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Carissimi amici di giovaniemissione

di p. Stefano dalla Polonia

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Varsavia, 14 novembre 2000

Carissimi Amici di “giovaniemissione”,

                Pace a voi! Non ci conosciamo ancora, o meglio non mi conoscete ancora, mentre io sì avendo ormai preso stabile contatto con la vostra pagina Web. Permettete che mi presenti: mi chiamo Stefano, sono un cittadino del mondo di origini italiane, attualmente vivo in Polonia, sono un missionario comboniano... e conosco molto bene p. Daniele e p. Mosè.

Da quando ho conosciuto la pagina Giovaniemissione la frequento spesso perché vi trovo materiale molto interessante e mi aiuta a tenermi un po’ aggiornato su questi grandi temi cui anch’io sono particolarmente affezionato. Da un po’ di tempo mi girava per la testa l’idea di scrivervi, di entrare anch’io nel grande dibattito che state portando avanti a livello ormai nazionale. Entro un po’ in punta di piedi ma con la consapevolezza di portare un contributo forse un po’ inaspettato da una “terra di missione” forse poco conosciuta, la Polonia appunto.

Qui a Varsavia faccio parte di una comunità comboniana internazionale (6 comboniani di 5 nazionalità, più 20 giovani polacchi) che si occupa di animazione missionaria, pastorale vocazionale e formazione. Ormai mi trovo qui da più di tre anni e pian piano sto cercando di capire non solo come i nuovi campi di missione possano e debbano sfidare la chiesa e la società polacca, ma anche quale contributo il popolo polacco possa dare alla missione, e quindi a noi tutti, voi e me.

Direi innanzitutto che qui ho scoperto un popolo, una cultura, una fede o perlomeno un modo di vivere la nostra stessa fede. Ho fatto anch’io l’esperienza del dover togliermi i sandali perché la terra su cui mi trovo è santa. È un’esperienza tipicamente missionaria, ed è fondamentale. Qui, oltre a tutto il resto, prendo contatto diretto con il “secondo polmone dell’Europa”, il mondo slavo, la sua cultura, la sua visione di Dio e della fede. Mi rendo davvero conto che non si potrà mai costruire un’Europa unita se continuamente ci dimentichiamo di questa parte. Così come il mondo non è l’Europa (stiamo arrivando a capirlo, pian piano), l’Europa non è l’Europa Occidentale, ricca, tecnologizzata e forse un po’ annoiata. C’è anche, appunto, l’altra Europa. E’ un incontro interessante e come sempre accade ci sono innamoramenti e scontri.

È fondamentale, credo, il lavoro di animazione missionaria e formazione che stiamo portando avanti (secondo le nostre poche forze!), un lavoro immenso che può partire dai punti fondamentali – aprirsi al mondo, partire, incontrare l’altro e accettarlo nella sua diversità (cose per niente scontate per un polacco...) – per arrivare alle “vette” su cui vi trovate voi: un discorso davvero globale della missione comprendente tutti gli aspetti, dalla spiritualità alla globalizzazione, dalla liturgia vissuta in un certo modo alla lotta con i poveri. In questa società, ma soprattutto in questa chiesa, è un lavoro lunghissimo, da certosino direi, perché occorre davvero intessere tutta una serie di relazioni con le persone, acquistare la loro fiducia (cosa importantissima per i polacchi) e solo poi iniziare un cammino comune di ricerca.

Credo che questo lavoro abbia un significato del tutto particolare qui in Polonia, oggi. È un Paese questo che ha alle spalle una storia incredibile di sofferenza, persecuzioni, resistenza e lotta. Le ha prese da tutti ma non ha mai mollato. Ha resistito di fronte ai nemici più vari, di destra come di sinistra, atei o religiosi. Forse sta purtroppo cedendo adesso di fronte al nemico più subdolo, quello che si traveste da agnello ma che è il più vorace dei lupi: il neoliberismo con la sua cultura consumistica e la sua etica edonistica e individualistica. Purtroppo la chiesa (soprattutto cattolica, perché è la stragrande maggioranza, ma lo stesso vale per le altre chiese ortodosse e protestanti) non ha ancora trovato il metro giusto per rispondere, sono davvero pochi quelli che, all’interno di essa, sono coscienti di dove porti questa strada. Ecco, mi pare che la nostra presenza – giriamo molto per parrocchie e scuole, incontriamo davvero tanta gente e giovani – serva, passo dopo passo, a richiamare tutto questo e ad abbattere i tanti muri che sono ancora in piedi.

In questo lavoro un posto centrale hanno i giovani, e non lo dico perché lavoro in formazione, a contatto con loro, o perché scrivo a voi che siete giovani. Sono loro che hanno sempre più contatti con il mondo e portano quindi dentro la società e la chiesa un vento di novità. Un piccolo esempio è stato l’incontro internazionale di Taizé organizzato lo scorso dicembre qui a Varsavia. Sono convinto che sia proprio dall’incontro con l’altro, dal conoscerlo e dall’ascoltarlo, che si potrà cambiare qualcosa, che anche la Polonia sarà capace di aprirsi e buttarsi nella mischia del mondo, condividendo finalmente le sue enormi ricchezze. Penso in particolare alla visione di fede che ha il popolo polacco, qualcosa di molto più profondo del bigottismo o di una superficiale fede popolare; è qualcosa che davvero da senso e forza alla propria storia personale e di popolo. Occorre dargli adesso anche la dimensione del mondo.

Io oso introdurmi nel vostro impegno così bello e radicale per il Sud del Mondo e chiedere a voi, Amici di giovaniemissione, se siete disposti ad ascoltare anche questa parte di mondo, una parte della vostra Europa, e a farvi ascoltare. Non sarà un distogliere lo sguardo e l’orecchio dal Sud del Mondo che è e resta il nostro obbiettivo. Sarà invece un raccogliere tutte le forze disponibili sul campo, un respirare a pieni polmoni per poter rispondere in modo più vero ed efficace alle sfide del nostro tempo.

Considero questa lettera una sorta di condivisione con voi e senz’altro un inizio di dialogo. È solo dal confronto con l’altro e dallo scambio di idee, anche se non sempre tutte le condividiamo, che può nascere il nuovo. Per ora vi ringrazio di avermi ascoltato – o meglio dire, letto.

Un abbraccio a tutti voi!

 

                                                                                                             p. Stefano Giudici

 

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