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Introduzione all'Apocalisse: Dall'indifferenza alla Comunione

Gim Roma (ottobre 2002)

Dall'indifferenza
alla Comunione

Catechesi Ottobre 2002
 GIM Roma

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Introduzione all'Apocalisse
La lettera alla comunità di Laodicea
Cosa dice a noi, oggi

 

L’apocalisse è un libro scritto da un autore, Giovanni, che si definisce “fratello e compagno nella tribolazione”. E’ un libro che va ascoltato mettendosi dalla parte degli oppressi e comunque con una disposizione di riconoscimento ed accettazione della tribolazione. Essa può venire da fatti esterni spesso drammatici, ma anche da seduzioni più sottili. Vi è una mentalità di violenza, di autosufficienza, di presunzione, di auto-affermazione che sono una vera prova per la fede, per un’esistenza cristiana che sia testimonianza. Cercheremo di avvicinarci agli oppressi, dunque, nel nostro cammino di fede, ma anche cercheremo di aprire gli occhi su queste prove o tribolazioni più subdole che ci circondano. Rivelazione, appunto, significa “togliere il velo”. L’Apocalisse è scritta in un momento in cui la storia è difficile da interpretare come salvifica: vi è oppressione e persecuzione da un lato, vi è la seduzione di un sistema sociale, economico e politico che vuole il controllo totale della persona. Togliere il velo significa recuperare un discernimento sulla storia: dove è Dio? Verso dove vanno gli avvenimenti? Come porsi dinanzi ai fatti, alle scelte da prendere, alle posizioni da assumere? Questo discernimento non è una cosa banale. Ognuno ha il dovere di assumersi la fatica per riconoscere il significato più profondo di tali avvenimenti. I simboli e le visioni ti portano oltre il “semplicismo”, la banalità, il facile giornalismo. Ti invitano a scrutare il mistero. A riconoscere la presenza misteriosa di Dio nei fatti della storia ed anche oltre essi. Non solo. Tale discernimento non è un fatto puramente intellettuale. Esso si realizza solo a partire da una fede vissuta. Togliere il velo, allora, significa riaccendere la fede nel tuo cuore. Lasciare che la Parola ti dia luce per il tuo sguardo interiore. Essa ti chiama a conversione perché tu possa cominciare a vivere ciò che credi. Solo allora diventi capace di un discernimento anche sui fatti della storia.

 

L’apocalisse, dunque, vuole togliere il velo perché risuoni nuovamente il Vangelo nella tua vita e nella storia. Essa ha pure un altro valore importante. Vuole nutrire la speranza. Questa è una virtù. Una forza che ti permette di andare oltre il possibile. Oltre ciò che è facile e spontaneo. E’ la virtù degli audaci. Vogliamo creare una primavera di pace. Fare un cammino che porti frutti che stupiscano. Cammini aperti alle possibilità di Dio. Questo come singoli e come piccola comunità. L’apocalisse comincia con dei messaggi rivolti a delle piccolissime comunità che vivevano in “città”. Si rivolge, cioè, a dei cristiani pienamente coinvolti in quei processi che oggi come allora tendono a globalizzare, a condizionare la persona, a frantumarla. Essa, dunque, fondamentalmente crede che la città possa essere il luogo della testimonianza. A partire da piccole comunità. Il sogno rimane quello della città celeste, la nuova Gerusalemme. Nessun paradiso in terra. Non di meno fin da ora siamo chiamati ad un atteggiamento costruttivo ed impegnato in questo mondo concreto, spesso opposto a Dio, in attesa che si realizzi una vittoria sicura e finale dello stesso Dio.

 

Quest’oggi ci lasceremo provocare da una delle sette lettere che aprono il libro dell’Apocalisse. E’ la lettera alla comunità di Laodicea. Una lettera che vorrebbe farci camminare dall’indifferenza alla comunione. Ogni messaggio di queste lettere va letto come un dono di amore. Chi ti parla, chi comunica è uno che ti ama. E’ l’amore di Cristo, il quale viene designato in modi diversi. Nella lettera alla comunità di Laodicea Egli si presenta come l’Amen. In Lui c’è stato solo il “si”. E’ già un incoraggiamento – poi ribadito in tutta l’Apocalisse – a scelte di chiarezza. Scelte fiduciose perché basate sulla certezza della fedeltà di Dio. Spesso le preghiere dell’Apocalisse cominciamo proprio così: con un Amen. Per creare questa consapevolezza del “si” di Dio alla nostra salvezza. Alla nostra libertà. Alla nostra crescita nell’amore. Lo stesso Gesù, sempre all’inizio di questa lettera alla comunità di Laodicea si presenta come il testimone, il fedele ed il verace. Sono esplicitazioni del suo amore.
L’amore di Cristo è quello di un martire o testimone, cioè di uno che ti ama con i fatti, uno che ti guarda mentre forse sei ancora ribelle e peccatore e nel suo sguardo rivela il suo desiderio e la sua disponibilità a dare la vita per te
.

L’amore di Cristo è fedele. Non potrai mai perderlo. Puoi abusarne ma non puoi stancarlo. Infine l’amore di Cristo è veritiero. Ti incontra anche in termini di rimprovero. Una delle misure della verità di una relazione è la franchezza. “Io tutti coloro che amo li rimprovero e li castigo.”

In questo cammino, dunque, non ti proponiamo delle semplici idee, ma piuttosto lÂ’incontro con Cristo. Una relazione vera con Lui, nella quale tu possa imparare a riconoscere la sua consolazione ed il suo rimprovero. Solo nella misura in cui questo incontro con Lui diventa vero tu diventi te stesso.  Una persona capace di amare, capace di “relazione”: Ecco io sto alla porta e busso. Se uno mi apre io cenerò con lui e lui con me.

 

Cerchiamo dunque, nella lettera alla comunità di Laodicea la consolazione ed il rimprovero per noi oggi.

“Conosco le tue opere. Magari tu fossi freddo o caldo.
Ma poiché sei tiepido, né caldo né freddo, io sto per vomitarti dalla mia bocca.
”

Sono parole forti. Anche un poÂ’ paradossali: magari tu fossi freddoÂ…  Ciò mette in luce che la proposta di Gesù Cristo non è una questione di semplice moralismo: essere brava gente. Se qualcuno non riesce a fare il bravo – è freddo diciamo – che resti pure. Gesù Cristo è anche per te. Il problema non è semplicemente di fare i bravi ma di giocarsi, di volersi giocare nella vita fino in fondo. Tiepido è colui al quale non interessa rischiare né di sbagliare né di cercare il meglio. Uno a cui basta non andare allÂ’inferno. Tiepido è che si accontenta. Cerchi la pace della coscienza o la coscienza della pace? Cerchi di sentirti giusto oppure cerchi di sentire la passione per la giustizia? Desideri sentirti buono o desideri sentirti amato? Vuoi diventare bravo oppure vuoi aprirti alla santità? Passare dallÂ’indifferenza alla comunione significa niente di meno che imparare a cenare con Gesù Cristo. Una comunione tale con Lui che tu sai cosa vuole, come ama, come agisce, cosa si aspetta da teÂ… uno che cena con Gesù Cristo comincia a cambiare dal di dentro. La tua personalità interiore cambia. Scrivendo alla comunità di Laodicea Gesù dice: conosco le tue opere. Non sei né freddo né caldo. Non è questione che non vi siano opere. La questione è che esse non procedono da un cuore innamorato. Noi non vogliamo semplicemente cambiare il mondo. Non ci basta. Vogliamo incendiarlo. La sorgente di opere buone, opere di vita eterna, opere profondamente efficaci per la conversione dei cuori sono quelle che procedono da una integrità interiore. Siamo chiamati ad assumere dentro di noi la novità del Vangelo, il cuore nuovo. Così dunque parla Gesù alla comunità di Laodicea: “Tu dici sono ricco, mi sono arricchito – mi sono fatto da solo – non ho bisogno di nulla.” Ti senti a posto. In qualsiasi senso: realizzazioni umane, spirituali, economiche. Lo Spirito ti illumina in questo senso: tu sei infelice. Ti insegna cioè a distinguere la soddisfazione dalla felicità. Molte cose possono soddisfarti, ma se ti fermi un attimo, se ascolti veramente il tuo cuore ti accorgerai di essere infelice. La tua ragazza ti ama ma non abbastanza per renderti felice. Anche il tuo progresso morale può soddisfarti, ma non abbastanza per renderti felice. Puoi essere generoso e fare tante cose utili e significative, ma neanche questo ti assicura la felicità. Quale è il problema allora?

Giovanni lo spiega così alla comunità di Laodicea: sei miserabile (bisognoso di misericordia), sei povero, cieco e sei nudo. Sei cioè in una situazione di mancanza, di radicale precarietà. Puoi amare solo fino ad un certo punto e con un amore che rimane fondamentalmente orientato a te stesso, pieno di attese, di esigenze, di pretese, bisognoso di essere soddisfatto. Nessuno può cambiare da se stesso questo orientamento del cuore. Quante volte ti giustifichi – non riesci ad ammettere nemmeno una piccola dimenticanza – pretendi di essere perfetto. Non sopporti di scoprirti miserabile, bisognoso di misericordia. Quante volte hai parlato od agito per affermare te stesso, per fare bella figura, per avere ragione, per dare un’impressione… perché non sopporti di essere nudo. Quante volte hai giudicato… hai pensato male “giustamente degli altri” – il demonio ti inganna facendoti vedere proprio con grande lucidità i difetti degli altri in modo da giudicarli ed uscire dall’amore. Giudichi, dunque, e non ti accorgi di essere cieco. Di non amare più, di non vedere più nell’altro uno che Cristo ha amato. Quante volte ti sei chiuso nella tua indifferenza, hai escluso qualcuno dal tuo orizzonte: sei povero. Non riesci a dare e a darti gratuitamente. Nessuno – eccetto Cristo – può darti la possibilità di sentirti amato a partire da come sei. Se sei disposto a venire alla luce come sei. Se ti lasci davvero riempire da questo suo amore che ti libera dalla preoccupazione per te stesso.

Dove trovare tanto amore? E’ Cristo che te lo indica. “Compra da me oro raffinato dal fuoco per arricchirti”. E’ nella prova che ti arricchirai, che troverai l’amore di Cristo. E’ nella prova che il tuo cuore impara ad attingere a Cristo per diventare davvero generoso.

Compra vesti bianche per coprire la tua nudità: è dove provi vergogna – non nelle cose che appaiono e che magari ti fanno sentire sicuro davanti agli altri – ma è dove ti senti più fragile, più incompetente, più ferito, più vergognoso, lì sei invitato a cercare e scoprire l’amore di Cristo. A metterti addosso vesti bianche, non contaminate, a ritrovare cioè la consistenza, l’integrità, la realtà di una persona che non si accontenta più delle apparenze (suora del Benin).

Compra collirio per ungere gli occhi: guarda dove non riesci ad amare. Lì ti attende un cammino di conversione che contraddice le tue vedute, anzi la tua cecità.

Alla fine del discorso di Cristo vi è una promessa di vittoria. Una vittoria sicura. Nella misura in cui cresciamo in questa integrità interiore  diventiamo capaci di unÂ’apertura: dallÂ’indifferenza alla comunione. Avrai attività da vivere, sarai sfidato da testimoni diversi in questo anno, ma è a partire dalla tua persona, da quello che sei nel tuo cuore che imparerai a donarti. Ascolta dunque quello che lo Spirito suggerisce alla Chiesa. Sarà importante valorizzare il tempo della preghiera personale. LÂ’accompagnamento con qualcuno. Decisioni nelle quali ti giochi un pochettino. Uscire dallÂ’indifferenza significa smettere di vivere nella neutralità, nella tiepidezza. Dio ti sta vomitando. Ti butta fuori per il tuo bene.

“Si è chiamati fuori e bisogna venir fuori dall’esistenza condotta fino a questo giorno.
Si deve esistere nel senso più rigoroso della parola.

Il discepolo viene gettato dalla sicurezza relativa della vita all’assoluta mancanza di sicurezza” Bonhoeffer

 Vieni vomitato per un amore folle che Dio ha per te. E nella misura i cui ti accorgerai di avere veramente bisogno di Dio comincerai ad aver bisogno anche dellÂ’altro, a passare dallÂ’indifferenza alla comunione.

 

 

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