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La sfida colombiana

Cosa succede in un paese troppo spesso dimenticato

fonte www.adista.it
Mensajero gennaio 2004

LA SFIDA COLOMBIANA
di Javier Castillo, sj

 

Nell'era della globalizzazione e dell'assenza di limiti per l'informazione immediata su quello che accade nei più reconditi luoghi del mondo, vi invito a collocare la lente d'ingrandimento ed ampliare lo zoom verso l'angolo nordest dell'America Latina: una terra che potrebbe evocare la visione romantica del paradiso terrestre per la sua grandezza, bellezza, varietà di clima, coltivazioni e fauna. Un angolo di mondo bagnato da due grandi oceani, il Pacifico e l'Atlantico; irrigato al suo interno da un sistema fluviale di grande proporzioni; con la topografia esuberante delle Ande; un angolo in cui la laboriosità dei suoi popoli, l'allegria contraddistinta dalla diversità del suo folklore, la spontaneità, l'attaccamento ai valori ancestrali non ha permesso alla lunga notte che vive già da cinque decadi di indebolire la sua speranza e i desideri di una nuova alba. Questo angolo di mondo è la Colombia, la mia patria.


Nonostante le ombre di morte…
Certamente, negli ultimi anni il panorama della Colombia non è il migliore nonostante i diversi tentativi fatti, credo in buona fede, per ridurre gli effetti nocivi di un'economia di mercato che impoverisce ogni giorno centinaia di migliaia di persone, di una politica che ogni giorno è più lontana dal popolo e di un conflitto fratricida che dissangua migliaia di famiglie. Vorrei enunciare le cinque cause che, a mio giudizio, illustrano con più precisione la situazione della Colombia.


Il conflitto
Sebbene le guerriglie di sinistra più note, le Forze armate rivoluzionarie (Farc) e l'Esercito di Liberazione Nazionale (Eln), sorgano negli anni Sessanta, il germe della violenza affonda le sue radici nella violenza politica degli anni Cinquanta, e più concretamente nell'assassinio del caudillo liberal popolare Jorge Eliécer Gaitán, il 9 aprile del 1948, che dà origine ad un matrimonio non molto buono tra violenza e politica, che ha tinto di sangue la patria.
Il maggiore esponente di questa violenza di tipo partitico potrebbe essere il mitico Guadalupe Salcedo, che ha diretto la guerriglia liberale delle Pianure Orientali. Le guerriglie di sinistra fanno la loro comparsa negli anni '60 accompagnate da un'ideologia di rivendicazione dei diritti dei contadini e dei poveri della nazione, violati dalle élites economiche. Il loro discorso era fortemente sociale: a partire dall'utopia di un mondo di uguaglianza tra tutti gli esseri umani.
Oggi, a mio giudizio, il panorama è un tantino diverso. L'incursione nelle file rivoluzionarie dell'economia sotterranea del narcotraffico le ha fatte passare da un discorso sociale ad uno economico, bollato come terrorista da gran parte dell'opinione pubblica. Vale a dire, carente del minimo senso dell'etica e della ricerca dei grandi ideali di giustizia sociale. A questo esercito della sinistra si aggiunge quello della destra dei paramilitari, che pretende di salvare la Colombia partendo dalla propria logica antisovversiva, ma con costi giganteschi di vite, terrore e distruzione. I paramilitari hanno scelto la strategia di "togliere l'acqua al pesce", cioè, attaccare la base sociale della guerriglia che di solito è il popolo semplice. È così che i massacri di innocenti, le delazioni, le liste nere hanno cominciato ad abbondare instaurando un regime di terrore senza precedenti. Fra tutti e tre questi eserciti irregolari potremmo contare circa 40mila uomini in armi.


Strutture di esclusione
La terra propizia per seminare i movimenti insurrezionali è stata l'esclusione. Potrei segnalare tre tipi di esclusione che delineano l'assetto della res publica in Colombia.
L'esclusione politica. Dopo la violenza politica, i leader dei partiti tradizionali (conservatore e liberale), come strategia per ottenere la pace, si sono accordati nel dare vita al Fronte nazionale che ha ruotato la gestione del governo tra questi due partiti per sedici anni. Questo meccanismo ha canonizzato il bipartitismo politico, bloccando qualsiasi possibilità per movimenti alternativi. La guerriglia, tramite la pressione delle armi, oltre alle rivendicazioni economiche, cercava anche alternative di partecipazione. Oggi, dopo tanti anni, appare un segno che potrebbe essere rilevante: l'elezione di Luís Eduardo Garzón, membro della sinistra democratica, a sindaco di Bogotà, la seconda carica della nazione.
La seconda struttura di esclusione è quella socioeconomica. Il Paese è potenzialmente uno dei più ricchi dell'America Latina per lo sviluppo dell'agricoltura, dell'allevamento, dei boschi, dell'industria, ecc. Tuttavia, in mezzo a tanta ricchezza, il 65% degli abitanti vive al di sotto dell'indice di povertà. Significa che le loro necessità primarie come l'educazione, l'alimentazione, la casa, la salute e il vestiario sono insoddisfacenti e non permettono lo sviluppo di una vita dignitosa per tutti. Questo indice è molto più alto nelle comunità rurali, a causa della forte concentrazione delle terre produttive e all'assenza di strutture di sviluppo sociale (strade, energia, acqua potabile, rete fognaria, ecc.). È incredibile che un Paese dalla vocazione agricola debba importare sette milioni e mezzo di tonnellate di alimenti l'anno quando in altri tempi, soddisfatta la domanda interna, riusciva anche ad esportare.
La terza esclusione è quella determinata dal centralismo che non permette di far emergere le regioni con le proprie particolarità etniche, geografiche e politiche. La Colombia è un Paese diversificato, con molte regioni, tuttavia tutte le direttive e le decisioni si amministrano e si prendono dal centro.


Il narcotraffico
È forse uno dei problemi più gravi, e quello per cui la Colombia detiene il suo marchio di infamia nel concerto delle nazioni. L'incursione del narcotraffico non solo ha colpito l'economia e la sicurezza, ma anche il sistema di valori di una buona parte dei colombiani. La Chiesa per secoli ha predicato l'onestà, la solidarietà, il primato dell'essere sull'avere, tuttavia, i mercanti di morte in meno di dieci anni sono riusciti a cambiare il sistema di valori incuneando la legge tacita che ha successo colui che possiede, anche a costo della morte dei suoi simili. A livello economico la questione è più drammatica poiché i suoi profitti fanno crollare il buon senso di più di uno.
Nel 2000 il mercato della droga muoveva nel mondo circa cinque miliardi di dollari e questo richiedeva avere circa 163mila ettari seminati a coca per soddisfare la domanda degli Stati Uniti di 80 tonnellate l'anno. Questa economia sotterranea ha permeato la politica, l'economia, le forze armate e la polizia il che ha implicato tutta una corsa alla depurazione non sempre facile. Credo che questo problema non sia solo della Colombia e questo sì che dovrebbe essere globalizzato, infatti fino a quando ci sarà un consumo dell'ampiezza di quello che abbiamo oggi, ci sarà una produzione che lo soddisferà. È una semplice questione di domanda ed offerta.
Ci sarebbero altre due cause, non meno importanti, che mi limito ad enunciare. La tendenza a modernizzare senza democratizzare, cioè a dare soluzioni legali a problemi reali. Si confonde la funzione di governare con quella di legiferare. L'ultima causa è la perdita della fiducia come valore sociale che ci ha portato a vedere nell'altro un potenziale nemico.
Questo panorama oscuro appare illuminato da bagliori di luce che si convertono in ragione ed incitamento per quanti continuiamo a sognare un nuovo giorno e una nuova Colombia che, come l'Araba Fenice, rinasca dalle proprie ceneri. Uno degli impegni che anima l'azione di questa pleiade di sognatori è l'impegno per la pace.


…una nuova alba è possibile
La Compagnia di Gesù in Colombia si è impegnata nella speranza e con le sue opere sociali intende dare il suo apporto alla costruzione del sogno di pace.
Nonostante stia navigando con i venti contrari, continua a lottare ostinatamente per il rafforzamento di una nuova società dove tutti e tutte siamo compresi. Ci accompagna la convinzione che il lavoro con i più poveri porterà nuovi venti di pace nella nazione.
È un lavoro lento e silenzioso che genera processi di empowerment delle persone perché esercitino la propria cittadinanza come soggetti di diritti in grado di interagire con lo Stato e le singole parti da uguale ad uguale e non all'interno di un sistema di servilismo e tangenti che ha caratterizzato il dialogo nella nostra patria. È un lavoro lento e silenzioso che rompe le strutture di esclusione, promovendo l'ampia partecipazione della comunità con criteri di equità di genere e generazionali. È un lavoro lento e silenzioso che va generando processi di recupero dei valori, pratiche e saperi ancestrali e locali che permettono di arrivare a partire dalle proprie storie e visioni del mondo alla costruzione della res publica.
Questi sforzi, che sembrano piccoli, puntano ad una maggiore sensibilizzazione alla pace e rendono possibile/veicolano la partecipazione di una maggiore base sociale agli sforzi di ricostruzione nazionale. "Chi ha detto che tutto è perduto, io vengo a dare il mio cuore…". Con questa canzone vorrei concludere, invitando me e voi a non abbassare la guardia in questa lotta per la vita. Il compito è qui ed ora, più che mai; è necessaria la partecipazione di tutti e tutte per sfuggire a queste acque turbolente e attraccare nel porto della vita e della pace. Ci assiste la convinzione di contare su un buon compagno di viaggio, colui che può dire al mare "calmati": Gesù.

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