CAMINANDO
Lima, 28 marzo 2005
VII
settimana
“Siate misericordiosi come è
misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36)
Vivere la misericordia come
prassi quotidiana di speranza. E’ una buona
sfida per liberare il cuore e la mente da
ciò che non serve per seguire e mettere in
pratica il Vangelo. Di ritorno da Chorrillos,
in una delle tante combi (trasporto
pubblico locale) sono stato partecipe,
involontariamente, di una riflessione tra
padre e figlia. Il padre,
ommentando la malattia di un loro parente,
quasi sconsolato, si sfogò con la figlia
dicendo:”La vida non vale nada. Oggi
ci sei e domani chi lo sa... come si fa a
vivere così…”. La figlia riprese il babbo
dicendogli: “No papà! Non puoi dire che la
vita non vale niente. Non è vero. Le persone
valgono e le poche cose che abbiamo valgono
nella misura che gli diamo valore. Noi non
siamo cose… e ti voglio tanto bene papà”.
Lì, in un mezzo pubblico dove tutto è
talmente pubblico, anche le riflessioni più
intime, si è consumata una delle migliaia di
storie di misericordia che costruiscono un
futuro diverso. Ma non è così facile per
Paty e Boris. Una giovane coppia
che da poche settimane hanno avuto la gioia
di un figlio. Lui, padre divorziato con due
figli, lei il piccolo che deve accudire e
crescere. Ma il problema è dove vivere e
come diventare madre di altri figli che non
sono suoi. Può essere un collegio internato
la soluzione? Si può affidare ad una terza
persona la crescita quotidiana ed educativa
di due figli già grandi? Come vivere la
misericordia attiva in questo contesto? E se
è vero che l’Amore trasforma tutto (e lo
credo), non sempre è facile da far capire ad
una giovane coppia che la paternità e la
maternità ci supera e ci fa essere più
universali… e intanto il tempo passa e i due
piccoli son sempre più soli.
E’ una solitudine che si allarga
alle zone marginali di Lima. Una solitudine
che si manifesta con il non interesse per
permettere agli abitanti di avere almeno le
minime strutture sociali per una crescita
integrale: scuola, pronto soccorso, e altro.
Parlo della Tablada (in castellano ha
due significati: impalcatura o luogo dove si
riunisce e si seleziona il bestiame per il
macello). Lì vive Gianni, Nancy e i loro 4
piccoli. Hanno creato una piccola ONG
che cerca di andare al passo della gente.
Sono sorte 3 piccole sale per l’aiuto
scolastico, una biblioteca per i ragazzi e
ora si organizzano per progetti di
microfinanza. E’ diventata meta obbligatoria
per molte persone che scelgono il turismo
responsabile qui in Perù: c’è una casa che
li accoglie e la possibilità di dare una
mano alla casa di accoglienza per bambine
abbandonate che hanno trovato in Daniela
e Maruja (le vicine di casa di
Gianni) le nuove mamme. E la vita grida,
esplode di voglia di vivere.
E così ci siamo regalati 3
giorni di visita a Marcarà (Huaraz –
sette ore di viaggio) dove da qualche mese
una coppia di amici italiani stanno portando
avanti il progetto specifico di formazione
di guide andine promossa dal Mato Grosso. Le
proposte sono molte: dai laboratori di
falegnameria, vere scuole d’arte,
all’oratorio come modo pastorale di
aggregare i giovani. Per noi era importante
ritrovarci dopo nove anni… molta storia è
passata e neppure una notte è bastata per
condividere i preziosi passi che il Dio
della misericordia ha fatto nelle nostre
vite. Niente è impossibile all’uomo e alla
donna che confidano nella sua provvidenza
VIII
settimana
“Llahtakunah atipayninwanqa, tihsimuyuta
kuyuchisunchismi”
- con
il potere dei popoli muoveremo il mondo -
E’ proprio vero che con il
potere dei popoli muoveremo il mondo. L’ha
testimoniato il grande movimento di Porto
Alegre (Brasile) dove, nell’ultima
settimana di febbraio, si son dati
appuntamento migliaia di persone. Tra loro
175 specialisti e osservatori arrivati dai
cinque continenti che per 5 giorni hanno
confrontato gli orientamenti teologici e
affermato il proprio impegno nel continuare
a fondamentale teologicamente la speranza
nella possibilità di un mondo altro,
diverso, più umano. In un primo momento,
grazie all’analisi del sociologo Boaventura
de Sousa, si presentò il bilancio dello
stato attuale del mondo d’oggi invitando ad
approfondire tre punti chiave: i nuovi
luoghi teologici, i nuovi soggetti
emergenti e la metodologia della
liberazione. Successivamente vari
teologi si sono confrontati su vari temi: il
linguaggio e l’immagine di Dio; Dio e le
tradizioni etico-culturali e al
globalizzazione; una religione per un nuovo
mondo; religione e mercato; il Dio di tutti
i nomi e il dialogo interreligioso. Non mi
dilungo, per chi volesse approfondire il
tema può consultarlo in
www.pucrs.br/pastoral/fmtl . Solo un
pensiero: la gioia di sentire che migliaia
di persone in questo mondo desiderano
impegnarsi per una vita in pienezza dove il
bello, il buono e il giusto possano essere
il filo conduttore di ogni etica. E mentre
in Brasile di “consumava” Porto Alegre, Lima
ha ospitato, attraverso l’EDUCA
(Educazione per la pace e lo sviluppo) un
seminario internazionale dal titolo: “Costruendo
un domani migliore con scuola e la comunità”.
Rappresentanti dei 5 continenti hanno
condiviso le loro esperienze di lotte
nonviolente attraverso percorsi educativi
rinnovati e comunitari. Alcune brevi
riflessioni riprese dai vari interventi: “le
nostre città devono diventare spazi
educativi, esiste una pedagogia della città:
dalla piazza alla scuola, dai giardini
pubblici alle case private”; “tutti siamo
maestri e tutti siamo alunni perché sempre
ci sono persone che sanno qualcosa che gli
altri non sanno”; “per costruire una società
di pace dobbiamo smilitarizzare le nostre
coscienze e fermare ogni commercio indebito
di strumenti di morte”; “dobbiamo avere il
coraggio di uscire dalla metodologia di
insegnamento dall’alto dove gli “scolari”
diventano piccoli segretari di ciò che
l’insegnante dice; per cambiare il luogo
dove si fa la storia del domani, abbiamo
bisogno di investire in un’educazione capace
di formare soggetti critici e persone,
uomini e donne che desiderano impegnarsi per
far esplodere la speranza”.
La speranza in questa settimana
ha avuto il colore meticcio della signora
Paula Santos, mamma di un comboniano che
lavora in Cina. Siamo andati a trovarla in
ospedale. Inchiodata al letto per non aver
potuto prevenire la diffusione del tumore al
seno, manifestava il suo desiderio di
tornare a casa, dalle sue piccole perché la
vita deve continuare con forza. Abbiamo
pregato insieme e con gioia ha ricevuto
l’unzione degli infermi. Una settimana dopo
è volata in paradiso… sì, il buon Padre ha
preferito chiamarla a se dopo che p. Carlos
fece a tempo a stare con lei almeno due
giorni. Al funerale eravamo 15 comboniani e
molta gente; la gente di “sempre”: i vicini,
coloro che la conoscevano e che ricordavano
il sorriso persistente di chi lotta per
avere una famiglia degna di essere felice.
Grazie mamma Paula: abbiamo un angelo in
più… ed è meticcio!
Come meticcio è il volto di Ugo
che desidera incontrare amici per non
sentirsi mangiato dalla solitudine. Suo
padre l’ha abbandonato quando aveva 10 anni
e l’ha perdonato. Ora vive con sua madre che
lavora tutto il giorno per permettegli di
continuare i suoi studi di medicina di cui è
veramente innamorato. Ugo è molto
intelligente e nell’ora che abbiamo
condiviso ha manifestato la sua passione per
la medicina. Mi ha prestato una cassetta di
musica folklorica… ogni sera l’ascolto con
gioia per rompere la sua solitudine e con la
certezza che i veri amici di Dio sono coloro
che si abbandonano con fiducia alla ricerca
della Vita. Forza caro Ugo, che non sei più
solo!
IX
settimana
“non
ci ardeva forse il cuore?”
La settimana è
stata caratterizzata da avvenimenti
inaspettati e costruttivi. Il primo la
visita all’assemblea diocesana di Tarma
(sierra central). Sono stato invitato a
condividere una riflessione di formazione:
eucarestia e Chiesa missionaria.
L’icona biblica di filo conduttore è stata
quella dei discepoli di Emmaus che ci
ricordano alcuni aspetti della vita
cristiana: l’incontro con Gesù avviene nello
stesso giorno della Resurrezione; recuperare
il valore di essere comunità itinerante nel
quotidiano (stavano ritornando a casa, al
loro lavoro, alla loro quotidianità); gioire
per la liberazione della condivisione; saper
vedere il volto di Gesù risorto nel “non
conosciuto” che cammina con noi; avere il
coraggio di invitare alla mensa; celebrare
per vivere e rinnovare l’Amore; recuperare
l’ardore del cuore per ritornare a
Gerusalemme e annunciare che la Vita cambia
nello spezzare il pane, il tempo e i beni.
La Chiesa, il Popolo di Dio che non sa
rimettersi in cammino per annunciare fuori
dai propri confini la potenza della Nuova
Vita nel Risorto non può credersi Chiesa di
Gesù, Comunità itinerante. E, a proposito,
la conferenza del CELAM svoltasi a Medellin
(1968) l’aveva giustamente sottolineato:”
Essere una Chiesa autenticamente povera,
missionaria e pasquale, slegata da ogni
potere temporale e animosamente impegnata
nella liberazione di ogni essere umano e di
tutta l’umanità” (M 5,15a).
E questa profezia
l’ho vista nella forza dei catechisti
rurali della prelatura di Huamachuco
riuniti nella parrocchia di Sanagoràn per
preparare il triduo pasquale. Huamachuco fa
42.590 abitanti ed è situata al nord del
Perù: da Lima si raggiunge con 8 ore in bus
fino a Trujillo e da lì altre 5 ore in
macchina. E’ una regione dove un terzo della
popolazione vive nella zona rurale. Le
famiglie sono contadine con un promedio di 5
membri. L’ingresso delle attività agricole
non supera i 900 dollari annuali e questo è
uno dei motivi dell’emigrazione. Alcuni dei
catechisti rurali hanno camminato 7 ore per
essere presenti alle giornate di formazione.
La parrocchia di Sanagoràn ha come parroco
un italiano (Mario) sposato con due figli.
Con sua moglie, oltre ad accompagnare le
attività pastorali della comunità, hanno
preso a cuore la scolarizzazione dei figli
dei contadini e dei ragazzi lavoratori
rurali che, per un motivo o altro, non
possono seguire la scuola ogni giorno. Per
questo hanno aperto la casa “Marcellino
pane e vino”. Una casa di accoglienza e
di scolarizzazione aperta quando Mario
adottò un piccolo orfano (da lì il nome:
ricordando quel famoso Marcellino,
protagonista di un vecchio film italiano,
che venne preso in custodia dalla comunità
di frati). Le maestre della scuola sono le
“zie” e le classi sono chiamate “comunità”.
Ho respirato aria milaniana e metodologia
educativa freiriana e, dopo aver sentito il
loro parere, cercheremo di presentare il
tutto al Centro di Documentazione don Milani
di Vicchio e ad altri amici. In questi mesi
un diacono comboniano, Daniele Z. che a
maggio ritonerà in Italia per seguire il
cammino dei giovani, sta accompagnando le
varie comunità insieme ad un equipe di
catechisti della zona periferica di Lima che
hanno dato la loro disponibilità alla
missione in Huamachuco. Con Daniele stavamo
riflettendo sulla bellezza di un vangelo
campesino e sulla forza dei catechisti
rurali che sanno a malapena leggere bene ma
che portano e conservano una fede che si fa
vita. Guardavo i loro piedi consumati dal
cammino e dal lavoro della terra; i loro
corpi ricurvi coperti da ponchos e protetti
da un sombrero di paglia; ascoltavo le loro
storie violentate dalla violenza e dalle
uccisioni degli anni di sangue… “come sono
belli, o Padre, i passi di chi annuncia la
pace”… come siamo ancora lontani
dall’innocenza evangelica e da quell’opzione
fondamentale che ci fa prendere parte attiva
dei sogni e dalle speranze dell’umanità
camminante.
X
settimana
“ed
essi non comprendevano”
“colui che mi ha inviato – dice Gesù –
è con me e non mi abbandona, perché
faccio sempre ciò che desidera”
Queste parole hanno risuonato in me in un
modo nuovo. Il giorno 15 marzo 2005,
dedicato a San Giuseppe e alla memoria della
nascita di San Daniele Comboni, il consiglio
provinciale, riunito a Trujillo, aveva come
punto dell’agenda anche la mia destinazione.
Nonostante la lunga chiacchierata, intuì il
consenso della loro decisione nei miei
confronti: Santiago de Chile, nella
parrocchia “Maria Misionera” di Renca… e
così, il 24 marzo, ricordando i 25°
anniversario di mons. Romero, giunse la
conferma ufficiale. Riparto… non è per nulla
facile accettare, per obbedienza e per
amore, una proposta che non si desiderava.
Non si comprende facilmente. Fare Pasqua
nella propria vita, è saper rinascere
dall’alto con semplicità e distacco sano dai
propri progetti personali che possono
nascondere o fermare la grande forza
dell’utopia di Dio. Credo che mi aspetterà
un duro lavoro nella nuova realtà di 40.000
persone che vivono in 2km per 1 e con p.
Nelson, il confratello cileno con il quale
condivideremo questa sfida di periferia
urbana, cercheremo di essere fratelli e
parte del nuovo popolo di Dio a cui Lui ci
invia. Vi chiedo di accompagnarci con
semplicità e attesa… del resto sono gli
stessi sentimenti che ebbe Gesù con i due
discepoli di Emmaus.
Questa certezza di speranza
sempre attiva l’ho potuta respirare
nell’incontro ristretto tenuto con p.
Gustavo. La riflessione fatta con il piccolo
gruppo di giovanieteologia, portava
come titolo POVERTA’ e TEOLOGIA. L’invito fu
chiaro: la povertà come sfida alla fede.
Dopo una breve presentazione della ragione
d’esistere e del significato della teologia,
p. Gustavo fece memoria del percorso che lui
stesso visse in Medellin (1968) e la sua
continuità in Puebla (1979). L’irruzione dei
poveri nella Teologia ha agitato parecchie
persone ed ha aperto molte critiche, ma allo
stesso tempo la sfida è stata assunta e vi
sono bellissime esperienze evangeliche di
impegno e di testimonianza. Il nostro modo
di vedere la povertà solo dal punto di vista
economico tradisce il cuore della
riflessione che la OPZIONE PREFERENZIALE PER
I POVERI ha aperto. La povertà è molto più
antica della modernità e sconcerta sempre.
Le comunità, che si dicono cristiane, devono
essere coscienti che oggi più che mai è
importante riflettere insieme e agire per
essere fedeli a nostro Signore. Urge
riconfermare la nostra OPZIONE (non è
solo solidarietà con il povero ma anche
rifiuto delle cause della povertà) –
PREFERENZIALE (da intendersi solo in
relazione all’universalità dell’amore di
Dio; è il suo amore che viene prima, che fa
preferenza; è un’attenzione privilegiata che
Dio ha; è la ragione ultima) – PER I
POVERI (la povertà è un male; camminare
con le persone considerate “insignificanti”
ci insegna a scoprire cosa significa porre
la propria vita nelle mani di Dio).
Bisogna amare come Dio ama e
riconfermare la nostra opzione preferenziale
(e personale) per i poveri; dobbiamo essere
in continuo cammino di “innocenza
spirituale” che si avvicina all’opzione
di Dio che è quella di amare. Ringrazio di
cuore p. Gustavo per la semplicità con cui
ha condiviso con noi il suo amore e anche i
molti dettagli sconosciuti del suo percorso
personale. Prezioso testimone di
Dio.
XI
settimana
E così son partito per Huarin (a tre ore da
Huanuco – sierra central) per celebrare la
settimana santa con un pueblo che da
anni non celebrava con un sacerdote. Molte
le emozioni e le celebrazioni condivise con
le tre laiche comboniane che stanno
iniziando il loro triennio di servizio
missionario (due sono messicane e una
peruviana). Abbiamo condiviso il giovedì
santo invitando il sindaco non solo a
lasciarsi lavare i piedi, ma anche a lavarli
ai suoi cittadini: una eucarestia vissuta e
condivisa nel segno e nella continuità di
Gesù. Mancava solo il tenero e intenso
profumo del nardo di Gerusalemme per
coronare il gesto… e poi la riposizione del
santissimo in un altare coperto con tutti i
prodotti agricoli che la madre terra dona ai
suoi campesinos: un’esplosione di
colore, di richieste, di fiori… con le
nostre donne che accendevano le loro candele
per adorare quel corpo spezzato per noi e
che cantavano in quechua il loro
desiderio di “fare compagnia” a Gesù. Un
canto che si è prolungato con la via crucis
popolare notturna del venerdì santo
per le strade del paese. Una via crucis
durata fino alle 4 del mattino tra nenie e
canti che risalgono, a mio avviso, al sec.
XVII°. Esserci per riscoprire insieme il
Vangelo e celebrarlo nella memoria della
cruce di Gesù. Ricordare il venerdì santo in
un paese dove Sendero Luminoso fece le sue
vittime, è riportare la forza della
nonviolenza e della riconciliazione che Gesù
ha offerto a tutti: sempre c’è un domani
migliore e la resurrezione è la reazione di
Dio all’azione violenta degli uomini. La
VITA, che esplode il sabato santo,
vince la morte e il celebrarla nella vigilia
anticipata dalla benedizione del fuoco e
dalla potenza delle decine di candele che
rompevano il buio della chiesa, da un sapore
di casa universale, di amore condiviso, di
gioia inattesa. Penso a quella gioia che il
popolo di Israele ha provato dopo
l’attraversata del Mar Rosso… una gioia
esplosa nel bellissimo canto intonato da
Miriam e che a 3.500m, la domenica di pasqua
dopo l’eucarestia comunitaria, è diventato
una danza di qualche ora per le strade
principali del paese di Huarin.
XII
settimana
E così, gioioso per un regalo pasquale in
più e in attesa di celebrare l’ordinazione
episcopale del confratello messicano p.Jaime
Rodriguez, condivido la preghiera “Costruendo
la Chiesa del domani” di mons. Oscar
Romero:
“ A volte ci aiuta saper retrocedere per
guardare più lontano. Il Regno non è più in
là dei nostri sforzi, si incontra piuttosto
più in là della nostra visione. Nella nostra
vita realizziamo solo una piccola frazione
della grandiosa Impresa che è l’opera di
Dio. Niente di ciò che facciamo è completo,
ed è un modo di dire che il Regno si trova
sempre più in là di noi stessi. Nessun
discorso dice tutto ciò che si potrebbe
dire. Nessuna preghiera manifesta pienamente
la nostra fede. Nessuna confessione porta la
perfezione. Nessuna visita pastorale compie
tutto. Nessun programma termina la missione
della Chiesa. Nessuna relazione e
programmazione di obiettivi raggiunge tutto
e tutti. Questo è il nostro compito.
Piantiamo semi che un giorno cresceranno.
Innaffiamo le sementi già piantate sapendo
che portano con se una promessa futura.
Poniamo fondamenta che richiederanno maggior
sviluppo. Proviamo il lievito che produce
molto di più delle nostre capacità. Non
possiamo fare tutto, e c’è un senso di
liberazione quando lo comprendiamo. Questo
ci permette di fare qualcosa, e farlo molto
bene. Può essere incompleto, però è
l’inizio, un passo nel cammino,
un’opportunità perché la grazia di Dio entri
e faccia il resto: non vedremo mai i
risultati finali, però questa è la
differenza tra il maestro d’opera e i
muratori. Noi siamo muratori, non maestri;
ministri, non messia. Siamo profeti di un
futuro che non è nostro”. Amen.
Buon camino
p.mosè
PS: ecco il mio nuovo
indirizzo
p.Mosè Mora
Misioneros Combonianos
Calle Compania, 2229
casilla 25010 c.25
SANTIAGO
Chile
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