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Leonardo Marmiroli, ci racconta qui, la sua esperienza in Africa

lettera dall'Africa di Leonardo Marmiroli

Esperienza di Leonardo Marmiroli in Africa

Africa  

Il mio viaggio in Africa.

Per chi non è mai andato in Africa compiere un viaggio del genere penso sia un po' un salto nel vuoto. Ecco, per me, per come sono, è stato doppio.

Temere è sano ma quando hai dei compagni di viaggio fanno buona parte del lavoro, ci si aiuta e ci si deve aiutare a vicenda.                                                                                In questo caso i miei compagni di viaggio sono stati mio nonno Nanni ed Elio, un conoscente del nonno.                                                                                                         E’ stata un po' una sorpresa l’invito da parte del nonno, me lo ricordo ancora, una domenica di dicembre del 2013.  

In quel periodo facevo ancora l’università ed ero negli scout, andare in Africa per due settimane significava mettere in pausa sia gli uni che gli altri.

Devo dire che tra le due ero più preoccupato di sospendere l’attività con gli scout, ma in cuor mio sapevo che i miei compagni di staff non mi avrebbero impedito di andare. Non ne ero ancora conscio ma sapevo che avrei potuto arricchire i miei ragazzi con le cose scoperte durante il viaggio.

La mia prima trasvolata intercontinentale, ebbene sì, non avevo mai tolto piede dall’Europa. Viaggio lungo ma ricco di sorprese per me neofita. Vi vorrei dare dei suggerimenti su come affrontare il viaggio ma non sono la persona adatta per indicazioni su come intraprendere un viaggio fin là, quello che però posso consigliarvi è date retta a chi ha esperienza.                                                                                         Io per esempio mi sono affidato a mio nonno che di viaggi e lavori in Africa e America Latina ne ha fatti parecchi. Certo non è stato comunque facile perché non l’ho comprendevo, ma l’ho capito dopo che il suo modo di fare era dovuto all’essere ospite in terra straniera.

Forse qui non ce ne accorgiamo, perché per fortuna siamo nell’Unione Europea, ma nelle frontiere tra un paese e l’altra bisogna saper aspettare e, per così dire, permettere ai poliziotti di campare.                                                                                                Bene, per il sottoscritto è stato molto strano questo passaggio.

Nella casa matta in Uganda vedere il bel faccione rassicurante del sempiterno presidente Museveni e vedere sotto la guardia che metteva il timbro sul passaporto mi ha fatto proprio pensare allo stereotipo di posto di controllo al confine. La solfa non cambia in Rep Dem Congo.

Ma quanto avviene una volta arrivati a destinazione, beh, non ha eguali. Come si viene accolti, come si viene rispettati fa dimenticare proprio i momenti passati in dogana. Pur non sapendo l’italiano e poco inglese le persone del posto non si facevano molti scrupoli ed anche io ho imparato a non farmene ed andare un po' a parole e un po' a gesti.

Vi dicevo prima che inconsciamente sapevo che, una volta rientrato in Italia, avrei portato con me un bagaglio pieno di esperienze. Non sapevo proprio invece che il discorso valeva anche al contrario, ho infatti provato ad insegnare ad un gruppo di bambini il gioco del Roverino. Si divertivano così tanto che per me è stato magnifico lo ricordo come se fosse ieri. Chissà se hanno continuato a giocarci dopo che me sono andato, spero di sì.

Il motivo per il quale ero andato a Dondi, non sto a farla molto lunga, era lo scavo per interrare i cavi tra la centrale e la parrocchia e stava procedendo bene. I lavori continuarono anche dopo di noi, sono passati parecchi anni ma che io sappia la parrocchia continua a disporre di energia elettrica.  

Concedetemi questa piccola digressione, altrimenti credo che diventerà di difficile comprensione il resto del racconto, il viaggio da Entebbe a Dondi è stato praticamente tutto in aereo sorvolando la “Perla d’Africa”, il ritorno invece l’abbiamo fatto in pullman.

Tornando al racconto, ovviamente dispiace molto quando si lascia un posto nel quale si è stati accolti e ospitati come dei re ma il bello forse sta nello stupirsi sempre e non stancarsi di mai di scoprire ed essere curiosi. Non c’è da meravigliarsi quindi se l’Uganda ha avuto su di me proprio questo effetto; mi ha sorpreso enormemente ed è forse per questo che, per il momento, è il mio paese preferito.

Il rientro passando di nuovo dall’Uganda è stato, per il motivo di cui sopra, estremamente interessante e bello per i posti che ho visitato e le persone che ho incontrato. Seppur non abbia più avuto contatti con le persone dei posti che ho visitato (sia in Congo che in Uganda non vorrei essere frainteso) le ricordo ancora tutte.  

Quello che ho imparato durante il mio viaggio e che mi porto dietro nel mio zaino pieno di esperienze è che bisogna nutrire lo spirito di curiosità, che a volte si trasforma in avventura, e la voglia di non fermarsi mai ed imparare sempre cose nuove.

L’esperienza mi ha anche portato ad apprezzare il pensiero di san Daniele Comboni. Mi piacerebbe terminare questo racconto con la massima dei comboniani, che definisco molto cruda ma toccante: O nigrizia o morte.  

Grazie,  

Leonardo Marmiroli

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