Es (14,5-31;15): Esci Popolo Mio, il passaggio del Mar Rosso
Gim Venegono (2000/01)
Esci,
popolo mio
(Il passaggio del Mar Rosso)
Venegono
– III GIM – 18. 2. 2001 Leggi e prega ð Esodo cap.14, 5-31 (Il
passaggio del Mar Rosso)
e
ð
cap. 15
(Il
canto di vittoria) Riallacciando il discorso…. L’esperienza delle “piaghe d’Egitto” è
troppo devastante per il Faraone. È proprio fed up (“ne ha le
tasche piene”) e decide di sbarazzarsi di tutti gli Egiziani che
gli hanno calamitato addosso tutte quelle disgrazie. “Andate via
dall’Egitto, voi e tutta la vostra gente”, dice e dà l’O.K. per la
partenza. Ma… troppo bello per essere vero. Basta pochissimo perché il Faraone ci ripensi e si
rimangi subito la parola data. Come rinunziare a tutta quella “forza lavoro”
che gli Israeliti sono? Perché non
ri-prenderli, ri-sottometterli e sfruttarli ancoraÂ…fino alla fineÂ… e per i
propri fini? E riparte allÂ’attacco, verso la sua ricchezza,
verso la conquista e…verso la schiavitù e l’infelicità di un popolo. Ma
questi non sono affari suoi. (!?!???) Questo il pensiero del Faraone. E il pensiero degli Israeliti? Più
che di pensiero possiamo immaginare i loro sentimenti. Dire che sono pieni di
timore è poca cosa perché sono spaventati…, disperati…, delusi…,
angosciati…. Avevano la libertà a portata di mano. L’avevano
appena intravista e stanno per essere di nuovo prigionieri. Camminavano verso la vita e la libertà …e adesso si
ritrovano tra gli Egiziani potentemente armati, e la distesa immensa, infinita
del Mar Rosso. Per loro si prospetta una battaglia che li porterà alla morte o
alla schiavitù. Non c’è più speranza, ormai. Avevano
creduto in Mosè e nel suo Dio e…si ritrovano con un pugno di mosche…. anzi,
di morti!!!! E con questo nel cuore gridano tutta la loro rabbia a
Mosè: “Forse perché non c’erano sepolcri in Egitto tu ci hai portato a
morire nel deserto? (Es 14,11) Si dimenticano gli Israeliti che la libertà è un
donoÂ…da conquistare;
che il Dio di Mosè li ha continuamente protetti e
aiutati;
che Dio non ritira mai
la sua parola e che non abbandona mai. “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani; è
meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto” (v12). La
libertà fa paura, l’impegno e la fatica per conquistarsela…anche. E pensano
di riconsegnarsi nelle mani degli Egiziani. E il pensiero di Mosè? Mosè
ha due facce in questa scelta, come ogni altro uomo, e sceglie quello che può,
barcamenandosiÂ…. La
prima, la faccia del coraggio, è quella che egli interpreta di fronte al
popolo, perché il Signore gli mette in cuore delle parole coraggiose: “non
abbiate paura. Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore opera per voi
oggi… Il Signore combatterà per voi e voi state tranquilli” (14,13-14). D’altra
parte è innegabile che anche Mosè avesse paura: “Il Signore disse a Mosè:
Perché gridi?” (14,15). Ciò significa che mentre Mosè diceva alla gente
di starsene tranquilla, egli stesso gridava al Signore. E la sua paura non
doveva essere piccola: “Che farò io di questo popolo? Ancora un poco e mi
lapideranno” (17,4). E Dio? E
Dio rimane fedele alla sua opzione, che è l’opzione per i poveri, gli ultimi, i
crocifissi della storia. Rimane fedele al popolo dÂ’Israele, alla sua promessa
di salvezza e interviene continuando a valorizzare Mosè come suo portavoce,
profeta, collaboratore nel Progetto di Liberazione. Dio
vede e interviene, anche se il popolo tentenna nel fidarsi in Lui.
Qualcosa di grandioso, che scuoterà per sempre questo popolo, sta per
succedere: la prova più grande e imprevista che Dio sta davvero dalla sua
parte: il passaggio del Mar Rosso (14,15-31). Il
passaggio del Mar Rosso è il più celebre tra i prodigi dell’Esodo e separa
due versanti della storia:
prima la schiavitù, poi la libertà ;
prima lÂ’esilio, poi la marcia
verso la Terra Promessa;
prima la terra degli idoli, poi
lÂ’alleanza con lÂ’unico vero Dio. Fino
a quel momento Israele diceva: “Il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe”. Ora
dice: “Dio che ci ha strappati dalla schiavitù d’Egitto.” Il passaggio del Mar Rosso…oggi… Il
passaggio del Mar Rosso significa per gli Israeliti libertà , una vita nel
rispetto e nella dignità di esseri liberi. Significa serenità , prosperità ,
pace. Significa un futuro, un progetto, diritti rispettati, possibilità di
scelta in ogni campo… E poi ancora sogni condivisi, stabilità , vita vera…. Ancora
oggi sperimentiamo, in tante situazioni personali e mondiali, che lÂ’esperienza
del Mar Rosso è ancora lì…, ancora da fare… Ancora oggi siamo chiamati ad attraversare il Mar Rosso ·
decidendoci
una buona volta a lasciare il nostro mondo di parole e diventare contempla-attivi; ·
non
accontentandoci di risolvere i nostri piccoli problemi di carità , ma pensando
alla grande (pace planetaria, destinazione universale dei beni, nuovo ordine
economico internazionale…) ·
non
accontentandoci di “sapere sulle povertà ”, ma essere con, per
e dalla parte dei poveri. ·
CAMBIANDO
MENTALITÃ e diventando v-e-r-a-m-e-n-t-e - persone che si prendono a cuore le sorti dei
miseri; veramente affamati e assetati di giustizia; - persone che osano che andare oltre se
stessi. Anche oltre la propria Chiesa, il proprio partito, il proprio gruppo, la
propria nazioneÂ… per entrare in dialogo interculturale e godere della pluralitÃ
delle espressioni di Dio; - persone che sanno farsi poveri e “andare a scuola
dai poveri” che, anche se sempre ostacolati dagli Erode e dai Romani di turno,
cercano di alzarsi e camminare verso la liberazione. - persone che accettano di sporcarsi le mani, di
farsi poveri perché il povero esca dalla povertà ; di farsi ponte perché il
povero passi il fosso della povertà ... e
riaprire al futuro il Nord del mondo attanagliato dallÂ’individualismo e il Sud dallÂ’impoverimento. Qualcuno
ha avuto il coraggio di passare al di là del Mar Rosso e di agire sul serio. “Che
cosa causò la conversione di mons. Romero? Mi hanno fatto questa domanda mille
volte. Non ho una risposta, nel senso di una spiegazione tecnica o psicologica.
Non gli ho mai parlato di questo. Non è facile toccare i livelli più profondi
di una persona. Sarebbe persino presuntuoso cercare di farlo. Malgrado tutto ciò,
ho le mie idee sulla sua conversione, di cui potrei parlarvi, se non altro per
attestarvi che ci fu un cambiamento in lui, e che ciò che fece dopo tale
conversione non può essere assolutamente spiegato appellandosi a presunte
“manipolazioni”. Credo
che il momento della conversione di mons. Romero sia stato lÂ’assassinio di
Rutilio Grande. Romero conosceva molto bene questÂ’uomo. Lo considerava un
prete e un amico esemplare: Rutilio fu maestro di cerimonia allÂ’ordinazione
del vescovo. Malgrado ciò Romero non approvava il tipo di lavoro che Rutilio
aveva svolto ad Aguilares. Pensava che fosse troppo politicizzato, troppo
“orizzontale”, molto lontano dalla missione fondamentale della Chiesa e
pericolosamente troppo vicino a certe ideologie rivoluzionarie. In questo senso
Rutilio era un “problema” per Romero, ed era anche un “enigma”. Da un
lato egli era un buon prete, zelante, di fede profonda. DallÂ’altro sembrava
aver scelto il tipo di missione sbagliata. LÂ’enigma fu risolto, credo, quando
Rutilio morì. Stando accanto al suo corpo, a Romero si aprirono gli occhi:
Rutilio aveva ragione. Il tipo di lavoro e il tipo di fede e di Chiesa che aveva
abbracciato erano quelli giusti. Ad un livello ancora più profondo, se davvero
la morte di Rutilio era stata come la morte di Gesù, poiché aveva dimostrato
il più grande amore possibile per i suoi fratelli e le sue sorelle, morendo per
loro, allora anche la sua vita era stata come la vita di Gesù. Rutilio era un
discepolo speciale di Gesù. In
breve, non era stato Rutilio a sbagliarsi, ma Romero. Non era Rutilio che
doveva cambiare, ma Romero. E Romero cambiò”. (Jon
Sobrino) Io
ho un sognoÂ… Sogno un luogo in cui i
bambini e le bambine, neri e bianchi, possano tenersi per mano e
camminare insieme. Io
ho un sognoÂ… Sogno un mondo dove
riusciremo a lavorare insieme, a pregare insieme, a
lottare insieme, ad andare in prigione insieme, sapendo
che un giorno saremo liberiÂ… Io
ho un sognoÂ… Sogno che un giorno riusciremo a
estrarre dalla montagna della disperazione una
pietra di speranzaÂ… (Martin Luther King) Rifletti e
condividiÂ…
1.
Ti (ci) capita di fare come il faraone, riappropriandoti(ci) di qualcosa
precedentemente lasciata e pensando solo ai propri interessi? 2.
Continuamente lungo la storia dÂ’Israele il dubbio rinasce in mezzo al
dolore. La fede in Dio non è un possesso definitivo. Essa chiede di essere
rinnovata sotto la spinta del dubbio e degli eventi. Nei momenti di difficoltà , riesci a vivere
attingendo coraggio dal passato (e quindi dallÂ’avere sperimentato la presenza
e lÂ’aiuto di Dio), o te ne dimentichi come gli Israeliti? Condividi la tua
esperienzaÂ… 3.
“Nessun cristiano può essere sostenitore tacito di un sistema
che esclude i poveri. “Sostenitore tacito” perché la mancata presa di
posizione equivale ad un sostegno. Dobbiamo renderci conto oggi che
lÂ’opzione per i poveri significa necessariamente anche unÂ’opzione
contro un sistema economico che continua a creare un numero sempre maggiore di
vittime”. Cosa ne pensi? 4.
Dio non sta solo liberando un popolo oppresso dal suo oppressore. Sta
anche educando questo popolo a non essere oppressore, perché la sua libertà è
anzitutto un “dono”. Rifondare la propria vita a partire dalla
consapevolezza che tutto è dono insperato, frutto di un gesto gratuito di Dio,
fa guardare le vicende quotidiane con occhi diversi e le fa progettare e
realizzare una nuova logica. Al centro non c’è più possedere gli altri, ma
la passione per la libertà di tutti, la gioia di sottrarre l’altro alle sue
schiavitù. A cosa ti porta questo?
5.
Esodo 15 è il canto di lode del popolo d’Israele che esulta per essere stato
liberato. Scrivi il tuo canto
di vittoria per essere stato liberato daÂ… 6. Sta per iniziare la Quaresima. Scelgo lÂ’impegno
per prepararmi a vivere la prima Pasqua (passaggio dalla morte alla Vita) di
questo Millennio.
*
La nube nel deserto accompagnava gli Ebrei lungo i tornanti
dellÂ’esodo a seconda ce si arrestasse o si muovesse, indicava i tempi in cui
anche il popolo peregrinante doveva fermarsi o camminare. “Tutte le volte che la nube si alzava, gli
Israeliti si mettevano in cammino; dove la nuvola si fermava, in quel luogo gli
Israeliti si accampavanoÂ… Se la nuvola rimaneva ferma sulla dimora due giorni,
un mese o un anno, gli Israeliti rimanevano accampati e non partivano; ma quando
si alzava, levavano il campo” (Nm 9,15-23). Questa
nube rappresenta la presenza di Dio in mezzo al suo popolo, non soltanto quando
esso cammina, ma anche quando sta fermoÂ… E anche al suo popolo regala delle
soste per delle verifiche del cammino percorso, o per ripensare la rotta. O per
fargli prendere coscienza delle meraviglie da lui operate, sebbene non sempre
corrisposte, e portarlo, nella pace del silenzio, alla “lode della memoria” Oggi
vogliamo fermarci sotto la “nube” per riassaporare, nella gratitudine, la
freschezza dell’ombra di Dio e ritrovare l’agilità del passo… **
La Bibbia dice che gli Ebrei si fermavano quando si fermava la nube. E
dice anche della tenerezza di Dio che non è avaro di ristoro per coloro che
egli ama. Preghiamo il Signore che quando ci fermiamo noi, per
pigrizia o per incapacità , o per colpa, o per durezza di cuore, sia la nube a
fermarsi sul nostro capo, e non se ne vada lontano staccandoci dalla presenza di
Dio, finché non ci alzeremo. E se nel primo caso sperimenteremo la tenerezza di
Dio, in questÂ’altro sperimenteremo lÂ’incredibile pazienza con cui Egli
tallona la nostra Chiesa perché riprenda la strada verso la terra promessa.
Questo del mar Rosso è il momento più importante della sua storia. In
essa Israele ha sperimentato Dio come “colui che libera”. Dio è il
liberatore da ogni schiavitù. E’ colui che sconfigge sia la più grande
potenza del mondo che le acque del mare, simbolo della potenza del male. Dio
è a tal punto interessato a liberare l’uomo dalle sue schiavitù che l’uomo
liberato apprende a farsi carico della libertà degli altri. L’esodo
diventa il modello della vita per gli ebrei e per tutti i credenti. Di una cosa,
infatti, è consapevole Israele: la sua liberazione è avvenuta per sempre.
Altre schiavitù lo attendono, ma la liberazione dalla schiavitù è ormai un
fatto compiuto che lo rigenererà continuamente.
Non è forse così anche per il credente oggi che sa di essere amato a
tal punto da Dio, da essere stato trasportato per sempre “fuori” del mondo
dell’oppressione? Questo è il dato di fatto sconvolgente. D’ora in poi il
credente vive per far fruttificare tale dono, lottando per la libertà di ogni
uomo. Alla
base di ogni salvezza c’è l’azione prioritaria di Dio: Lui fa il primo
passo, chiama, dirige; lascia l’uomo nelle difficoltà perché riconosca, nel
superamento di esse, il benefico intervento di Dio. L’azione dell’uomo è
ugualmente necessaria. La sua sofferenza, il suo dinamismo, il suo spirito di
inventiva si uniscono allÂ’azione di Dio. Ma
troppo spesso lÂ’uomo, innamorato della sua opera, perde di vista il suo Dio,
anzi tende a gareggiare con Lui, a metterlo completamente da parte. Allora tende
anche a ridicolizzare i racconti di interventi prodigiosi di Dio nella storia. Ma
il faraone non sa che una colonna di fuoco precede di notte i fuggitivi per
indicare loro la via, e una colonna di nubi li protegge durante il sonno. Non sa
il faraone che Dio marcia con il suo popolo notte e giorno. Ma lo saprà presto
e lo saprà presto anche Israele che sembra non saperlo più.
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