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Sogno una Tumaco in pace

Lettera di P. Daniele Zarantonello da Tumaco

 Vi mando due righe scritte 15 giorni fa ... Prendetele come una risposta a tutti i vostri messaggi di auguri. Grazie di cuore a tutti e tutte. In questi ultimi giorni non ci sono stati altri attentati, l'incontro dei catechisti di fine mese è stato posticipato a novembre, viviamo notti di coprifuoco per un nuovo gruppo armato che dice essere arrivato per risolvere i problemi di Tumaco (sigh!) ... si canta e si cammina, come sempre! Vi voglio un mondo di bene. Grazie per condividere la stessa Missione.


Dopo un periodo di relativa tranquillità, stiamo ritornando nel caos. Ieri, alle 11:00 pm è esplosa una bomba a 200 metri da casa: è la settima esplosione in una settimana. L’onda d’urto fa tremare la casa, però l’eco dell’esplosione continua rimbombando dentro per diverse ore, traendo con sé tante domande: ci saranno stati feriti, o morti? Fino a quando sopporteremo questa pazzia della guerra? É mai possibile una vita così spaventosamente incerta? 

Ho appena finito di celebrare il funerale di Danny, un giovane di 22 anni della nostra parrocchia: è andato a Cali a cercare lavoro ed è stato assassinato. A metà funerale abbiamo dovuto accendere il generatore di corrente: se ne è andata la luce. Dicono che un attentato ha fatto saltare in aria dei tralicci dell’alta tensione. Tutta la città è senza energia. Speriamo non sia un danno troppo grave. 

Questa settimana abbiamo pubblicato una denuncia come diocesi: una bomba è esplosa nella canonica del parroco e del vicario della parrocchia di Santa Maria di Barbacoas. Sono saltate in aria le due stanze da letto dei sacerdoti p. Juancarlos e p. Albeiro. Per fortuna che i due non erano lì in quel momento. Dicono sia stato un incidente! A fianco della canonica nella piazza centrale di Barbacoas c’è la stazione di polizia e un distaccamento dell’esercito: sembra che per sbaglio sia stata attivata una bomba da un poliziotto e per sbaglio abbia centrato la canonica. In guerra tutto si giustifica: dato che l’errore l’ha fatto un poliziotto, bisogna perdonare ... se fosse stato un civile sarebbe stato sbattuto dentro senza fiatare perché “questi maledetti terroristi” la smettano di spaventare la gente inocente. Però, dato che l’errore è stato commesso da un eroe della patria, bisogna prendere atto che qualche imprevisto può succedere. L’esercito, la polizia, per legge devono risiedere a una distanza convieniente dalla popolazione civile. Invece costruiscono le loro basi nelle piazze centrali della città, o a fianco delle scuole pubbliche. Non sono scelte fatte per proteggere la comunità: scelgono di fare della comunità uno scudo umano! Come diocesi chiediamo allo Stato che tolga l’esercito e la polizia dalla piazza di Barbacoas: mettono a repentaglio la vita di tutti.

 

A fine mese celebreremo a Tumaco il 1° congresso diocesano dei catechisti: 500 catechisti verranno dai diversi angoli della diocesi per celebrare il dono della vocazione che Dio ha dato loro. Sarà uno spazio di formazione, di spiritualità, di festa e di invio missionario: la finalità di questo evento sarà rafforzare il senso di appartenenza alla Diocesi in particolare dei leaders più distanti e far sentire ai catechisti che sono una comunità-arcipelago e non delle isole incomunicate. Alla fine del Congresso consegneremo loro degli adesivi che distribuiranno nelle case delle loro comunitá di origine, che dice: “Con Cristo en mi hogar no cabe la violencia” (Con Gesú nella mia casa non c’è spazio per la violenza), parlando delle necessità di disarmare le nostre case e di disarmare il nostro modo di relazionarci. Vediamo se si potrà realizzare: dipenderà da come si svolgeranno i prossimi giorni. Se il rischio é troppo alto, rimanderemo il congresso di qualche mese.

 

Non ho la passione dei grandi eventi, però sento che in questo contesto sono necessari: abbiamo bisogno di iniezioni di speranza, che diano un po’ di forza al corpo ecclesiale. Lo stato di abbandono di questa Diocesi è troppo grande, ci stiamo abituando alla frustrazione. É necessario creare spazi dove guardarsi in faccia, darsi la mano e sentire che la famiglia ancora c’è. Chiaramente questi eventi non possono sostituire l’accompagnamento delle comunità, però queste attività ci permettono di alzare la voce e di far sentire piú in lá del nostro territorio che abbiamo bisogno di aiuto.

La prima settimana di dicembre abbiamo invitato diverse comunità religiose, seminaristi e laici delle Diocesi vicine nella nostra Costa Pacifica per vivere assieme una missione popolare, in linea con la proposta del papa per il Giubileo straordinario della misericordia di inviare “missionari della misericordia” al 4 angoli del pianeta. Stiamo proponendo una zona, il municipio della Tola, dove a piccoli gruppi si visiteranno le comunità rurali. L’idea è che ogni anno da qui in avanti si possano formare delle equipes missionarie che conoscano quello che stiamo vivendo e che evangelizzando si lascino a loro volta evangelizzare.

Continuano i nostri piccoli progetti educativi parrocchiali, il Centro Afro Giovanile nel quartiere Nuevo Milenio, la scuola di manualità nel quartiere Panamá e la scuola “educar en la Calle” nel quartiere Viento Libre. Sono particolarmente contento della scuola di Viento Libre: dopo i primi due anni, abbiamo potuto mandare i nostri ragazzi e ragazze alla scuola pubblica, e stanno andando molto bene. Sono preparati, coscienti delle loro capacità, le loro famiglie li stanno accompagnando, in questi giorni vengono uno a uno a presentare la loro pagella alle nostre professoresse, con risultati molto buoni. É un orgoglio straordinario essere parte di questo miracolo. 

I primi di maggio abbiamo ricominciato con un gruppo nuovo: sono 17 ragazzi e ragazze, alcuni sono arrivati da poco a Tumaco scappando dai loro villaggi per questione di sicurezza, altri vivevano dell’ accattonaggio con il consenso delle loro famiglie, altri non vanno alla scuola per totale disattenzione da parte dei loro familiari, alcuni studiano da noi perché hanno bisogno di un accompagnamento particolare, uno per un ritardo mentale e un altro perché soffre di epilessia grave e li possiamo seguire e proteggere più da vicino. Tutto lo facciamo in dialogo con la scuola pubblica piú vicina la “R. M. Bischoff”, dove i nostri bambini sono matricolati in modo che non perdano l’anno. Mi sto convincendo sempre più della bontà di questo progetto e può essere che in futuro cresca con altre sedi. Per ora, con l’aiuto di una ONG e di amici costruiremo in questo mese un secondo piano: servirà da biblioteca, da salone per la scuola di danza (due volte alla settimana) e per la “rumbaterapia”, un’attività che mescola la salsa con la ginnastica aerobica, come spazio di distensione dallo stress quotidiano soprattutto per le mamme del quartiere, che sono le più desiderose di cominciare.

 

Come sto, in mezzo a tutte queste cose?

Sono un uomo tremendamente appassionato: amo tutto quel che faccio, amo le persone che Dio mi mette a fianco e sento la costruzione collettiva della speranza di questo popolo come il sogno della mia vita. Voglio risorgere con il popolo negro: non so se vedrò qualche risultato, ma vale la spesa di una vita crederci e vivere con questa prospettiva. Sogno una Tumaco in pace, con comunità organizzate per la salvaguardia dell’ ambiente e del bene comune, microimprese che valorizzino il lavoro contadino, una università dove a Tumaco i giovani possano studiare, leggere la realtà con profondità e professionalità, sogno scuole pubbliche che sappiano educare, un sistema sanitario sempre meno assassino e al servizio del benessere reale della gente e non del portafoglio di alcuni ingordi senza Dio. SOGNO, peró con occhi aperti, con piedi sporchi, con mani intrecciate.

In questi giorni padre Michele non c’è, è in Italia, in vacanza; vive con me Jeison un giovane colombiano che vuole diventare missionario comboniano. Con lui organizzo la giornata, la preghiera, le faccende domestiche, la pastorale. Con gli altri compagni, Claudio e Fufa ci vediamo nelle differenti attività pastorali, preghiamo assieme una volta alla settimana, utilizziamo tutti gli spazi possibili per parlare, confrontarci. Cerchiamo di vivere una vita normale: cominciamo la giornata in silenzio, in preghiera, chiedendo forza, protezione, fedeltà e ostinata speranza al Dio della vita, manteniamo la porta aperta quando siamo in casa e ci lasciamo felicemente invadere da quei piccoli teppisti che sono i figli dei nostri vicini, cerchiamo di mangiare con regolarità e di vivere con sobria dignità. Ogni tanto si va al mare, si organizza una festa e si balla un po’, o ci si ritrova per pranzare o cenare con amici e vicini.

Credo di vivere un sano equilibrio, che non mi fa caricare di eccessive tensioni. Vivo la guerra, però non mi invade il cuore.

La preghiera, la comunità, l’affetto della gente, l’azione pastorale lucida e realista, amicizie belle con cui aprire il cuore e sondare i sogni, una famiglia che mi ama e che sopporta con fiducia anche i miei silenzi ... sono una forza per continuare il cammino.


Un abbraccio di PACE!!!!!!

p. Daniele Zarantonello 

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