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Natale 2012 - lettera di fratel Alberto Degan

Natale è...custodire la tenda di Dio

NATALE E’… CUSTODIRE LA TENDA DI DIO

Lettera dall’Italia


Uno spazio per Dio

Venne fra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio… E pose la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,11-14).

 

In ogni epoca Dio – con uno zaino in spalla - va alla ricerca di una dimora, uno spazio in cui possa piantare la sua tenda. La qualità umana della nostra vita – a livello personale, familiare, comunitario, sociale e politico - dipende da questo: dallo spazio che Gli lasciamo per potersi accampare. Una comunità e una società che non ha spazio per la tenda di Dio è una società in cui la qualità umana della vita è a rischio. Perché la Tenda di Dio è la Tenda del “Figlio dell’uomo”, la Tenda dell’umanità.

Dio viene, ma i suoi non l’hanno accolto: sin dall’inizio, il nostro Dio è un Dio ferito, un Dio ‘ammaccato’ che porta su di sè la ferita del rifiuto. Ma Dio non si arrende: ogni Natale si ripresenta con la sua tenda, in cerca di qualcuno che gli faccia un po’ di posto…

 

‘Esodati’ o ‘figli’?

E adesso che arriva, immagino che Dio potrebbe domandarci: “Ma che ne avete fatto dei miei figli? Io li chiamo amici (Gv15,15), figlioli (Gv 13,33) e fratelli (Gv20,17), mentre voi li chiamate esodati, precari. Ma si può esodare un figlio? Si può esodare un fratello?”.

E dove lo ‘esodiamo’? Lo esodiamo dalla società? Lo cancelliamo dal mondo?

Un mio amico che hanno licenziato tempo fa mi ha detto: “Sentirsi esodato è un dolore grande. Praticamente ti stanno dicendo: - Non ho più bisogno di te. Sei stato utile finora, ma adesso basta: fuori! E non sappiamo se e quando potrai rientrare…- ”.

C’era una proposta di finanziare con una tassa del 3% sui redditi più alti tanti lavoratori esodati non ancora "garantiti". Ma subito è insorta la Confindustria, che ha detto che questo contributo colpisce "una fascia di popolazione che è l'unica che spende, e così si minacciano ulteriormente i consumi". Come dire: solo chi spende e consuma tanto fa andare avanti questo sistema e quindi può rivendicare dei diritti. Chi consuma poco non può rivendicare niente.

Herman Hesse, in un racconto di quasi 100 anni fa, immagina che – dopo aver passato due anni in lande solitarie - ritorna nel mondo abitato e scopre che tante cose sono cambiate: “Mi faccia vedere la sua autorizzazione ad esistere!”, gli grida un funzionario. La polizia si sorprende che c’è un uomo che dà ancora per scontato che ha diritto ad esistere per il semplice fatto che sta respirando; mentre adesso, in questa nuova società, ognuno può vivere solo se mostra una carta: il “permesso di esistenza”. Applicandolo all’oggi, solo chi ha soldi da spendere riceverebbe questo permesso.

 

Vedere ciò che abbiamo davanti al naso

“Per vedere quello che abbiamo davanti al naso serve uno sforzo costante”, diceva George Orwell. E qual è la verità oggettiva che sta davanti al nostro naso, e che però non vediamo perché nessuno ne parla?

Per quanto riguarda il nostro paese, la verità è che in Italia il 10% della popolazione possiede il 45% della ricchezza, e quindi, commenta Vladimiro Giacché, “una manovra davvero equa dovrebbe far pagare a quel 10% il 45% del peso dell’aggiustamento”.

A livello mondiale, la verità che abbiamo sotto il naso ma di cui non si parla mai, è che il 4% della ricchezza personale delle 230 persone più ricche del mondo sarebbe sufficiente a garantire ai poveri di tutto il pianeta le cure mediche indispensabili, un’istruzione di base e un’alimentazione adeguata.

Di fronte a questi dati oggettivi, si capisce che il modo per risolvere la crisi – attraverso una più giusta distribuzione della ricchezza – c’è, eccome! Ma il nostro dibattito politico è viziato in partenza, perché parte dal presupposto che a pagare i costi dei cosiddetti aggiustamenti saranno sempre e comunque i più poveri, ridotti a ‘precari’ ed ‘esodati’.

“Non ci sono condizioni alle quali l’uomo non possa assuefarsi”, ci ammoniva Tolstoi, “specialmente se vede che tutti coloro che lo circondano vivono nello stesso modo”. Perciò, attenti a non abituarci alla disumanità, all’ingiustizia e alle disuguaglianze abissali come cosa ‘normale’! Laddove si considera normale questa disuguaglianza fratricida Dio non può piantare la sua tenda.

 

 

E non dimentichiamoci dell’Ilva: “Preferisco morire tra vent’anni di cancro piuttosto che tra pochi mesi di fame”, diceva qualche mese fa un operaio. Laddove non si lascia spazio alla Tenda di Dio il sistema economico può giungere a questa disumanità: farti credere che bisogna scegliere tra diritto al salario e diritto alla salute, e che avere tutti e due è un lusso che non possiamo più permetterci.

Come ha detto il Tribunale di Taranto, l’attività inquinante dell’Ilva è stata una scelta consapevole dei suoi dirigenti. Laddove Dio non riesce a piantare la sua tenda, l’ideologia liberista rivendica anche il diritto e la libertà di inquinare e di uccidere. E la politica rivendica il diritto di iniziare guerre che non guardano in faccia nessuno e fanno strage di innocenti (a Gaza, a Goma, etc.).

Ma Dio non smette di cercare uno spazio in cui accamparsi dentro la Storia, e finché Dio lotta per trovare questo spazio, “la Storia esiste ancora e la si può ancora fare”!!!

 

La Tenda di Dio: alla ricerca di uno spazio di umanità

Ma in cosa consiste questa tenda che Gesù vuole piantare? Dov’è che dobbiamo cercare Dio? Jean Vanier risponderebbe così: “In tutto quello che abbiamo visto vivere di umano da Gesù, c’è Dio. Soprattutto quando ha sete di una relazione vera e quando mendica una casa nel cuore dei suoi amici. Gesù ha un desiderio folle di comunione: chiede di vivere nell’altro, ma questo suo desiderio rimane sospeso nel vuoto. Per lui non c’è posto, non c’è casa”.

Gesù è alla ricerca di una dimora, di uno spazio di umanità, di qualcuno che condivida con Lui questo desiderio di vivere in maniera umana. E dove cerca questo spazio? Dappertutto, anche nei luoghi più impensati: non c’è posto in cui Dio non possa entrare per spargere un seme di umanità.

E’ lo spazio di cui tutti - nel profondo del nostro cuore - siamo alla ricerca.

 

La Tenda nel manicomio

Alda Merini riuscì a trovare questo luogo sacro anche dentro il manicomio di Milano: la ‘botteguccia’ era l’unico spazio di umanità in mezzo a una struttura fredda e disumana: “La botteguccia è un negozio in cui si vendeva di tutto, dai francobolli ai bottoni. Io ci andavo per curiosità e per chiacchierare un po’ con i degenti degli altri reparti. Tutti avevano un’aria molto rassegnata e sconsolata, ma quel briciolo di libertà ci faceva bene, ci portava a vivere in un’altra dimensione… La Capa mi sgridava dicendo che ero una girandolona. Ma a me, delle sue urla non me ne importava nulla. Invece mi importava di aver raccolto del materiale umano, di avere, qualche volta, compreso, educato e consolato”.

Dovunque ci troviamo, anche in mezzo alla struttura più disumana, siamo chiamati a raccogliere materiale umano, cioè a salvare, coltivare e custodire quei brandelli e frammenti di umanità da cui soltanto può venire la nostra salvezza, perché, come dice Jon Sobrino, “solo ciò che è umano può salvare l’umanità”.

La Tenda nel lager

Questo spazio sacro Primo Levi riuscì a crearlo addirittura nel lager, in quel chilometro di strada che separava la sua ‘baracca’ dalle cucine, dove andava a ritirare il rancio dei prigionieri: questo chilometro era per lui un prezioso spazio di libertà e umanità, grazie soprattutto al suo compagno di cammino, Jean. Camminando lungo questo chilometro, dimenticando completamente le SS, Primo e Jean parlano delle loro mamme. Poi, a un certo punto, Primo ricorda alcuni versi di Dante, cerca di tradurli in francese, e Jean ascolta con grande attenzione: “Considerate la vostra semenza:/Fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e conoscenza. “E’ come se anch’io lo sentissi per la prima volta. Come uno squillo di tromba, come la voce di Dio”, scrive Levi.“Jean mi chiede di ripetere. Come è buono Jean! Si è accorto che mi sta facendo del bene”.

Oppressi da un potere disumanizzante, i versi di Dante ci mantengono consapevoli della nostra dignità umana. Trattati come bestie, questi versi ci ricordano che siamo uomini e dobbiamo continuare ad esserlo. E poi Jean si rende conto che al suo amico Primo fa bene sentire che qualcuno presta attenzione alle sue parole. Perché è un’esigenza umana fondamentale quella di sentirsi ascoltati. E così Jean gli chiede di ripetere, di tradurre meglio…

Com’è buono Jean! Immagino la commozione interiore di Primo Levi: “Con tutti i problemi del campo di sterminio e con tutto quello che soffre anche lui, Jean si sta preoccupando per me, di fare del bene a me!”. E’ davvero stupefacente: Dio aveva saputo piantare la sua tenda e raccogliere del ‘materiale umano’ anche dentro quel lager!

 

Cinguettare di notte: anche i passeri alla ricerca di uno spazio ‘umano’

E nonostante possa sembrare incredibile, anche gli animali hanno bisogno di questa Tenda, perchè quando l’uomo rinuncia a dimensioni importanti della sua umanità, si produce uno squilibrio e un disagio che investe tutto il creato.

E infatti, secondo studi realizzati da vari biologi, l’inquinamento acustico delle nostre città e di tante nostre autostrade ha ‘devastato’ le relazioni e le comunicazioni amorose nel mondo animale. Ad esempio, “il rumore prodotto dall’uomo impedisce alle femmine delle cavallette di percepire i messaggi di corteggiamento dei maschi e di capire quanto sono attraenti. I maschi delle cavallette che vivono in aree rumorose sono così costretti ad aumentare il volume dei loro canti” (Ulrike Lampe). Insomma, se non urlano, i ‘cavalletti’ non riescono più a far sentire il loro messaggio alle cavallette, che si sentono trascurate e disorientate, come se ormai non interessassero a nessuno, perchè non riescono più a distinguere tra un urlo e un canto d’amore.

Quanto ai passeri e ad altri uccelli, “quelli abituati a cinguettare di giorno hanno adesso spostato le loro sessioni musicali di notte” (E.Dusi). Proprio così: tanti passeri devono aspettare la notte per trovare una possibilità di raccoglimento, di relazione e di corteggiamento: durante il giorno non trovano più uno spazio e un tempo appropriato per dire “Ti voglio bene”.

Sì, anche i passeri sono alla ricerca di uno spazio ‘umano’! E non si arrendono: ‘Voi uomini – con i vostri rumori assordanti – rendete disumana la nostra vita e ci impedite di cinguettare e di cantare di giorno? E allora noi lo facciamo di notte!’.

Insomma, sembra incredibile, ma la nostra disumanità produce un disagio cosmico. Quando Dio non riesce a piantare la sua tenda è tutto il creato che ne soffre le conseguenze, e allora anche gli animali si mettono alla ricerca di uno spazio d’umanità.

 

Alle Cucine popolari

Quanto c’è bisogno di questa Tenda anche nella nostra vita! Dio è riuscito a piantare un pezzetto della sua tenda addirittura ad Auschwitz. Riuscirà a farlo anche a Padova? anche in Italia? Glielo permetteremo?

Un pomeriggio alla settimana vado a mangiare alle Cucine Popolari di Padova. “Avvisami quando arrivi!”, mi dice Mino, un mio amico senza fissa dimora, “così almeno mangio insieme a te!”. I senzatetto che vanno alle cucine, infatti, a volte sono degli estranei gli uni per gli altri. Certo, vanno lì per mangiare, e mangiano. Anche le mucche mangiano. Ma mangiare insieme a un amico è tutta un’altra cosa! Insomma, non basta mangiare: per chi è solo, per chi non vede più la sua famiglia, è bello ricreare un clima di amicizia, un clima di casa, mentre mangi. E la cosa più bella è che per mangiare insieme a Mino sono arrivati anche due giovani: Francesco Divalori, (così soprannominato perché è un ragazzo di grandi valori) e il mio amico Tonino, che mi chiede come sto, e sento che la sua non è una domanda di circostanza, ma una preoccupazione sincera: cosa potrei pretendere di più?

Seduto a mangiare vicino a me c’era un ragazzo kosovaro, Doni, che mi parla della sua difficile situazione di disoccupato e dei suoi problemi abitativi. Finito il pranzo, Francesco Divalori ha voluto offrire a tutti un caffè, e così siamo andati al bar tutti e cinque; Doni, che avevamo appena conosciuto, era visibilmente contento e commosso che l’avessimo invitato a unirsi a noi. Spesso, quello che manca ai senza tetto – più ancora del tetto – è non far parte di nessun ‘cerchio’ di amici. A tutti noi piace sentirci parte del ’cerchio’, e quel giorno ho percepito che attorno a quelle tazzine di caffè si era creato un circolo di umanità in cui tutti ci sentivamo accolti.

 

Buon Natale!

Natale è la festa in cui celebriamo Dio che si ostina a piantare la Tenda dell’umanità in mezzo a questa giungla post-umana.

Grazie, Signore, perché Tu non ti arrendi mai! Grazie, perché non ti fai intimorire da nessuno e non ti stanchi mai di cercare uno spazio in cui accamparti: foss’anche nella botteguccia di un manicomio o in una stradina di un campo di concentramento, o dentro una tazzina di caffè.

Certo, questa Tenda spaventa i potenti. E così Erode vuole uccidere il bambino, cioè non vuole che Dio riesca ad accamparsi, vorrebbe cancellare questa Tenda dalla Storia, perché sa che se questa Tenda entra nella Storia i potenti – e i loro piani di morte - saranno rovesciati.

Oggi questa è una sfida più attuale che mai: anche oggi c’è chi vorrebbe far sparire la Tenda di Dio – il suo progetto di giustizia e il suo ideale di umanità - dalla Storia; anche oggi c’è chi vorrebbe ‘esodare’ e cancellare i diritti di una gran parte dell’umanità. E anche oggi, come allora, la Storia si salverà solo se ci saranno dei ‘giusti’ disposti a custodire questa Tenda, come fece Giuseppe, che fuggì in Egitto con Gesù per proteggerlo dalla furia omicida dei potenti.

Assumiamo con gioia e con responsabilità questo impegno! Perché il destino di questa Tenda è intimamente legato al destino dell’umanità. Se non ci fosse stato Giuseppe a custodire la Tenda non ci sarebbe nessun Natale da festeggiare. Augurare Buon Natale, dunque, significa augurare che l’uomo e la donna di oggi siano ancora capaci di lottare per permettere a Dio di accamparsi in mezzo a noi. Dobbiamo piantare questa Tenda in tutti gli ambiti della nostra vita: nelle nostre relazioni interpersonali, nella nostra famiglia, nella nostra comunità, nelle nostre strutture politiche ed economiche, nel nostro legame con l’ambiente, nei rapporti internazionali e interculturali.

BUON NATALE CON GESU’!!

(fratel Alberto Degan)

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