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Intervista a Michele Mele, dottore di ricerca in matematica ed autore del libro "L'Universo tra le dita"

L'Universo tra le dita

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Ho avuto il piacere e l'onore di conoscere Michele Mele più di cinque anni fa a Roma e da allora la nostra amicizia ne ha fatta di strada! Seppur distanti, ci siamo rivisti diverse volte a Napoli e a Salerno, la sua città d'origine.
Michele, dottore di ricerca in matematica è una forza della natura il cui motto di vita è "fare delle necessità una virtù".
Sì, lui coglie un'opportunità da ogni situazione, persino dalla sua patologia alla vista.
Penso che questa filosofia di vita sia un piccolo miracolo al mondo di oggi! Chi come me lavora in ambito socio-educativo è consapevole di quanto scommettere sulle persone più giovani e valorizzare il loro talento anche quando nessuno lo vede, può fare la differenza nel creare un mondo più giusto e più equo!
"Ciascuno cresce solo se sognato" (Danilo Dolci)
Anche il Covid-19 è stata un'occasione per Michele: durante il lockdown del 2020 ha deciso di scrivere un libro raccontando le storie di 10 scienziati ipovedenti e ciechi, del passato e del presente, che, nonostante i pregiudizi e lo stereotipo sociale legato a questo tipo di disabilità, hanno ottenuto dei successi in discipline scientifiche.
Il libro è un progetto che ha grandi orizzonti: sogna una società più inclusiva, che valorizzi le diversità, fatta di infrastrutture e reti più accessibili, con una scuola che sostiene i sogni di ciascuno/a studente/ssa e con cittadini che abbattono i pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità.

Da amica non posso che offrirti la mia amicizia traballante ed offrire questa intervista/testimonianza ai lettori di Giovani&Missione.
Grazie per il cammino a braccetto e virtuale insieme!

 

Michele, com’è nata la tua passione per la matematica?

Ho sempre pensato di essere una persona fortunata per essere nato con questa propensione. Non posso indicare eventi a cui ricondurre la nascita del mio interesse per la matematica, ma ricordo molto chiaramente i miei ragionamenti ed i miei calcoli mentre da piccolo giocavo con i mattoncini LEGO, specialmente su quelli che avrei poi scoperto chiamarsi perimetri, aree e volumi. Oggi svolgo attività di ricerca su una branca della matematica, chiamata Ottimizzazione Combinatoria, che si occupa della scrittura di modelli ed algoritmi per risolvere complessi problemi del mondo reale; una disciplina in cui ho ritrovato la naturale evoluzione dei processi che fin da bambino ho dovuto studiare per conquistare l’autonomia in molte attività apparentemente elementari come spostarmi all’aperto.


Quali sono stati gli ostacoli che hai incontrato sul tuo cammino, ma che ti hanno spronato a migliorarti e ad andare avanti?

Dopo ottimi cicli scolastici alle elementari ed alle medie, al liceo ho trovato un paio di docenti, non solo di matematica, che non hanno creduto in me, ritenendo che la mia patologia mi impedisse di rendere come gli altri studenti. Per quanto queste persone non meritino ringraziamenti, ritengo che quelle difficoltà mi abbiano insegnato a convivere con questo tipo di atteggiamenti senza darvi peso.
Al di là di un paio di insegnanti dalla mentalità piuttosto chiusa, l’ulteriore peggioramento della mia vista, avvenuto improvvisamente nel 2014, ha rappresentato un nuovo ostacolo ed una nuova fonte di paure e dubbi. Ho deciso tuttavia di prendere la situazione con filosofia e di non lasciarmi condizionare dall’insorgere di questa seconda patologia, volevo tentare la strada del dottorato di ricerca, sentivo che era quella giusta, e mi sono sforzato di trovare e padroneggiare, soprattutto con il supporto del Centro SInAPSi dell’Università di Napoli ‘Federico II’, soluzioni alternative e tecnologie assistive per proseguire nella mia carriera matematica. Non è facile destreggiarsi con assistenti vocali ancora non maturi ed incapaci di leggere coerentemente le formule matematiche, ma l’unico modo per continuare a svolgere attività di ricerca in questo settore è adattarsi ed orientare gli strumenti disponibili a proprio vantaggio, ideando sistemi di codifica delle formule o combinazioni di più supporti tecnologici per la lettura e la produzione di materiale scientifico.


Di recente hai pubblicato il tuo primo libro dal titolo “L’Universo tra le dita”: di cosa si tratta?

“L’Universo tra le Dita”, pubblicato da Edizioni Efesto, è un saggio divulgativo che raccoglie le avvincenti storie e i sorprendenti risultati di dieci scienziati ipovedenti o non vedenti vissuti negli ultimi tre secoli e mezzo.
Durante il primo lockdown ho deciso di impiegare il tempo in modo costruttivo ed ho iniziato una lunga e laboriosa ricerca di archivio, mettendomi sulle tracce dei grandi scienziati ipovedenti e non vedenti e delle loro imprese, scientifiche e non. Ho poi selezionato dieci figure, quattro matematici, due chimici, due ingegneri, un entomologo ed un medico, sei del passato e quattro viventi, vissute tra la fine del ‘600 ed i giorni nostri, per confutare una volta per tutte i pregiudizi che, spesso già dai primi anni scolastici, allontanano le persone con patologie della vista dalle discipline scientifiche, erroneamente considerate a loro inaccessibili.

Non si tratta di un libro specialistico, non troverete formule o diagrammi in queste pagine, ma personaggi a cui non è difficile affezionarsi e storie di successo che costituiscono uno spunto per riflessioni più profonde sull’importanza dei processi di inclusione e sul ruolo delle persone con disabilità all’interno della nostra società.


Quali sono i tuoi progetti futuri?

La matematica resta la mia strada, ed intanto proseguirò nel mio impegno per una maggiore inclusione delle persone con bisogni speciali, non solo diffondendo il messaggio del mio libro, ma anche con il progetto “Accessibilità all’Arte” di cui sono creatore e coordinatore, un’iniziativa volta alla creazione di riproduzioni tattili di beni artistici bidimensionali per ipovedenti e non vedenti.

Alessandra Pepe

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