INCONTRO CON GRUPPO EMMAUS
Una lettera per te
Caro amico,
Come stai? Tutto al posto? Non ci conosciamo ancora, ma questa
situazione durerà poco perché vorrei raccontarti alcune cose su
di me. Forse è più accurato dire, alcune delle meraviglie che
Dio ha fatto in me. Non sono italiano, sono spagnolo, ma abito qua
a Roma da tre mesi. Perciò, "il mio italiano" non è
ancora molto ortodosso. Sono nato a Madrid ventisette anni fa.
Fino ai 22 anni ho vissuto una vita più o meno
"normale". Cioè, simile a quella delle persone che
vivevano intorno a me. Mi divertivo con gli amici, giocavo a
calcio, frequentavo la
catechesi alla parrocchia, il liceo e dopo l'Università,
… Volevo diventare un gran ricercatore, indagare i segreti
dell'atomo e dell'universo. Studiavo fisica ed allo steso tempo
collaboravo nella parrocchia in diverse attività. Possiamo dire
che ero un buon cristiano. Ma, sai che ancora avevo sete? Nel
gennaio del 96, nel gruppo di giovani a cui appartenevo,
ascoltavamo la parola di Dio che si dirigeva ad un uomo che si era
stabilito in una città come la mia, piacevole, comoda,
tranquilla, ma 4000 anni prima ed in un posto diverso. Questa
persona si chiamava Abramo e Dio gli aveva detto: "Vattene
dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso
il paese che io t'indicherò" (Gen 12, 1). Noi condividevamo
quello che questo brano ci diceva. Per i miei amici significava
che non dovevano guardare soltanto a se stessi, ma mettere al
centro della loro attenzione il cammino che Dio aveva per loro e
la situazione degli altri, specialmente di quelli che soffrono di
più. Questo era bello, ma per me, nel silenzio, queste parole
avevano un significato molto concreto. Avevo ricevuto una buona
educazione, l'amore dei miei genitori e vivevo abbastanza
comodamente. Quelle parole mi spingevano a condividere tutto
quello. Mi sentivo chiamato a lasciare la mia terra per lavorare
in una missione durante le mie vacanze d'estate. Sicché ho
parlato con un prete della parrocchia e gli ho detto che ero
disponibile per lavorare in una missione dove fosse necessario. In
questa maniera ho avuto l'opportunità d'andare in Perù,
in una missione
dove lavoravano tre suore spagnole. Lì davo lezioni di matematica
e fisica ai giovani della scuola superiore che non avevano
professore perché, siccome lavoravano, non frequentavano le
lezioni di mattina. Insegnavo pure a leggere e scrivere alle
donne. Esse non avevano istruzione perché da giovani dovevano
curare i fratelli più piccoli e lavorare nella casa. Inoltre,
visitavo le comunità cristiane vicine al paese dove abitavo, i
loro malati e condividevo la mia fede con i catechisti locali. Tra
le mie alunne di lettura, c'era anche un bambino d'undici anni.
Lui non aveva avuto la possibilità di imparare a leggere a suo
tempo. Perciò veniva a scuola con le donne. Ma un giorno è
mancato alla lezione. Sicché quando dopo due giorni è venuto gli
ho chiesto: "Cosa ti è successo Wilson?". Lui rispose:
"Sono stato a letto con male ai denti". Ho guardato la
bocca e visto che aveva due denti così neri. Era chiaro che aveva
almeno due grandi carie. Dopo di andare dal dentista doveva
prendere ogni giorno un antibiotico. Glielo davo durante la
classe. Un giorno, mentre andavamo alla cucina mi guarda negli
occhi e mi dice: "Giorgio, voglio andare con te in Spagna. La
mia matrigna mi picchia con un legno selle spalle". In quel
momento ho sentito che una fessura si apriva dentro di me. Fu come
quando un vulcano entra in eruzione. Il dolore di quel bambino mi
aveva trafitto il cuore. Oggi credo che Gesù in quel momento mi
aveva toccato in una maniera molto speciale. Quest'esperienza in
Perù è stata molto importante per me. Da un lato perché mi sono
incontrato con Cristo presente nei più poveri e dall'altro perché
ho visto le meraviglie che può fare lo Spirito in coloro che si
lasciano guidare da Lui. Penso alle catechiste che ho conosciuto lì,
persone straordinarie che erano responsabili delle loro comunità,
le riunivano per fare le celebrazioni della Parola e rischiavano
le loro vite per difendere la loro gente dalle ingiustizie. Quando
tornai in Spagna ero cambiato. Cominciavo a pensare a quello che
avrei fatto dopo la laurea. Forse lavorare come professore
universitario di Fisica a Lima e collaborare da lì con la
missione, forse specialazzarmi in qualche cosa che potesse essere
interessante per i paesi meno sviluppati...Allo stesso tempo, ogni
notte, nella mia preghiera mi chiedevo, "Dio,
cosa vuoi da me?". Sentivo che Lui voleva qualcosa da
me ma non sapevo che cosa. In quei giorni, avevo visto nella
rivista dei Comboniani in Spagna l'annuncio di un incontro
sulla missione per giovani. Mi sembrava interessante, ma
durava 4 giorni e io avevo molti impegni in parrocchia, università…
Lunedì 25 novembre del 96 sera stavo da solo a casa a fare i miei
compiti di Fisica. C'era molto silenzio e il sole già era
tramontato. Allora, improvvisamente, ho sentito che Dio voleva che
io diventassi padre missionario. Allo stesso tempo sperimentavo
una gioia e una pace immense. In quei giorni mi sentivo come in
una nube. Ma il sentimento più forte era quello della felicità
per avere incontrato la volontà del Padre riguardo a me. Ero, e
sono, felice perché Dio vuole il meglio per ognuno di noi e
allora mi aveva mostrato le traccia sulle quale m'invitava a
dirigere i miei passi. Sicché mi sono messo in contatto con i
Missionari Comboniani a Madrid per andare all'incontro
vocazionale. Alla fine dell'anno ho deciso di lasciare la fisica
ed entrare nell'istituto dei comboniani. Perciò, oggi sono qua a
Roma, preparandomi per camminare con i popoli che ancora non
conoscono Gesù.
Jorge Naranjo Alcaide
Una
lettera scritta a cuore aperto per tutti noi. Ma Jorge ha
saputo fare di più, ci ha lasciato il suo indirizzio
e-mail, quindi se vuoi comunicare con lui puoi farlo
scrivendo a naranjoalcaide@hotmail.com |
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