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Il Giubileo del Gim è stata l’occasione per riunire varie generazioni di gimmini e gimmine e confrontarsi sui frutti e sulle diverse esperienze nate durante o dopo il cammino.

I laboratori del Giubileo Gim 2018

Cosa abbiamo condiviso durante l'attività dei laboratori tematici

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ll 14 e 15 aprile si è svolta l'importante ricorrenza del Giubileo Gim 2018. In questa occasione gimmini ed ex gimmini si sono incontrati e confrontati nelle attività dei laboratori tematici. Di seguito potrete leggere il resoconto del laboratorio tematico "Famiglie e comunità missionarie" e del laboratorio di "Missione e impegno socio politico"

 

Il laboratorio “Famiglie e comunità missionarie” ha raggruppato solo alcune delle tante strade che ha aperto il percorso Gim, in particolar modo a livello laicale: i laici missionari comboniani, con una storia ormai decennale; la comunità Malbes, il cui sogno è nato più di dieci anni fa e ha trovato concretizzazione solo da un paio d’anni nella convivenza all’interno di una canonica di Padova tra una famiglia e due missionarie comboniane; e la comunità Arca dei Semi, che riunisce tre giovani lavoratori che da settembre dello scorso anno condividono la quotidianità alla luce del Vangelo.

Ognuna di queste scelte ha la sua peculiarità, ma sono comuni la fonte e il centro su cui si fondano: la Parola di Dio e la spiritualità comboniana.

Oltre a condividere queste esperienze, l’obiettivo del laboratorio era quello di aprire lo sguardo anche sul futuro, sulle sfide missionarie che si aprono a livello famigliare e comunitario, a partire anche dal vissuto dei partecipanti. Sono emerse numerose proposte di impegno all’interno e fuori della Famiglia Missionaria Comboniana, ne evidenziamo alcune.

Senza dubbio è stata sottolineata l’importanza di riconoscere e valorizzare ciascuna vocazione (laici, religiose e religiosi, secolari) all’interno della Famiglia Comboniana per favorire una maggiore collaborazione ed unione. In generale è auspicabile un lavoro in rete tra diverse esperienze sul territorio e un impegno dei laici nelle parrocchie per aprire nuove strade di vita famigliare e comunitaria in contesti avvertiti sempre più “vecchi”.

Rimane centrale anche l’apertura e l’accoglienza della diversità e il servizio verso gli ultimi, così come la promozione e la sensibilizzazione su nuovi stili di vita.

Solo alcuni spunti che speriamo trovino uno sbocco di concretizzazione con i prossimi incontri.

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Missione e impegno: due parole che pulsano dentro, che racchiudono la promessa di quello che può diventare “un sogno di tutta la vita”. Ma come portare alla concretezza questo sogno? Ecco ciò che ha mosso alcuni tra noi gimmini a scegliere di prendere parte al laboratorio di socio-politica durante il Giubileo GIM.

el gruppo ci accolgono Marco Spinnato ed i suoi amici, Michela Sbarro e Alessandro Balzan, che scopriamo essere quasi tutti ex-gimmini ora impegnati nella politica locale padovana in Coalizione Civica per Padova e in Padova 2020. Subito ci piacciono perché ci parlano in maniera molto diretta, senza fronzoli, come se fossero dei fratelli maggiori.

Quasi tutti siamo venuti al gruppo per avere degli spunti, chiedendo in modi diversi "spiegateci come si fa politica”. Subito però ci viene detto che non avremmo assistito ad una semplice lezione con dei consigli, che le risposte sarebbero venute da noi.

Per prima cosa ci viene chiesto di definire "sociale" e "politico". Ne esce che i termini relativi a sociale sono quasi tutti positivi: comunità, gratuità, persone, attenzione... I termini legati a "politica" invece sono meno positivi, più distanti ed in alcuni casi negativi: istituzioni, gestione, discussione, normative, opportunismo...

Per concretizzare l’idea, ci viene proposto di riferire alcune esperienze con esito negativo che abbiamo avuto in prima persona con la politica e di simularne una.

Il gruppo ha ricreato un vero e proprio consiglio comunale (con tanto di Sindaco, maggioranza, opposizione e comitato cittadino in difesa) mettendo in scena uno scontro tra un comitato di cittadini e una giunta comunale. L’obiettivo del comitato era preservare il diritto alla salute contro una delibera della giunta che lo metteva in pericolo. Una delle cose fondamentali che abbiamo capito è che ogni azione è preceduta da un sentimento che può essere più o meno positivo in grado di genera conseguenze molto differenti. Se, ad esempio, è la rabbia a guidare l’azione civica, gli strumenti d’azione diventano la violenza o altre forme di resistenza che non fanno altro che rinvigorire i poteri vigenti, screditando la causa e l’interesse cittadino. Se invece ciò che guida un cittadino ad agire sono la speranza e la passione, allora si aprono scenari nuovi e più efficaci per il conseguimento della causa.

Quale metodo di “lotta” mettere in campo allora? Ad ogni azione (metodo) che si decide di mettere in campo corrisponde una emozione di cui spesso non si ha la consapevolezza; ma è invece fondamentale che questa consapevolezza ci sia perché altrimenti si rischia che l’azione (metodo) non sia funzionale all’obiettivo (contenuto) che si vuole raggiungere.

Il punto di svolta è stato proprio quando si è deciso di lavorare partendo da un’emozione che, pur essendo stata nominata in mattinata, fino agli ultimi minuti del pomeriggio non era uscita: la speranza.

La speranza infatti non è altro che una faccia dell’amore, ovvero dell’arma più potente che abbiamo, che ci consente di incendiare anche i cuori di altri, di unirsi alla causa impegnandosi in prima persona.

La soluzione si è svelata quando una persona del comitato, riflettendo sul sentimento della speranza, si è detto pronto ad impegnarsi politicamente, a mettersi in campo direttamente, con l’idea di non vedere più il Sindaco (e l’opposizione) come dei nemici contro cui combattere, ma come dei potenziali collaboratori, con cui sarà possibile lavorare in futuro per il bene della cittadinanza, discutendo, trovando compromessi. I cambiamenti non si operano con l’dea di sconfiggere un nemico, ma con quella di salvare ciò che ci sta a cuore (e quindi collaborando).

 

Da qui nasce la consapevolezza che l’ambito sociopolitico richiede uno spirito di missione e voglia di mettersi in gioco. Ed è fondamentale in tutto questo avere una preparazione/istruzione alla politica. Non ci si improvvisa politici, come in missione non si va senza prima studiare la storia del luogo, le usanze, la lingua.

Veniamo da una scuola, quella del Vangelo, che ci dice di amare il nostro nemico. O questo è solo uno slogan, oppure si deve tradurre davvero in scelte concrete. Non si tratta di mettere sotto il tappeto il conflitto, né di banalizzarlo, ma di rendersi conto che anche l’azione condotta nei confronti di chi mettiamo nella casella “nemico” deve essere coerente con gli stessi principi che vogliamo difendere quando ci scontriamo/incontriamo con lui.

Per cambiare le cose occorre avere speranza e continuare a seminare, indipendentemente dal risultato. Impegnarsi risveglia le coscienze e, un passo alla volta, porta alla formazione di gruppi/coalizioni/movimenti che camminano verso un cambiamento costruttivo. Il modo più efficace per cambiare le cose sta proprio nel farlo insieme, nell’essere una rete!

 

Arianna, Alessandro e Marco

 

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