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LA MISERICORDIA CHE DA' VITA

Lettera di padre Christian Carlassare (Old Fangak, Sud Sudan)

 (1 Cor 1,22-25)

La vita riserva sempre degli incontri scomodi. Due mesi fa mi è capitato di fare la conoscenza di una signora ormai quarantenne che si chiama Nyamuone. Ero al mercato. Mi ha chiesto un aiuto perché la figlia è in cura per la tubercolosi. Non è di qua, ma di Phom. Con il conflitto dell’anno scorso ha perso tutto. Si dà da fare al mercato per racimolare qualcosa per il cibo. Uno dei suoi lavori è quello di raccogliere legna secca nel bosco per venderla alle donne che al mercato cucinano ogni giorno. Non si guadagna molto, ma quel poco che basta per comperare almeno una tazza di zucchero o un mestolino di olio.

 

Per scelta riferisco le persone che chiedono un aiuto materiale al comitato della parrocchia. Il motivo pratico è quello di evitare la fila di gente che chiede aiuto in ogni momento della giornata pensando che dei preti europei abbiano risorse senza fine. Ma il motivo di fondo è quello di responsabilizzare la comunità cristiana oltre a considerare la richiesta di ogni persona anche a seguirne la situazione. Per la verità mi sembra che il comitato della parrocchia sia abbastanza stretto. Un pó perchè le risorse locali sono poche. Un pó perché, come dicono loro, un infinità di persone hanno bisogno di aiuto e la tentazione è quella di ricordarsi della Chiesa quando c’è qualcosa da ricevere piuttosto che qualcosa da offrire. Il comitato ha dato 300 Sterline Sud Sudanesi che valgono ora circa 15 Euro. Equivalgono all’ammontare delle offerte che si raccolgono a Fangak in una Domenica. E sono anche il contributo mensile che la comunità cristiana di Fangak offre al catechista per il suo servizio al centro.

Da allora Nyamuone mi cerca almeno una volta alla settimana. L’ho riferita nuovamente al comitato che peró ora si mostra più restio ad aiutarla per il timore che diventi per lei un’abitudine. Ma qui il problema non sta nell’abitudine di chiedere aiuto, ma nell’abitudine non scelta di non avere niente se non altro che la vita a cui rimanere aggrappati. Sono certo che il comitato continuerà ad aiutarla, ma non regolarmente come lei spererebbe. Ogni volta che mi incontra per strada non manca di ricordarmi la sua situazione. Devo ammettere che non mi è facile rispondere appropriatamente. L’altro giorno mentre mi guardava da lontano gesticolando, ho risposto con un segno della mano e ho allungato il passo dicendomi: “Ora non ho proprio tempo”. Per nulla scoraggiata è riuscita a raggiungermi là dove mi trovavo giusto per dirmi con puro candore: “Non ho niente per i miei figli”.

Le ho dedicato dei momenti per ascoltare la sua storia. Ed è proprio in uno di questi momenti che mi sono accorto che le due bambine che allattava non si assomigliavano per niente. Le ho chiesto quasi retoricamente se fossero gemelle. E lei ha confermato i miei dubbi con no. Un pó confuso le ho chiesto come fosse la storia. La sua risposta è partita da abbastanza lontano ma ha chiarito tutto. Nel 2014 in seguito ai combattimenti di Malakal, una ragazza etiopica arrivó a Phom. Era sola, malata e incinta. Nyamuone l’ospitó a casa sua dove partorì sua figlia. Nyamuone era anche incinta e partorì da lì a poco. In Novembre 2014 Phom fu attaccata dalla milizia di Ulony a quel tempo alleata del governo. Le due donne sono scappate nel bosco insieme con i figli. Le condizioni della ragazza etiopica deteriorarono e, debilitata dalla malattia e dalla fame, morì in Marzo 2015. La bambina rimasta orfana ha subito trovato una nuova mamma, Nyamuone, e un nuovo nome Nuer: Nyakan, figlia della salvezza. Ad Agosto 2015 Nyamuone è arrivata a Fangak con quattro figlie. Nyakan è molto debilitata. All’ospedale le hanno diagnosticato la tubercolosi. Anche la figlia maggiore ha le ghiandole gonfie. Per questa ragione tutte e quattro le figlie sono ora in cura e la terapia dura vari mesi nei quali devo assumere i farmaci con molta regolarità.

Ora capisco meglio questa donna con il suo nome che sembra un programma di vita. Nyamuone significa infatta la donna del dare, o la donna che dà. E con questa sua scelta che nasce dalla misericordia per le sofferenze umane, ha ridato vita a questa bambina accettando di farsi mamma anche a lei come se non le bastasse dover prendersi cura dei figli propri. Nyamuone è sola: è stata abbandonata dal marito. Nyamuone è povera, ma lei continua a dare. Anche se agli occhi del mondo la sua vita sembra un fallimento, lei continua a dare e a far vincere la vita.

Mi sembra di vedere il percorso di Gesù dal lago di Galilea alle strade affollate di Gerusalemme, per poi andare dal tempio al Golgota. La storia di un messia che vive da servo. Un messia che mette il mondo sottosopra rifiutando l’ambita parte del vincitore e assumento la deprecabile condizione della vittima. In Sud Sudan, come nel mondo, ci sono fin troppe vittime della violenza. E questo perchè il mondo predilige i vincitori anche al prezzo di tante vittime. Gesù, con la sua vita donata sulla croce, sceglie di stare dalla parte delle vittime e capovolge l’ordine costituito. Lo esprime bene con il suo famoso insegnamento: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9,12). Niente contraddice il nostro ego più di queste parole. Quando non vogliamo essere scomodati e sporcarci le mani, quando non vogliamo trovarci nei pasticci semplicemente per aver dato qualcosa di nostro, siamo già un pó morti. Quando invece lasciamo andare la nostra vita pronti anche a perderla, allora siamo davvero vivi. Il dono ricevuto diventa dono per gli altri.

Ho scritto che Gesù ha messo il mondo sottosopra. Questa parola dà quasi un senso di disordine. Ma in realtà questo è il nuovo ordine di tutte le cose e cioè che finalmente chi è stato messo sotto dalla mentalità del mondo ora viene riconosciuto per quello che davvero vale. Quello che conta per il mondo si rivela spazzatura, mentre quello che viene spesso disprezzato si rivela di valore incalcolabile.

“Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, debolezza per i Giudei, stoltezza per i Greci ... ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini, e la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini” (1 Cor 1,22-25).

Buona Pasqua di Risurrezione

che metta il mondo che conosciamo nella giusta dimensione del sottosopra.

padre Christian Carlassare (Old Fangak, Sud Sudan)

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