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GIM Venegono: Donna madre di pace

dicembre 2002

DONNA: MADRE DI PACE

 

Veglia terzo GIM Venegono dicembre 2002

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canto

In ascolto di chi soffre

buio

eccoli cominciano
spari lontani

intorno il normale
un taxi fino a casa

c'è tanta fretta
non farsi prendere dal buio

nel buio quando ognuno
si trasforma in nessuno

come noi di ritorno
da una giornata senza soste

ci addormentiamo avvolte
nella voglia di altro

da ciò che abbiamo visto
toccato sentito fatto

e dopo il buio ancora
a sfidare la nostra impotenza

alla ricerca di un sorriso
finché durerà il giorno

 

(Nadia, 23 gennaio 2001, Hebron/ Jerusalem)


dopo ogni brano: gesto

 

 

Belem del Parà (Brasile), è la città dove è stata creata la Convenzione Interamericana per Prevenire, Sanzionare e Sradicare la Violenza contro la Donna nel '94; qui le bambine povere, molte delle quali non hanno frequentato neanche la prima elementare, sono costrette a prostituirsi, principalmente da marinai stranieri e dai loro accoliti locali, che considerano questa città il "paradiso" del lavoro sessuale infantile, dal momento che non c'è nessuna restrizione apparente

 

 

«Sono contro la guerra che vuol dire distruzione, violenza, rovina. Nessuno dovrebbe essere per la guerra, soprattutto quando i grandi poteri mondiali si mettono contro un paese con una guerra iniqua che distruggerà ogni segno di progresso e riporterà il paese al Medioevo. Missili e bombe non pensano, colpiscono ed esplodono: non importa se sei un soldato o un civile, se sei giovane o vecchio, uomo o donna. Tu muori. Dove vai a nasconderti?»

Firmato: una donna irachena di oltre cinquant'anni.

 

 

Rania Masri fondatrice e coordinatrice di Iraq Action Coalition: «La Guerra contro il popolo iracheno non è finita nel 1991 con la dichiarazione del cessate il fuoco di George Bush. La guerra contro gli uomini, le donne e i bambini iracheni è continuata con selvaggia intensità. Ha solo cambiato forma: dalle bombe a un agghiacciante silenzio dell'embargo (…)».

 

 

«(…)Subito dopo la tragedia dell'11 settembre la potenza militare americana si è messa in moto per punire quelli che in precedenza erano stati i suoi sgherri. Un Afghanistan tenuto prigioniero, sanguinante, devastato, affamato, pauperizzato, colpito dalla siccità, è stato bombardato fino a farlo cadere nell'oblio, con i sistemi d'arma più sofisticati e avanzati che siano mai stati creati nella storia umana. Sono state così versate vite innocenti, molte più di quelle perse nell'atrocità dell'11 settembre. Non sono state risparmiate neppure gioiose feste matrimoniali. Il regime dei talebani e i suoi alleati di Al Qaida sono stati rovesciati senza che venissero intaccate in modo significativo la loro capacità militare. Né la coltivazione di oppio, né il potere dilagante dei signori della guerra sono stati sradicati in Afghanistan. In questo tormentato paese non ci sono né pace né stabilità, e neppure si è portato il minimo rimedio al flagello della povertà estrema, della prostituzione, del saccheggio sfrenato. Le donne si sentono molto più insicure che nel passato (…)».

(da Rawa)

 

 

 

Marzia ha trascorso otto mesi in prigione perché ha chiesto il divorzio. Un mese fa è stata rilasciata in attesa del processo, ma potrebbe essere rispedita da suo marito se il tribunale le negasse il divorzio. Adesso vive con un parente, uno zio di 95 anni. È stata sposata due volte. Il primo marito ha sposato una donna più giovane, ha divorziato da lei, e le ha preso la figlia di due mesi. A 18 anni un negoziante che aveva 27 anni più di lei l'ha presa come seconda moglie, "Mi ha detto di non avermi sposata per avere bambini. Voleva che lavorassi per la sua prima moglie". Parecchi anni più tardi, Marzia cercò di ottenere il divorzio. Ma il marito le negò il suo consenso e la fece restare in prigione per 18 mesi. Otto mesi fa Marzia ha nuovamente chiesto il divorzio, dopo che il marito, che lei dice è spesso arrabbiato e violento, l'ha incatenata in una stanza buia ed umida. Quando il marito ha nuovamente rifiutato di concederle il divorzio, è scappata. Ma lui è andato dalle autorità e l'ha fatta arrestare una seconda volta. Il marito, è una figura eminente con buone amicizie. Dopo la prima volta che Marzia è stata costretta a ritornare a casa, il marito la picchiava molto spesso, "quasi ogni giorno". "E non ho mai litigato con lui. Non gli ho mai risposto malamente. Non ho mai gridato perché avevo paura. Mi sentivo colpevole. Mi vergognavo. Avevo molta paura che mi avrebbe ucciso". Tre anni fa il marito le ha rotto tre costole con una bottiglia di Coca Cola piena perché aveva messo dello yogurt fresco in una terrina invece di lasciarlo in una borsa in un luogo fresco. Un'altra volta l'ha colpita con il manico di una pala.

(dal Sun Jurnal - 27 luglio 2002)

 

 

 

 

Venerdì 25 maggio due individui si sono presentati presso l'abitazione di Hebe de Bonafini, la Presidentessa della Associazione Madri di Plaza de Mayo, affermando di essere lì per sostituire il telefono di casa. In casa, dal momento che Hebe si trovava in Brasile per l'attività di denuncia contro i governi argentini di turno, si trovava solo la figlia María Alejandra (35 anni). Il fatto stesso che i due individui sapessero della richiesta presentata da Alejandra per la sostituzione del telefono, lascia dedurre che, come al solito, dietro questa ennesima violenza si nascondano le forze di polizia, gli assassini ed i torturatori, con i loro potenti complici e protettori. I due individui armati procedevano quindi ad immobilizzare Alejandra, legandola e colpendola ripetutamente con un manganello, prima agli organi genitali poi allo stomaco. Successivamente procedevano alla triste e famosa tortura della "borsa", pratica che consiste nel porre alla testa della vittima un sacchetto di plastica. Alejandra, quindi, sveniva ed i due la portavano allora nel bagno per farla riprendere. Successivamente, non soddisfatti, i due uomini procedevano a bruciacchiarle le braccia con mozziconi ardenti di sigarette. Infine i due individui venivano avvisati tramite una radio portatile (ennesimo elemento che lascia supporre la partecipazione delle forze di polizia argentine) e lasciavano l'appartamento. Il fatto che non abbiano portato via il computer, catenine d'oro, soldi ecc.. ma che si siano limitati a mettere a soqquadro l'abitazione non lascia dubbi sulla natura delle intenzioni: cercare di interrompere l'implacabile attività di denuncia delle violazioni dei diritti umani che le Madri dei 30.000 desaparecidos portano avanti da anni.

 (Donne in Nero, Bologna)

 

Tre religiose, Carol Gilbert, Jackie Hudson e Ardeth Platte, questi i nomi delle donne hanno partecipato ad una manifestazione contro le installazioni missilistiche di Colorado Springs e sono state arrestate per l’azione di disobbedienza civile scaturita dalla protesta già nel settembre del 2000. Anche allora erano state arrestate e poi prosciolte per un’azione di disobbedienza civile sempre in Colorado. In questa occasione invece all’arresto farà seguito il processo. In un comunicato le religiose hanno sottolineato che le ricerche militari spaziali del governo degli Stati Uniti “portano allo spreco di miliardi di dollari, risorse umane e materiali, causando la distruzione dell’ambiente e l’inquinamento dello spazio”. Sono diverse le religiose e i religiosi che finiscono sotto accusa per la partecipazione ad azioni di protesta e a favore della pace.

silenzio

canto: richiesta di perdono

 

Donne creatrici di pace

dopo ogni brano: gesto

 

 

Secondo la stessa Relatrice Speciale contro la Violenza verso le Donne, della Commissione dei Diritti Umani dell'ONU, Radhika Coomaraswamy, la povertà, originata dall'applicazione delle politiche di riaggiustamento strutturale, deve essere classificata come una forma di violenza economica contro le donne. Di conseguenza, non solo mancano meccanismi per educare e combattere le aggressioni caso per caso, ma anche una profonda trasformazione del modello economico, che potenzi la vita delle donne accordando loro tutte le qualità e i diritti degli esseri umani. Affermare la pace nel mondo ha a che vedere con la necessità di ottenere la piena entrata in vigore dei diritti umani delle donne, cercando strategie per mettere fine ai problemi strutturali che generano violenza, quali: i conflitti armati, deportazioni e migrazioni forzate, femminilizzazione della povertà, diseguaglianze sul lavoro e tutte le violenze chiamate specifiche o di genere.

(Irene Leon, di ALAI)

 

 

 

 

RAWA, l'Associazione Rivoluzionaria delle donne dell'Afghanistan, è nata a Kabul in Afghanistan nel 1977 come organizzazione indipendente delle donne afghane che lottano per i diritti umani e per la giustizia sociale in Afghanistan. I fondatori erano un gruppo di donne intellettuali afghane sotto la guida di Meena che fu assassinata nel 1987 a Quetta in Pakistan dagli agenti afghani dell'allora KGB in connivenza con i fondamentalisti di Gulbuddin Hekmatyar. L'obbiettivo di RAWA fu di coinvolgere un crescente numero di donne afghane in attività politiche e sociali che mirassero a ottenere diritti umani per le donne e contribuire alla lotta per il ristabilimento del governo basato su valori democratici e secolari in Afghanistan. Nonostante l'atmosfera politica soffocante, RAWA fu presto coinvolta in diffuse attività in vari ambiti sociopolitici compreso l'educazione, la sanità e l'economia così come l'attività politica.

Dal rovesciamento del regime fantoccio istallato dai sovietici nel 1992 il centro principale della battaglia politica di RAWA è stato contro la politica e le atrocità criminali dei Talibani fondamentalisti e ultra fondamentalisti in generale e contro il loro orientamento incredibilmente ultra maschilista in particolare. A parte le sfide politiche che RAWA deve affrontare, un lavoro sociale terribile ci aspetta soprattutto con le donne e con i bambini incredibilmente traumatizzate ma sfortunatamente non godiamo al momento il sostegno delle ONG internazionali per cui i nostri programmi sociali sono attualmente molto ridotti per mancanza di fondi.

RAWA possiede più di mezzo centinaio di scuole clandestine in varie province afghane. Allo stesso modo studiano nei loro centri in Pakistan circa 700 bambini e bambine. Un migliaio di donne beneficia oggi di 47 corsi di alfabetizzazione. In Afghanistan tutelano 33 orfanotrofi con un massimo di 20 posti in ognuno di essi per motivi di spazio e sicurezza, mentre in Pakistan gli orfanotrofi che funzionano sono attualmente 4 con circa 200 giovani; circa 40 donne in Pakistan e altre 100 dentro l'Afghanistan lavorano nei laboratori che RAWA gestisce per generare risorse economiche, specialmente per le numerose vedove di guerra.

 

 

 

 

 

In un editoriale di Asianwomenonline.com, successivo all'attacco anglo-americano contro l'Afghanistan, oltre a criticare la "guerra contro il terrorismo" si accenna a guerre meno pubblicizzate: "Quando parliamo di pace, non illudiamoci che sia sinonimo di assenza di guerra. Non lo è. Né la pace riguarda la sicurezza solo di alcune nazioni. Né riguarda meramente i diritti delle grandi società di imporre i "loro diritti" ai popoli come è stato fatto grazie ad alcuni accordi e alle pratiche dell'Organizzazione mondiale del commercio. L'esempio più recente è quello dei brevetti riguardanti la chimica e la medicina, negati ai paesi in via di sviluppo in quanto non in grado di pagare alle grandi aziende le enormi somme di denaro richieste (…) La pace è un alleato per i bambini e per le donne che cercano di creare un mondo migliore per se stesse e per le loro famiglie. La pace può essere raggiunta solo quando le donne non saranno più considerate delle mere statistiche nella casualità della guerra ma agenti attivi nel governare i processi dove i loro diritti sono protetti. Per realizzare questo c'è bisogno di ridisegnare il potere attuale in modo più radicale rispetto alla timida e cieca visione di Blair».

 

 

 

 

 

In quattrocento si sono sdraiate nella più famosa piazza di Venezia per protestare contro le guerre e in particolare contro le minacce di guerra all'Iraq. È successo domenica 6 ottobre a piazza San Marco: giovani, non più giovani, volti noti e sconosciuti, di fedi e provenienze diverse. Tutte sdraiate per formare le parole Pace, Salam, Peace, Shalom. L'iniziativa, indetta dal Coordinamento di donne "Facciamo la pace", ha ricevuto l'adesione di 22 realtà tra associazioni e gruppi.

 

 

 

 

 

Colette Kitoga Habanawema medico in CONGO; ha deciso di studiare Medicina dopo aver visto morire quattro dei suoi fratelli di morbillo, malaria e altre malattie facilmente curabili. Ha lavorato per sette anni in un ospedale della sua città e, nel '95, ha progettato di aprire il centro "Mater Misericordiae" per i bambini vittime della guerra tra Congo e Ruanda.

Ho fatto di tutto: ginecologa, pediatra, chirurgo. Mi colpì il fatto che le donne non venivano seguite affatto durante la gravidanza, quindi la mortalità infantile e materna era molto alta, specialmente nelle zone rurali. E, dopo la morte della madre, molti neonati non riuscivano a sopravvivere: il latte in polvere costa troppo. Allora ho cominciato a farli allattare dalle altre puerpere. Ma l'amministrazione dell'ospedale mi disse che i bambini orfani non potevano restare, perché occupavano i letti e non pagavano. Nacque così il primo centro "Mater Misericordiae"

Poi scoppio la guerra, l'anno successivo, e i piccoli vennero tutti a casa mia; poi il numero crebbe: erano in 20, tra i 4 e 16 anni, insieme alle mie nipoti. Per l'aumento dei ragazzi, decisi di optare per un'altra strada: affidai uno o due bambini a una famiglia disponibile. L'accoglienza, per loro, è un gesto quasi eroico, dato che in media una famiglia a Bukavu ha tra i 5 e i 6 figli. In cambio assicuravo a tutti le cure mediche necessarie.

Seguiamo oltre 400 ragazzi, di cui la metà orfani e circa 70 fuggiti dal fronte: testimoni oculari delle stragi e dei massacri, quindi sempre in pericolo. Hanno visto tutti gli orrori di questo mondo: si sono drogati, sono stati picchiati e violentati. Lentamente si normalizzano e ci aiutano con i nuovi arrivati. All'inizio neppure la loro famiglia di origine li vuole: alcuni speravano di trovare una vita migliore entrando nelle fila dell'esercito, altri sono stati rapiti a forza. Quelli che hanno subito mutilazioni difficilmente vengono accolti di nuovo; anche le loro famiglie sono traumatizzate. Ci vuole molta pazienza con loro: hanno attacchi violenti e rompono tutto ciò che li circonda. Cerchiamo di avviarli ai corsi professionali in meccanica o agricoltura; ora stiamo seguendo anche un progetto per la pesca nel lago Tanganika. Ma non costringiamo nessuno a studiare: lasciamo che siano loro stessi a scegliere cosa fare.

Altri sono testimoni dei massacri: persone sepolte vive o bruciate vive su cataste di legna, legate mani e piedi e cosparse di benzina. Nell'ambulatorio seguiamo con la psicoterapia le ragazze e le donne stuprate dai soldati: una di loro, 18enne, ha deciso di non abortire e ha dato alla luce Giosuè pochi mesi fa; ora se ne prende cura la mia famiglia. Molti malati, che ho condotto fino alla morte, mi hanno aiutato con la loro fede vissuta nella semplicità, accettando la loro malattia.

Sogno la pace. Che gli occhi tristi e pieni di vendetta dei ragazzi cambino e torni in loro la speranza. La fede mi aiuta: al centro lavoriamo insieme, cattolici e protestanti, e iniziamo ogni attività con la preghiera. Lo scorso anno sono venuti a condividere la nostra esperienza 3 giovani italiani per due mesi; vorrei che venissero anche gli studenti in Medicina, per vedere con i loro occhi ciò che non riesco a raccontare. Sì, abbiamo bisogno di fondi, ma anche di chi venga ad ascoltarci: talvolta ci sentiamo abbandonati.

 

 

Belgrado 14 Dicembre 1999

 

 

Si è concluso in Serbia il processo contro la prigioniera politica Flora Brovina, poetessa e medico albanese. La dottoressa kosovara è stata condannata a 12 anni di reclusione con l'accusa di terrorismo per aver fornito, secondo l'unico testimone a suo carico, cibo, vestiti e medicinali all'UCK.

In qualità di pediatra Flora Brovina ha fornito servizi medici ai bambini e alle donne rimaste a Pristina durante i bombardamenti, fino a che è "scomparsa" il 22 aprile scorso, quando poliziotti in borghese serbi l'hanno prelevata dalla sua abitazione. "Ho dedicato tutta la mia vita ai bambini e i bambini non scelgono la loro etnia, i bambini non sanno a quale gruppo etnico appartengono se i loro genitori non glielo dicono. Con i miei pazienti, io non ho mai fatto distinzioni in base alla loro etnia, alla loro religione o alle scelte ideologiche dei loro genitori.

Il mio dovere è stato consacrare me stessa anche come donna, come medico, come poeta all'emancipazione della donna albanese, alla sua coscientizzazione, ai diritti umani delle donne per aiutarle a lottare per la loro libertà, a capire che senza indipendenza economica non si può riuscire nella vita né essere libere. Attraverso la Lega delle Donne Albanesi, ho creato ponti di amicizia nel paese e nel mondo intero. Noi abbiamo collaborato al massimo con le donne serbe. Le donne serbe mi hanno dato il massimo appoggio, forse loro conoscevano meglio i nostri problemi, e loro stesse hanno presentato i nostri problemi meglio. Le donne albanesi del Kosovo non dimenticheranno mai questo.

Lotterò sempre per i diritti delle donne. Dal momento che la corte mi ha accusato di avere lottato per la secessione del Kosovo e l'annessione all'Albania, io ripeto: il mio paese è dove sono i miei amici e dove le mie poesie sono lette.

(Stasa Zajovic, donne in nero, Belgrado)

 

 

 

 

 

Gerusalemme, 28 dicembre 2001

Oltre 3000 pacifisti - israeliani, europei e nordamericani - hanno accolto l'invito della Coalition of Women for a Just Peace a manifestare silenziosamente per le strade di Gerusalemme nell'ultimo venerdì dell'anno.  l'idea delle Donne in Nero è nata a Gerusalemme, durante la prima Intifada (1988), come dimostrazione di lutto per le morti inutili da entrambe le parti e riprende l'esempio delle Madri di Maggio, in Argentina. I fondamentali sono: due stati per due popoli; mettere fine all'occupazione e ristabilire i confini del '67; assumersi la responsabilità dei problemi creati ai palestinesi con la formazione dello stato di Israele (problema dei rifugiati); mettere fine alla politica dei militari e della violenza e dare spazio alla politica delle donne, che devono avere un ruolo attivo nei negoziati di pace. Windows è un'organizzazione israelo-palestinese che ha come obiettivo la promozione della conoscenza reciproca come base per la costruzione del dialogo. I campi di attività sono essenzialmente tre: 1) una rivista bimensile per ragazzi (10-14 anni) dove vengono trattati tutti i temi sollecitati dai giovani lettori, dallo sport all'identità nazionale. La collaborazione tra le due parti è assai difficile dopo l'Intifada, ma continua. Il gruppo redazionale sta lavorando ora alla messa a punto di strumenti educativi che possano aiutare genitori e insegnanti ad affrontare con i ragazzi i problemi attuali. 2) Un centro dell'amicizia a Tel Aviv, con programmi culturali di vario tipo, che si prefigge di far conoscere agli israeliani il punto di vista dei palestinesi. Esiste un progetto per la creazione di centri analoghi in campo palestinese, attualmente bloccato per la situazione di conflitto. 3) Attività di aiuto umanitario ai rifugiati (cibo, giochi) e di sostegno ai bambini di famiglie disagiate nella città di Giaffa.

 

 

condivisione (canto...) 

Magnificat


Per te, Dio e Signore, io canto,

io mio canto trabocca di gioia;

proprio me sei venuto a cercare

fra le tante donne del popolo.

 

Mi diranno beata gli uomini

del mio popolo e di ogni nazione

perché in me germoglia il seme

della tua grande potenza, Signore.

 

Tu segui con trepida cura

ogni essere che palpita di vita,

ogni uomo che nasce in terra

è tuo figlio amato e voluto.

 

La tua forza d'amore, Signore,

rovina i progetti dei superbi,

depone dai troni i potenti

e innalza i puri di cuore.

Ai poveri doni ogni bene

spogliando i ricchi orgogliosi;

soccorri chi invoca il tuo nome

perché ami ogni uomo che soffre.

 

Sei fedele ad ogni promessa

fatta ai tuoi servi, i profeti,

esaudisci tutte le attese

perché il canto non abbia mai fine.

 

A te Dio e Signore la gloria,

a te Figlio di Dio la lode,

a te Spirito sorgente di vita

l'amore nei secoli, amen!

Tra uccidere e morire c'è una terza via :

VIVERE
(Christa Wolf)

 

Anche nella sezione testimoni trovate la storia di donne che hanno saputo essere madri di pace

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