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Siamo in ascolto della Parola e ci lasciamo guidare dal Vangelo di Matteo

catechesi del Vangelo di Matteo

in cammino

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IN CAMMINO

Mt 4,12-17.5,1-8

GIM1  - PADOVA  20 Novembre 2022

In ascolto della Parola

Matteo 4, 12-17

Quando Gesù seppe che Giovanni il Battezzatore era stato arrestato e messo in prigione, si recò in Galilea. Non rimase a Nàzaret, ma andò ad abitare nella città di Cafàrnao, sulla riva del lago di Galilea, nei territori di Zàbulon e di Nèftali.
Così si realizzò quel che Dio aveva detto per mezzo del profeta Isaia:

Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

strada che va dal mare al Giordano,

Galilea abitata da gente pagana:

il popolo che vive nelle tenebre vedrà una grande luce.

Per chi abita il buio paese della morte è venuta una luce.

Da quel momento Gesù cominciò a predicare il suo messaggio. Egli diceva: “Cambiate vita, perché il regno di Dio è vicino!”.

Contesto Biblico

Con questi pochi versetti Matteo ci presenta l’inizio del ministero di Gesù, segnalando la sua ambientazione geografica e biblica; egli ci dice anche come leggere il vangelo: qui siamo nel passaggio delicato tra il ministero del Battista e quello di Gesù.

Giovanni predicava nel deserto, si era allontanato dai centri di potere; li considerava corrotti, crudeli verso la povera gente che si sentiva schiacciata e abbandonata a se stessa. Giovanni non può più sopportare questa triste situazione del suo popolo; così decide di alzare la voce, si fa portavoce del GRIDO disperato della gente fatta a pezzi da un sistema religioso-temporale iniquo; e promette vendetta divina verso tutti i prevaricatori che distruggono la Vita.

Gesù, invece, avendo conosciuto la sofferenza del suo popolo, e avendo ascoltato il suo grido disperato anche attraverso la testimonianza di vita di Giovanni, SCEGLIE di stare tra la sua gente, decide di immergersi (= battesimo), dentro la storia della sua gente e di essere segno di speranza e presenza amorevole di Yahvè in mezzo al suo popolo.

Così, avendo saputo del martirio di Giovanni Battista, Gesù decide di uscire allo scoperto e di dare inizio al suo ministero, però non in Giudea, ma in Galilea, tra i diseredati e abbandonati, affinchè si compia ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: “Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta”.

La lettura che Matteo fa di questo episodio è teologica: Gesù è presentato come colui che adempie la profezia di Isaia. Egli è luce che brilla nel buio e nella paura. Ciò vuol dire che non è il caso, né il destino o la necessità a determinare gli eventi, ma la libera volontà di Gesù, che desidera essere obbediente al Padre in conformità alle Scritture.

Da dove inizia Gesù il suo ministero?

Matteo non dimentica la promessa del profeta Isaia su questa terra periferica che era stata la prima regione umiliata e oppressa dall’invasore assiro nell’VIII secolo a.C., quando le tribù di Zàbulon e di Nèftali qui residenti furono vinte, deportate ed esiliate. Isaia aveva osato guardare al futuro lontano, quando Dio avrebbe dato inizio alla redenzione e al raduno del suo popolo, a partire da questa regione diventata terra impura popolata di non-credenti, crocicchio delle genti.

Oggi identificheremmo questa zona come “periferia”- baraccopoli o favela – insomma, luogo dove generalmente è più rischioso andare per strada, dove il posto è spesso malfamato e la vita non vale nulla. Gesù parte proprio da qui, dal basso, dal luogo della nostra oscurità esistenziale; da qui Gesù farà sorgere una grande luce: Lui è la luce delle genti!  e sarà Luce creando relazioni umane  autentiche, soprattutto con coloro che nella società non contano nulla.

In particolare, Gesù va a stare a Cafarnao città sul lago di Tiberiade, città di frontiera, luogo di transito e tappa importante sulla via del mare che metteva in comunicazione Damasco e Cesarea, il porto sul Mediterraneo. Qui a Cafarnao Gesù sceglie una casa come dimora sua e del gruppo che lo seguirà nella sua avventura profetica, lì vi resterà, secondo Matteo, fino al capito 18. Quindi quasi tutto il vangelo si svolge lì, in questo paese di Cafarnao. Quando poi Gesù decide di lasciare Cafarnao, comincerà il viaggio a Gerusalemme (che dura poco) e lì viene ucciso.

Da quel momento Gesù inizia a predicare, in piena continuità con la predicazione del Battista: “Cambiate vita, perché il regno dei cieli è vicino”. La chiamata è alla conversione, al cambiamento di mentalità, di atteggiamento e di stile nel vivere quotidiano: non un gesto isolato, estemporaneo, ma l’assunzione di un “altro” modo di vivere, segno concreto del “ritorno” a Dio. Questa conversione ha un solo scopo: permettere che Dio regni, che sia l’unico Signore nella vita del discepolo/a.

Il Regno avviene là dove uomini e donne permettono a Dio di regnare in loro.  

È interessante che l’evangelista si premuri di sottolineare che queste parole sono l’inizio della predicazione di Gesù. Si comincia da qui, ossia dalla conversione, un cambiamento di rotta: mutare itinerario e, soprattutto, bersaglio.

Tutto parte dal cambiamento di prospettiva e del senso dell’esistenza: non si tratta più di perseguire le quattro cose che ci tengono impegnati dal mattino alla sera, quei quattro idoli a cui svendiamo la nostra esistenza e puntualmente deludono le aspettative; la conversione è cambiare ciò che seguiamo, la locomotiva che ci trascina. 

Il regno di Dio è vicino: non nel senso che “arriverà a breve”, ma che è al nostro fianco, cammina vicino a noi; per questo è possibile convertirsi ora, cambiare direzione, perché finalmente Gesù cammina vicino a noi. Al buon ladrone Egli annuncia che, quello stesso giorno, sarà in paradiso assieme a lui: il regno dei cieli, il paradiso, è stare con Gesù. La vita eterna ci cammina vicino, è un fiume che scorre di fianco a noi con ritmi, leggi fisiche e dinamiche diverse dal regno della terra; è il fiume in cui la barca è governata da Cristo, non più da noi stessi, e conduce ai «pascoli erbosi su cui possiamo riposare» (Sal 23).

 Domande per la nostra riflessione personale

  • Quali sono le mie tenebre?...
  •  Da che cosa devo convertirmi?...

 

 In ascolto della Parola

 Matteo 5, 1-12

 In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:

“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”.

Contesto biblico 

Il Vangelo di Matteo si struttura intorno a cinque discorsi; il primo riguarda il Discorso della Montagna (Mt 5-7). Questo discorso è sostanzialmente una catechesi battesimale, il cui obiettivo è presentare la vera immagine dei figli/e di Dio e la loro nascita a una vita nuova. Oggi, noi ci soffermeremo sulle Beatitudini (Mt 5,1-12), ritenuta la magna charta di ogni discepolo/a di Gesù; ovvero, la vera somiglianza con Dio si da vivendo pienamente le Beatitudini, ovviamente non come un dovere o un obbligo, ma come chi sceglie di lasciarsi guidare dallo Spirito del Padre.

Difatti, secondo alcuni biblisti, le Beatitudini sono, in primo luogo, la biografia di Gesù, ne descrivono le scelte e i comportamenti;  è lui il povero, l’affamato, il piangente, il perseguitato, il pacifico, il mite, l’operatore di pace e di giustizia, e che alla fine sarà perseguitato e ucciso barbaramente, appeso su una croce. Nel suo forte grido al momento di spirare (Mt 27,50), è raccolto il grido che si eleva verso il Cielo dai Calvari di tutto il mondo e di tutti i tempi.

Le Beatitudini, che non designano delle categorie sociali,  diventano così dei sentieri di vita, dei cammini da percorrere per vivere la felicità secondo il Vangelo e nel dinamismo della lotta pasquale/solidale che attendono tutti i crocifissi di oggi. Per questo Gesù chiama beati coloro che si impegnano a fare propria  la proposta delle Beatitudini nel loro quotidiano; a tutti costoro Gesù garantisce la sua presenza fino alla fine di questo mondo (Mt 28,18-20).

Riflessione sul testo

Siamo fatti per la felicità, per una vita gioiosa, piena, significativa, sebbene tanti sono gli ostacoli e i limiti che incontriamo lungo il cammino. E così, prima o poi, magari in alcuni momenti di confusione/crisi (= KAIROS o tempo favorevole), ecco sorgere dalla parte più intima di noi, certe domande tipo: Che senso ha la mia vita? ... Per che cosa sono vissuto finora? ...

Le Beatitudini rappresentano la risposta che Gesù da al bisogno di senso presente nel cuore di ogni essere umano. Con le 8 beatitudini secondo Matteo, Gesù ci offre l’immagine di coloro che riempiono di senso la loro esistenza e sono chiamati BEATI. Chi è la persona beata per Gesù?... chi custodisce la vita in tutti i suoi aspetti e si impegna per la salvaguardia del bene comune!

Da dove vengono pronunciate queste beatitudini?

Il testo ci dice che Gesù salì sul monte...in realtà Matteo non si riferisce a un monte specifico, non vuole neanche essere un luogo topografico, ma un luogo teologico. Nella Bibbia il monte è quel luogo dove è possibile incontrare Dio, ascoltare la sua Parola, essere introdotti nel suo modo di pensare, di ragionar e di sentire. Salire sul quel monte insieme con Gesù significa lasciare la pianura, dove vivono, si muovono, pianificano, gli esseri umani; essi hanno i loro criteri di giudizio, il loro modo di impostare la vita, le loro ‘beatitudini’, il loro modo di considerare una persona riuscita, ecc. Però, se si sale sul monte le cose cambiano, si pensa in un modo diverso perché si viene introdotti nel modo di pensare di Dio.  

Visualizziamo allora la scena: Gesù abbandona la pianura, dove ancora oggi secondo la gente è beato chi gode di buona salute, chi ha successo, chi ha un grosso conto in banca, chi può viaggiare,divertirsi, non si priva di nessun piacere, e degli altri non gli può fregare di meno.

Gesù invece sale sul monte “dopo aver visto le folle”, dice il testo...cosa significa questo?...che le grandi scelte di vita si fanno prendendo seriamente in considerazione le aspettative, i bisogni ,le grida della gente comune.

Vediamo allora le 8 beatitudini

Beati i poveri in Spirito: di quale povero parla quì Gesù: degli straccioni, degli diseredati, degli scartati della società?....se così fosse, allora vuol dire che così ci vuole Gesù!...ma è assurdo che Gesù ci faccia una proposta simile. A chi si sta rivolgendo Gesù?....si sta rivolgendo ai suoi discepoli, quelli che hanno accolto la sua proposta di una nuova umanità, lo seguono lungo il cammino verso Gerusalemme e sono diventati poveri per scelta, perché mossi dallo Spirito di Gesù che per amore si fece povero, affinché tutti abbiano beni sufficienti per una vita dignitosa. Chi sceglie di vivere in questo modo è già beato e partecipa del Regno dei Cieli.

Gli afflitti saranno consolati: non si tratta qui di pensare che Gesù inviti a sviluppare una visione della vita doloristica come è successo nel passato; l’afflizione a cui si riferisce Gesù è di chi vive con passione l’impegno per costruire un mondo secondo il disegno di Dio; cioè, un mondo di giustizia, di pace, di fratellanza universale...e dice no a tutte le forme di violenza frutto dell’egoismo umano. La tentazione sarebbe quella di non interessarsi di ciò che avviene nel mondo.

I miti erediteranno la terra: ovvero,  beato chi è “nonviolento”. Nonviolenti sono coloro che, sebbene umiliati e percossi, no ricambiano il male con il male. Agli occhi del mondo sono deboli, indifesi e senza potere; ma la violenza non crea, non genera ma distrugge; ricambiare l’odio con l’odio moltiplica l’odio, aggiungendo così più oscurità a una notte senza stelle! Gesù ha applicato a sé questa beatitudine quando ha detto: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”(Mt 11,29).

Coloro che hanno fame e sete della giustizia: naturalmente qui non si parla della cosiddetta giustizia distributiva, che regola i rapporti umani; qui si parla della giustizia di Dio, cioè il disegno d’amore che Dio desidera che si realizzi in questo mondo: che gli esseri umani si sentano fratelli e sorelle, che vivano in comunione, che condividano i beni, che condividano le gioie e i dolori...Beato, allora, è chi brama questa giustizia e s’impegna perché si realizzi.

I misericordiosi troveranno misericordia: nella Bibbia il termine ebraico hèsed indica l’amore incondizionato e fedele di Dio; la parola ‘misericordioso’ non rende l’idea di questa passione d’amore incondizionato che Dio ha verso tutti e ciascuno in particolare. Ed è un amore che si manifesta in 3 momenti:

1. Misericordioso è colui che si accorge che l’altro ha bisogno; il suo sguardo è attento al bisogno del fratello;

2.  Prova compassione, cioè soffre insieme a colui o colei che è nel bisogno; il termine greco splanknizein ne chiarisce ancor più il senso: incarnare in sé la sofferenza dell’altro come se fosse la propria;

3. L’intervento concreto, il Comboni direbbe fare “causa comune” con questi fratelli e sorelle.

I puri di cuore vedranno Dio: nella cultura semitica il cuore non è tanto la sede dei sentimenti, quanto invece delle scelte importanti. Quindi, se il cuore è puro, se chi governa il mio cuore è lo Spirito di Dio, se non ci sono altri idoli che lo possono confondere, allora le scelte che si fanno saranno volte alla vita, secondo il desiderio di Dio.

Gli operatori di pace: non si tratta dei pacifici, persone buone, tranquille, che non fanno male a nessuno; la pace biblica non è soltanto l’assenza di conflitti, ma soprattutto la ricerca dell’ordine secondo la giustizia di Dio. In altre parole, coloro che si impegnano perché nel mondo ci sia gioia, benessere, crescita umana per tutti, costoro sono costruttori di pace; essi saranno chiamati figli/e di Dio.  

I perseguitati a causa della giustizia: Il cuore delle beatitudini di Matteo e del suo vangelo è la giustizia. Dio vuole giustizia (fedeltà) per la sua casa: domestica (famiglia), comunitaria (comunità), nazionale (paese), planetaria (pianeta).. Fare giustizia è non togliere a nessuno il diritto di vivere una vita degna. Coloro che scelgono il progetto di vita di Gesù devono sapere che in alcuni momenti la loro vita potrebbe essere in pericolo; però essere perseguitati, sembra dire Gesù, è il segno che già non si appartiene più al mondo vecchio, fatto di inganni, rivalità,arrivismo, odio ed egoismo, bensì si è già parte del Regno di Dio.

Comboni e il discorso della Montagna

Diciamo sin da subito che, per Daniele Comboni, le Beatitudini sono le uniche istanze capaci di dar vita al Regno di Dio; in altre parole, il Regno accade nella misura in cui esistono persone che vivono secondo lo Spirito delle Beatitudini. Comboni è stato un grande appassionato del Regno di Dio e l’ha annunciato con la sua vita appassionata a tutti quegli africani che vivevano sotto il peso della schiavitù. Attraverso le Beatitudini, Comboni comprese la visione che Dio ha del mondo e della sua storia; avvertì, anche, il dolore profondo di Dio dinnanzi al grido straziante dei suoi figli/e della Nigrizia; e finalmente, Comboni sentì forte il desiderio di dedicare la sua vita per la Rigenerazione dell’Africa Centrale. 

Il segno di questa esperienza emerge dal fatto che in Comboni la logica delle Beatitudini si incarna nella gioia con cui vive la radicalità della sua consacrazione missionaria, che propone anche ai suoi missionari perché siano “beati”, cioè nella gioia. La sua propensione alla gioia è arricchita e trasfigurata dalla sua unione con il Signore Gesù, il figlio felice del Padre, che non esita a consegnarsi alla morte, per far partecipi tutti della sua stessa felicità, cominciando dai più infelici.

Comboni vive nella beatitudine dei “poveri in spirito”, perché è contento di fare la volontà di Dio e procurare la salvezza delle genti (S 5402; 61003308), di essere nelle mani di Dio (S5082) e sottomettersi alle disposizioni della Provvidenza (S 845), di patire e morire per Gesù e per l’Africa (S 3477; 5078; 6751; 6981), di dare la vita per gli africani (S 3159).

La logica della Beatitudine dei "poveri in spirito" rivela in Comboni il paradosso dell’agire divino che sceglie ciò che è debole per fare grandi cose in favore degli stessi deboli. Dio solo, infatti, poteva scoprire in un paesino così inaccessibile e rintracciare in esso questo bambino povero, per sceglierlo come suo apostolo e rivestirlo dell’Ordine episcopale: nato nelle grotte del Tesöl, lo ha scelto per evangelizzare la grande Africa; il suo sguardo si è posato proprio su di lui, figlio di poveri ed emigrati, per muovere i regnanti ad ascoltare gli oppressi; parrocchiano di una parrocchia insignificante, per illuminare Papa e Vescovi su problemi universali della Chiesa! Comboni, quando confrontava le sue vicende missionarie con le sue umili origini di “un povero figlio di un giardiniere di Limone”, era sempre pervaso da un senso di stupore, che lo muoveva a eterna riconoscenza.

Domande per la riflessione

  • Quale di queste beatitudini richiama maggiormente la tua attenzione?...Perchè?...
  • Vivere la fede vuol dire scegliere Gesù come il Signore al quale consegnare la vita (sogni e speranze) e dal quale ricevere la vita nuova. Vuoi sapere chi è il tuo Signore?...chiediti come trascorri il tempo che ti viene dato e a cosa dedichi la maggior parte delle tue energie.

 

“Beato l'uomo che ha la strada nel cuore!”  

P. Antonio D’Agostino, mccj  

 

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