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GIM Verona 24 OTTOBRE 2021 "Buona Novella ai poveri" (LC 4, 14-28)

TU DA CHE PARTE STAI?

TU DA CHE PARTE STAI?
GIM Verona
24 OTTOBRE 2021
"Buona Novella ai poveri"
(LC 4, 14-28)

Tu da che parte stai?
È sempre bene ricordare il tema che ci accompagnerà in questo nuovo anno GIM: Tu da che parte stai? L’incontro con la Parola non ci può e non ci deve lasciare indifferenti, ma ci deve spingere a fare delle scelte concrete, a schierarci, a “metterci la faccia”, come ha fatto Gesù di Nazaret. Ed è bello sapere che da oltre due millenni tantissimi uomini e donne hanno scelto di seguire la strada indicata da Gesù e stare dalla sua parte. Stare dalla sua parte conduce inevitabilmente a fare scelte concrete e quotidiane, scelte che parlino di pace e di giustizia, di rispetto e inclusione, di empatia, di solidarietà, di perdono e riconciliazione, di salvaguardia del creato, scelte in favore della vita.

Ritorno a casa
Luca ci dice che «Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si  diffuse in tutta la regione».
La Galilea, nonostante fosse la regione più fertile della Palestina, era una terra dove il 90% della popolazione viveva sotto la soglia della povertà, e veniva considerata terra di “confine”, crocevia di razze, culture e religioni e per questo veniva disprezzata. Oggi, per usare un linguaggio a noi caro, quello di papa Francesco, la chiameremmo “periferia esistenziale e geografica”.

Gesù quindi inizia il suo ministero pubblico, dopo il battesimo (la potenza dello Spirito Santo e la consapevolezza di essere figlio amatissimo di Dio) e dopo le tentazioni nel deserto, dalla periferia, dal mondo degli impoveriti, degli oppressi, degli emarginati. Questa è l’opzione di Dio: collocarsi al lato di coloro che sono stati “scartati”, umiliati, ingannati, traditi....coloro che sono nel dolore e nel pianto.
Gesù era cresciuto a Nazaret, piccolo villaggio “sperduto” tra le colline della Bassa Galilea. Tutti lo conoscevano, lo avevano visto giocare da bambino e poi cominciare a lavorare da ragazzo. Ed è lì che torna per iniziare il suo ministero come profeta itinerante del Regno di Dio.

La sinagoga
Le sinagoghe sono sorte durante l’esilio del popolo d’Israele a Babilonia, quando non esisteva più il tempio e gli ebrei erano lontani da Gerusalemme. Anche ai tempi di Gesù, molti ebrei s'incontravano nella sinagoga locale nel giorno di sabato. Il servizio nella sinagoga consisteva essenzialmente nella lettura e commento di passi della Scrittura (normalmente uno tratto dalla Legge e uno dai Profeti) e nella recitazione di preghiere.

Gesù era solito partecipare a questi momenti di “incontro con la Parola” che si svolgevano nella sinagoga di sabato.
E in quella sinagoga di Nazaret, probabilmente c’erano anche i suoi amici d’infanzia, i suoi vicini, i membri del suo “clan” familiare. È come se Gesù “giocasse in casa”.
Scopriremo che non sarà così.

Una lettura....profetica!
Gesù sente tutto il peso e la responsabilità ma anche la bellezza e l’importanza di essere stato consacrato con l’unzione mediante lo Spirito di Dio, di essere pieno della sua forza e della sua grazia. Per questo lo chiamiamo “Cristo”, perché letteralmente vuol dire “consacrato con l’unzione” ed è per questo che noi ci definiamo “cristiani”, perché per mezzo del battesimo anche noi siamo stati consacrati con l’unzione e rivestiti da questa forza e grazia che è lo Spirito di Dio.

A Gesù, alzatosi nella sinagoga per la lettura, viene consegnato il rotolo del profeta Isaia; Gesù lo apre e comincia a leggere. Sono i primi versetti del capitolo 61 del libro del profeta Isaia.

Possiamo per un attimo chiudere gli occhi e immaginarci presenti in quella sinagoga...proviamo quindi ad ascoltare la voce di Gesù, una voce sicuramente carica di emozione per una lettura così bella ed importante. Ci possiamo fare accompagnare dal canto “Lo Spirito del Signore è su di me”
https://www.youtube.com/watch?v=qDBx0uG3scA

Annunciare la Buona Notizia...
Il Dio che ci presenta Gesù di Nazaret è il Dio che ha a cuore ogni creatura sua, è il Dio che non rimane indifferente e insensibile al dolore e alla sofferenza dell’umanità. È un Dio sempre “immerso” nella vita e nelle preoccupazioni umane, un Dio preoccupato, appassionato e “coinvolto” fino in fondo. La sua preoccupazione nasce da una paura: che l’uomo e la donna, creati con amore e per amore perché siano felici e possano vivere una vita piena, in abbondanza (Gv 10, 10) non riescano a sconfiggere paure, orgogli, pregiudizi e tutto ciò che non li rende liberi. Dio ha paura che l’uomo possa vivere nella finzione e nella menzogna. Dio ha paura che l’uomo possa essere “cosificato”, mercificato, e venduto “per un paio di sandali” (Am 2,6). Dio ha paura che l’uomo non comprenda fino in fondo che se Lui, incarnandosi, è il vero Emmanuele (Mt 1, 23), il “Dio con noi”, allora l’uomo deve essere un uomo “per e con” gli altri uomini e non come succede oggi, un uomo contro ogni altro uomo.

Per questo lo Spirito di Dio spinge Gesù a “giocare” tutta la sua vita per portare il Lieto Annuncio, la Buona Novella agli impoveriti, agli emarginati, a tutti coloro che sono stati “silenziati”. Questa sarà la sua grande missione: donare speranza a coloro che soffrono. E oltre ad annunciare la Buona Notizia, Gesù sarà Buona Notizia per gli altri.

Possiamo chiederci se noi, discepoli missionari del 2021, consacrati con la forza dello Spirito Santo nel battesimo, con le nostre parole, con i nostri gesti concreti e quotidiani, con le nostre decisioni nella “feriale quotidianità”... stiamo annunciando la Buona Notizia”? Siamo davvero Buona Notizia per gli altri?? Perché in caso contrario....che Vangelo stiamo vivendo?

...ai poveri...
I destinatari privilegiati della Buona Notizia sono gli impoveriti, gli emarginati dalla società e anche dalla religione, coloro che sono stati privati di ogni difesa e non trovano spazio nei dibattiti pubblici perché la loro voce, la loro opinione non conta; sono coloro che vengono sistematicamente “spogliati” da chi si crede potente. Per utilizzare l’azzeccata definizione del teologo della liberazione Jon Sobrino, i poveri sono “coloro che non sono”, coloro che non entrano nelle statistiche.

Dall’America Latina, un altro teologo della liberazione, Victor Codina, ci ricorda che «i poveri non sono solo oggetto di compassione e assistenzialismo, né solo vittime del peccato strutturale che esige giustizia. Sono molto di più. Sono il punto focale basico per la teologia; infatti a loro sono stati rivelati in maniera speciale i misteri del Regno, nascosti ai sapienti e prudenti di questo mondo (Lc 10,21). I poveri non sono solo oggetto dell'etica sociale ma il luogo ermeneutico e teologico della fede, punto focale per la ristrutturazione di tutta la teologia. Il Magnificat di Maria è una proclamazione di quest'opzione di Dio per i poveri; l'annuncio della nascita di Gesù viene rivolto prioritariamente ai pastori, che erano gli esclusi da quella società; la proclamazione programmatica di Gesù, assumendo Isaia 61, si centra nella liberazione dei poveri e nell'annuncio del vangelo ai poveri. È lo Spirito che unge Gesù per questa missione.
Tutta la vita pubblica del Signore è un continuo dedicarsi ai poveri e agli esclusi di quel tempo, con i quali mangia, ai quali sana, alimenta, perdona, chiama beati e costituisce giudici ultimi del tribunale escatologico della storia nella parabola del giudizio finale».

Ma perché i poveri come destinatari privilegiati della Buona Notizia? Perché sono poveri ed oppressi e Dio non può “regnare” nel mondo senza fare loro giustizia. Dio non può essere neutrale (ecco ancora una volta l’importanza dello schierarsi!) davanti un mondo tormentato dalle ingiustizie commesse verso i poveri. I poveri sono quindi bisognosi di giustizia. Ed è per questo che un Dio schierato dalla loro parte è per loro una Buona Notizia. Dio può regnare solo a partire dalla difesa di coloro che sono ingiustamente maltrattati. E quindi l’arrivo di questo Dio causa gioia ai poveri, perché il suo arrivo presuppone e implica la fine del regno dei “potentati” sui deboli, dei forti sugli indifesi.

Ma ovviamente, quella che per gli impoveriti è una Buona Notizia, non lo è per i potenti di turno. Anzi, per loro diventa quasi una minaccia e sicuramente una notizia poco piacevole, perché le loro ricchezze gli impediscono di aprirsi all’incontro gioioso con Dio Padre.

Una lettura che è....tutto un programma!
Gesù si sente particolarmente inviato a quattro gruppi concreti di persone: gli impoveriti, i prigionieri, i ciechi e gli oppressi. Anche noi come discepoli missionari di Gesù dobbiamo avere la preoccupazione di sentire questa preoccupazione e inquietudine missionaria di rivolgere il nostro messaggio di speranza ai gruppi concreti di persone che oggi nel 2021 e in questo tempo di pandemia ancor di più, ne hanno maggiormente bisogno. In caso contrario....se non ci (pre)occupiamo di loro....di chi o di cosa ci (pre)occupiamo?

Il programma di Gesù è abbastanza chiaro: seminare ed essere libertà, luce e grazia; è il programma di ogni cristiano che vive con coerenza, impegno e passione il suo battesimo.

Gli occhi di tutti erano fissi su di lui.....ed ecco, Gesù si rivela: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».

Attese deluse
Il testo che Gesù legge nella sinagoga di Nazaret è un testo molto caro agli israeliti perché attraverso il profeta Isaia, possono vedere concretamente cosa farà il Messia, il consacrato e inviato di Dio per “rimettere” le cose a posto, togliendo di mezzo l’oppressione e gli oppressori soprattutto, facendo terminare la povertà, e donare grazia e misericordia al popolo “eletto”, e scatenare la sua ira e la sua vendetta per tutti i nemici che hanno oppresso il popolo.
Ma qualcosa non quadra. Gesù, come possiamo notare nel quadro sinottico qui sotto, arrivato a “predicare un anno di grazia del Signore”, si ferma, chiude il rotolo e lo consegna all’inserviente. Non legge quell’ultima frase, che avrebbe fatto contente le persone presenti nella sinagoga: il giorno di vendetta del nostro Dio.

Isaia 61,1-2 Lc 4,18-19
1Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con
l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri
un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la
liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
2 e predicare un anno di grazia del
Signore,
il giorno di vendetta del nostro Dio;
18 Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con
l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri
un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la
liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
19 e predicare un anno di grazia del
Signore.

 

Aspettavano questa frase, ne sentivano l’esigenza visto che erano dominati dai Romani e vittime dei ricchi e di chi li ha sempre umiliati e disprezzati. Aspettavano la vendetta con ansia. E speravano/credevano che il Messia venisse proprio a compiere giustizia e vendetta.

Gesù invece non proclama un Dio vendicativo, castigatore, un Dio come noi vorremmo...

Viene invece a proclamare che Dio è onnipotente nell’amore e nella misericordia perché sono proprio l’amore e la misericordia che possono tutto e vincono su tutto.

La prima reazione di chi ha ascoltato Gesù nella sinagoga è di meraviglia «per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22). Gesù infatti non ha citato la parte dove si parla di vendetta, ha parlato solo di grazia. E loro non capiscono, o non vogliono capire. Di un Dio che perdona, che è pura misericordia, forse non sanno che farsene.
Vogliono il Dio castigatore, violento, il Dio che esiste solo nella loro immaginazione. E molte volte ci comportiamo anche noi così.

Quelle parole di Gesù hanno generato in loro dubbi, stupore ma anche gelosia: «Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao fallo anche qui nella tua patria» (Lc 4,23). I segni prodigiosi che Gesù ha compiuto altrove e in particolare a Cafarnao (cittadina “rivale” di Nazaret), ora la gente si aspetta che li compia anche lì, a Nazaret. A maggior ragione che è la patria di Gesù, la gente li aspetta! Ma Gesù non cade nel loro “tranello” fatto di campanilismo e di possessività, e cita un proverbio popolare “nessuno è profeta nella sua patria”, rievocando l’esempio dei profeti Elia ed Eliseo che agirono in favore di stranieri. In questo modo Gesù sta “profetizzando” due delle situazioni che saranno centrali durante il suo ministero pubblico: l’apertura universale della sua missione, e l’incomprensione e il rifiuto da parte dei suoi. I suoi compaesani infatti, pieni di sdegno, lo cacciano dalla città (Lc 4,27-29).

Tu da che parte stai?
Abbiamo visto l’opzione preferenziale di Dio per gli impoveriti, per gli “schiacciati”, per gli umiliati della storia e della terra. Anche ultimamente quest’opzione, è stata vissuta sulla propria pelle da tantissimi uomini e donne, accomunati non necessariamente dal credo religioso ma da due cose: si sono schierati dalla parte di chi soffre, di chi non conta nulla per la società, e ci hanno “messo la faccia”, pagando in prima persona il cercare di realizzare il sogno di un’umanità plurale, il cercare sempre più e ogni giorno di “restare umani”. Possiamo fare anche dei nomi che possono provare a riassumere tutta la bellezza di quest’opzione: Gino e Cecilia Strada, Mimmo Lucano, Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, Delia Buonomo, Carola Rackete, Nicolò Govoni, Marielle Franco Da Silva, Padre Pino Puglisi, Don Lorenzo Milani, Vittorio Arrigoni. Se non conosci le loro storie....prova a cercarle! E se ne conosci di altre...condividile!

A questa lista non poteva mancare ovviamente...

San Daniele Comboni

“Per la riuscita di questa sublime ed utile impresa è necessario che sia in Europa, sia sulle coste dell'Africa, si organizzino tutte quelle opere che possono introdurre l'apostolato cattolico nell'Africa Centrale, mediante il sistema esposto nel "Piano della rigenerazione dell'Africa", fondato sul principio di rigenerare l'Africa con l'Africa” (Dagli scritti di San Daniele Comboni, 2571). Lui ha scelto da che parte stare, dalla parte dei più poveri ed abbandonati (in quel momento rappresentati dagli africani e dalle africane) in un momento storico nel quale gli europei andavano in Africa per saccheggiare, schiavizzare, colonizzare.

Se non ora, quando? Se non io, chi?

E tu, hai scelto da che parte stare?

Fatti oggi stesso queste due domande: «se non ora, quando?» e «se non io, chi?».
Siamo nel pieno dell’ottobre missionario e queste due domande mi sembrano perfette per parlare della missione, visto anche che oggi è la Giornata Missionaria Mondiale!
Questo è il tempo di andare, di lasciare dubbi ed incertezze, di mollare gli ormeggi, di fidarsi totalmente di Dio. Se non ora, quando? Rappresenta anche l’urgenza della missione... è ora il tempo perché non si può più aspettare. È il tempo di scendere in campo in prima persona, di diventare protagonisti della propria storia, è il tempo di vivere in pienezza il presente e di viverlo come un dono. È il tempo di andare. Ora...non domani. Non dopo. Non in un futuro. Ora. O mai più! Se non io, chi?, riflette l’importanza di quest’invio. Tu, e non solo gli altri, perché la missione è per tutti. Non è aspettare che altri lo facciano....il Dio della vita, ama, chiama ed invia te, proprio te....ti invia per annunciare la Buona Notizia e per essere Buona Notizia sulle strade del mondo e della vita, seguendo l’esempio di Gesù di Nazaret. Il tuo esempio, la tua vita parleranno più di mille parole. Sarai capace di evangelizzare con la tua vita, perché il Dio della Vita è con te!

Don Tonino Bello per chiudere...
«Anche tu per evangelizzare il mondo: il Signore ce l'ha anche con te. La sua mano tesa ti ha individuato nella folla. È inutile che tu finga di non sentire, o ti nasconda per non farti vedere. Quell'indice ti raggiunge e ti inchioda a responsabilità precise che non puoi scaricare su nessuno. “Anche tu”. Perché il mondo è la vigna del Signore, dove egli ci manda tutti a lavorare. A qualsiasi ora del giorno. Non preoccuparti: non ti si chiede nulla di straordinario. Neppure il tuo denaro: forse non ne hai. E quand'anche ne avessi, e lo donassi tutto, non avresti ancora obbedito all'intimo comando del Signore. Si chiede da te soltanto che, ovunque tu vada, in qualsiasi angolo tu consumi l'esistenza, possa diffondere attorno a te il buon profumo di Cristo. Che ti lasci scavare l'anima dalle lacrime della gente. Che ti impegni a vivere la vita come un dono e non come un peso.
Che ti decida, finalmente, a camminare sulle vie del Vangelo, missionario di giustizia e di pace. Esprimi in mezzo alla gente una presenza gioiosa, audace, intelligente e propositiva. Ricordati che l'assiduità liturgica nel tempio non ti riscatterà dalla latitanza missionaria sulla strada. Ma fermati anche “a fare il pieno” perché in un’eccessiva frenesia pastorale c’è la convinzione che Dio non possa fare a meno di noi. [...] Se vi dicono che afferrate le nuvole, che battete l'aria, che non siete pratici, prendetelo come un complimento. Non fate riduzioni sui sogni. Non praticate sconti sull'utopia. Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo e vi date da fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà: “Ma cosa si cela negli occhi così pieni di stupore di costoro?”».

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