Dai gironi infernali di
Korogocho, jambo!
Dai sotterranei della vita e
della storia, sijambo!
All’Accademia dei Lincei
e a tutti i convenuti per il Premio, vi giunga il mio saluto e quello dei
naufraghi dello sviluppo. Forse il saluto piu’ appropriato potrebbe essere
l’antico saluto dei gladiatori: “Ave Ceasar, morituri te salutant!”.
A nome di questi “morituri”,
di questi “naufraghi dello sviluppo, questi impoveriti, vi giunga il mio
personale saluto.
Grazie per aver pensato a me per
il Premio Feltrinelli. So che l’avete fatto per dare un segno giubilare
alternativo a quello consumistico che ha dominato questo Giubilio del 2000.
Avete voluto riportare l’attenzione della Roma bene alle drammatiche realta’
dei poveri ( quasi due miliardi di esseri umani che vivono con meno di un
dollaro giorno!)
In questo l’Accademia ha avuto
occhi di lince ed ha colto l’assurdita’ di un sistema che permette al 20%
dell’umanita’ di papparsi l’82% delle risorse di questo mondo.
Grazie perche’ non e’ stata
una decisione facile (avendo perfino dovuto resistere a pressioni di vario
genere!). Tutto questo fa onore all’Accademia.
Mi spiace di avervi mortificato
con il mio rifiuto del Premio che
ha fatto partire un notevole dibattito pubblico (mi sono sentito anche molti
insulti per questa scelta!). Non era certo mia intenzione ferire voi o le vostre
intenzioni. Lungi da me! Ma in coscienza non mi sentivo di accettare un tale
premio. Mi sembrava di fare la comparsa di turno nella passerella del
“buonismo” internazionale, mentre la realta’ dei dannati della terra si fa
di giorno in giorno sempre piu’ drammatica. Da quando sono sceso a Korogocho,
questa immensa baraccopoli di 100.000, alla periferia di Nairobi, ho sentito che
non potevo piu’ accettare premi. Il vostro non e’ il primo che rifiuto ( ho
gia’ detto di no ad altri!). Mi conforta il fatto che Gandhi avesse pure preso
una simile decisione. Tutto questo era aggravato poi dal fatto che al Premio
fosse abbinata una bella somma di denaro. (Ritorno a sottolineare che non ho
nulla contro il denaro che se “spezzato”, condiviso, come dice il teologo
Pieris, diventa pane, eucarestia!). Oggi c’e’ bisogno di giustizia,
non di carita’. Dobbiamo fare politica seria: una politica che persegua
il bene dei piu’, non dei pochi.
L’attuale miseria di quasi due
miliardi di persone che devono accontentarsi dell’1,4% delle risorse mondiali
e’ la conseguenza di un sistema che deve essere rimesso radicalmente in
discussione. C’e’ bisogno non di carita’ (serve anche quella
nell’immediato!), ma di precise scelte economico-politiche.
E’ in questo senso che il
Premio potrebbe giocare un suo ruolo politico. Il Premio, Nobel per la Pace (lo
cito perche’ mi dicono che il vostro e’ il Premio Nobel per la Pace in
Italia) dato all’arcivescovo anglicano D. Tutu in piena lotta contro
l’apartheid in Sudafrica, ha certamente rafforzato il movimento di resistenza
in quel paese. Come il Premio Nobel per la pace dato a Rigoberta Menchu’
(Guatemala) ha rafforzato la lotta degli indios nelle Americhe per i loro
diritti. Un Premio puo’ avere una rilevante valenza politica.
Per questo ho sfidato
l’Accademia : “L’Accademia dei Lincei avrebbe il coraggio di nominare per
il Premio Feltrinelli il Pamoja Trust? Cosi’ il Premio potrebbe avere
un grande significato politico e arriverebbe al momento giusto”, avevo scritto
in un mio comunicato stampa dello scorso giugno.
Grazie perche’ avete avuto un
tale coraggio, il coraggio di una scelta politica, di dare il Premio al Pamoja
Trust (Pamoja significa Insieme)
che e’ l’anima della campagna per la terra a favore dei baraccati di
Nairobi. Poche citta’ al mondo sono costruite su un’apartheid economica
cosi’ spietata come Nairobi. Su quattro milioni di abitanti, oltre due milioni
(il 60% della popolazione urbana!) e’ costretta a vivere nell’1,5% della
terra totale della municipalita’ (le bestie feroci per i pochi turisti sono
trattati molto meglio in Kenya della gente!). Cosa ancora piu’ incredibile
e’ che quell’1,5% di terra non appartiene ai baraccati, ma al governo che
puo’ demolire come e quando vuole le varie baraccopoli, buttando i poveri
sempre piu’ in la’. E in queste immense bidonville l’80% dei baraccati
paga l’affitto (non possiede neanche la baracca!).
Queste cloache umane (e’ la
sardinizzazione dell’umanita’!) diventano alla fine bolge di violenza, di
degrado umano e sociale. Senza entrare nell’immensa tragedia dell’Aids che
sta decimando questa gente.
Scopo della campagna per la
terra e’ stato proprio quello di organizzare le oltre cento baraccopoli di
Nairobi in un unico movimento in difesa dei diritti dei senza-terra. La campagna
chiede che il governo del Kenya riconosca che la terra - dove vive il 60% della
popolazione, obbligata a vivere nell’1,5% della terra totale – appartenga
alle comunita’ che ci vivono. Di questa campagna l’anima e’ il Pamoja
Trust, un piccolo gruppo di persone keniane dedicate alla causa. Sia le
persone del consiglio esecutivo, presieduto dall’avv.sa Jane Weru, che le
persone impegnate nell’organizzazione dei baraccati, costituiscono un team
molto qualificato. La Jane Weru e’ una donna eccezionale, da anni si batte per
i diritti dei baraccati prima come direttrice del Legal
Advice Centre ed ora come come direttrice del “Pamoja
Trust”.
La Jane Weru ha sposato la causa
dei poveri. La campagna per la terra e’ stata lanciata il 1 luglio con una
grande manifestazione con oltre un migliaio di baraccati all’ Ufungamano
house. Il 3 di agosto le chiese di Nairobi hanno dato in un’altra
manifestazione pubblica la loro solidarieta’ alla campagna. Ma nulla e’
facile a Nairobi! Silenzio totale da parte del governo del Kenya. Boicottaggio
anche da parte della stampa locale (il perche’ e’ ovvio!).
I poveri si stanno preparando ora ad una manifestazione
pubblica.
Abbiamo bisogno di appoggio
internazionale!
Senza una grande pressione
internazione il governo (e’ il governo dei ricchi!) non mollera’ di un
millimetro.
Mentre vi scrivo apprendo le
ultime notizie, proprio su Korogocho: il governo e’ intenzionato a distribuire
la terra di Korogocho (due km2 per uno!) ai proprietari delle baracche! Sarebbe
un altro tradimento per i poveri, per i non-possidenti!
Lancio un allarme proprio per
Korogocho in questo momento. La situazione e’ molto grave! Sosteneteci!
Abbiamo bisogno di una vittoria,
anche se piccola e modesta, perche’ darebbe ai baraccati il sentore della loro
forza politica! (Se due milioni di baraccati marciassero sul centro-citta!!)
Chiediamo a tutti voi appoggio e
solidarieta’, soprattutto pressione politica sul governo del Kenya. La Jane
Weru, accompagnata da un'avv.sa americana Christine Bodewes, una missionaria
laica di Maryknoll, che ha dato una grande contributo per questa campagna, sono
i nostri rappresentanti nel cuore della Roma papale. Una sfida quasi
impossibile, ma proprio per questo importante.
Mi auguro che l’assegnazione
di questo Premio al Pamoja Trust
attiri l’attenzione della stampa e dei mass-media su una realta’ talmente
assurda nel ventesimo secolo. E’ una lotta contro l’apartheid economica che
domina Nairobi, a immagine della grande
apartheid economica che governa il mondo.
Noi crediamo invece che i
bisogni fondamentali umani sono diritti fondamentali (“basic needs are basic rights”).
Diamoci tutti da fare che questo
Sogno (e’ il Sogno di Dio, affidato a Mose’, di un’economia di uguaglianza che richiede una politica di giustizia) diventi realta’. Realta’ per i baraccati
di Nairobi. Realta’ per gli impoveriti dall’impero del denaro.
Per fare questo c’e’
bisogno di mettersi in rete, la Rete di Lilliput, che faccia rete con quelle
intessute dai poveri perche’ solo cosi’ potremo incatenare il gigante. Fate
rete con la campagna per la terra di Nairobi come lo fate per i senza terra del
Brasile. E’ un unico mondo. O ci
salveremo insieme o periremo tutti.
Solo cosi’ potremo celebrare
in verita’ il Giubileo, il Giubileo degli oppressi, degli esclusi perche’
Dio vuole che tutti i suoi figli
possano sedersi equamente al banchetto della vita.
Che vinca la Vita!
Alex Zanotelli
Korogocho 11.11.2000
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