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Forza Africa

p. Saverio Paolillo, 5 giugno 2010

Forza Africa!

p. Saverio Paolillo (Brasile)

Carissimi amici,
al posto della testa abbiamo un pallone. È l´effetto del Campionato Mondiale di Calcio. Fra qualche giorno, il mondo intero dirigerà la sua attenzione sul continente africano. Quest´anno il certame calcistico si svolgerá in Sudafrica. In Brasile non si parla di altro. La febbre del calcio ha giá raggiunto alte temperature. Il verde e il giallo, i colori della bandiera nazionale, campeggiano dappertutto. Nonostante la delusione per la squadra che è stata montata dall´allenatore, i brasiliani non perdono la speranza di portare a casa il sesto titolo mondiale. È una questione d´onore, anche perché il prossimo campionato del mondo, nel 2014, si svolgerá proprio in Brasile.
Spero che questa coppa del mondo sia una opportunitá per parlare dell´Africa. È il continente che piú soffre nel mondo. Culla di grandi civiltá, nel XVI secolo divenne il porto di approdo di  mercanti di schiavi alla ricerca di manodopera a basso prezzo da utilizzare nelle piantagioni del Nuovo Mondo. Per oltre tre secoli decine di navi negriere salparono dai suoi lidi strapiene di merce umana che fu venduta nelle Americhe a servizio degli interessi dei crudeli colonizzatori. Migliaia di suoi figli furono strappati dal suo ventre per vivere e morire da schiavi.
Considerato un continente ostile e di difficile accesso, l´Africa divenne meta dell´aviditá degli occidentali quando scoprirono le sue ricchezze e le sue immense risorse naturali. Nel 1884, 12 potenze europee, interessate nel suo patrimonio, riunite nel Congresso di Berlino, si spartirono le sue terre con la riga, senza preoccuparsi delle differenze etniche e culturali, dando inizio a un lungo e terribile periodo di colonizzazione. Il risultato fu l´arricchimento delle grandi potenze al prezzo dell´impoverimento del continente nero.
Con la fine della colonizzazione e la conquista dell´indipendenza, i paesi africani conobbero un´altra forma di dipendenza: l´indebitamento. In una operazione sarcastica, se non fosse tragica, dopo essere state depredate e saccheggiate, le nazioni africane furono trasformate in debitrici. Invece di essere risarcita di tutto quello che le era stato sottratto a forza, l´Africa fu costretta a chiedere prestiti astronomici per recuperarsi dall´impoverimento provocato dai suoi colonizzatori.  Fame, miseria, distruzione dell´ecosistema, desertificazione, urbanizzazione selvaggia, guerre civili furono alcune delle eredità lasciate dai conquistatori, un danno irreparabile che costituisce una grave minaccia alla vita  e alla dignità dei popoli africani.
L´Africa ha voglia di rialzarsi, ma ha bisogno della solidarietà internazionale. Fra qualche giorno il mondo si fermerà per assistere a un pallone preso a calci da ventidue uomini che si rincorrono tra loro per infilarlo in una rete. Non so come sará in Europa, ma qui in Brasile i lavoratori hanno giá trattato con i loro padroni un orario speciale nei giorni in cui la nazionale scenderá in campo. Per 40 giorni, il mondo si abbandonerà alla passione per il calcio. Non é solo per spirito sportivo. Il potere economico, come è suo costume, si è impadronito di questa passione e, attraverso una geniale campagna de marketing,  la sfrutta secondo i propri interessi trasformandola in fonte di  lucro. Questo stesso mondo, peró, non ha tempo e soldi quando si tratta di soccorrere i  milioni di africani che muoiono di fame.  È piú facile trovare patrocinatori per la coppa del mondo che finanziatori per porre fine alle malattie facilmente curabili che falciano la vita di milioni di bambini. Si costruiscono bellissimi stadi in tempo record, ma non si corre dietro il tempo, con la stessa rapidità, per difendere  e promuovere la vita. Siamo di fronte alla versione calcistica della parabola del Samaritano. C´è una liturgia in corso: quella del pallone. I templi sono pronti. Tutti gli stadi sono stati inaugurati a tempo. I ministri di questo culto giá sono arrivati. Le nazionali giá sono ai loro posti. Non c´è tempo da perdere. Bisogna correre. Manca poco per i fischio iniziale. Attratti dal pallone, centro di tutte le attenzioni, gli occhi non riescono a intravedere  le moltitudini di africani che giacciono sull´orlo della strada. Non ci resta che sperare nel pallone. Chissá che, mal calciato da un piede storto,  non finisca in una delle tante bidonville delle periferie africane portando alla ribalta scene di una drammatica storia che giá dura da tanto tempo e che aspetta una soluzione internazionale.
Non ho niente contro il calcio, ma bisogna accelerare i tempi per fermare l´emorragia che sta mietendo migliaia di vite. I finanziamenti raccolti per il certame calcistico e la rapiditá con cui è stata costruita l´ infrastruttura della coppa dovrebbero essere gli stessi ingredienti per fermare la morte prematura di milioni di africani. La grandezza di un paese o di un continente non si misura  sulla competenza nell´organizzare un avvenimento come la Coppa del Mondo, ma dalla volontá di porre fine alla miseria e garantire vita e dignitá alla sua gente. È questa la lezione che deve imparare il Brasile che comincia a preparasi per ospitare la prossima coppa del mondo. Niente trucchi. Non si nasconde la spazzatura sotto il tappeto. C´è in gioco qualcosa di molto piú importante dell´apparenza o di  una coppa da portare a casa. Prima ancora di correre dietro a un pallone bisogna correre dietro al tempo per salvare la vita dei piú poveri. Secondo la FAO, ad ogni minuto che passa, nel mondo 20 bambini muoiono di fame. Durante i 90 minuti di gioco sono 1.800. Non si puó piú perdere tempo. Ogni minuto è prezioso. Bisogna liquidare questa partita prima dei tempi supplementari. I veri avversari da sconfiggere sono la fame, l´ingiustizia e la violazione dei diritti umani. Per sconfiggerli ci vuole una squadra che indossa la maglietta del mondo muovo.  Il trofeu da conquistare è la felicitá per tutti. I migliori giocatori non sono quelli che guadagnano stipendi astronomici, ma gli uomini e le donne di buona volontá che mettono in gioco la loro vita per il bene di tutti.
Forse l´Africa non puó contare con grandi calciatori, famosi per la loro abilitá con il pallone, ma giá annovera nelle sue file grandi campioni che hanno affrontato da vincitori le grandi sfide in difesa della vita e della dignitá umana.
Tra loro vogliamo ricordare Wangari Muta Maathai, Desmond Tutu e Nelson Mandela, vincitori del Premio Nobel per la pace.
Wangari Muta Maathai è stata la prima donna africana a ricevere il premio Nobel per la Pace, per "il suo contributo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace". Mandela e Desmond Tutu hanno ricevuto lo stesso riconoscimento  per la lotta contro l´apartheid.

Questi sono alcuni dei campioni che l´Africa puó convocare per la sua partita contro la fame  e la miseria. La loro biografia fa invidia a quei giocatori di calcio fin troppo coccolati e imbottiti di soldi che calciano la loro vita fuori dai limiti del buon senso e della dignitá umana. È ora di fare scendere in campo gli uomini e le donne di buona volontá per il calcio di inizio di una nuova storia per il continente africano e per tutto il mondo.
Si dia inizio alla Coppa del Mondo della Giustizia e della Pace. Che si consideri vincitrice la nazione che si impegna di piú per la vita. Forza Africa. Faccio il tifo per te.  

Serra, 05 giugno 2010
Padre Saverio Paolillo 

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