CATECHESI:
Qui puoi trovare le catechesi che hanno animato la riflessione e la
preghiera |
La Pira
e Cristo, Cristo l'uomo e la storia
Filippesi 3,7-14
La Pira e il Regno, Cercate prima il Regno
di Dio Mt 6,25-30
La Pira, i poveri e il valore dell'uomo, I
poveri e il valore dell'uomo Lc 6,6-11
/ Salmo 8
La Pira e l'impegno politico, Servo buono
e fedele Mt 25,14-30
La Pira e il dialogo ecumenico, Il dialogo:
cammino verso l'unità Atti
15, 1-21
La Pira e l'incontro
dei popoli, "Verranno dall'Oriente
e dall'Occidente" Atti 2, 1-13
La Pira e la Pace, Il Cammino della Pace
Ef. 2,11-22 / Salmo 85(84) / Is2,1-5
|
Cristo
l'uomo e la storia
Arezzo,
29 Luglio 2003
Fede, vita,
Cristo, sono realtà presenti e vive nella vita di Giorgio
La Pira. Il particolare Gesù Cristo è il centro
e lÂ’ispiratore dellÂ’azione e della sua vita. È Lui che
da senso e forza al suo agire. In questo cammino di incontro con
Cristo ci vogliamo far accompagnare da S. Paolo.
Leggi
Filippesi 3,7-14
Il brano
rientra nel discorso che Paolo fa per mettere in guardia i Filippesi
da falsi apostoli, che si vantavano delle loro origine ebraiche
per avvalorare il loro insegnamento. Paolo dice che potrebbe vantarsi
anche lui, ma non lo fa perché il suo vanto è Cristo.
Centralità
di Cristo.
I motivi per Paolo di vantarsi sono tanti, era un personaggio
eminente sia nel suo passato di persecutore dei cristiani, sia
dopo la conversione. Ma quello che guida Paolo non è mostrare
sé stesso, annunciarsi, mostrarsi; il suo fine è
far conoscere Cristo. “Cristo Gesù, mio Signore” e “guadagnare
Cristo” sono due espressioni che mostrano quanto Gesù sia
al centro della vita di Paolo, tanto importante che tutto il resto
passa in secondo piano, non perché Paolo si disincarni
dalla realtà – sappiamo bene come Paolo si sia dato corpo
e anima per lÂ’annuncio del Vangelo, per incontrare le persone,
non risparmiandosi nei viaggi e nelle fatiche, arrivando anche
a lavorare per mantenersi, mentre continuava l’annuncio – ma per
far partire e arrivare tutto a Cristo. Vivere questo ci porta
a partecipare della Sua vita, donata e protesa verso la salvezza
integrale dellÂ’uomo. Per questo Paolo non si risparmia, e partecipa
così della morte e risurrezione di Cristo.
Il
risorto
Ecco allora che il mistero della salvezza – morte e resurrezione
– diventano per Paolo il fulcro della sua vita e della vita dellÂ’umanità
che da lì la riceve. Anche per Giorgio La Pira sente forte
il significato della resurrezione; La Pira mette spesso in legame
la realtà terrena, lÂ’impegno nella storia, con tutto quello
che riguarda i divino; il Cristo Risorto diventa la chiave di
lettura della storia: “Tutta l’evoluzione cosmica e storica ha
un punto centrale fisso, permanente: il corpo risorto di Cristo.
E questo Corpo risorto coordina a sé tutta la materia,
tutto lÂ’ordine materiale, lÂ’ordine cosmico, e lÂ’ordine storico.
Il fatto che Cristo è risorto è il fatto fondamentale
della storia, dei secoli precedenti che lo preparavano, dei secoli
successivi che sono chiamati a svilupparlo fino alla realizzazione
del Regno messianico in cui si compirà la salvezza e la
rivelazione integrale. Di fronte alla resurrezione sono messe
a nudo le deficienze del mondo materialista che, in ultima analisi,
non ha risolto i problemi dellÂ’uomo, il problema del senso dellÂ’esistenza.
La speranza che sÂ’irradia dalla resurrezione diventa invece speranza
politica, perché risolve il mistero della persona umana
e illumina il cammino dei singoli e della storia”
La centralità del Risorto non ha niente di fuga dalla realtà,
anzi è un immergersi sempre di più nel reale, assumerlo
tanto da arrivare a dare la vita (la morte in croce). È
imparare a leggere la storia e gli avvenimenti della propria vita
con lo sguardo di Dio, ed agire poi nel concreto della vita secondo
questa logica, una logica che porta Cristo al centro della vita
del mondo perché lì possa essere salvezza per tutti.
“I veri materialisti siamo noi che crediamo nel corpo di Cristo
Risorto e nella conseguente destinazione terrestre e celeste,
temporale ed eterna del corpo umano! Siamo ancora all’alba – alla
preistoria – della storia cristiana del mondo: la storia comincerà
quando avremo intuito fino in fondo – in un certo senso – il valore
terrestre e celeste del corpo umano che il risorto Corpo di Cristo
a sé attrae e a sé modella”.
“La Pira intendeva il significato fisico della resurrezione come
qualcosa che questa realtà la rendeva globale per tutti
gli uomini, cioè la realtà intimamente qualificata,
sostanziale, interiore allÂ’evento della resurrezione fa sì
che tutti gli uomini siano interni allÂ’evento stesso, lo sappiano
o no, interni ad un disegno di salvezza e di efficacia oggettiva,
offerta a tutti” (Balducci)
Conquistato
Questo si rende possibile perché si è conquistati
da Cristo; non mi appartengo più, Paolo arriverà
a dire “non sono più io che vivo, ma è Cristo che
vive in me”!! La conquista è innanzitutto unÂ’iniziativa
di Dio, ci conquista per renderci strumenti della realizzazione
del suo Regno, ma non lo fa rendendoci oggetti, ma soggetti di
questa realizzazione, soggetti liberi che avvolgono il disegno
di Dio, perché attraverso di esso realizzano pienamente
la loro vita; non fantocci, ma protagonisti, dei protagonisti
liberamente ‘posseduti’.
“O perché – scriveva La Pira – io non dovrei curare questo
patrimonio di grazie (la fede) che solo mi conforta in tanti momenti
oscuri della vita? Questa misteriosa donazione di Dio che conferisce
dignità infinita alla mia vita a ai miei atti? Io vi prego
di rispondere a questa domanda: e se voi mi obbiettaste che io
«esagero» vi dirò che la verità non
sopporta dimezzamenti: e che se Iddio mi permette di vedere intiera
la radiosità di unÂ’alba sarebbe stupido che io, per non
so quale ragione, dovessi limitarmi a intravedere gli ultimi raggi
del tramonto”.
Corro
LÂ’essere conquistati non è fine a sé stesso, né
una cosa che una volta raggiunta, ci si può fermare e si
ha per sempre; lo stesso Paolo ce lo ricorda che occorre correre
sempre verso questa meta. È una cosa che si ‘guadagnaÂ’,
non si compra, occorre perciò correre, camminare. E in
questo incedere abbiamo un doppio fine: per “arrivare al premio
che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù”,
ma non ci si arriva da solo.
La Pira, uomo della preghiera e del silenzio, si immerge nei problemi
e nelle ansie degli uomini del suo tempo. Nel 1934, con un gruppo
di giovani inizia la “Messa di San Procolo, dove raccoglieva i
poveri della città; durante la Messa La Pira teneva dei
brevi “discorsi”, al termine poi veniva distribuito qualcosa da
mangiare, e questo anche nei tempi della guerra.
Spunti
per la riflessione
-
Chi
o casa è il Signore della tua vita?
-
Ti ritieni un/a conquistato/a da Dio? Come lo vivi nella tua
vita?
-
Quali sono le priorità nella tua vita? Secondo quale
criterio scegli?
-
Per La Pira la preghiera era “abitare il paradiso”, “la gioia
della grazia”, “è come fare la cura del sole”, “è
unÂ’esperienza di luce”; cosÂ’è per te la preghiera? Quanto
tempo le dedichi?
|
Cercate
prima il Regno di Dio
Rondine
– Arezzo, Mercoledì 30 Luglio 2003
Il Regno di
Dio
Il tema del Regno
ricorre 122 volte nel vangelo e 90
volte viene posto sulle labbra di Gesù. Per lui è
così importante che già allÂ’inizio della sua predicazione
invita alla conversione “perché il regno dei cieli
è qui”(Mt 4,17) e più avanti lo presenta ai
suoi discepoli attraverso diverse parabole, perché
possano capirne il significato e vedere più in profondità
(cfr. Mt 13).
Per Gesù
il Regno è Dio stesso che regna e libera lÂ’uomo da ogni
schiavitù, rendendolo a sua immagine e somiglianza. Conoscere
i misteri del Regno è conoscere la volontà del Padre
e far nostro il disegno di Dio nella storia: costruire un mondo
dove si possa vivere da figli e da fratelli, dove ci sia pace
e giustizia per tutti. Gesù, esigendo il cambiamento come
condizione per il Regno, mostra che esso oltre che essere frutto
dellÂ’intervento di Dio, richiede anche la collaborazione dellÂ’uomo,
il suo impegno e il suo sforzo.
Gesù
non solo ha annunciato vicino il Regno, ma lo ha reso anche presente
mediante gesti concreti.
Però non dobbiamo dimenticare che il Regno va cercato dappertutto,
perché esso è presente ovunque, pur in modo embrionale,
perché dappertutto Dio ha lasciato segno di sé con
un esplicito atto creativo; vive perciò nel cuore della
storia e di ogni uomo prima ancora che lÂ’annuncio esplicito del
Vangelo raggiungesse i singoli individui.
La Pira, nelle sue riflessioni fa
riferimento costante al tema del Regno ed è
convinto che una comprensione piena della fede esige che al Regno
sia data priorità assoluta poiché esso si iscrive
nel progetto provvidenziale di Dio che vuole la salvezza di tutta
lÂ’umanità.
In una lettera scritta a don Sturzo sottolineerà come «anche
per la vita politica vale la norma dellÂ’Evangelo: domandate
prima il Regno di Dio e la sua giustizia”.
A portare La Pira a questa sensibilità era la sua familiarità
con la Parola di Dio. Leggeva la Bibbia con stupore e amava ripetere:
“Nella
Bibbia cÂ’è tutto. È la carta di navigazione dei singoli
e dei popoli; cÂ’è da dove vieni, dove sei e dove vai. CÂ’è
tutto degli uomini, il bene, il male. E il Signore si serve di tutti
per il suo disegno., anche dei non credenti. Basti pensare a Ciro
re di Persia: Dio lo adoperò per far tornare Israele dalla
schiavitù alla Terra promessa”.
Era proprio la sua familiarità con la Parola di Dio che lo
aveva reso capace di tradurla sempre più in pane
quotidiano. Con grande sensibilità storico salvifica
La Pira rilegge la storia di Israele e del mondo contemporaneo alla
luce della parola di Dio: “Bisogna rileggere l’Esodo
– la rivolta di Mosè, la contestazione del Faraone, la liberazione
dÂ’Israele per comprendere il fondo biblico, vitale, messianico dei
grandi movimenti di liberazione politica, economica, storica, culturale
che fermentano irresistibilmente i popoli oppressi di tutti i Continenti”.
- Quanta familiarità
hai con la Parola di Dio? EÂ’ criterio di discernimento per la
tua vita?
Fermiamoci
un poÂ’ sul testoÂ…
Non
affannateviÂ…
Gesù, istruendo i discepoli sulle esigenze della sequela,
nellÂ’ultima parte del discorso del monte, li invita ad andare allÂ’essenziale
della vita e a rompere con la logica del mondo: accumulare, possedere,
garantirsi la vita, assicurarsi, paura di perdere privilegi e sicurezze,
vantaggi ed interessi. Per questo gli dice: “… non affannatevi…
Di tutte queste cose si preoccupano i pagani. Â… non affannatevi
dunque per il domani…”.
AllÂ’inizio della sua
predicazione invita chi lo segue a cambiare di mente e di cuore,
di occhi e di vista, a cambiare di mentalità, di cammino.
Il Regno, prima atteso e ora presente in Gesù, è quello
del Padre, in cui viviamo da figli e da fratelli. La parola “regno”
racchiude ogni desiderio dellÂ’uomo.
Il Regno che Gesù
annuncia non è basato sulla forza e sulla violenza, ma sullÂ’Amore.
Non si esprime comandando, ma servendo.; non sacrifica i sudditi,
ma offre se stesso e muore per tutti.
I protagonisti del Regno che Gesù annuncia sono i poveri,
gli oppressi, i crocifissi della storia, quelli che per il potere
stabilito non contano niente. Sono gli uomini delle Beatitudini.
Con quelli che non hanno sostegno e peso nella società, Gesù
vuole costruire il suo Regno.
LÂ’impegno per il Regno
e la Giustizia
Il discepolo è chiamato a fidarsi di Dio, perché sa
che tutto gli viene dato nella misura in cui lÂ’impegno per il Regno
e la Giustizia è una costante nella sua vita. Questo impegno
ci porta a costruire un mondo più giusto e fraterno, dove
a tutti è assicurato il necessario per vivere con dignità,
dove il perdono, la pace, la solidarietà, lÂ’accoglienza,
la sobrietà, lÂ’accontentarsi, ci permetteranno di promuovere
una globalizzazione che non esclude, ma include tutti. Dove tutti
i popoli della terra possano sedersi alla mensa del banchetto del
Regno e condividerne equamente i beni.
La passione
e lÂ’impegno per il Regno e la giustizia devono ridimensionare la
nostra vita, le nostre scelte, i nostri impegni, quello che abbiamo
e vorremmo.
Non è un accontentarci in modo passivo, ma è un impegno
che crea condizioni di vita uguali per tutti.
Ecco perché
lÂ’affanno, lÂ’ansia spariscono da sole. LÂ’autenticità della
nostra vita, la ricerca vera di valori, il credere che con Gesù
il Regno è già in mezzo a noi, perché è
già iniziato un nuovo stile di vita, ci porta alla pratica
della solidarietà, della condivisione, dellÂ’accoglienza e
crea condizioni di vita degne per tutti.
“La gratitudine del Regno non consiste solo in occhi nuovi
per vedere e orecchi nuovi per ascoltare, ma anche in mani nuove
per fare”. (Jon Sobrino)
Fiducia nellÂ’Amore
del Padre
Il discepolo non deve cadere nella tentazione dellÂ’affanno,
dellÂ’ansia, come se tutto dipendesse da sé stesso:
a lui è richiesta la fiducia nellÂ’amore del Padre. Questo
non sottrae allÂ’impegno, che in nessun modo viene privato della
sua serietà e della sua urgenza: lo rende più sereno.
Deve sapere che i beni
del Regno sono al primo posto e questo invita, anzi esige, che la
nostra vita sia orientata in modo diverso.
Il mondo inganna e seduce: ci convince che solo nel possesso cÂ’è
sicurezza e gioia. E così ci rende schiavi, disposti a servirlo,
ci spoglia della nostra vera umanità, ci ruba lo spazio della
libertà e ci strappa lÂ’anima.
- Come stai
cercando il Regno di Dio e la sua giustizia nella tua vita?
La forte sensibilità
di La Pira per il Regno, lo porta ad un impegno costante per costruire
una civiltà fondata sui valori consolidati, che hanno come
fondamento unÂ’autentica fraternità e una ritrovata equità,
capaci di ricostruire un mondo riconciliato e solidale. Per lui
i segni visibili del Regno sono le stesse opere profetizzate da
Isaia, riprese da Gesù nella sinagoga di Nazaret e affidate
ai discepoli di Giovanni Battista: “i ciechi recuperano
la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi
riacquistano lÂ’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata
la Buona Novella del Regno” (Mt 11, 5-6).
Secondo La Pira il Regno
di Dio, fa riferimento al cuore degli uomini, chiamati a tessere
stabilmente un rapporto di amore con la vita trinitaria. Per questo
ancora giovane scrive: “L’essenza del Regno di Dio stabilita
nel cuore dellÂ’uomo sta proprio in questa partecipazione dello Spirito
Santo allÂ’anima umana: è il principio interiore dal quale
procedono, come da una causa fontale, le virtù teologali
della fede, della speranza e della carità”.
Lui stesso ribadisce lÂ’idea di un Regno che dimora nel cuore dellÂ’uomo
affermando che “lÂ’uomo vale in ragione della preziosità
del suo tesoro interiore: vale perché porta in sé
Dio…”.
Per lui tutto ha inizio
dal cuore dellÂ’uomo ed è pienamente consapevole
del fatto che sarebbe fatica sprecata credere di riuscire a combattere
lÂ’egoismo e il disordine del mondo quando non si è capaci
di intervenire con il medesimo coraggio allÂ’interno del proprio
cuore. Il male presente nella storia è specchio del peccato
che abita dentro il cuore di ciascuno; pertanto solo a partire
dal cuore umano può mutare il volto del pianeta.
In La Pira Il Regno
di Dio trova spazio e concretezza mediante lÂ’impegno di apostolato.
Riconosce che un dono tanto grande offerto da Dio
allÂ’umanità si rende visibile e palpabile quando incontra
dei credenti pronti ad assumerne gli atteggiamenti; quando si incarna
in persone che, raggiunte dallÂ’azione salvifica di Gesù,
accolgono la sua proposta e a partire da loro stessi iniziano a
diffondere nel mondo i valori della tolleranza, della riconciliazione,
della pace, della fraternità, dellÂ’unità dei popoli
e delle religioni.
Per La Pira la pace
è il bene per eccellenza, il frutto più desiderabile
del Regno. Ma era anche convinto che la pace non è un bene
asettico, né un fiore che cresce spontaneo, ma poggia sulle
solide fondamenta della giustizia e viene quotidianamente coniugata
con la verità; fa inoltre i conti con la tolleranza e la
misericordia.
Tutta la visione che
La Pira ha del Regno è attraversata da un ottimismo sconfinato,
motivato dalla certezza della resurrezione di Gesù
che ha definitivamente mutato il corso della storia. È fermamente
convinto che anche se nel mondo è visibile lÂ’azione del male,
la struttura fondamentale dellÂ’uomo e della società è
buona.
Pur presente e attivo
nella storia, il Regno rimane una meta da raggiungere; è
un dono di Dio e da lui proviene, però richiede
anche lo sforzo e la collaborazione dellÂ’uomo e
la Chiesa, pur immersa nella provvisorietà e fragilità
del tempo, è chiamata ad essere un segno autentico e tangibile
del Regno.
- Quali sono
i valori del Regno che oggi vanno promossi con urgenza?
La Pira ha vissuto questa
doppia dimensione: della fiducia e dellÂ’impegno, facendo del suo
servizio politico un contributo serio a far presente il Regno fra
gli uomini del suo tempo.
Ed ora tocca
a Noi
Alla scoperta del
Regno
Signore Gesù,
noi abbiamo fiducia in Te
e per questo siamo qui.
Abbiamo fiducia nella tua Parola.
Aiutaci ad accoglierla;
ad avere fame e sete di Te;
aiutaci a farla diventare Vita nella nostra vita.
Donaci di comprendere
la grandezza,
lÂ’immensità
e lÂ’importanza del Regno
che è già presente in noi e in mezzo a noi.
Donaci di capirne lÂ’urgenza
e la necessità;
faÂ’ che non ci distraiamo e affanniamo
per cercare quello che non vale
e accumulare quello che non serve.
Dacci occhi per saper
guardare
gli uccelli del cielo
e i gigli del campo;
aumenta la nostra fiducia in Te
e nella tua provvidenza,
ed aiutaci a cercare sempre
ciò che piace a TeÂ…
Perché tuo è il Regno, la potenza e la Gloria
nei secoli dei secoli. Amen!
|
I
poveri e il valore dell'uomo
Arezzo, giovedì
31 luglio 2003
I poveri sono sempre
stati al centro dellÂ’attenzione di Gesù, che ha cercato
di dare loro dignità, vita, la possibilità di vivere
in pienezza la loro umanità. LÂ’umanità, per Gesù
ha un valore tale che non rifiuta di assumerne la natura; ed è
questa natura umana che vuole salvare.
Nella sinagoga
Gesù entra nella sinagoga per insegnare. È nel contesto
della preghiera, un momento che potremmo definire di spiritualità,
di ascolto di Dio, della nostra dimensione verticale che Gesù
vede il malato e lo guarisce. È dallÂ’incontro con Dio che
si “aprono gli occhi” e si riesce a vedere la realtà; è
Dio che mi insegna a guardare quellÂ’uomo con la mano inaridita
non semplicemente con il mio sguardo umano, limitato dallÂ’apparire,
da ciò che si vede con gli occhi o con il pregiudizio umano.
Anche gli scribi e i farisei lo vedevano, addirittura Luca ci
dice che osservavano; ma per quellÂ’uomo hanno già la soluzione
fatta, la sentenza è già data: quellÂ’uomo e malato
perché peccatore (cf. tutta la teoria della retribuzione)
ed è sabato, quindi non si possono fare lavori, e neppure
guarigioni. Ma è Gesù ora che VEDE veramente, sia
il cuore dei farisei, sia la situazione dellÂ’uomo
La mano destra inaridita
La situazione di questÂ’uomo
è veramente critica e difficile: è un uomo che non
può lavorare, che non può essere autosufficiente,
non può perciò gestire la propria vita in pienezza,
deve dipendere. La sua stessa dignità di persona nella società
è diminuita. La mano inaridita è incapace di aprirsi,
e rappresenta anche le incapacità di aprirsi agli altri e
a Dio. Anche noi abbiamo la nostra mano inaridita, le nostre chiusure
e incapacità; anche noi sperimentiamo il limite.
Ma anche a livello mondiale, tanti sono i popoli con la mano inaridita,
privati di dignità, e di possibilità di essere indipendenti.
- Quali sono le mie mani
inaridite? Quali sono quelle che vedi attorno a te e nel mondo?
Alzati e mettiti nel mezzo
Ecco allora che interviene Gesù, e gli ridà la sua
dignità, lo rimette in piedi; tra lÂ’altro questa parola –
alzati – è spesso associata con la risurrezione; a questÂ’uomo
Gesù vuole ridare la vita. Ma lo mette anche nel mezzo perché
tutti si possano accorgere, anche i distratti, anche quelli che
non si accorgono mai degli ultimi, troppo presi dai loro affari
personali, oppure con gli occhi solamente su un Gesù disincarnato,
messo sugli altari e non che cammina per le strade di casa nostra.
- E tu li vedi i poveri,
gli emarginati, gli ultimi?
Stendi la mano
E infine lo guarisce. Ora a quellÂ’uomo è ridata
la possibilità di vivere una vita piena; non è più
un escluso perché malato, perciò peccatore e impuro,
può far parte a pieno titolo della società, e in questa
società ora può esprimersi a pieno titolo. Immaginate
la gioia di questÂ’uomo!!!
Anche noi siamo chiamati a dare possibilità di vita, di dignità
alle persone. Giogo La Pira diceva: “Fino a quando mi lascerete
a questo posto, mi opporrò con energia massima a tutti i
soprusi dei ricchi e dei potenti. Non permetterò che rimanga
indifesa la parte debole della città: chiusure di fabbriche,
licenziamenti e sfratti troveranno in me una diga non facile abbattibile.
Tutta la vera politica sta qui: difendere il pane e la casa della
più gran parte del popolo italiano. Il pane, e quindi il
lavoro, è sacro; la casa è sacra: non si tocca impunemente
né lÂ’uno, né lÂ’altra; questo non è marxismo:
è Vangelo”.
- E tu hai avuto occasione
questÂ’anno di essere vicino ai poveri, agli esclusi? Ha dato loro
del tuo tempo, te stesso perché anche loro possano avere
una vita piena? Condividi dei casi concreti.
Valore della
persona per Dio
Come dicevano anche allÂ’inizio, per Dio lÂ’uomo è tanto importante
che ha ritenuto necessario incarnarsi per ridare il vero valore
e dignità allÂ’umanità. “CÂ’è bisogno di una
riparazione! LÂ’uomo non può essere separato da Dio. Ecco
lÂ’Incarnazione. Dio stesso ripara, con lÂ’incarnazione del Verbo,
questo ordine turbato e l’uomo torna ad essere integrato nella Grazia”.
LÂ’uomo per Giorgio La Pira
Tutta la crisi del mondo moderno,
insiste più volte Giorgio la Pira sta proprio in questo:
non conoscere i valori della persona umana, che Dio, appunto, ha
creato, salvato ed amato: la persona irripetibile ed unica. “Dio
mi ha fatto e ha rotto lo stampo”. La persona trova la sua pace
nello scoprire e vivere il suo fine che è la contemplazione,
lÂ’amore, la fedeltà al suo creatore: quel misterioso dono
della familiarità con il Signore. La Pira contesta le idee
di Rousseau, Hegel, Marx, perché la società a cui
hanno dato origine con le loro idee illuministe, idealiste e marxiste
sono sbagliate perché allÂ’uomo non è dato il suo valore
vero ed egli è pensato o indipendente da Dio, autonomo, senza
bisogno di risanamento e di sopraelevazione e in qualche modo vincolato
e limitato dal solo ambito della propria ragione; oppure in funzione
dello Stato, strutturato per lo Stato anziché lo Stato per
lui.
“Dio ha voluto che noi fossimo, in un certo modo, gli artefici della
nostra redenzione: ah voluto che noi conquistassimo la nostra interiore
unità. Egli pone in noi il germe – con la Grazia – la potenza
di recuperare lÂ’eternità: ma lÂ’attuazione di questÂ’opera
di riconquista deve essere nostra; certo, parallela, anzi, sottostante
allÂ’opera nostra cÂ’è lÂ’opera di Dio: sostegno e conditio
della prima”
“Tutto lÂ’essere mi converge verso un punto che mi porterà
per sempre a contemplare Dio. Capisco ora il perché dellÂ’intelligenza
e la sua fondamentale orientazione; capisco il perché dellÂ’amore;
capisco la gerarchia che domina la struttura e il dinamismo della
persona; capisco il senso profondo della mia libertà; capisco
lÂ’inestimabile valore di ogni persona: si fa chiaro alla mia mente
lÂ’immenso stupore di san Paolo quando grida: non sapete che siete
tempio del Dio vivo? La mia persona è tutto proiettata verso
le cime purissime della grazia e della preghiera, destinata ad essere
amata e posseduta dalle Persone divine!”
“Alla comune fraterna tavola del mondo, un posto non deve mai mancare
a nessuno!”. Per La pira la persona umana è importante, e
perciò anche le sua necessità materiali. A Firenze
organizza una mensa per i poveri (S. Vincenzo allÂ’Ozanam), e spesso
gran parte del suo stipendio finiva in aiuto ai più bisognosi.
AllÂ’Ozanam significa visitare i bisognosi per amore di Cristo e
contemporaneamente educare lÂ’intelligenza al pensiero cristiano
e avare lÂ’occhio attento al primo comandamento per nutrire il secondo.
- Qual è
la visione dellÂ’uomo nella società dÂ’oggi? E la tua?
- Quali sono
i valori da ritenere, e quelli da sanare o cambiare?
|
"...
Servo buono e fedele"
Rondine –
Arezzo, Venerdì 1 Agosto 2003
I “talenti”
Â… ricevuti
La parabola ci racconta di 3 servi molto diversi tra di loro,
in atteggiamenti e impegno, ma accomunati da una stessa realtà,
i talenti, che non sono stati da loro guadagnati, ma ricevuti.
Sono infatti doni. Questo è il “filo rosso” che accomuna
tutta lÂ’umanità. Nessuno è mai partito da zero:
lÂ’esistenza umana viene costruita con qualcosa (doni) che ci è
stato dato gratuitamente. Sta a noi accogliere e valorizzare il
dono che ci siamo trovati tra le mani.
LÂ’intenzione
principale della parabola è un invito a vivere le occasioni
che la vita presenta per compiere qualcosa di bello, di buonoÂ….
e di nuovo. Dio ci chiama ad essere creativi, intraprendenti,
pieni di iniziativeÂ… non a “conservare” o tutelare ciò
che abbiamo (si tutelano le opere dÂ’arte, i monumenti, non i doni).
È un invito forte alla responsabilità: non possiamo
restare oziosi. Dobbiamo far fruttificare, rischiare, osare !!!
La Pira, appena ventenne intuisce
che il cristianesimo non è una evasione dal mondo né
un rinserrarsi negli spazi angusti della propria interiorità.
Nella Messina del dopo terremoto sÂ’impegna in opere caritative tra
le baracche della povera gente portando aiuti materiali e morali.
Era un appassionato di Dio, dellÂ’uomo e del mondo. E proprio per
questo insisteva anche sullÂ’impegno politico dei cristiani. Lui
amava la politica come intelligenza delle cose, scienza
dedicata allÂ’uomo, sintesi che cerca di cogliere le aspettative
e i bisogni dellÂ’uomo, servizio di carità che supera ogni
servizio professionale di medico, di insegnante, di artefice dellÂ’economia
e di tutte le altre attività umane.
In una lettera scrive:
“La sola metodologia di vittoria è la rinuncia a
se stessi; il distacco radicale delle proprie piccole sfere; lÂ’apertura
come conseguenza di questo distacco e di questo taglio, alla sfera
mondiale di Dio. Gli strumenti che suggeriscono lÂ’ambizione, la
colpa e la meschinità, sono radicalmente privi di efficacia
politica”.
“ma
che significa – si chiede La Pira – ‘voi siete il sale della terra?
Voi siete la luce del mondo?Â’ Significa che abbiamo una missione
trasformatrice da compiere; significa che(Â…) noi dobbiamo mutare
– quanto è possibile – le strutture di questo mondo per renderle
al massimo adeguate alla vocazione di Dio”.
Giorgio La
Pira
Saper rischiare
I primi due servi hanno considerato giustamente il dono ricevuto
come appartenente ormai a loro. Il padrone glielo aveva regalato
e lÂ’hanno usato senza paura di rischiare. LÂ’altro invece non ha
capito che il talento era suo. Non ha creduto allÂ’amore e generosità
del padrone. Per lui era solo un oggetto imbarazzanteÂ… da restituire
intatto. Così lo ha nascosto. La paura ha ucciso la sua spontaneità
e creatività.
Gli errori dipendono da una falsa immagine di Dio: “So che sei un
uomo duro…”, dice il servo.
La Pira arriverà a dire che:
“la vocazione cristiana è un carico, dolce perché
cristiano, che comanda di spendersi senza risparmi per gli altri”.
E lui ha saputo veramente spendersi, mettendo al servizio i talenti,
i doni che il Signore gli aveva dato, assumendo nel suo impegno
politico, lÂ’impegno per costruire un mondo più giusto e fraterno,
per promuovere la pace e la fraternità tra i popoli in un
momento particolare della storia (nazifascismo, guerra fredda, i
regimi totalitari).
Per questo diceva: “lÂ’impegno politico è un impegno
di umanità e di santità: è un impegno che deve
poter coinvolgere verso di se gli sforzi di una vita tutta tessuta
di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia
e di carità”.
“La ‘elemosina’ non
è tutto: è appena lÂ’introduzione al nostro dovere
di uomini e di cristiani; le opere anche organizzate della carità
non sono ancora tutto: sono un passo avanti notevole nellÂ’adempimento
del nostro dovere di uomini e di cristiani; il pieno adempimento
del nostro dovere avviene solo quando noi avremo collaborato, direttamente
o indirettamente, a dare alla società una struttura giuridica,
economica e politica adeguate – quanto è possibile nella
realtà umana – al comandamento principale della carità”.
Giorgio La Pira
Produrre per
chi?
Non basta però far fruttare i doni ricevuti, occorre verificare
per chiÂ… o che cosaÂ… si fanno fruttificare. Se al centro di tutto
il nostro agire sta il nostro interesse egoistico, allora abbiamo
fatto di peggio; non solo abbiamo nascosto, come il servo, i talenti
sotto terra, ma li abbiamo seppelliti sotto cumuli di ipocrisia.
Anche la fede può diventare un talento sotterrato,
e quindi sprecatoÂ… se lo si considera un fatto privato
e ci si limita a custodirla, magari anche difenderla. Il Signore,
partito per un lungo viaggio, invece, desidera che anche questo
talento venga trafficato, per cui la nostra fede deve diventare
contagiosa, comunicativa. Una fede innocua, che non dice
niente a nessuno, che non è testimonianza, è un dono
inutilizzato.
- Come vivo
il dono della fede? In che maniera può diventare veramente
contagiosa?
La Pira affermava che “la
politica è lÂ’attività religiosa più alta dopo
quella dell’intima unione con Dio”. E don
Tonino Bello commentando questa frase dice che “la
politica è lÂ’attività più alta perché
è la guida dei popoli, una responsabilità immensa,
un severissimo servizio. E La Pira ci ha dato un esempio di coerenza
col Vangelo, un esempio di servizio e non di potere, un esempio
d’intima unione con Dio”. La politica, intesa e vissuta
in questa dimensione, mette al centro lÂ’uomo col cui volto Dio si
è identificato. Questo ci fa capire che la politica è
una maniera esigente di vivere lÂ’impegno cristiano al servizio degli
altri. Chi si impegna nella politica non deve mai dimenticare di
mettere lÂ’uomo al centro.
Attento a non
scavare troppo!
Quando si scavano tante
buche, come fa lÂ’uomo che aveva ricevuto uno solo, per mettere al
sicuro il talento, è inevitabile che anche la persona vi
si nasconda o cada, venga inghiottita dentro, e non esca più
allo scopertoÂ… Incredibile: il Signore ci ha fornito
le mani per recare i suoi doni il più lontano possibile,
e noi le usiamo per afferrare il badile e ci mettiamo subito a scavareÂ…
- Qual è
la mia esperienza diÂ… buche? Sono chiamato a vivere, non a seppellireÂ…
“intervenire per trascrivere
negli ordinamenti sociali il precetto dellÂ’amore fraterno è
un dovere di cui renderemo al Signore un conto molto stretto: ‘Non
chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei Cieli, ma
chi fa la volontà del Padre mio’”.
Giorgio La Pira
Un
atto di fiducia
Il padrone potrebbe deporre in banca la somma o investirla in altre
maniere. Preferisce affidarla ai servi. Tralascia unÂ’operazione
sicura per unÂ’altra più rischiosa. La consegna dei
talenti è un atto di fiducia sulla loro buona volontà.
Egli non vuole che siano semplici dipendenti ma collaboratori coscienziosi
dei suoi traffici. Come il proprietario, Dio si serve di cooperatori
per realizzare i suoi disegni sulla terra. Egli non opera direttamente,
ma tramite i suoi fiduciari. Non basta astenersi dal male; bisogna
impegnare tutte le propine energie, e la stessa vita, per fare il
bene.
Nel documento “Nota
dottrinaleÂ… riguardanti lÂ’impegno e il comportamento dei cattolici
nella vita politica” si afferma che “i fedeli
laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica,
ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa,
amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente
e istituzionalmente il bene comune. Che comprende la promozione
e la difesa dei beni, quali lÂ’ordine pubblico e la pace, la libertà
e lÂ’uguaglianza, il rispetto della vita umana e dellÂ’ambiente, la
giustizia, la solidarietà, ecc.”.
- Come cristiano,
qual è la tua esperienza e il tuo rapporto con la politica?
Quanto senti importante un tuo impegno politico?
Il punto di
arrivo
Guardando la parabola dei talenti ci rendiamo conto che non è
tanto il punto di partenza che conta(lÂ’aver ricevuto 5,2,1), ma
il punto dÂ’arrivo. LÂ’aver fatto fruttare quanto ci è
stato consegnato. È facile restare fuori dalla vita e ci
vuol poco, basta essere superficiali, vivere come viene. Riconoscere
questo significa impegnarsi a lavorare sodo ed essere disponibili
a rischiare, a sporcarsi le mani, a saperci schierare.
“Se uno mi chiedesse
a bruciapelo: «Dammi una definizione di quel che dovrebbero
essere i politici», io risponderei subito: «Operatori
di pace». (Â…) Si serve la causa della pace quando lÂ’impegno
appassionato dei politici sarà rivolto a che le città
vengano allagate di giustizia, le case siano sommerse da fiumi di
rettitudine e le strade cedano sotto un alluvione di solidarietà,
secondo quello splendido versetto del profeta Amos: «Fate
in modo che il diritto scorra come acqua di sorgente, e la giustizia
come un torrente sempre in piena»Â”.
don Tonino Bello
Per il
cristiano il gesto politico è anche gesto dÂ’amore e lÂ’impegno
politico allora diventa un modo privilegiato di vedere Dio nel prossimo
e di essere prossimo a ciascun membro della comunità di cui
è rappresentante e servitore. Vuol dire mettere al
servizio degli altri i doni che il Signore ha fatto.
La Pira sente il suo
impegno politico come vocazione e per questo lo
vive nella dimensione del servizio e in un impegno serio per la
pace e la giustizia. È un servizio che esplicita in vari
modi e soprattutto concretizza nel suo servizio come sindaco di
Firenze, come membro dellÂ’Assemblea costituente, nei suoi viaggi
a Mosca, in Cina, in Egitto, in Israele, in USA; nellÂ’organizzare
il primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà
cristiana.
Per lui la politica
è intesa ed esercitata come arte della pace. È
concepita nel senso più alto del termine, politica: cioè
azione per il bene comune della pòlis, della città.
Il compito dellÂ’amministratore politico è quello di garantire
a tutti pane, lavoro, casa. La politica è dunque
il compito più alto, ma anche più difficile, di servizio
verso il prossimo. Per questo la responsabilità
del politico è individuale e sempre maggiore in misura del
compito e del ruolo sostenuto.
Al convegno dei Giuristi
cattolici La Pira afferma "E dico: quando il Signore,
amico mio, ti chiameràÂ… Lei signor La Pira, lei che cosa
ha fatto?”. Io gli devo rispondere: di quando ero studente, secondo
quel che ero da studente; di quando fui professore, secondo quel
che fui da professore. E sempre in relazione a quel metro”.
In una lettera egli scrive: “La sola metodologia di
vittoria è la rinuncia a se stessi, il distacco radicale
dalla propria piccola sfera, lÂ’apertura alla sfera mondiale di Dio:
gli strumenti che suggerisce lÂ’ambizione, la colpa, la meschinità,
sono strumenti radiclmente privi di efficacia politica”.
- Come stai
impegnando i talenti che il Signore ti ha dato? Qual è
il tuo giudizio sulla realtà politica del paese e del mondo?
“Il Signore vi chiederà
conto se lo spirito che ha animato il vostro impegno politico è
stato quello del servizio o quello del self – service. «Fai
strada ai poveri senza farti strada», scriveva don Milani
al suo amico Fabbrini. Ma quante volte date lÂ’impressione che, se
non proprio il calcolo personale, almeno quello di parte prevalga
su quello della comunità! Diversamente non si spiegherebbero
tante lotte allÂ’ultimo sangue. Coraggio! Riscoprite i volti. Non
abbiate paura che vi accusino di parzialità se partite dai
più deboli”.
don Tonino Bello
“Anzitutto: l’evangelo
ha valore sociale? Cioè, è destinato a rinnovare non
solo la coscienza dei singoli, ma anche, come naturale conseguenza,
la struttura sociale delle famiglie, delle città, delle nazioni?
La risposta è precisa: si! Anzi il destino dellÂ’evangelo
nel mondo è essenzialmente sociale: perché esso mira
alla costruzione di una unica universale società che in sé
coordina ed unifica tutte le famiglie, tutte le città, tutte
le nazioni, tutte le stirpi”.
Giorgio La Pira
|
Il
dialogo: cammino verso l'unità
Arezzo,
lunedì 4 agosto 2003
AllÂ’inizio
della storia della Chiesa sorgono subito dei “problemi”, legati
alla cultura, allÂ’origine, ai modo di vivere. LÂ’incontro del mondo
giudaico e di quello ellenico mette a confronto la tradizione
e lÂ’azione dello spirito: da un lato coloro che venivano dalla
cultura ebraica, che ritenevano indispensabile “diventare prima
Ebrei” per poi aderire a Cristo, dall’altro l’esperienza di Paolo,
ma anche di Pietro che vedono come anche per i non ebrei, quelli
che poi Paolo identificherà come pagani, gentiliÂ… Dio ha
un progetto di salvezza e li chiama direttamente alla fede.
Le
basi del dialogo: il confronto con la comunità e lÂ’ascolto
dello Spirito
Il cammino di evangelizzazione fatto da Paolo, anche se apparentemente
portato avanti da lui solo (pochi sono stati coloro che dalla
comunità di Gerusalemme lÂ’hanno accompagnato), rientra
sempre nel cammino di tutta la comunità, di tutta la Chiesa.
Ed è a questa stessa Chiesa che lÂ’ha inviato (Atti 11 e
13), che Paolo fa riferimento; viene a raccontare “tutto ciò
che Dio aveva compiuto”.
Paolo ci fa notare come il protagonista sia Dio, è lui
che chiama, che converte; è vero che opera attraverso lÂ’azione
di Paolo, ma il protagonista resta Dio; occorre quindi, riconoscendo
il primato di Dio, cercare il suo volere, cioè scoprire
che strada Lui sta già percorrendo.
È qui che si inserisce il discernimento comunitario. Esso
comporta innanzitutto lÂ’ascolto: parlano i farisei (espongono
la tradizione giudaica), parla Pietro (fa riferimento allÂ’esperienza/incontro
con Cornelio), parlano Paolo e Barnaba (espongono il loro lavoro
tra i “pagani”). Le verità di ciascuno vengono fatte conoscere
a tutti, confrontare, valutate alla luce della Parola. Nessuno
ha la verità assoluta, perché nessuno è lÂ’unico
possessore dello Spirito, o conosce pienamente la Volontà
di Dio.
A questo punto interviene Giacomo, responsabile della comunità
di Gerusalemme. Innanzitutto ricorda lÂ’agire di Dio nella storia,
lo confronta con la Parola, e trae le conclusioni. Non è
questione di accontentare le parti, né di dare dei “contentini”,
per tenere tutti buoni, di fare una semplice sintesi con rischio
di sincretismo. Si tratta di mettersi allÂ’ascolto dello Spirito,
per non ostacolarlo, di portare avanti i valori indispensabili,
che devono unire, lasciando poi a ciascuno la propria particolarità
che arricchisce la comunità, senza bloccarla o dividerla.si
cerca il bene di ciascuno e di tutti. Lo scopo è quello
di continuare nellÂ’annuncio, per continuare lÂ’opera che Dio sta
già portando avanti.
Se vediamo in questi versetti, che mostrano come le persone siano
interpellate con tutto il loro essere, le loro doti umane e qualità,
resta indispensabile lÂ’azione di Dio. Altrimenti si corre il rischio
di far prevalere la voce del più forte, o di creare incomprensioni,
oppure di credere volontà di Dio solo quello che invece
è volontà umana.
E se guardiamo alla prima comunità cristiana, nei momenti
importanti della sua vita, quando si trattava di fare delle scelte
vitali, ha sempre dato molto spazio alla preghiera e alla parola.
Dialogo
fra le Chiese e le proposte di Giorgio La Pira
Dopo secoli di divisione e addirittura di guerra tra le Chiese,
nellÂ’ultimo secolo si è cercato di iniziare un cammino
di dialogo e riavvicinamento che è partito soprattutto
come incontro di preghiera. Lo scandalo della divisione, fatto
di interessi umani e di non dialogo, deve essere superato, per
portare ad un avvicinamento, fino alla comunione tra le varie
Chiese. Ciò diventa indispensabile in vista di un annuncio
credibile del Vangelo.
Giorgio La Pira sentiva molto forte questa esigenza. Dal 1959
al 1963 La Pira scrive ai rappresentanti delle varie Chiese cristiane
per promuovere lÂ’incontro, la preghiera e lÂ’unità dalla
Chiesa. Per La Pira il cammino ecumenico è alla base di
tutto il suo operare, non è solo una parte della sua attività.
Il dialogo fra i cristiani è un fatto che permea tutta
la sua attività politica, sociale e culturale. LÂ’unità
che pensa La Pira è unÂ’unità fata dallÂ’opera di
Dio; egli cita spesso il passo del Vangelo di Giovanni “siccome
tu, o Padre, sei in me e io in te anche essi siano uno in noi,
cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato”.
Per La Pira lÂ’unità della Chiesa è un dono di Dio
ed è essenziale perché il mondo incredulo divenga
credente. LÂ’unità della Chiesa è un fatto che diventa
fondamentale per la ricerca dellÂ’unità del genere umano;
per lui lÂ’unità dei cristiani è il primo passo,
irrinunciabile, per poter poi perseguire quella unità del
genere umano che sola potrà realizzare uno sviluppo armonico
dellÂ’itero pianeta. LÂ’unità dei cristiani è un dono
di Dio per lÂ’unità del genere umano.
Per La Pira questo dono dellÂ’unità è intimamente
legato alla pace, allo sviluppo di tutte le nazioni, la fratellanza
“perché questa unità della Chiesa condiziona lÂ’intero
movimento dei popoli, il loro progresso, la loro elevazione, la
loro illuminazione, la loro unità e la loro pace”.
Per La Pira il dialogo deve essere fondato sullo studio reciproco
per scoprire e chiarire le differenze, senza accomodamenti o compromessi.
Palava di unÂ’unità organica che potesse valorizzare tutte
le differenti tradizioni culturali, storiche delle diverse chiese
e comunità cristiane, “una unità articolata e solidale”.
“Il Problema quindi, della unità e della pace dei popoli
e delle nazioni ha, in certo senso, come presupposto soprannaturale
quello dellÂ’unità e della pace della Chiesa. Queste misteriose
ma reali connessioni fra la storia della Chiesa (cioè fra
la sua struttura, la sua unità, la sua pace, la sua espansione)
e la storia delle nazioni (cioè la loro struttura, la loro
unità, la loro pace, la loro elevazione) ci fanno chiaramente
vedere le «dimensioni» davvero infinite – che sono
insieme eterne e temporali, divine ed umane – del problema. Da
ciò la necessità, per la pace stessa non solo della
chiesa ma anche del mondo, che i cristiani prendano sempre più
profonda consapevolezza di questo problema cui si connettono responsabilità
religiose e civili di tanta portata. Ecco allora la necessità
sempre più viva e urgente della preghiera”.
Ma alla base di tutto cÂ’è la preghiera, mezzo necessario
per realizzare lÂ’unità; ecco perché Giorgio La Pira
si fa promotore delle settimane di preghiera per lÂ’unità
dei cristiani ed invia lettere a tutti i rappresentanti delle
Chiese e li invita a ritrovarsi a pregare.
Â“È un sogno? Forse no: forse è una sollecitazione
amorevole, provvidenziale, del Signore: il Signore, che ebbe nel
cuore – proprio nelle ultime ore di vita terrena – questo desiderio
supremo, inteso, affettuoso, pastorale dellÂ’unità del Suo
ovile (Gv 10,14). Comunque, Eccellenza, preghiamo: alla preghiera
pura è concessa ogni cosa: - tutto ciò che pregando
chiederete credete che lo riceverete. Preghiamo intensamente durante
questa settimana: facciamo pregare tutti i bambini, tutte le anime
sacrate, tutti i monasteri maschili e femminili di clausura. Il
Signore può tutto: Egli può perciò far spuntare
sulla Chiesa e sul mondo – come ha detto Giovanni XXIII e come
ha ripetuto il Patriarca di Costantinopoli Atenagora – un’alba
nuovissima di grazia, di pace e di unità”.
Spunti
per riflettere
-
Nelle
situazioni di conflitto come risolvi i problemi? Cerchi il compromesso,
usi la forza,
ti rassegni, Â…?
-
Come conciliare unità e differenze?
-
Hai
mai partecipato ad una preghiera ecumenica? Senti lÂ’esigenza
di un cammino tra le Chiese?
|
"Verranno
dall'Oriente e dall'Occidente"
Rondine-
Arezzo, Martedì 5 Agosto 2003
Il
dono dello Spirito Santo
Il testo è conosciuto. Lo leggiamo il giorno di Pentecoste
e racconta come lo Spirito Santo discende sulla piccola e timorosa
comunità degli apostoli. Ricevendo il dono dello Spirito
Santo la paura si trasforma in audacia e da una comunità
timorosa e rinchiusa, diventa una comunità che annuncia
e proclama le meraviglie fatte dal Signore. Il dono dello Spirito
Santo gli consente parlare diverse lingue e tutti li possono capire.
Quel giorno ci sono a Gerusalemme popoli che vengono da diverse
parti, eppure tutti sono in grado di capire e capirsi.
È quello che don Tonino chiamava la “convivialità
delle differenze”. La luce del Signore risorto e
la grazia dello Spirito Santo vincono anche le barriere delle
diverse lingue: sotto questo profilo la Pentecoste è presentata
da Luca come lÂ’antidoto della torre di Babele, luogo di confusione
e separazione.
A Babele (Gen 11,1-9) la gente non si capiva.
La situazione è esattamente opposta a quella descritta
dal libro degli Atti: un solo popolo, unÂ’unica lingua, una città,
una torre, un nome. A Gerusalemme invece sono presenti tanti popoli
con relativi idiomi, culture particolari e differenti città
di origine. CÂ’è intesa e comunione fra popoli e razze diverse.
Lo Spirito come vento gagliardo si abbatte su Gerusalemme e raggiunge
velocemente tutta la faccia della terra. Il mondo è pervaso
dalla nuova azione creatrice di Dio. e la presenza dello Spirito
fa cadere muri e barriere. Pentecoste raduna i popoli,
ma non annulla le differenze. La lingua di Dio è
comprensibile da tutta la terra. Questo significa che ogni uomo
può comunicarsi con Dio e considerarsi membro del suo popolo.
A Pentecoste Israele capisce il senso della sua vocazione tra
le genti, la chiesa scopre la sua vera natura non solo missionaria,
ma anche universale.
LÂ’attuale villaggio globale non può fare a meno di comunicare
le grandi opere compiute da Dio in Gesù: è questo
il primo e vero messaggio da trasmettere in ogni parte della terra
per ricevere in dono il frutto dello Spirito: amore, gioia, paceÂ…
È nella diversità che Dio vuol costruire
la fraternità.
La Pira riprenderà
più volte il brano evangelico: “Verranno dallÂ’Oriente
e dallÂ’Occidente, dal settentrione e dal mezzogiorno e tutti siederanno
a mensa del regno di Dio” (Lc 13,29) a indicare come tutte
le nazioni sono convocate alla comune e finale destinazione. A lui
sta tremendamente a cuore lÂ’unità dei popoli e la loro promozione
spirituale civile.
È ancora lui che indica Isaia come il profeta
precursore del Regno: “Isaia fu il profeta del grande
progetto di pace di Dio: per questo Gesù usò le sue
parole per il discorso programmatico di Nazaret: trasformeranno
le loro spade in aratri e le loro lance in falci e non vi sarà
più guerra fra le nazioni”. Affermava che “Il
cammino della storia sotto il soffio vivificante ed orientatore
dello Spirito Santo, (Â…),avrà come punto terminale la promozione
dell’intero genero umano”.
La passione di La Pira
per la fraternità universale, contrasta fortemente con la
realtà che oggi viviamo. GlobalizzazioneÂ…. Villaggio globaleÂ….
Si globalizzano i mercati e i prodotti, ma i popoli sono sempre
più esclusi. La Globalizzazione diventa mercato, profitto
edÂ… esclusione. A livello economico la globalizzazione merita un
giudizio piuttosto negativo, perché unÂ’economia di mercato
divenuta globale non funziona affatto per il bene di tutta lÂ’umanità:
essa tende al proprio sviluppo rendendo così i ricchi più
ricchi e i poveri ancora più poveri.
“La globalizzazione
è la concentrazione della ricchezza mondiale – risorse, capitali,
mezzi di produzione di beni e servizi, mercati – nelle mani di pochi
individui e società private”.
Ma Gesù
annuncia un Dio che non discrimina, che abbraccia tutti e rivela
un progetto salvifico che prevede tappe, ma non silenzi od esclusioni.
LÂ’universalità
della rivelazione cristiana
Le circostanze di tipo socio – religioso dentro le quali l’evento
di Pentecoste accade sono le seguenti: a Gerusalemme, in quei giorni,
erano presenti rappresentanti di tutto il mondo abitato. La lista
dei popoli (9-11), così accuratamente compilata da Luca,
ha lo scopo evidente di dare risalto allÂ’universalità della
rivelazione cristiana: ora nella potenza dello Spirito Santo sono
superati tutti i confini e tutte le barriere che dividono i popoli.
Ora la via che porta allÂ’unità è aperta e
percorribile da tutti. Si incontrano infatti una lista
di 13 popoli e paesi che Luca riporta per sottolineare, secondo
la geografia imperiale dellÂ’epoca, il senso di universalità
e come il dono dello Spirito Santo arriva a tutti, senza escludere
nessuno.
I presenti si interrogano
sul senso dellÂ’evento che stanno vivendo e arrivano ad una prima
convinzione: “Noi li udiamo annunziare nelle nostre lingue le
grandi opere di Dio” (v.11). Ciò significa che la diversità
delle lingue non ha impedito la comprensione della predicazione
apostolica. Coloro che si erano chiusi nel cenacolo escono allo
scoperto e cominciano la missione di predicatori del vangelo. A
partire da quel momento essi danno prova di un coraggio imprevisto.
Lo Spirito Santo diventa elemento di aggregazione che impedisce
alla diversità di divenire conflittuale, rendendola piuttosto
varietà e ricchezza. Nella pluralità delle
lingue viene intesa lÂ’unica parola che fa annunciare Cristo.
Proprio per la sua familiarità con la parola di Dio La Pira
fa sua questa idea e si sente così responsabile ed impegnato
nel promuovere la fraternità tra i popoli, pur nella diversità
e variegate espressioni culturali e religiose.
“La globalizzazione,
a priori, non è né buona né cattiva, ma sarà
ciò che le persone ne faranno. Per questo è necessario
insistere sul fatto che la globalizzazione deve essere al servizio
della persona umana, della società e del bene comune”.
Giovanni Paolo II
Non
può esserci unità, se non nel rispetto della diversità.
Lo sforzo dellÂ’unità e la fatica del dialogo con le diverse
culture devono andare di pari passo. La vocazione propria della
Chiesa è quella di parlare le lingue degli uomini, affinché
nessuno sia così straniero e lontano da non udire annunziare
le meraviglie di Dio. Una sfida forte per il nostro atteggiamento
verso lo straniero.
- Prova
a chiederti quali sono le tue fatiche nellÂ’accettare le diversità
che trovi nellÂ’altro?
Il testo ci rimanda
alle promesse fatte fin dallÂ’antico testamento al popolo dÂ’Israele
e profetizzate con forza da Isaia: “Cammineranno i popoli alla
tua luce,Â… Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono
radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue
figli sono portate in braccio…” (cfr. Is 60).
I continui viaggi di La Pira, il suo desiderio di volersi incontrare
con i leader di diversi paesi e lÂ’organizzare momenti di dialogo
e riflessione, mostrano il suo desiderio di promuovere “una
reale, evangelica, unità, fraternità ed uguaglianza
degli uomini e dei popoli”. A proposito diceva: “Unire
le città europee per unire le nazioni europee; pacificare,
unire, denuclearizzare l'Europa per pacificare, unire, denuclearizzare
il mondo!”
Creare fraternità
e comunione
È lÂ’azione dello Spirito che penetra anche le nostre più
invincibili chiusure, che scuote il cuore dal torpore nel quale
cadiamo per le nostre debolezze. È ancora lo Spirito
che ci invita a uscire allo scoperto, ad aprirci, ad accogliere
lÂ’altro, a creare fraternità e comunione. È
sempre lo Spirito che ci spinge con forza ad andare contro corrente,
a vincere le nostre false sicurezze, a guardare lÂ’altro come figlio
dello stesso Padre che ci ha creati e chiamati per essere famiglia
di Dio, stirpe regalo, popolo di sua proprietà. È
un soffio che sana e guarisce le nostre povertà, che riscalda,
che dona luce, che purifica. Lo Spirito ci riconduce al largo, perché
spesso siamo arenati nelle secche della mediocrità, e ci
insegna ad osare e a scommettere tutto sulla Parola del Vangelo.
La Pira diceva che “tutti
i popoli emergono e portano nella società nuova alla Gerusalemme
messianica, per il bene totale del mondo: vengono dallÂ’oriente,
dallÂ’occidente, dal nord e dal sud, popoli nuovi emersi nella storia
di oggi”. Era convinto che il cristiano è colui
che vive realmente della morte e resurrezione di Cristo. E proprio
per questo a tutte le nazioni, senza esclusione, deve essere riconosciuta
pari dignità, e dovranno essere rispettate e ritenute portatrici
di valori, a ciascuna propri, insurrogabili del convivio umano.
Credeva fermamente che come cristiani la pratica del perdono aiuta
ad aprire speranze vere di concordia e di giustizia tra i popoli.
“Pace e riconciliazione, riconciliazione e pace” è la strada
che Giorgio La Pira non si stancava di additare, la sola strada
possibile.
“Se la globalizzazione
stesse realmente riunendo il mondo intero, come si pretende, dovrebbe
avere ormai eliminato dalla terra le armi della guerra. Ciò
è ben lungi dallÂ’accadere. In tutto il mondo si sono invece
intensificati i conflitti e i contrasti; si combatto ovunque guerreÂ…;
e una minaccia crescente incombe su tutta lÂ’umanità e sulla
natura. I poveri e gli emarginati sono sempre più esclusi
da potere, libertà, partecipazione e comunità. Tutto
ciò non fa che smascherare la menzogna dellÂ’unità
strombazzata dagli accoliti della globalizzazione”.
Felix Wilfred - India
Una parabola
della vita di Maometto ci può aiutare a capire questo: “In
una tiepida e limpida sera dÂ’estate una grande moltitudine si riunì
in una valle ai margini del deserto per ascoltare la parola del
profeta. E mentre questi parlava, ciascuno di loro teneva in mano
una candelina accesa, così che la valle sembrava riflettere
il cielo stellato. Ad un certo punto un colpo di vento del deserto
le spegne tutte e nella valle cala di nuovo la notte; solo ad unÂ’anziana
donna la fiammella, protetta dallo scialle, rimane accesa. Un uomo
allora le si accosta e riaccende la propria. Con questa, riaccende
quella del suo vicino. LÂ’uno con lÂ’altro e in breve in tutta la
valle torna di nuovo a specchiarsi il cielo stellato”.
Non è
importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo
lo stesso identico destino; è invece straordinariamente importante
che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo
per la salvezza dellÂ’uomo e del mondo, ognuno sia consapevole della
titolarità di un proprio spazio nel quale vivere la propria
esperienza.
- Quali
sono i valori che altre culture ti hanno trasmesso e che hanno
arricchito la tua vita?
La Pira, Illuminato
da una fede e da una speranza che a partire dalla Resurrezione legge
persone e situazioni in una Luce che non tramonta, seppe vedere
oltre con lÂ’occhio di chi non si arresta di fronte alle ombre.
- Nella situazione
storica che stiamo vivendo, quali sono le scelte politiche o le
situazioni, che ostacolano e non favoriscono la fratellanza e
lÂ’unione tra i popoli?
La Pira credeva fortemente
nel Mediterraneo come ponte verso le altre culture, le altre religioni,
come area di congiunzione e di movimento tra lÂ’Europa e i popoli
dalle insondabili risorse, che attendono le opportunità della
giustizia sociale per essere a loro volta artefici di sviluppo e
circolazione culturale. Questo lo portò a legami forti personali
con intellettuali e uomini politici del bacino del mediterraneo.
Il tema del Mediterraneo diventa presto centrale e dominante. Nascono
nel 1958 i Colloqui Mediterranei di Firenze. La Pira parla di “azione
fiorentina” per l’edificazione della pace nel Mediterraneo e nel
mondo.
A proposito diceva: “La pace e la sicurezza – lÂ’unità
– dell’Europa non investono soltanto il continente europeo, investono
il mondo intero: da questo continente - la descalation, la distensione,
la coesistenza pacifica, si estenderanno sul mondo intero!“
Sarà anche questo un contributo alla nascita dellÂ’unione
europea? Un unione che sta portando i suoi fruttiÂ…. Più economici
– politici, che umanitari, di pace e di solidarietà, di accoglienza
e integrazione dei numerosi flussi migratori, come sognava La Pira.
- Le politiche
nazionali e continentali credi che stiano promovendo lÂ’integrità
tra i popoli?
“Se le città
europee e di ogni continente organicamente si uniscono,
questa loro unità diverrà inevitabilmente unità
delle rispettive nazioni e
dei rispettivi continenti: diverrà unità nel mondo”
Giorgio La Pira
Helder
Camara, il coraggioso vescovo dei poveri diceva di La Pira: “Nessuno
ha il diritto di ascoltarlo e poi di accontentarsi semplicemente
di applaudirlo: colui che non vuole uscire dallÂ’egoismo, dal perbenismo,
dalla viltà, dalla paura, non ha il diritto di ascoltare
La Pira”.
Queste parole riecheggino forti nel nostro cuore !!!
“Siate protagonisti
e soggetti creatori della storia nuova del mondo: unitevi, perché
venga la coesistenza pacifica; perché la persona umana sia
rispettata e perché venga la liberazione dei popoli da ogni
oppressione politica, culturale, giuridica, sociale, economica;
Â… perché si passi dal “deserto” alla “terra promessa”.
Giorgio La Pira
|
Il
Cammino della Pace
Arezzo,
Mercoledì 6 Agosto 2003
Creare
primavera di pace è stato il tema
del cammino GIM di questÂ’anno, spesso abbiamo riflettuto, condiviso,
pregato, agito per la pace, e penso questa è stata lÂ’esperienza
di tanti fra di noi, anche coloro che non hanno fatto il cammino
GIM. Anche i fatti di questi ultimi anni in particolare ci hanno
fatto prendere coscienza dellÂ’importanza della pace per la vita
dellÂ’umanità, ma anche la fatica per ottenerla, mantenerla
e portarla avanti; la pace risulta un cammino, lungo, faticoso,
ma necessario, anzi indispensabile. Era anche lÂ’idea di Giorgio
La Pira, confrontato al suo tempo con la guerra fredda, la corsa
agli armamenti e il rischio di una guerra nucleare.
Innanzitutto lasciamoci illuminare dalla Parola.
Egli
è la nostra pace.
Questo è il punto di partenza indispensabile per ogni discorso
di pace, che voglia essere, malgrado i nostri limiti personali,
priva di interessi di parte. Questa affermazione di Paolo ci fa
comprendere almeno due aspetti della pace.
- La
pace è Lui, è Gesù in sé come persona;
è in Lui che possiamo trovare la pace, quella interiore,
ma anche quella esteriore.lasciasi entrare sempre di più
il Signore nella nostra vita, e nella vita degli altri, ci darà
la pace
- È
Lui lÂ’autore della pace, Lui per primo lÂ’ha portata, lÂ’ha realizzata;
siamo chiamati perciò a chiederla ed impararla da Lui
Quale pace?
Ecco che Paolo specifica meglio sia il tipo di pace portato da Gesù,
sia il cammino.
- Fare un popolo solo:
la pace parte dalla consapevolezza che il mondo è uno solo,
e non ci sono primi, secondiÂ… civiltà migliori e altre
peggiori; insomma unÂ’unica umanità che ci viene dalla consapevolezza
dell’unico Padre. Le parole ‘concittadini’ e ‘familiari’ si spiegano
da sole. Giorgio La Pira si era espresso così: “Versus
autem fratres estis. Questi poveri esseri umani sono creature
immortali che hanno per Padre Dio. Quale luce su tutta la società
umana: se tu vedi un uomo, chiunque sia, di qualunque civiltà,
o lingua, tu non vedi uno straniero, vedi un fratello, uno che
ti sarà sempre compagno nella casa divina del Paradiso!”
- Togliere il muro:
Paolo specifica dellÂ’inimicizia, cioè occorre togliere
gli odi, i pregiudiziÂ…
- Certo occorre essere
consapevoli del cammino che deve fare ognuno, ma anche che la
cosa sarebbe impossibile senza lÂ’intervento, lÂ’azione e lÂ’aiuto
di Dio. Di qui la riconciliazione tra i popoli che Paolo ci ricorda
è frutto dellÂ’incarnazione e della morte in croce di Gesù.
È un cammino che richiede di impegnarsi di persona, con
tutto sé stessi, e anche di pagarne le conseguenze.
- La pace va anche
annunciata, proclamata; occorre far sentire che la pace deve diventare
una priorità internazionale e che è un diritto per
tutti
- Cristo, la pietra
angolare: se non costruiamo su Cristo e con Lui, le fondamenta
della pace restano sulla sabbia. Grandi sono gli ostacoli che
si oppongono alla pace; la buona volontà delle persona
non basta, occorre la persona di Cristo per dare motivazione,
forza e costanza al nostro agire. Lo stesso Isaia (2,1-5), in
un brano tanto caro a La Pira, mette Dio come colui che insegna
la via della pace.
- La pace ha bisogno
di impegni e scelte concrete. Le falci in vomeri, rifiuto della
guerra, rifiuto delle armi e della logica delle armi. Alla fine
degli anni Â’70, inizi Â’80 cera chi andava in carcere per rifiutare
il servizio militare e chiedere il diritto al servizio civile;
oggi cÂ’è chi propone alternative nei conflitti internazionali
(i caschi bianchi).
La Pira e il
suo impegno per la pace
Giorgio La Pira ha speso parecchio del suo tempo, della sua vita
per la pace. Durante la guerra fredda è andato a mosca per
parlare con Krusciov, prima della guerra in Vietnam aveva proposto
un cammino di pace tra le due parti (il trattato di pace dopo la
fine della guerra ne riprendeva parecchi punti). Ha parlato, scritto,
stimolato, creato possibilità dÂ’incontro. Il suo impegno
e le sue parole risuonano di unÂ’attualità sconvolgente.
“Adesso sta per affacciarsi
la plenutudo Judeorum, pronunciata da Paolo nella lettera ai Romani.
I tratti dellÂ’epoca messianica descritti da Isaia non sembrano oggi
illustri, né utopici. Tutti i popoli emergono e portano nella
società nuova alla Gerusalemme messianica, per il bene totale
del modo: vengono da oriente e da occidente, dal nord e dal sud,
popoli nuovo emersi nella storia di oggi. Il questa plenitudo nuova,
in questa progredente pienezza dei tempi, che prepara fisicamente
il corpo totale delle nazioni, cioè la ricomposizione dei
popoli in unÂ’unità di pace – la pace è inevitabile
– il tempo nel quale deve essere deposto il lievito della grazia
e della verità, e in questo contesto si inserisce la plenutudo
Judeorum. Una cosa è certa, di fede: Israele riconoscerà
Cristo e lo ameràÂ… il ritorno di Israele in Palestina è
il mistero storico più evidente di oggiÂ… Questo ritorno è
come il costruirsi del corpo fisico che preparerà, un giorno,
lÂ’accomplimento della lievitazione interiore, misteriosa, creativa,
della grazia di CristoÂ… CÂ’è unÂ’altra novità: la connessione
del mistero di Israele col mistero di Ismaele. Il risveglio del
mondo islamico contemporaneo a quello del popolo ebreo, sotto le
apparenze del litigio odierno, cela la realtà profonda di
una comune, fraterna vocazione religiosa, storica e civile. Ambedue,
Israele e Ismaele, attratti verso le cose del Padre che dalla terrazza
amorosamente li vede venire e li aspetta”.
Dice di lui Ugo De
Siervo, docente di diritto costituzionale allÂ’università
di Firenze: “Rileggere questi documenti di oltre quarant’anni fa,
nei quali lucidamente si parla dellÂ’impossibilità di soluzioni
militari, della necessità di affrontare i problemi del rientro
e dellÂ’indennizzo delle popolazioni palestinesi espulse, dellÂ’inumanità
dei campi profughi, ecc. non può che suscitare un naturale
interrogativo sulle responsabilità gravi di tutti coloro
che, magari in nome del realismo, ma in realtà per mancanza
di coraggio politico adeguato alla complessità dei problemi,
hanno lasciato marcire per tanti decenni un problema cosi grave”.
Nel numero 8/9 di “Vita
cristiana” del 1939, dopo l’inizio della guerra della Germania alla
Polonia, scrive: “il genere umano è un corpo di cui le nazioni
sono le membra. Da ciò un corollario: i rapporti fra le nazioni
sono rapporti fra membri di un medesimo organismo: ognuno di questi
membri è essenziale per lÂ’armonico equilibri di tutto lÂ’organismoÂ…
Se lÂ’assassinio di un uomo è il massimo dei delitti, a più
forte ragione è tale lÂ’assassinio di unÂ’intera nazione”.
Nel numero 11/12 scrive ancora: “La pace va sempre mantenuta: ecco
il primo dettame della solidarietà. E mantenuta non solo
non commettendo aggressioni che la spezzino.
“Avrei un programma
per questa legislatura, – disse nel Â’76 – è una rivoluzione,
ma bisogna cominciare. Bisogna che qualcuno cominci; certo mi ammazzeranno.
Eppure bisogna che da qualche parte cominciare con il disarmo unilaterale.
Le spade in aratri! Il disegno di Isaia era quello: togliere la
fame ovunque: usare quelle risorse immense invece che le armi per
la fioritura di tutto il mondo, per salvare ogni uomo sulla terra”.
“Come in cielo, così in terra!è questo il disegno
di Gesù: sulla terra”.
Spunti per riflettere
- Qual è
stato il tuo impegno per la pace in questÂ’anno? Come lo stai portando
avanti ora? Che gesti e azioni concrete hai posto?
- Confrontandoti
con la Parola, quali sono le motivazioni e le esigenze che senti
più forti per te ora?
- Il bene
comune, “sviluppo”, vita degna per tutti alla base della pace
e viceversa; cosa ne pensi?
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