contro la solidarietà e la fraternità con “tutti” gli uomini,
in cui si esprime la sua vera libertà di Figlio di Dio. Non tollera di
collaborare contro la dignità dell’uomo. Quando poi uno stato si pone
come valore assoluto e divino, è capace di vivere anche il martirio, unica
arma efficace contro la schiavitù degli idoli.
Il
cristiano si prende a caro prezzo la sua libertà di cercare il regno del
Padre, che è la fraternità tra i suoi figli: la cerca in modo concreto a
tutti i livelli storicamente realizzabili. Il resto, compreso lo stato, lo
prende o lo rifiuta tanto quanto serve a questo fine: il rispetto della
libertà e dei diritti altrui. Il suo rapporto con lo stato è quindi leale
e realistico, senza però delegare mai a nessuno la coscienza e la libertà .
Non è quindi né per l’avvallo né per il ribellismo, né per la semplice
separazione né per il facile concordiamo. Il discorso programmatico del
Regno, che propone un amore capace di vincere il male con il bene (Rm
12,21), è da prendere come criterio ispiratore anche dell’azione
politica. Il discernimento è l’intelligenza per capire come realizzarlo
storicamente qui ora.
Perciò dare a Cesare diventa questa
possibilità di essere nel mondo, di amare il mondo, la sua realtà ,
l’umanità ; ma occorre esserci secondo la logica di Dio; e qui si colloca
il dare a Dio, un Dio che è Creatore e Signore, ma che anche si è
incarnato, si è messo dentro il mondo per portare la sua logica. La logica
di Cesare è quella della moneta, su cui viene impressa l’immagine di
Cesare, del potere che impone le sue logiche di profitto, dominio; lÂ’uomo
invece porta in sé l’impronta di Dio e deve perciò vivere secondo questa
logica, quella di Gesù che propone un altro segno, la croce. Non è un
segno “potente”, prestigioso, ma è il segno che cambia la logica del
mondo e apre la possibilità alla realizzazione della volontà di Dio che è
ricerca del bene dellÂ’uomo.
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So riconoscere lÂ’impronta di Dio in ogni persona? E sento lÂ’esigenza
che questa non sia svilita o deturpata dallÂ’ingiustizia?
Dare a ciascuno questa possibilità è lottare
per uno sviluppo integrale di ogni persona, per una logica di giustizia, una
giustizia (ce lo ricordano i profeti) che per Dio è “soccorrere il
povero, la vedova e lo straniero”. Gesù si è schierato dalla parte degli
ultimi, e chiede anche a noi di schierarci da quella parte per dare
veramente a Dio ciò che gli spetta, è dare voce a poveri, perché questa
voce salga e sia udita (cf. Es 2,24-25).
Nel corso della storia varie sono state le
persone che ci hanno testimoniato di questa possibilità e necessitÃ
dellÂ’impegno politico in favore degli ultimi. Due di questi sono don
Tonino Bello (cf. “Il vangelo del coraggio” pagg. 38-39) e don Pimo
Mazzolari.
Diceva don Primo: “Quando vedo gli occhi dei
poveri bruciati dalle lacrime; gli occhi di tutti i miei fratelli bruciati
dalle lacrime; quando vedo la miseria divorare gli uomini a milioni,
soprattutto quando vedo il sangue ed il massacro e la tortura dei deboli e
dei vinti come vedo in questÂ’ora, la mia anima allora, scossa sin nel
fondo degli abissi, invoca Dio dÂ’una invocazione assolutamente
irresistibile. Qui – e cioè là dove vi è povertà , dolore, sofferenza
– c’è Dio” Queste parole – pronunciate il 4 novembre 1932 nel corso
di una predica duramente contestata dai gerarchi fascisti – danno esatto
il senso della piena condivisione, da parte di Mazzolari, della condizione
umana dei suoi contadini. La chiesa doveva essere e restare dalla parte
degli umili, non da quella dei potenti.
Occorre una religione che sÂ’incarni nella
realtà in cui vive e una Chiesa che “quaggiù … sia una chiesa
militante”. Per don Primo la religione in politica serve per dare un
“fecondo orientamento all’inquietudine”. L’impegno politico parte da
una “passione” per i poveri; è un atteggiamento ancora pre-politico, ma
che nasce da una vigorosa coscienza morale ed insieme da una attenta
osservazione della realtà e che dunque è capace di tradursi anche in
impegno politico.
Quello della povertà è per Mazzolari un
problema morale e religioso, prima che politico. “Non è facile
dimenticare di aver fame per correre dietro al pane dello spirito Â… Se un
cristiano non grida, se un cristiano non insorge, se il cristiano non rompe
qualche cosa che impedisce di poter far vivere, Â… ricordatevi che , in
questo momento, noi perdiamo udienza presso i poveri”
La scelte dei poveri, da religiosa, si fa,
conseguentemente e coerentemente, anche scelta politica ed economica. Non un
disegno di politica economica, ma una fondazione etica e religiosa
dellÂ’unica politica economica che Mazzolari ritiene praticabile dal
cristiano, quella che ha al suo centro lÂ’attenzione ai poveri.
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Sento lÂ’esigenza di dare voce al grido dei poveri ed oppressi? Do loro
voce?
Ma fare questo vuol dire impegnarsi di persona
e RISCHIARE SULLA PROPRIA PELLE, rischiare di persona. Diceva il card.
Malula, arcivescovo di Kinshasa, al presidente del Congo, Mobutu: “Noi
vogliamo oggi essere il porta parola del povero per dire a voi, governanti:
sappiate che il nostro popolo attende da voi un poÂ’ di sole Â… il nostro
popolo, cioè i nostri genitori, le nostre madri, i nostri fratelli, le
nostre sorelle, che vi guardano e tutti attendono da voi quel benessere,
quel benessere che il Signore vuole per tutti, e questo benessere è nelle
vostre mani. … è mio dovere di vescovo di fare appello alla vostra
coscienza cristiana: il popolo ha diritto al benessere. Stiamo attenti che
la voce del povero non sparisca dalla nostra coscienza.” E per questo suo
impegno ha rischiato la vita e ha conosciuto lÂ’esilio.
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Sono disposto a rischiare la mia vita, a pagare di persona certe scelte?
Spunti per la
riflessione
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Quanto
la mia fede si “incarna” nella realtà che mi circonda? Mi rendo conto
di quello che vive tanta gente attorno a me? Vedo questa gente, o mi passa
davanti senza che io me ne accorga?
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Da
che parte mi schiero? Me ne sto comodo nelle “poltrone” delle mie
sicurezze e abitudini o mi sto impegnando concretamente per dare a Dio e ai
suo “prediletti” ciò che gli spenta?
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Come
cristiano, qual è la tua esperienza e il tuo rapporto con la politica?
Quanto senti importante un tuo impegno politico?