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Es (12;15): E' la Pasqua del Signore

Gim Padova (2000/01)

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             Nel CROCEVIA della STORIAÂ…

 Â“Questo mese sarà per voi lÂ’inizio dei mesi…” (Es 12,1)

            EÂ’ così che OGGI la PAROLA ci racconta la celebrazione della PASQUA, in occasione dellÂ’uscita dallÂ’Egitto. In questa celebrazione il popolo attualizza il processo di liberazione dallÂ’oppressione egiziana: è giunta lÂ’ora della libertà. FREEDOM!!!

            E “lÂ’inizio dei mesi…”, è lÂ’inizio di una nuova storiaÂ…

            (Dove sei nel tuo cammino di liberazione? Cosa stai celebrando?)

 

PASQUA… verso la libertà…

             La pasqua ebraica è derivata dalla fusione di due feste antiche: 

-          una festa di PASTORI che consisteva nellÂ’immolazione di un agnello (pesah era il nome dellÂ’agnello che veniva sacrificato allo scopo di allontanare i pericoli che minacciavano il gregge) e nel successivo gioioso banchetto notturno (il verbo pasach, “saltare”, probabilmente allude alle danze, ai salti, che accompagnano la festa) in occasione del plenilunio di primavera);

-          una festa di AGRICOLTORI che per 7 giorni mangiavano pani azzimi, al tempo delle primizie dellÂ’orzo (tale festa fu trasmessa agli ebrei dalle popolazioni cananee in epoca successiva allÂ’ingresso della terra promessa).

 

Ciò che ha mutato radicalmente il senso di questi antichi riti è stato il FATTO di AVERLI RIFERITI in modo rigoroso ad un preciso evento storico: L’USCITA dall’EGITTO. E’ così che dall’unione delle due feste è nata quella celebrazione originalissima che è la PASQUA ebraica; questa non è una festa di pastori né una festa di contadini, bensì un “MEMORIALE” dell’uscita dall’Egitto.

 Così, in una certa primavera, nel tempo in cui si celebrava la festa per la prosperità del gregge, prima della partenza per i pascoli estivi, in occasione di un certo flagello che devastò lÂ’Egitto (unÂ’epidemia?), gli Ebrei USCIRONO dal paese guidati da Mosè, nel nome di Yahvè, loro Dio!

 

LA NOTTE di PASQUAÂ…

             Â… è il ricordo di una notte trascorsa nella veglia, perché in quella “notte” nasceva il popolo del Signore. EÂ’ la notte in cui lÂ’attesa è conclusa: Dio viene a liberarci! Per questo la celebrazione rituale è contrassegnata da una particolare nota di urgenza (12,11); per questo si mangiano i pani azzimi: tutto è avvenuto talmente in fretta che non si è potuto lasciar lievitare il pane nei forni.

 

            EÂ’ la notte in cui si mangia lÂ’ultimo agnello del tempo della schiavitù e sarà con il sangue sugli stipiti e sullÂ’architrave che gli israeliti si dichiareranno ufficialmente un popolo di gente libera: gente che non si aspetta di ricevere in regalo la libertà da nessun potente di questo mondo, ma che se la prende da sé, perché non accetta altra sovranità che quella del Signore.

            EÂ’ così, che quando, quella notte, ancora prima di uscire dallÂ’Egitto, gli israeliti levano la testa e si dichiarano con coraggio per quel che sono, esponendosi a tutte le rappresaglie del potere militare egiziano, essi sono già intimamente e sostanzialmente liberati.

            Ogni anno sarà una celebrazione della libertà ed un invito a non dichiararsi mai sconfitti di fronte allÂ’oppressione e allÂ’ingiustizia.

                 EÂ’ LA NOTTE della nostra LIBERAZIONE, da tramandare di padre in figlio (12,26-27): è unÂ’esperienza storica che solo la VITA può comunicare, non c’è bisogno di documentari archeologiciÂ…

           

     La festa della PASQUA dunque, può essere forse capita e celebrata in modo pienamente efficace soltanto da coloro che stanno patendo la persecuzione: anzi, è appunto per costoro che il ricordo pasquale viene conservato (12,12). In questa importantissima notte, lÂ’amore del Signore, si rivela con una liberazione politica-storica e fa della ‘massaÂ’ di Israele, un POPOLO, il SUO POPOLO. Lasciare lÂ’Egitto, cercare la libertà, significa andare “…verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele (Â…)” (3,8) incontrando, nel lungo peregrinare, il Dio dellÂ’Alleanza (19,4-6).

Israele sa che Dio è fedele; è il Dio che libera dal giogo della schiavitù. Con l’uscita dall’Egitto si concretizza un TEMPO NUOVO: la redenzione dalla miseria, la possibilità concreta che ogni nostra urgenza di libertà troverà speranza nel poter vedere “un nuovo cielo e una nuova terra” (Ap 21,1).

 

            “Nel cuore della notte, notte oscura, lunga notte che il mio popolo soffriva, s’è acceso allÂ’improvviso un mare di luce. Il giogo che lo piegava, le catene che portava, le sbarre che stringeva si sono fuse al fuoco che bruciava dentro le viscere. Il sangue che scorre sulle strade apre nuovi sochi: e lì dove muore un uomo nascono mille bambini. Qualcosa di nuovo sta nascendo nel seno del mio popolo. Qualcosa di nuovo sta nascendo. “Il nostro Dio si è fatto popolo”. (Vamos cantando al Senor)

 

CI STAI?  NON SIAMO SOLIÂ…

 

La prassi di Gesù si inserisce in questo movimento. Gesù celebra la Pasqua con i suoi discepoli (Mc 14,12-16), dandole un significato nuovo, più profondo e radicale: condividere la Cena Pasquale è condividere la VITA. Celebrare la Cena vuol dire assumere un impegno con i fratelli: “Questo è il mio corpo dato per voi!”.

 

“Il prezzo del vostro riscatto non fu pagato in oro o argento, cose che passano; siete stati riscattati con il sangue prezioso di Cristo. Egli si è sacrificato per voi come un agnello puro e senza macchia”.

 (1Pt  1,18-19)

 

Accettare la proposta di Gesù significa lasciarsi RINNOVARE totalmente dal Vangelo, spogliarci del vecchio fermento, diventare un impasto nuovo, “azzimi” per vivere la realtà della nuova Pasqua. Se nelal tua vita sperimenterai il Dio che in Cristo Gesù ci ha liberati da tutte le schiavitù, allora sentirai anche l’urgenza di andare da ogni uomo, donna e da ogni popolo che vive in schiavitù per essere fermento di liberazione.

Celebriamo questa festa nella gioia… e per questo “canta, canta popolo mio; canta la tua liberazione!”.

 

IL canto di MIRIAM (Es 15)

             EÂ’ una donna che, superato il Mar Rosso, da inizio alla festa del passaggio alla NUOVA VITA. Mosè fu salvato dalla resistenza che le ostetriche fecero al faraoneÂ… e da loro iniziò la prima vita di Mosè. Ora Miriam da inizio allÂ’esplosione di unÂ’utopia iniziata.

 

“Voglio cantare perché mirabilmente ha trionfato, gettando in mare cavallo e cavaliere”:

-          Noi avevamo paura dei cavalli che corrono più di me, e dei cavalieri, che sono armati di lancia; e invece:

“Mia forza  e mio canto è il Signore. Egli mi ha salvato. EÂ’ il mio Dio, il Dio dei nostri padri, lo voglio esaltare”:

-          I carri del faraone e tutto il suo esercito, tutta quella potenza che ci atterriva, tutti quegli ostacoli che ci sorgevano davanti (‘Ma non ce la farai; sarà una vita impossibile; dovrai andare contro le idee moderne; la tua vita non sarà autentica Â’), tutte quelle inquietudini che spesso ci ammantavano di psicologia o di sociologia (‘Ma vivere così non ha senso; la personalità non si sviluppaÂ….”), tutto ciò è ormai sommerso nel Mar Rosso:

“Gli abissi li coprirono e sprofondarono come pietra”: 

-          E io non ho fatto niente.

“ La tua destra, Signore, terribile per potenza; la tua destra, Signore, annienta il nemico”:

-          EÂ’ questo il canto del battezzato, che si riconosce salvato e dice: “Dio veramente ha combattuto per me; io ho detto di sì allo Spirito e il Signore ha fatto tutto”.

Questo cantico lo possiamo chiamare il “canto pasquale dei battezzati”, cioè di tutti coloro che, avendo accettato di prendere su di sé il rischio di Gesù e scommettendo la propria vita sul vangelo contro l’idolatria, dicono: “Ma come è stato tutto così semplice: il Signore ci ha preso senza che nemmeno ce ne accorgessimo. Abbiamo visto cadere gli Egiziani; avevamo una paura matta di loro, che erano il popolo più potente del mondo, e invece sono là che galleggino sul mare”. Insomma, tutti i condizionamenti per i quali si aveva tanta paura, una volta presa la decisione totale di lasciarci invadere dallo Spirito del Signore, si rivelano gradualmente per dei giochi da bambini. Allo stesso tempo appare che la vita evangelica è una cosa semplice, facile e bella. Chiediamo al Signore che ci faccia comprendere questa semplicità della scelta evangelica, che ogni giorno ci è chiesto di rinnovare.

 

Le SETTE caratteristiche del popolo nuovo: da donne nuove e da uomini nuovi nasce il popolo nuovo

 

1.              La lucidità critica: il popolo nuovo non si lascia ingannare né dalle apparenze, né dalle promesse, né dalle elemosine; cammina con i piedi sul terreno della realtà, con lÂ’orecchio attento al grido dei poveri, con gli occhi aperti ai processi della storia e allÂ’orizzonte dellÂ’utopia;

2.              La contemplazione sulla marcia : Il popolo nuovo vive aperto al mistero del Dio che è vita e amore, nelal sua Trinità che è la migliore delle comunità, nella storia che è anche il suo Regno e nellÂ’universo che è anche al sua casa; professa il Dio dei poveri nella pratica della giustizia e della carità e Lo celebra nella preghiera personale, familiare e comunitaria;

3.              La libertà dei poveri : il popolo nuovo spoglio di privilegi e di accumulazione, giocando il suo destino assieme ai poveri della terra, promuove la civiltà della povertà umanizzatrice contro la civiltà della ricchezza disumana; condivide la solidarietà solidale e combatte la povertà ingiusta;

4.              La solidarietà fraterna : il popolo nuovo accoglie, condivide, serve; con gli altri com-patisce, si indigna, milita e con-celebra; poiché sa di essere figlio di Dio, cerca di farsi fratello/sorella di tutti; lotta per fare dei vari mondi un solo Mondo umano;

5.              La croce della conflittualità : il popolo nuovo abbraccia la croce di Cristo che salva, ma distrugge tutte le croci che opprimono; fa proprie le grandi cause senza paura della conflittualità, nonostante la persecuzione, e fino al dono di sé nel martirio;

6.              LÂ’insurrezione evangelica : con la buona notizia del Vangelo e nellÂ’instancabile costruzione dellÂ’utopia, si ribella contro i meccanismi del profitto e delle armi, del consumismo e della dominazione culturale e del fatalismo;

7.              LÂ’ostinata speranza pasquale : il popolo nuovo “spera contro ogni speranza”, in mezzo alle delusioni, nella monotonia quotidiana, nonostante gli insuccessi, e contro le evidenze del trionfo del male; mantiene la coerenza dei testimoni fedeli, diffonde la “perfetta letizia” degli amanti dellÂ’utopia e organizza la speranza dei poveri; nella gioia e nel dolore, nel lavoro e nella festa, nelal vita e nelal morte, va facendo Pasqua nella Pasqua.

 

PRATICA LA RESURREZIONE

 

Amate il guadagno facile, lÂ’aumento annuale di stipendio, le ferie pagate.

Desiderate sempre più cose prefabbricate. Abbiate paura di conoscere i vostri vicini e di morire…

Ma tu, amico, ogni giorno fa qualcosa che non possa entrare nella logica del calcolo.

Ama il Creatore, ama la terra, lavora gratuitamente.  Conta su quello che hai e sii povero.

Ama qualcuno che non se lo merita, abbraccia gli esseri umani e nel tuo rapporto con ciascuno di loro riponi la tua speranza politica.

Approva nella natura quello che non capisci e loda quest’ignoranza. Perché ciò che l’uomo non ha razionalizzato non ha distrutto.

Investi nel millennio. Pianta sequoie. Sostieni che il tuo raccolto principale è la foresta che non hai piantato

E che non vivrai per raccogliere. Sorridi. Il sorriso è incalcolabile. Sii pieno di gioia, tutto sommato. Finché la donna non ha molto potere, da’ retta alla donna più che all’uomo.

Domandati: questo potrà dare gioia alla donna che è contenta di aspettare un bambino?

Quest’altro disturberà il sonno della donna vicina a partorire?

Va’ col tuo amore nei campi, stendetevi tranquilli all’ombra. Posa il capo sul suo grembo e vota fedeltà alle cose più vicine alla tua mente.

Pratica la resurrezione. (Wendell Berry)

 

 

 

Per la riflessione personale e di gruppo:

 

1)       A quale crocevia trovi?

2)       Dove sei nel tuo cammino di liberazione? Cosa stai celebrando?

3)       Racconta la TUA PASQUA di liberazione

4)       Con quale popolo camminiÂ…

5)       Puoi anche tu dire: “EÂ’ la Pasqua del Signore!”, quindi “Voglio cantare al mio SignoreÂ….” ?

 

 

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