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Il 24 novembre io e Matteo, insieme ad un gruppo di altre persone provenienti da altre realtà veronesi, tra cui Padre Angelo appartenente all’ordine della Fraternità Francescana di Betania, già presente nella realtà del carcere da un po’ di anni, e Sr Luciana appartenente all’ordine delle Canossiane, abbiamo oltrepassato le “barriere” del carcere della sezione femminile, per vivere e condividere un momento di preghiera in stile

Ero in prigione e siete venuti a trovarmi - Verona Taizé va in carcere

Due gimmini di Verona, oltrepassano le sbarre del carcere della sezione femminile di Montorio per vivere un momento di preghiera e dialogo in stile Taizè.

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Il 24 novembre io e Matteo, insieme ad un gruppo di altre persone provenienti da altre realtà veronesi, tra cui Padre Angelo appartenente all’ordine della Fraternità Francescana di Betania, già presente nella realtà del carcere da un po’ di anni, e Sr Luciana appartenente all’ordine delle Canossiane, abbiamo oltrepassato le “barriere” del carcere della sezione femminile, per vivere e condividere un momento di preghiera in stile Taizè e cercare di creare un dialogo con chi non ha più la fortuna di vivere la bellezza della preghiera, della condivisione e soprattutto non ha più la possibilità di respirare e vivere la libertà.

Questo è stato il secondo dei due incontri organizzati nello stesso stile, il primo, al quale io non sono riuscita a partecipare, si è tenuto il 22 settembre ma nella sezione maschile. Come primo e sicuramente spero non ultimo, è stato unico e indimenticabile, al contrario del resto del gruppo, non sapevo minimamente a cosa sarei andata incontro.

Dopo essere stati sottoposti ai controlli di routine, siamo stati accompagnati all’interno della sezione femminile. Durante il tragitto dalla zona dei controlli all’ingresso nel carcere, abbiamo attraversato un piccolo tratto di cortile esterno completamente recintato da mura altissime, dentro di me già sentivo, nonostante fossimo all’aperto, la mancanza d’aria e di libertà, una serie di sentimenti contrastanti, di domande, di paure, di curiosità iniziavano a ribollire nella mia mente e nel mio cuore.

Cosa proverò entrando? Chi incontrerò? Sarà facile entrare in sintonia con loro? Riuscirò ad esprimere le mie emozioni? Saranno contente di questo nostro incontro? Insomma tante domande mi hanno accompagnata sino alla cappella dove poi abbiamo pregato insieme a loro.

Inizialmente ne sono arrivate non più di dieci, poi la voce ha iniziato a spargersi e man mano ne sono arrivate delle altre. All’inizio non sapevo come comportarmi, poi man mano che entravano, abbiamo cercato di farle sentire a loro agio, e dopo averle salutate, ci siamo presentati e seduti nei banchi cercando di mescolarci con loro, proprio per non creare un distacco o una divisione, ma un unione.

Dopo una breve introduzione di Padre Angelo , Matteo ha presentato quello che è lo stile di Taizè, un modo molto semplice di pregare ma che arriva dritto al cuore. Dalla paura iniziale, sono passata alla serenità, eravamo li tutti e tutte davanti al Signore, uniti e unite nella preghiera, nel canto e nella pura libertà di espressione e condivisione. Uno dei momenti più emozionanti è stato quello delle intenzioni spontanee, ognuna di loro ha pregato e allo stesso tempo condiviso, una parte di se. Ha pregato per se stessa, ma anche per le “sorelle” che non erano con noi ma in cella, si sono messe a nudo con le loro fragilità ma anche con la loro forza davanti al Signore.

Alla fine della preghiera, siamo stati invitati a guardarci negli occhi, e dalla posizione di sguardo verso l’altare, abbiamo cercato di creare un cerchio, in modo che ognuno e ognuna potesse guardarsi negli occhi. C’è stata chi si è sbottonata un po’ di più raccontandosi, chi non ha detto una parola ma comunque parlava con gli occhi, chi ha gridato aiuto, chi ha chiesto un po’ più di umanità e di rispetto all’interno stesso del carcere.

Quegli occhi combattuti, spenti, tristi, vispi, determinati, rassegnati, azzurri, verdi, marroni, coraggiosi, quei volti e quegli sguardi temprati, segnati dal dolore, dalla rassegnazione, ma anche dalla forza, dalla lotta, dalla determinazione e dalla speranza, quelle parole dette e ascoltate, rimarranno sempre nel mio cuore, nella mia mente e nel mio bagaglio di vita e di crescita personale e spirituale, mi aiuteranno sempre a ricordare che la libertà è un dono prezioso di cui farne davvero tesoro.

Voglio concludere questa mia esperienza con le parole e la preghiera della persona a cui sento di rivolgere il mio grazie per la splendida opportunità che mi ha regalato facendomi oltrepassare quelle sbarre e portandomi in un mondo in cui ogni emozione, dolore, gioia, vita sono amplificate all’ennesima potenza:

"Dedicata a te giovane donna dagli occhi azzurro cielo, che sei nel mondo al di là delle sbarre: non lasciarti indurire il cuore, non sentirti un cane in canile, affidati a Dio, sempre."

Ti  ringrazio, Dio, perché oggi hai aperto i cuori, gli occhi e le porte e ci hai fatto incontrare, conoscere, ascoltare. Le lacrime non sono scorse invano, fuori dagli occhi e dentro di noi.

Donatella Iacobellis

Gim Verona

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