Sintesi dell'incontro del 15 dicembre 2010
Centro di documentazione Paulo Freire
Centro di documentazione Paulo Freire – Padova
Sintesi dell’incontro del 15 dicembre 2010
Indignazione
... questa la parola scelta da Anna Carla per il nostro incontro di formazione.
1. Spunti iniziali
A partire dalla canzone Offeso di Niccolò Fabi e da un passo di Freire (La pedagogia dell’autonomia, cap. 2, par. 6), ci siamo raccontati a coppie gli episodi nei quali ci siamo sentiti indignati. Abbiamo anche tentato di riconoscere le cause di questa emozione in noi.
2. Condivisione in plenaria
Poi liberamente chi voleva ha condiviso la propria esperienza nella plenaria. Ecco uno schema riassuntivo degli interventi
Di fronte a quali fatti mi sono sentito indignato?
Quali le cause della mia indignazione?
Michela
Omicidi di ‘ndrangheta per il controllo del territorio
- violenza nelle parole e nelle azioni
- arbitrio
- arroganza
- sopraffazione
Fabiano
Gli insegnanti tendono a mettere in cattiva luce gli studenti che hanno difficoltà
gli insegnanti valutano gli studenti solo su criteri didattici
- non li considerano in quanto persone
- essi si tirano fuori dal problema criterio di efficienza basilare nella nostra società
Giovanni combo
- I medici devono denunciare i clandestini
- Cartacce per terra
provvedimento/comportamenti che ledono un valore importante per me
Giovanni prof
- Atteggiamenti antidemocratici del preside a scuola
uso indiscriminato del potere, sopraffazione
- Non riesco a prendere posizione di fronte a un fatto che dovrebbe essere denunciato
la mia incapacità di indignarmi mi indigna
3. Discussione sull’INDIGNAZIONE
E’ scaturita quindi una discussione durante la quale si è tentato di riflettere su come gestire positivamente l’emozione dell’indignazione, in vista di un agire trasformante. Ecco alcuni spunti:
- innanzitutto bisogna riconoscere in sé l’indignazione, quando è in atto; saperla nominare serve per poterla gestire; va riconosciuta come emozione che ha in sé anche potenzialità positive;
- l’indignazione può insorgere in una situazione di conflitto o comunque portare ad esso; in questi casi come singoli possiamo avere paura di ingaggiare una lotta, eppure la paura può essere superata alleandoci insieme; vanno istituite delle alleanze per attivare delle strategie;
- va detto che non sempre lo scontro frontale porta a una soluzione; è buona cosa interrogarsi sul come agire: quale azione possiamo mettere in campo per far sì che la nostra indignazione sia una forza di trasformazione?
- in riferimento a quest’ultima domanda, bisogna cercare di evitare il fuoco di paglia: l’energia dell’emozione va conservata e incanalata in maniera utile, non sfogata a tutti i costi. Bisogna, in altri termini, evitare di consumarsi nel rogo della passione individuale (l’individualismo è un rischio anche nella lotta di gruppo)
- nel momento in cui si agisce si dovrebbe avere in mente l’alternativa (non solo distruggere ciò che già esiste)
- il nostro fare è parte di un processo: per cui il contributo che ciascuno dà al conseguimento del risultato non è che un atto, preceduto e seguito da altri; va evitato il protagonismo
- in ogni caso anche non-fare può essere una strategia (cfr. non-violenza attiva).
4. Studio del caso: PROF CHE GIUDICANO TROPPO
Dopo questo volo pindarico abbiamo riappoggiato i piedi per terra considerando il caso specifico proposto da Fabiano: quello degli insegnanti che si lamentano dei propri studenti. Riflettendoci su, abbiamo individuato il tema del giudizio. Ecco che cosa non va... gli insegnanti giudicano, non solo i risultati scolastici (questo lo devono fare), ma anche le persone, cioè gli studenti. E questo non sarebbe richiesto!
Allora si potrebbe tentare di...
- comprendere, ossia mettersi nei panni dei ragazzi considerando il loro vissuto (che didatticamente non sembra né rilevante né interessante); possiamo assumere un atteggiamento di ascolto
- però c’è un rischio: quello della giustificazione. Quando abbiamo compreso perché uno studente è quel che è (casinista, distratto, demotivato, demolitore), certo non siamo tenuti a giustificare le sue azioni. Ciò vale tanto per la scuola quanto per i servizi in contesti di emarginazione (ad es. carcere)
- ecco quindi che gli insegnanti potrebbero attivare un processo di revisione e autoformazione, interrogandosi sulla validità del proprio metodo didattico. La domanda potrebbe essere: c’è qualcosa che posso fare per giudicare meno? Questo significa, riflettere sulla propria azione e rimettersi in discussione di volta in volta. Implica, in definitiva, responsabilità (cfr. lat. respondere): come rispondo a ciò che vedo (all’ingiustizia di un giudizio frettoloso appiccicato a una persona)?
- l’atteggiamento di giudizio è condanna e attribuzione di colpa ad altri (proprio perché rifiutiamo di assumerci le nostre responsabilità); è un atteggiamento che trova le sue radici nella paura (del futuro, del fatto che le mie certezze possano venir meno...) e perciò particolarmente di moda in questo tempo così precario.
In definitiva ci siamo lasciati con una domanda che raccoglieremo la prossima volta con l’aiuto di Giovanni Lago:
COME ATTIVARE/COSTRUIRE/COLTIVARE IL DIALOGO CON GLI ALTRI?
5. Sintesi della sintesi
Concludo con una mappa per parole-chiave nel tentativo di sintetizzare il percorso della serata:
INDIGNAZIONE
porta al conflitto di fronte al giudizio esso nasce dalla paura dell'altro
paura del conflitto ci impegniamo a
ASCOLTARE E COMPRENDERE metterci in discussione
senza giustificare assumerci RESPONSABILITA'
si supera
CON ALLEANZE
grazie a esse si attivano
STRATEGIE DIALOGO