Carissimi,
Mai
come quest’anno le parole di Isaia risuonano piu’ gravi
che mai in questa nazione in guerra che manda i suoi figli
piu’ poveri e disperati - da loro infatti e’ formata la
maggior parte dell’esercito americano - ad uccidere altri
diseredati. Ma e’ comunque Natale anche se l’utopia
della pace, il sogno di Isaia, il sogno di Dio faticano
ancora a diventare realta’.
Nonostantre tutto, ancora una volta, inebriato
d’amore il Figlio di Dio si fa carne, diventa uno di noi,
si incarna povero, discriminato, immigrato, perseguitato...
Ancora una volta l’amore non cede alla disperazione, la
passione si rinnova, la vita rinasce, si incarna ancora ed
ancora...
Sembra
strano ma anche
nel nostro quartiere e nel nostro centro, il Peace Corner,
sta arrivando Natale. Certo non e’ il Natale delle luci
sfavillanti ne’ quello dei negozi che rigurgitano regali,
ma anche per noi e’ Natale.
E’
il mio primo Natale vissuto nel ghetto, dal di dentro. Ed
e’ stupendo vivere la grazia di poter condividere con i
piu’ poveri ed abbandonati la nascita del Salvatore del
mondo. E’ un privilegio grande, che non merito, quello di
celebrare Natale con questi giovani. Certo noi sentiremo
solo da lontano l’eco di canti solenni e stupendi, vivremo
solo di riflesso la solennita’ di liturgie profonde e
eleganti, ma celebreremo Natale anche qui, nel ghetto Ovest
di Chicago, magari in pochi senza troppi canti e senza
grande solennita’, ma anche noi celebreremo la vita,
faremo Natale. Anche noi accoglieremo, come ogni ogni
giorno, il Dio della vita, il bambino nato povero, discriminato e apparentemente senza
futuro. E
ancora una volta questi giovani potranno identificarsi con
questo Dio-bambino che nasce nel ghetto di Betlemme e in
ogni ghetto dimenticato del mondo di oggi.
Qui
nel ghetto Natale e’ diverso. Certo l’atmosfera non
aiuta: non ci sono luci, solo il riflesso dei lampeggianti
della polizia e delle ambulanze con il loro fischio acuto
che rompe la notte, anche quella piu’ sacra...
Natale
nel nostro ghetto parla di giovani infreddoliti agli angoli
delle strade, anche la notte della Vigilia, a vendere droga
per procurarsi pochi dollari fantasticando un Natale almeno
apparentemente normale. E con quei pochi soldi, frutto di
illegalita’ istituzionalizzata, qualcuno comprera’ un
regalo alla sua mamma bambina o scarpe nuove al fratellino.
(E’ leggenda urbana il pensare che i ragazzi che vendono
droga qui in America si arricichiscono: una notte sulle
strade, sfidando le bande rivali e la polizia, frutta in
meda 10-15 dollari...)
Natale
qui da noi e’ anche questo: poverta’ che si accentua
ancora di piu’ in crudo contrasto con gli alberi
illuminati a giorno del centro citta’.
E
l’altare della vigilia della notte piu’ sacra e’ per
per molti la fredda panca del tribunale che funziona a pieno
ritmo anche il 24 dicembre.. . e la preghiera sussurata
nascondendosi il volto: “Ti prego Dio, non in prigione il
giorno di Natale”.
Natale
e’ sacro anche qui, piu’ sacro che mai, sacro perche’
sacri presepi sono le case fatiscenti e senza riscaldamento
del ghetto dove i poveri Cristi di oggi, neri e dimenticati,
nascono e crescono. Natale e’ sacro davvero qui nel
ghetto, presepe tutto l’anno, luogo dove il Figlio di Dio
ha posto la sua tenda tra i suoi fratelli e sorelle
dimenticati da noi ma non dal Dio che si fa carne.
- Natale e’ davvero sacro qui nel nostro ghetto buio e violento per le
paure e i dubbi di Marquin che anche a Natale vaghera’ per
le strade in cerca di un posto caldo, a 17 anni.
- Natale e’ fatto sacro per le lacrime di rabbia di Jigg quando
riaccompagera’ in casa la mamma ubriaca d’alcool e di
disperazione e l’ascoltera’ per ore ripetere sempre le
stesse cose...
- Natale diventa sacro per le sofferenze, la rabbia, l’angoscia e la
disperazione di tanti giovani per cui Natale e’ un giorno
come un altro, fatto di droga, violenza, e di morte lenta,
quotidiana, quasi inevitabile.
- Natale e’ sacro qui nel ghetto per il silenzioso dolore di miriadi di
giovani AfroAmericani che la piaga silenziosa dell’AIDS
uccide a centinaia, ogni settimana, nel silenzio di una
societa’ puritana e fatta di apparenza che tenta di tenere
nascosto il flagello troppo vergognoso e imbarazzante per
chi si ritiene “La nazione piu’ importante del mondo”.
AIDS che uccide nell’indifferenza di istituzioni e chiese
troppo superbe e distaccate dalla realta’ per comprenderne
la portata e la sofferenza. Chiese e istituzioni ancora
troppo “Bianche” e
ricche, per capire la
sofferenza di poveri neri e immigrati. Societa’ e chiese
ancora troppo attente e devote ai ricchi sobborghi per
accorgersi dei diseredati dei ghetti: gente che non puo’
permettersi costose elemosine...
Ma e’ Natale, vita che nasce, che ri-nasce anche per noi qui nel nostro
piccolo Peace Corner, il centro per ragazzi di strada nel
cuore del ghetto.
E’ vita che ri-nasce negli occhi e nelle speranze dei 12 giovani, tutti
membri di bande, che frequentano ogni giorno la nostra
scuola serale per il diploma di scuola dell’obbligo. E’
Natale nei piccoli-grandi sogni dei giovani che fanno parte
del corso di avviamento al lavoro. Per pochi soldi puliscono
i vetri e i giardini nei sobborghi. I soldi sono davvero
pochi, ma sono onesti, e finalmente Reese, Quin e Daniel
ritornano a sognare: sognano di trovare lavoro...
E’ Natale e qui, nel nostro ghetto, le spade si sono trasformate in
aratri, le pistole, in libri di testo, i coltelli in
utensili per la pulizia, la droga in speranza di pace.
Davvero le parole della profezia di Isaia risuonano vere qui
nel ghetto.
Natale: la speranza ri-nasce, nasce di nuovo per l’esempio e l’amore dei
nostri insegnanti, giovani volontari dalla Loyola
University, che ogni sera sfidano gli stereotipi del ghetto
per venire ad insegnare qui da noi. Natale nell’orgoglio
giustificato e meritato di chi fino a pochi mesi fa faceva
fatica a leggere mentre adesso scrive articoli pieni di
saggezza per il nostro neonato giornalino. E’ Natale per
chi finalmente ha deciso di tornare a scuola.
E’ Natale perche’ in molti ormai chiedono di celebrare liturgicamente e
religiosamente il “Nostro” Natale anche qui al centro:
“come si fa in chiesa.” E’ il miracolo della vita e della
speranza. Natale
e’ vero, autentico, Sacro anche qui nel ghetto
Ovest di Chicago, nel nostro Peace Corner.
E’
Natale e la vita ritorna a fiorire negli occhi e nel sorriso
di chi non sapeva piu’ sorridere. Nei piccoli gesti
d’amore e di attenzione di tanti che stanno imparando a
perdonare, di chi apprezza la vita, non perche’ ricca e
che non manca di nulla ma perche’ apprezza le piccole
gioie di grandi conquiste quotidiane.
E allora a tutti: “Buon Natale dal ghetto di Chicago”. Buon Natale da
questo luogo dimenticato ma per questo privilegiato per
vivere il Natale di Dio. Buon Natale da questo luogo di
missione dove vengo evangelizzato ogni giorno. Buon Natale
da questo luogo di purificazione e di svuotamento, di “kenosis”,
da tutto cio’ che impedsce al Natale di essere vera
manifestazione del Dio della vita, manifestazione del il Dio
che si fa uomo per incontrarci nella nostra umanita’ e
farla diventare divina.
Buon Natale da Joseph, Richard, Daniel, Maurice, Quin, Jigg, Terrel, Chris e
da tutti i piccoli miracoli di vita e di pace che sono i
giovani del Peace Corner. Buon Natale anche da tutti i
giovani che ancora non sanno sognare, che ancora fanno della
violenza e della rabbia la loro regola di vita, da chi non
conosce pace, da chi ancora fatica a ri-scoprire la vita. Il
nostro cuore e le nostre preghiere qui al Peace Corner sono
per loro: per chi non conosce ancora il nostro centro, per
tutti coloro – e sono tantissimi- che ancora fanno della
strada la loro dimora, per chi fatica ad abbracciare la
vita.
E Buon Natale anche da me, missionario privilegiato e testimone inadeguato
del Dio della vita. Non posso che ringraziare per questa
meravigliosa e dura esperienza alla scuola dei poveri, degli
ultimi, maestri pazienti e autentiche immagini del Dio che
si fa carne.
Camminiamo insieme nella notte piu’ sacra, ricordiamoci al Dio della vita,
celebriamo la nascita del Dio con noi, facciamo Natale
insieme, portiamoci nel cuore e nelle preghiere.
Maurizio |
p.
Maurizio Binaghi
Missionario
comboniano dopo aver svolto un periodo di servizio in
Italia (Brescia)
è
stato destinato come missionario negli Stati Uniti.
Oggi lavora nella periferia di Chicago con i giovani
esclusi. |
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