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Gv 5,1-18: Guarigione di un infermo alla piscina

Campo Cosenza 2008




GUARIGIONE DI UN INFERMO ALLA PISCINA 
(Gv. 5,1-18)




Il quarto vangelo presenta un Gesù che si sposta rapidamente da una provincia all’altra.

Esso mostra un Gesù non confinato in un dato posto, non legato a una particolare patria. Egli attraversa i confini senza porsi problemi, rifiutando di lasciarsi guidare da condizionamenti culturali su dove si dovrebbe andare oppure no.  

 
E’ un Gesù sempre in cammino…..

 

 

Il malato è “un uomo”, immagine dell’umanità intera. Langue in mezzo a una moltitudine di suoi simili, tutti infermi, che non stanno in piedi. Sono “ciechi, zoppi” che non hanno accesso al Tempio, gli esclusi per eccellenza. Questo era divenuto uno spettacolo abituale in una città la cui preziosa Torah prometteva ospitalità e aiuto ai poveri (Es. 23,11)…..E oggi?

 In questo carnaio entra la Parola di vita, diventata carne.

Chi sono oggi gli esclusi?  Chi sono quelli che io escludo?


In questa scena, Gesù si trova tra gli esclusi, viene in mezzo a loro. Alla fine, Lui stesso sarà l’escluso per eccellenza.
Gesù va a Gerusalemme dove vi era una festa dei Giudei”…. Non ci viene detto di quale festa si trattava, e nemmeno se Gesù andò nella capitale per la festa.
La piscina chiamata Betzaetà o Beteseda (che significa casa delle olive) è nominata solo in questo passo della Bibbia. La precisazione che il luogo aveva 5 portici fa pensare ai 5 libri del Pentateuco.
Subito dopo la descrizione della scena generale, l’attenzione al v. 5 si concentra su una singola persona in mezzo alla folla: Si trovava là un uomo che da trentotto anni…” La sua malattia non viene specificata, né descritta. Possiamo supporre che si trattasse di una paralisi.
Trentotto anni”: è il numero degli anni che troviamo nel Deuteronomio e corrisponde al soggiorno di Mosè nel deserto (Dt. 2,14): questa narrazione sottolinea il tempo necessario per “liberarsi” dagli uomini atti alla guerra, in modo da poter entrare nel territorio degli Ammoniti senza una comune memoria di battaglie. Il numero 38 indica quindi uno spazio di una generazione. La persona ammalata è quindi ormai anche vecchia! Possiamo facilmente pensare che una tale persona abbia ben poca speranza in un cambiamento di vita a questa età avanzata.
Gesù avendolo visto”: Gesù sa che  quell’uomo è così, lo vede e vedere significa conoscere.
Nel v. 6 Gesù compare improvvisamente sulla scena, “gli disse: Vuoi guarire?” Dove guarire indica “diventare sano”, la condizione di salute, inteso come cambiamento e non semplicemente una condizione statica.


Sono cosciente di essere malato?  Di essere parte di un popolo che è malato?


Il malato non risponde direttamente alla domanda di Gesù, ma ripete un ritornello che deve aver detto chissà quante volte nel corso degli anni: “
Signore, io non ho nessuno….."il male di troppe persone è la rassegnazione, essere prigionieri del destino.
Gesù gli dice parole potenti: (v. 8) ”Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina!” Tre comandi bastano ad invitare al completo cambiamento di una vita di sofferenza.
Il v. 9 descrive la risposta: E sull’istante quell’uomo guarì, e preso il suo lettuccio, cominciò a camminare”. Il lettuccio è il simbolo di ciò che imprigionava quell’uomo. Ora l’uomo può prendere la sua barella e portarla, può camminare.
L’invito è quello di non lasciarci bloccare dalla nostra storia, dalle nostre ferite, ma di chiamarle per nome, prenderle in mano ed essere noi a portarle.
A questo punto, il tono del racconto cambia drammaticamente con un’aggiunta: Quel giorno però era un sabato”. E’ il grande giorno del riposo di Dio dopo la creazione, il giorno di festa settimanale, che ha lo scopo, sul piano religioso, di onorare Dio, e sul piano sociale di consentire ai lavoratori israeliti di riprendersi dalle fatiche. (Es. 31,12-15). Improvvisamente aleggia un’aria di minaccia e di morte, che sostituisce la precedente gioia. Davanti all’azione di Gesù, si è posti nell’alternativa tra accettare il suo dono o rifiutarlo in nome della legge, o della comodità, dell’interesse, dell’immagine…..
L’uomo descritto come colui che era stato guarito si trova improvvisamente ad affrontare la dura realtà della Legge, della pressione culturale. Troviamo la sua ambigua risposta nel v. 11:”Colui che mi ha guarito, mi ha detto……” L’uomo sta giocando a scaricabarile o sta rendendo testimonianza a Gesù? Ai Giudei non interessa affatto come è avvenuta la sua guarigione, ma la violazione del sabato. La loro attenzione si sposta dal guarito al guaritore.
Nel v.14, il tempo e il luogo cambiano, anche se la scena prosegue: “Dopo queste cose, Gesù lo trovò nel Tempio”. Ancora una volta è Gesù che prende l’iniziativa “trovando” l’uomo.
“Ecco che sei guarito, non peccare più” Che cosa sta facendo di male? Perché viene associata la malattia al peccato? E che cosa può accadergli di peggio, dopo 38 anni passati con una paralisi?
Come la malattia iniziale dell’uomo non è stata specificata, così il suo peccato. Sarà che di fronte ai giudei l’uomo risponde con un tradimento piuttosto che una testimonianza?
Nell’insieme, l’uomo guarito sembra simboleggiare coloro che sono “attirati” da Gesù per diventare figli di Dio, ma non sono disposti a ri-nascere, a cambiare, a mettersi in gioco.
Il Padre mio opera sempre e anch’io opero”. Gesù chiama Dio “Padre mio”. Il suo annuncio provoca immediatamente la reazione del v. 18: proprio per questo i Giudei cercavano di ucciderlo. Dal perseguitare Gesù, sono passati a “cercare di ucciderlo”. Per tutto il resto del quarto vangelo, i giudei perseguiranno questa loro missione di vendetta.

     Sento rivolta a me questa domanda: “Vuoi guarire?”
Sei capace di ascoltare questa Parola che dà vita?
di: Betti Bonomi

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