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Il tempo sospeso del sabato

Era dall'inizio del Gim2 che attendevo questo momento, eppure man mano che si avvicinava diventavo sempre più agitata e preoccupata. Perché? Non è stato immediato capirlo

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La casa dei Comboniani a Limone sul Garda, dove è nato Daniele Comboni, si trova in alto rispetto al paese, a ridosso dei monti, e per chi passeggia nelle limonaie si apre una vista magnifica sul Lago di Garda. Non c'è insomma posto migliore per trascorrere il ritiro del triduo pasquale, momento centrale del cammino Gim2 di discernimento e conoscenza di sé stessi.

E così, dal 17 al 21 aprile 2019, è arrivato anche il nostro momento: io, Marta, Anita, Ephrem, Francesco del Gim2 di Padova e Zeno, Eliana, Andrea, Marco, Laura del Gim2 di Venegono. Ad accompagnarci la nostra équipe di Padova, suor Yamileth, padre Antonio e fratel Alberto, più padre Danilo.

Era dall'inizio del Gim2 che attendevo questo momento, eppure man mano che si avvicinava diventavo sempre più agitata e preoccupata. Perché? Non è stato immediato capirlo. La prospettiva di tre giorni con molti momenti di deserto mi causava paura ed ansia. E non comprendevo come fosse possibile, abituata come sono a ‘fare deserto’. Già, ma deserto come? Finora ho sempre pregato e fatto deserto più con la mente che col cuore. Certo, ho rielaborato tanti avvenimenti della mia vita e preso consapevolezze importanti, ma arriva un momento in cui la mente è spinta al massimo delle sue possibilità e bisogna andare oltre. Ascoltando anche il cuore, lo spirito, il corpo, parti che la mente cerca di ignorare perché, non essendo strettamente razionali, appaiono come una minaccia. Io sono arrivata a questo momento di andare oltre e per questo ero preoccupata per il triduo.

Avevo paura che, provando ad ascoltare il cuore, non ci sarei riuscita. Avevo paura di quello che avrei potuto scoprire se lo avessi ascoltato davvero.

Insomma, sia l’idea di riuscire che quella di non riuscire mi causavano ansia. Temevo che non mi sarei dimostrata all’altezza di questo momento centrale del Gim2. Pensavo che avrei dovuto ‘produrre’ qualcosa di intelligente.  

Per fortuna non ero l’unica ad avere tali preoccupazioni, come ho poi scoperto confrontandomi con gli altri alla fine del primo giorno, ed al mio ritorno parlandone con alcuni amici ed amiche che hanno già fatto l’esperienza del Gim2 negli anni passati.

Cadiamo nell’errore di avere aspettative e scadenze, di dover dimostrare qualcosa di particolare per poter dire che siamo pronti, di considerare il tempo come Kronos, sequenza cronologica di eventi, impegni, risultati. Dimentichiamo che il percorso spirituale di ognuno di noi è così profondo, complesso ed intimo che nessuno (se non Dio) ne conosce i tempi, perciò i concetti di ‘scadenze’ e ‘dimostrare di essere all’altezza’ non hanno senso, ed è sempre il ‘momento adatto’ nel senso di Kairos, tempo di opportunità per il cuore.

Tutto ciò mi diventava pian piano più chiaro con il passare di quei tre giorni che ora, ritornata alla vita quotidiana piena di impegni e pensieri, ricordo con nostalgia come un ‘tempo fuori dal tempo’, sospeso fra i monti, il cielo e il lago, disteso nell’erba verde illuminata dal sole. Un tempo veramente prezioso, sottratto alla nostra società che lo valuterebbe come ‘perso’ perché non produttivo in termini concreti- economici. Un tempo, quello del ‘deserto’, che ho trovato solo all’interno di cammini di fede, e che invece credo farebbe bene ad essere consigliato a tutti, credenti di qualsiasi fede e non credenti.

Ed è stata in questa ‘sospensione’ in mezzo alla natura che, il giorno di sabato santo, ho capito, o meglio 'sentito' con il cuore, il senso sfuggente di tutto quello che sto vivendo da un po’ di anni. Un complicato problema di salute che mi ha costretto a ‘mettere in pausa’ la mia vita, la scoperta di non essere chiamata alla ricerca scientifica chiusa e limitata, l’insofferenza e la rabbia verso le categorie applicate a donne e uomini, la difficoltà di lasciar andare il dolore passato che vorrei solo dimenticare: tutto questo altro non è che un sabato santo. Il giorno ‘vuoto’ di cui quasi nessuno parla, tutti presi a ricordare e celebrare il venerdì, giorno della morte, e la domenica, giorno della resurrezione.

Nessuno mi aveva mai parlato di questo giorno di mezzo. Io non solo non ne capivo il senso, ma neppure mi ero mai posta questa domanda. Avevo sempre vissuto solo il brusco passaggio dal venerdì alla domenica. Come se nella vita il passaggio dalla morte alla resurrezione fosse immediato… Se Dio ha lasciato passare un giorno ‘sospeso’ prima di manifestarsi risorto, forse c’è un perché. Forse il sabato, il giorno 'muto', il non-giorno, rappresenta in realtà il giorno più prezioso, il ‘tempo adatto’ che permette di passare dal dolore che viene prima alla gioia che arriva poi. In un mondo ossessionato dal voler allungare la quantità della vita e non la qualità, dal dovere di impersonare un compito e portarlo a termine entro una scadenza, il sabato santo ci fa capire che ‘c’è bisogno di tempo’. Di tempo inteso come Kairos, non Kronos.  

C’è bisogno di Kairos per raccogliere l'energia interiore spirituale necessaria a sbocciare ad uno stato di  vita più piena. C’è bisogno di Kairos per rielaborare le ferite della propria storia passata ed imparare a porre meno condizioni per il perdono. C’è bisogno di Kairos perché l’insieme di ansia- paura- rabbia- senso di colpa che rende il cuore una tomba svanisca come l’ombra quando sorge il sole. C’è bisogno di Kairos per scoprire che ciò che si era presentato come una maledizione, come un problema di salute che costringe a fermarsi, era ed è in realtà una benedizione camuffata, che aiuta a capire chi si vuole essere davvero. C’è bisogno di Kairos per smettere di voler impersonare la propria missione e iniziare a ‘lasciar accadere’, accogliere, ciò che Dio fa in ognuno di noi. C’è bisogno di Kairos per passare dalla testa al cuore, dal controllo della mente sulle nostre scelte all’ascolto dello spirito. C’è bisogno di Kairos per spostare il proprio scopo dal combattere il male al seminare il bene.

"Di quanto tempo c’è bisogno?" mi verrebbe da chiedere. Ma mi rendo conto che questa domanda sorge ancora dall’ottica della mente e del tempo come Kronos. Il tempo come opportunità, il tempo sospeso, non impone scadenze entro cui bisogna dimostrare di avere raggiunto un risultato. Non si raggiunge mai un risultato definitivo. La nostra vita è un cammino costante, un sabato santo, sospeso fra le ferite della propria storia passata e la gioia piena, che intuiamo solo col cuore e non spieghiamo con la mente, eppure che attendiamo.

Ora il triduo del Gim2 è passato ed io continuo a camminare nel giorno del sabato. Non ho risolto una volta per tutte i miei dubbi e ferite producendo qualcosa di intelligente. Non ho avuto l’illuminazione indiscutibile su cosa fare della mia vita. Forse non ho fatto proprio niente di particolare, perché non mi era richiesto. Ho scoperto che mi è richiesto invece di accogliere ciò che Dio farà in me. Che è un passo più difficile da fare. Ma non sono sola. Dio mi ha messo accanto persone che mi accompagnano ed amici e amiche che condividono con me questa stessa sfida con la loro unicità. E la nostalgia che sento per lo spazio-tempo meraviglioso di Limone sul Garda diventa un dono che mi spinge in avanti, al largo.

Valeria Vanzani  

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