Lettera della missione, Simone Bauce dalla Colombia
19 luglio 2008
Bogotá, 19 luglio
2008
Carissimi e carissime,
so di scrivervi in un momento poco
opportuno, perché le meritate vacanze si avvicinano e tutti avrete la testa da
un’altra parte.
Però spero che troviate un po’ di tempo
per leggere una veloce riflessione della mia ultima esperienza nella terra
colombiana.
Come tutti saprete ormai sono arrivato
alla fine del mio ciclo di studi (spero fra 10 mesi), cosa che mi ha quasi
sempre “obbligato” a rimanere nella città di Bogotá per poter assistere alle
classi. Comunque nelle occasioni che ho avuto (le vacanze dell’università) ho
sempre cercato un tempo per stare di più con la gente, la gente della campagna,
gli afrocolombiani e gli indios.
Nel mese di giugno ho
avuto la fortuna di trascorrere 20 giorni all’estremo occidentale della
Colombia, una regione chiamata Chocó. È forse la zona dalla vegetazione più
lussurreggiante di tutto il paese (vedi
foto), forse ancora abbastanza incontaminata, anche se molti, colombiani e
stranieri, ci hanno messo gli occhi per le ricchezze naturali.
È una regione dalla forte prevalenza
afro (sono gli abitanti colombiani di colore, discendenti più o meno diretti
degli africani utilizzati come schiavi qualche secolo fa). Il mio punto di
arrivo e base di tutta l’esperienza è stata la cittadina di Istmina (vedi foto).
È un paesotto di
circa 20.000 abitanti, considerando anche tutti quelli che non vivono nel
centro urbano. Vive principalmente del commercio di oro, platino e legname, per
quello che ho potuto vedere. Purtroppo si dice che da qualche tempo sia
arrivato anche un altro commercio, molto più redditizio: la coca. E con
l’arrivo della polvere bianca, senza dubbio potete immaginare anche l’aumento
della tensione del conflitto armato, tra tutte le forze involucrate:
guerriglia, paramilitari e esercito. Dove ci sono tanti interessi e tanti soldi
in ballo, qui in Colombia c’è la presenza della violenza, nelle più differenti
forme.
A livello globale, questa regione è molto attraente per differenti ragioni: la biodiversità, l’acqua, la ricchezza del sottosuolo, la ubicazione geografica estrategica tra i 2 oceani (Atlantico e Pacifico) e la coltivazione estensiva della palma africana che vorrebbero impiantare alcune multinazionali straniere. Ognuno di questi temi meriterebbe un lungo discorso; li lascio alla vostra considerazione, perchè l’obiettivo della lettera è più esperienziale.
Sono stato ospitato da fratel Martín, un
religioso dei fratelli delle scuole cristiane (dedicati all’ educazione),
innamorato degli indios. Ho passato la prima settimana accompagnandolo nella
sua attività di fine semestre, dato che è il direttore di un’istituzione
educativa di oltre 1100 studenti (elementari, medie e superiori). Ho potuto
conoscere differenti realtà della vita religiosa di Istmina e conoscere un pochino
il paese.
La settimana successiva siamo partiti
per il fiume, visto che è l’unica via di comunicazione e accesso a molti
villaggi del Chocó. L’obiettivo era visitare e soprattutto cercare di stare, di
passare del tempo con 2 comunità degli indios Wounnan.
La comunità di Puerto
Olave è composta da una dozzina di case, con una popolazione approssimata di
100 persone. Per me un piccolo paradiso (vedi
foto), per la tranquillità,
l’assenza di rumori assordanti e artificiali, dove si vive al ritmo della
natura: è fondamentale il sole così come le piogge per le coltivazioni, la luce
artificiale è un invento recente, che si sta utilizzando molto poco, alcune ore
la sera. L’ambiente è molto sano, non c’è nessun bisogno di chiudere la casa per
la notte, tutti si conoscono e si aiutano; i bambini hanno molte case dove
poter mangiare qualcosa, perchè tutti s’incaricano della vita della comunità.
Davvero una situazione molto gradevole per uno come me che arriva dalla società
del consumo e della supertecnologia. Certo, è una vita dura dal punto di vista
fisico, c’è sempre molto lavoro da fare per mangiare (vedi foto) o per procurarsi qualche soldo da spendere in vestiti o
accessori per la cucina.
Non è per niente facile esprimere tutte
le emozioni e le sensazioni vissute in quei pochi giorni. Vi posso assicurare
che ho sentito una pace e un’armonia dentro di me che poche volte riesco a
sentire nella frenesia della vita quotidiana, dello studio e della città.
Che esperienza straordinaria la comunicazione
non verbale (loro parlano un’altra lingua e pochi capiscono lo spagnolo) con i
bambini e le bambine: è imparare di nuovo a dialogare con gli occhi, il viso,
le mani e il corpo. La bellezza e la spontaneità di questi piccoli è
disarmante, la loro genuinità e semplicità riporta all’essenza stessa della
vita, ciò che è fondamentale, senza tante complicazioni che vedo nei bambini di
città, o della nostra società in generale.
E poi la dimensione della famiglia,
straordinaria. Ho passato decine di minuti osservando una famiglia che si riune
al tramonto e si mantiene in silenzio, scambiando solamente le parole
necessarie, assaporando i suoni della natura insieme come famiglia (vedi foto). Quante volte ci
ritroviamo noi nelle nostre famiglie, riuniti senza un’ occasione speciale,
gustando il silenzio (generalmente abbiamo bisogno di un rumore di fondo, come
Vi confesso che a volte mi sentivo quasi
isolato, fuori da questo mondo, come vedendo un film…..un mondo così delicato,
dove tutti i movimenti delle persone rispondono a un ciclo che non ha cambiato
in secoli, dove non si sente gridare perchè qui non è arrivato lo stress, dove
tutta la comunità si riunisce attorno alla nascita di una nuova vita, che
celebra ogni situazione significativa di qualsiasi famiglia.
E poi il paesaggio, i
tramonti, la bellezza straordinaria di una natura selvaggia….davvero tutti i
villaggi ai margini del grande fiume San Juan erano degni di un’ opera d’arte (vedi foto).
I tramonti giocavano con le case, gli
alberi, l’acqua del fiume e l’azzurro del cielo. Nella seconda comunità
visitata, la di Unión Balsalito, un villaggio molto più grande e ben
organizzato, sono riuscito a cogliere uno dei riflessi del sole più belli che
abbia visto in vita mia (vedi foto).
Insomma, l’esperienza sì valeva la pena
di essere vissuta e spero che in queste poche righe abbiate potuto capire
qualcosa della bellezza, della forza e della gratuità di questo meraviglioso
paese.
Certo, ci sono anche alcuni problemi gravi che ho tralasciato, per far risaltare, una volta tanto, tutto lo positivo della Colombia che vuole la pace, lotta per la vita e sogna con una maggiore giustizia. Vi chiedo umilmente il favore di ricordare nelle vostre preghiere tutti i bambini e bambine Wounnan incontrati, affinchè possano avere un futuro migliore di quello che si prevede per molti di loro.
Coraggio, amiche e amici, camminiamo
insieme all’incontro dell’Uomo, perchè la completa realizzazione umana è
riflesso della volontà divina, è costruzione del Regno già qui, nel nostro
piccolo mondo.
Simone hsimonebau@yahoo.it