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Il Golgota oggi è una base militare - Aviano 2003

il Golgota oggi è una Base Militare

la Via Crucis Pordenone-Aviano

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Anche quest'anno è giunto per tutti l'appuntamento della Via Crucis Pordenone-Aviano. E' giunto in un momento molto difficile e ha caricato tutto il peso di questo momento. Percorrete insieme ai nostri giovani i passi di questa via crucis: troverete segni di speranza, capirete che la resurrezione è già presente in germe in ogni passione dell'umanità.

Fare Comunione con i crocifissi di oggi (di Enrico Atrigna)

E non disse nemmeno una parola (di A. C.)

Se il ramoscello di ulivo non muore... porta molto frutto (di Matteo Cesarotto)

Lettera al direttore del Giornale di Vicenza (di Roger Pontarin)

Duemila in marcia per la Via Crucis (dal Corriere della Sera)

NB: si ringrazia di cuore don Giacomo Tolot, tutto il coordinamento di Pordenone, i giovani di Pordenone e la comunità comboniana di Cordenons 

per tutto quello che ci hanno donato.

Vai agli speciali sulla Via crucis PN- Aviano degli anni...

2001

2002

 

di Enrico Atrigna (Gim)

 

Fare Comunione con i crocifissi di oggi

 

 

La Via Crucis Pordenone-Aviano del 7 aprile ha avuto per me significati molto importanti: dopo anni di cammino passati nel G.I.M., vivendo sempre esperienze e condividendo emozioni e strade di impegno insieme ad amici e amiche, mi trovo ora, quest’anno, a vivere il mio cammino personale non più da GIMMINO!

Prepararmi a vivere una forte esperienza di impegno come quella della Via Crucis, un po’ mi spaventava. E, infatti, l’arrivo a Padova, la sera del sabato, mi ha messo un po’ a disagio. Mi sentivo un po’ un pesce fuor d’acqua, non conoscendo nessuno… Ma è bastato davvero poco…rivedere vecchi amici…ma soprattutto conoscerne di nuovi, sentirsi accolto, a casa, ridere insieme, suonare, scherzare, mangiare con amicizia e con voglia di vivere insieme un pezzo di strada… Le paure e i disagi si sono sciolti e hanno fatto posto alla gioia di vivere INSIEME questa esperienza, specialmente dopo l’intensissima Veglia, in cui abbiamo ricordato Rachel, ragazza statunitense che ha lottato per la Pace, al fianco dei diseredati palestinesi, fino all’ultimo, fino a dare la vita… Durante il momento di condivisione ci siamo affidati l’un l’altro i dubbi, le sfide, le gioie, ma anche le sofferenze incontrate nel nostro camminare quotidiano.

E, finalmenteÂ…SI PARTE!!!Â…

Già sul pullman si respirava la gioia di stare insieme e di sentirsi uniti…che bello ritrovarsi a cantare e scherzare con amici con cui in questi anni ho vissuto momenti di gioia e di UMANITA’ che ancora mi porto dentro! E che bello ritrovarsi con alcuni degli amici coi quali quest’estate abbiamo vissuto l’esperienza missionaria in Brasile, cantando le canzoni del POVO BRASILEIRO che abbiamo incontrato, che ci sono rimaste nel cuore, ci ha riportato a quest’estate, all’accoglienza ricevuta e alla gioia vissuta nelle piccole comunità, la gioia della FESTA vissuta insieme…

E così siamo arrivati a Cordenons, alla casa dei Comboniani, per la Messa. E anche qui, di nuovo l’incontro con cari amici e compagni di strada in questi anni…

Il momento della Messa è stato un momento importantissimo, credo, per tutti.

EÂ’ stata, davvero, una CELEBRAZIONE!

Di nuovo, con la mente e il cuore sono tornato in Brasile, alle nostre celebrazioni nelle comunità, dove abbiamo sperimentato che cosa significa CELEBRARE, presentare al Signore i dono ricevuti, le gioie e le sofferenze, e celebrare, festeggiare un momento di incontro e di condivisione.

Così è stata anche la nostra Messa dai Combo a Cordenons. E’ stato fortissimo il momento in cui Filippo ha portato la sua testimonianza su questi primi mesi come CASCO BIANCO in Honduras…ci ha raccontato le gioie e le fatiche di questo popolo con cui anche noi, ora, ci sentiamo di camminare…

Le parole più forti che mi ha lasciato, sono state quelle del semeÂ…il seme che deve cadere, cadere nella terra, a fondo, nel letame, per poi morire, se vuole generare altra vitaÂ… parole riprese durante la Messa da Mosè, e rivolte molto esplicitamente a ciascuno di noi: 

SEI PRONTO, TU, A DARE LA VITA PER GLI ALTRI?

 

Al momento della Comunione, cÂ’eÂ’ stata unÂ’altra domanda a spronarci il cuore: 

ma tutte le Comunioni che abbiamo fatto in questi anni, DOVE SONO FINITE?

 

Ho fatto LA COMUNIONE centinaia di volte, ma quante volte, davvero, ho fatto COMUNIONE?

Questi interrogativi nel mio cuore hanno segnato i miei passi lungo tutta la Via Crucis. La Messa, infatti, si è conclusa, con l’invocazione dello Spirito su Chiara, pronta per la sua partenza in Terra Santa (per testimoniare, ora anche a nome del G.I.M., un messaggio di PACE!), e siamo partiti per Pordenone. Qui è cominciata la Via Crucis, con le parole stupende e coraggiose del Vescovo di Pordenone. Nell’aria si sentiva una strana atmosfere…Forse su tutti pesava l’interrogativo di che senso avesse trovarsi lì, per testimoniare il nostro NO a questa guerra in Iraq e contro tutte le guerre, proprio nel momento in cui la voce di milioni di persone è rimasto inascoltato, e si è intrapresa una terribile guerra.

 

Forse, il senso di tutto ciò è dato proprio da quella CROCE da cui la nostra VIA prende il nome… che senso aveva per Gesù continuare quello che stava facendo, mentre tutto sembrava fallito, la Croce sulle spalle pesava, e la gente intorno, tanto amata, rideva, lo insultava e si prendeva gioco di Lui…

Ma questo senso di delusione e di frustrazione credo che in qualche modo ci abbia aiutati a vivere il nostro camminare in maniera, forse, più matura rispetto agli anni passati…

Per strada c’era molto silenzio, rispetto all’entusiasmo e alla voglia di far festa di altri anni… un silenzio, però, molto forte, molto pieno, di riflessione, di attesa, di speranza.

Personalmente questo silenzio mi ha aiutato a riprendere proprio gli interrogativi della MessaÂ… Sono pronto a morire per gli altri?

Il mio essere Cristiano porta a una reale Comunione con i Crocifissi di oggi, coi poveri, gli umiliati, gli emarginati?

Sono domande che restano ancora, ma averle vissute durante una Via della Croce, in cammino con gli amici del G.I.M., ma  anche con volti nuovi, conosciuti lì, durante la Via, tutti accomunati da questa insaziabile sete di Pace, ha dato a queste domande un significato particolare e profondoÂ… sono domande che non possono non portarci a metterci in cammino, su una Via di Pace, che chiede Pace e denuncia lÂ’ingiustizia, anche se alla fine di questa via lÂ’unica cosa che ci pare di scorgere è soltanto una CroceÂ…

 

Ma noi sappiamo che Gesù, dopo 3 giorni, è risorto, e da quel giorno ha un senso grande lottare e sperare per la Pace e per la Giustizia tra tutti noi, fratelli e sorelle!

 

di A. C. (gim Padova)

 E NON DISSE NEMMENO UNA PAROLA

 

C’è una vecchia canzone, dal titolo “E non disse nemmeno una parola”, di quelle che sono belle solo se cantate dai vecchi neri africani, con la loro voce rauca e dolce; è molto vecchia, non so quante volte l’ho ascoltata, ma ho ritrovato frammenti del suo testo in un libro di Boll.

Fa così: “…and he never said a mumbaling word…”

              “...e non disse nemmeno una parola...”

              “…they nailed him to the cross, nailed him to the cross...”

              “…lo inchiodarono alla croce, lo inchiodarono alla croce…”

              “…and he never said a mumbaling word.”

              “…e non disse nemmeno una parola.”

 

E’ stupenda…mi piace iniziare così, soprattutto perché è una melodia che descrive molto bene la Via Crucis Pordenone-Aviano, quel non parlare troppo forte, quella lentezza nel cammino, quel mormorio lieve di preghiera e quel salmodiare fatto di strada percorsa.

Trovo molto bello che non abbiamo gridato, non abbiamo urlato slogan, che non avevamo bandiere, non avevamo striscioni che gridassero vendetta, non avevamo nemmeno tante parole.

Avevamo solo il silenzio.

Perché è solo la gente che condanna Gesù, che grida “Crocifiggilo!”; è solo il soldato in guerra che, per avere il coraggio di uccidere un uomo, grida; è solo il comandante che grida, per far rispettare gli ordini di guerra.

E così abbiamo tentato di fare come le donne davanti alla croce di Gesù, che hanno pianto in silenzio, o come le madri di Baghdad, che si lacerano dal dolore, o come i condannati a morte, i prigionieri, costretti al silenzio, come gli oppressi senza voce, soffocati dalla nostra prosperità, o come i morti di guerra, uccisi dalla nostra superbia.

Non avevamo bandiere (solo quelle arcobaleno); abbiamo provato a spogliarci delle nostre vesti, delle nostre appartenenze, per provare a riconoscerci tutti di una sola Chiesa Universale, costruita da tutta l’umanità intera. Ci siamo spogliati delle bandiere per provare a fare come Gesù, spogliato delle vesti, per essere messo in croce. O come i morti in guerra, che vengono spogliati delle loro cose più preziose, o come le case di Baghdad, ora, spogliate dagli sciacalli.

Siamo passati davanti alla base USAF di Aviano mentre alcuni soldati, dallÂ’alto di un terrazzo, ci guardavano sfilare; credo abbiano riso.

Alla fine, abbiamo provato a fare come tutti i caduti: ci siamo distesi a terra al suono di una campana, unico grido che i morti possono permettersi.

Abbiamo provato a stare in silenzio come tutte le vittime della superbia dell’uomo. E come Dio, che quando ha visto tutto ciò che l’uomo aveva fatto e sta facendo, beh, nel silenzio dei resti fumanti, Dio piange.

 

di Matteo Cesarotto (gim Padova)

  Se il ramoscello d'ulivo non muore... 

porta molto frutto

L'ultimo chilometro della strada che porta alla base USAF di Aviano dà l'impressione di essere stato battuto un po' da tutti negli ultimi mesi: curiosi, disobbedienti, no global, social forum, uomini e donne di buona volontà, cristiani, cittadini e militari... è quel pezzo di strada che ci unisce, perchè a percorrerla siamo tutti uguali, nessuno stendardo, nè simbolo sulle nostre gambe che camminano.

Il passo è lo stesso per ogni uomo.

In quellÂ’ultimo chilometro ci accompagna una lettera scritta l'anno scorso da una mamma afgana, il cui figlio cade sotto le bombe: sono parole difficili da ascoltare.. da dentro la base due soldati ci fotografano.. qualcuno li saluta e loro amichevolmente rispondono. Due ragazzi.

Eppure, non prendiamoci in giro, potrebbero essere quei due ragazzi un domani a scaricare la prossima bomba. Nessun giudizio ipocrita, ma una domanda  sì.. come ascoltare le parole di una madre, esserle fratello ed esserlo anche di chi, inconsapevolmente, forse, ne uccide il figlio?

 

Faccio un passo indietro e immagino quel giorno a Gerusalemme con Gesù che da solo sale il Calvario e si lascia inchiodare.. quanti sono quelli che ai bordi della via sacra lo vedono salire, soffrire.. sudare sangue e non fanno nulla?

 Eppure io penso che di quei tanti molti poi abbiano iniziato il loro cammino e partecipato alla nascita della Chiesa... quell'uomo che passava loro davanti e moriva non può aver lasciato indifferente i loro cuori.. e cosi domenica il camminare pesante di chi sceglie di fare ponte tra due parti, quella delle vittime e quella di chi preme il pulsante, la via crucis con il ramoscello d'ulivo e il cero di don Tonino e le scarpe da ginnastica di 1000 giovani sono stati un nuovo inizio.

La via crucis è iniziata, la nonviolenza è in cammino e sta già cambiando le cose, qui, nelle nostre comunità, stanche di guerra, ci sta già dando nuovi strumenti di pace accessibili, che entrano nei nostri stili di vita, nelle nostre liste della spesa, nei nostri spostamenti in auto, nelle scelte delle nostre banche, nelle nostre celebrazioni sempre meno fumose e sempre più consapevoli e incarnate nella realtà del mondo.

Forse presto il nostro striscione del GIM: "Noi crediamo la pace" verrà rimosso, insieme ai biglietti che abbiamo infilato nella rete metallica e anche il suono di quella campana che ha accompagnato il rombante silenzio che ha concluso la via crucis, anche quel suono finirà di vibrare nei radar USAF, ma su quell'ultimo chilometro di asfalto abbiamo lasciato il segno e lo abbiamo raccolto e fatto nostro e con noi arriverà fino a Gerusalemme, in Honduras, in Congo, Uganda, Kenya, Perù, Brasile e fino dentro le nostre città e le comunità cristiane che abitiamo.

Se il ramoscello d'ulivo di Aviano non muore... porta molto frutto.

di Roger Pontarin (gim Trento)

Lettera al direttore del Giornale di Vicenza

"Trasformeranno le loro lance in falci, le loro spade in aratri".

Salve sig. Direttore del giornale di Vicenza, non che a tutti i lettori, sono un ragazzo di 28 anni appena reduce dalla Via-crucis Pordenone  Base USAF Aviano che si è tenuta domenica 06 aprile 2003.
Eravamo circa in mille persone quel pomeriggio nuvoloso a Pordenone dove si scommetteva, per scaramanzia, sulle probabilità di una pioggia durante la via-crucis; ma eravamo decisi comunque a partecipare.

Siamo partiti alle 14 circa del pomeriggio e si doveva coprire una distanza di circa 12 km a piedi, cerano svariate persone uomini, donne, bambini, anziani e anche qualche portatore di handicap accompagnato da qualcuno, ma tutti con lo stesso entusiasmo, lo stesso obiettivo, e lo stesso metodo per manifestare la nostra contrarietà a questo e a tutti gli altri 40 conflitti armati che ci sono nel mondo oggi. Niente slogan politici, distinzioni di gruppi o altro ma tutti e solo con una sola bandiera: quella ormai nota a tutti:  l'Arcobaleno della Pace. La cosa è stata studiata appositamente perché rimanesse una via-crucis e non una manifestazione,io ho partecipato proprio perché non doveva essere un'altra  di quelle manifestazioni che poi alcuni avrebbero manipolato a proprio vantaggio, ma l'unico a trarne profitto doveva essere Gesù Cristo con il gesto che ha fatto quasi 2000 anni fa, morire per noi, mi sembra che la cosa sia riuscita.

Cinque stazioni, quasi 4 ore di cammino lento, silenzioso e ricco di preghiere e speranza, molti gli argomenti trattati con qualche testimonianza di persone che hanno sofferto, ma in modo vero, non visto in tv. Il titolo iniziale era tratto dal salmo 48 "L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono", mi sembra che il titolo esprima  già a sufficienza il momento che stiamo attraversando e il perché della  indifferenza di molti. Le scrivo per dirle il mio rammarico nel vedere un'altra volta che il popolo della Pace non è preso in considerazione  solo come tale, ma debba essere sempre legato alla politica o altro perché appaia da qualche parte. Rispetto comunque la scelta che è stata fatta, pur non condividendola.

 

dal Corriere della Sera

Duemila in marcia per la Via Crucis Pordenone-Aviano

In testa c'era Gabriele, arrivato da Trento, quattro anni, riccioli biondi e una piccola croce di legno con scritto «innocente». Con lui centinaia di croci e bambini a guidare la Via Crucis degli oltre duemila che ieri pomeriggio, avvolti dalle bandiere arcobaleno, si sono fatti più di tre ore e dodici chilometri
a piedi da Pordenone alla base militare
di Aviano ( nella foto ), fa miglie, giovani
e anziani. L'ultima stazione si è fermata alle sei di fronte alle piste di decollo
dei C-17 che hanno portato in Iraq i parà della 173ª Brigata. Al suono d'una campana, l'istante della Crocifissione, è calato il silenzio, «si fece buio su tutta la terra». Vento, freddo, nubi violacee a gravare sulle Prealpi che chiudono l'orizzonte intorno alla base militare Usa e la gente che pregava sul prato. «La violenza del sistema dominante e osannato non prevede il diritto alla sopravvivenza dei superflui», ha scandito Lisa Clark, dei «Beati costruttori di pace».
La Via Crucis era promossa anche da giovani delle Acli ed Emergency. La partenza, dopo un collegamento da Milano con Teresa Strada, è stata salutata dal vescovo
di Pordenone Ovidio Poletto: «Non disperdiamo tutto
il patrimonio
di riflessione e approfondimento sulla pace e, soprattutto, sul disarmo che ci ha visto protagonisti negli ultimi mesi. E non permettiamo che questa tragedia umana diventi anche una catastrofe religiosa».

 

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