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La Battaglia della Vita

Lettera di p. Christian Carlassare dal Sud Sudan

Lettera di p. Christian Carlassare dal Sud Sudan

(Ebrei 4,12) 

L’11 Gennaio scorso ottantacinque maestri provenienti da tutta la provincia hanno cominciato a frequentare il programma di formazione che, seguendo le indicazioni ministeriali, permetterà loro di ottenere dopo quattro anni una qualifica.

Questi maestri dovrebbero avere ottenuto almeno un diploma di scuola superiore, ma nella maggioranza dei casi sono persone che si sono rese disponibili ad insegnare pur non avendola mai completata. Spesso e volentieri, soprattutto nelle zone rurali del Sud Sudan, non ricevono nessun compenso dal governo locale. Lavorano  volontariamente a volte sostenuti solamente dalla comunità locale e dalle famiglie che si organizzano perché i loro bambini possano imparare almeno a leggere e scrivere.

Non mancano solo le infrastrutture, e quindi ci si trova a fare scuola sotto l’ombra di un albero e seduti per terra; mancano anche le lavagne e i libri di testo, per non dire i quaderni e le penne. Mi è capitato di vedere bambini imparare le prime lettere dell’alfabeto scrivendole con le dita nel terreno sabbioso. Non si può certo essere troppo rigorosi e pretendere la bella scrittura.

Negli ultimi due anni questo tipo di scuole sono sorte come funghi in tutta la provincia di Fangak. Forse perché a causa del conflitto gran parte degli uomini istruiti non avevano molto altro da fare. Forse perché abbiamo ricevuto molti rifugiati che stavano già frequentando la scuola nelle rispettive città di Malakal e Bentiu. Ma anche perché, nell’emergenza del conflitto, sono arrivate molte organizzazioni che  sono disponibili a sostenere questo tipo di attività sotto il nome di “child protectionˮ a tutela dell’infanzia, fornendo soprattutto materiale scolastico ma in alcuni casi anche fondi. E’ il caso del GESS che è un programma promosso in Sud Sudan dal governo Britannico che si propone di trasformare la vita di una generazione di bambini – soprattutto bambine – attraverso l’istruzione. Vedi: http://www.girlseducationsouthsudan.org/

E’ facile capire quanto sia importante sostenere l’istruzione in un paese come il Sud Sudan dove circa i due terzi della popolazione è sotto i diciotto anni di età. Bisogna anche tenere conto che se nelle città l’analfabetismo incide sul 60% della popolazione, in aree come Fangak può incidere senza esagerare anche sul 92% della popolazione. Oltre a questo la possibilità che una ragazza ha di poter completare gli studi è estremamente bassa. Osservando la situazione di Fangak posso dire che se in prima elementare metà degli studenti sono ragazzi e metà sono ragazze, in quinta solo quindici su 50 sono ragazze. In terza media nell’anno 2014 abbiamo avuto solo due ragazze su 50, mentre nel 2015 sei ragazze su 50. Purtroppo nessuna delle sei è riuscita a passare l’esame nazionale perché anche le tre più brave su cui contavamo di più, erano già sposate e troppo impegnate nei lavori domestici.

In tutta la provincia c’è solamente una scuola primaria che è in grado di offrire tutte le classi; e questa è la scuola di Fangak con la quale collaboriamo. Il governo locale organizza attraverso i maestri locali le classi dalla prima alla settima (seconda media). Alcune organizzazioni sostengono questa scuola offrendo anche un contributo ai maestri. Noi missionari comboniani gestiamo l’ottava classe (terza media), provvedendo materiale scolastico, pagando due maestri, offrendo qualche ora di insegnamento e assicurandoci che il programma sia svolto in modo da presentare i ragazzi al ministero dell’educazione per sostenere l’esame di stato. Ma questa non è l’unica esperienza: in tutta la provincia si possono contare almeno una trentina di piccole scuole che offrono ai ragazzi le prime classi fino alla quinta o sesta classe (prima media). Cinque piccole scuole sono nate nel seno delle nostre comunità cristiane. Sono sorte grazie all’impegno di alcune famiglie che hanno deciso di offrire ai loro figli questo importante strumento di speranza per la loro vita futura. Loro stessi hanno coinvolto alcuni giovani che hanno frequentato le superiori in città perché siano d’aiuto ai più piccoli. Noi li sosteniamo e forniamo loro lavagne, libri di testo, penne e quaderni. Ma la buona volontà è tutta loro. 

Ovviamente la buona volontà va coltivata. Ecco allora che abbiamo visto il bisogno di incoraggiare i maestri con il corso di formazione di cui vi ho parlato all’inizio di questa lettera. Siamo grati a “Solidarity with South Sudan” – Solidarietà con il Sud Sudan – un gruppo di religiosi di diversi istituti religiosi che si sono resi disponibili per dare il loro contributo nel campo dell’istruzione. Ed è così che abbiamo ottenuto che tre donne delle Suore Scolastiche di Nostra Signora, una canadese e due americane, venissero a Fangak nei mesi di Gennaio e Febbraio per dirigere il corso. Abbiamo inaugurato il corso con una riunione nella nostra Chiesa con la partecipazione di varie personalità del governo locale, tutte persone che fanno parte del gruppo in opposizione al governo nazionale. E’ stata data la parola un pó a tutti. Bona Gai, il rappresentante locale del governo in opposizione, ha aperto il suo discorso dicendo: “Noi Nuer stiamo combattendo il governo nazionale da ormai due anni”. A questa affermazione tutti sono rimasti in silenzio curiosi di sentire quello che avrebbe detto, ricordando che nel 2014 il governo locale aveva tentato di reclutare maestri e studenti. “La vera battaglia che dobbiamo combattere non è quella contro il governo, ma quella della scuola. Oggi stiamo soffrendo perché non abbiamo persone istruite in grado di difenderci in parlamento, prima che nel campo di battaglia. Con la guerra stiamo distruggendo il paese; è solo con la scuola che lo ricostruiremo”. A questa perla di saggezza tutti hanno fatto un caloroso applauso.

C’è un proverbio Nuer che dice “We̠c ni̠ ŋuɛt”: il paese è i suoi giovani, nel senso che confida nei propri giovani. Ma quali giovani? Quelli che fanno uso della violenza? Il proverbio viene infatti usato in tempi di ostilità e ingiustizie per spronare i giovani a difendere il proprio clan combattendo i nemici. Ecco penso che questo proverbio possa diventare molto bello se invece riesce a cambiare il proprio uso e significato. Il paese confida nei propri giovani, soprattutto in quelli che custodiscono in cuor loro un grande ideale, in quelli che sanno rispondere al male con il bene, in quelli che credono che ogni persona può cambiare attraverso il nostro perdono, che ogni persona merita rispetto della propria dignità senza considerare la sua appartenenza tribale. Tutti infatti apparteniamo alla stessa tribù chiamata umanità.

Qualche settimana fa mia sorella Paola mi ha condiviso una bellissima frase di Nelson Mandela: “L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”. Dice bene. Il paese è i suoi giovani. Nonostante la vecchia leadership sia il vero problema del Sud Sudan, il paese prende il volto dai propri giovani. Se questi giovani sono bene istruiti, saranno una benedizione e porteranno un grande cambiamento nel paese. Ma non voglio essere troppo idealista. 

Vedo anche i limiti di una istruzione che non guarda allo sviluppo integrale della persona: diventa un’arma messa in mano ai giovani istruiti perché conseguano i propri interessi privati con più avidità di quanta ne avremmo visto in chi non ha studiato. C’è bisogno di una cambiamento del cuore. E questo viene solo dal Vangelo. Perché la conversione è Vangelo. La riconciliazione è Vangelo. La condivisione è Vangelo. Il dono di sé è Vangelo. Quindi l’educazione merita la sua attenzione. Ma è il Vangelo di Gesù ad essere principio di trasformazione delle persone e quindi anche della società.

 “La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”.

p. Christian Carlassare (Sud Sudan) 

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