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Noi vedemmo la sua gloria

Lettera di Sr. Marianna Santin dal Sud Sudan

Wau, 8 Dicembre 2012

Noi vedemmo la sua gloria

Carissime sorelle e fratelli,
vorrei raggiungervi nel freddo dicembrino con un abbraccio caldo, colorato, profumato di vento e di sabbia da Wau, Western Bahr El Gazal, Sud Sudan dove il Signore nella sua bonta’ mi ha condotto ormai nove mesi fa. Sono profondamente felice nel Signore con le mie gioiose Sorelle di comunita’ e con la cara gente che ci circonda, in particolare con i tanti piccoli e meno piccoli pazienti che ogni giorno giungono all’ospedale. Appronfondire e tenere nel cuore la storia ferita del popolo sudsudanese mi aiuta ad amarlo, a gioire e a camminare insieme nelle tante contraddizioni che vive.  Dopo decenni di guerra e di oppressione in cui hanno dovuto imparare a fare la guerra e a sopravvivere, ora si cerca con inevitabili ricadute di imparare la pace. 

Il mio contatto con la gente avviene soprattutto nell’ospedale diocesano San Daniele Comboni che piano piano si sta ricostruendo e ampliando dopo essere stato usato come ospedale militare per molti anni. Ogni giorno incontriamo in OPD (outpatient department) lunghe file di bimbi, giovani, gravide, adulti, anziani colpiti soprattutto da malaria o infezioni respiratorie... La malaria qui puo’ essere molto forte, non risparmia nessuno se la diagnosi o il trattamento sono ritardati. Ti si trafigge il cuore vedere una mamma o un papa’ portarsi a casa il corpicino senza vita del figlio, che fino a qualche giorno prima stava benissimo. Non abbiamo parole, solo preghiera; alle volte i genitori gridano inconsolabili, ma molto spesso sono loro stessi a ricordarci a Chi apparteniamo: “Il Signore lo ha preso”.

Terminato il giro in reparto, raggiungiamo l’OPD. Entra Deng, un ragazzo dinka, alto, forte, sulla ventina, che mi descrive un dolore alla spalla alquanto strano per caratteristiche e modalita’ di comparsa. Dopo poco il mistero si svela: “Ero un bambino soldato...” Capisco che sulla spalla destra caricava il pesante fucile e il ricordo gli fa ancora male. Lo ascolto, lo rassicuro, gli prescrivo qualcosa, mi sorride rasserenato, anch’io gli sorrido e nel cuore mi prometto di affidarlo a Chi solo puo’ curare il suo male...

Poi entra un ragazzino di 10 anni che accompagna la sorellina di 7 anni che vengono dalla parte piu’ povera della citta, chiamata Eastern Bank. La piccola e’ chiaramente stravolta per la malaria: entra barcollante, occhi gialli e fatica a trattenere l’ennesimo conato di vomito. Li saluto con le mie poche parole di arabo e accarezzando la piccola sento che ha una febbre altissima. Il fratellino mi risponde in inglese, lo incoraggio a continuare, e’ fiero di poter essere utile alla sorellina e del suo inglese! Mi commuovo a vederli uscire dalla stanza con la loro prescrizione in mano. Sento che sono loro la nuova generazione e prego che possano non conoscere la guerra mai piu’, “...non si eserciteranno piu’ nell’arte della guerra” (Is 2,4).

Poi arriva una nonnina che dietro il tob nasconde a fatica un’enorme massa addominale (si rivelera’ una cisti ovarica di ben 10 chili!). Le chiedo da quanto tempo e’ li’, gia’ prevedendo la risposta: ‘Zaman’ che significa “da tantissimo tempo!”. Mentre la riferisco per l’asportazione a sr dr Maria, le cui mani fanno miracoli, gli occhi le si illuminano: dopo tanti anni potra’ vedere il suo problema risolto! Dopo pochi giorni e’ il turno di un’altra ‘aboba’ (nonna) con un’ernia inguinale pure gigantesca. Stessa gioia al sentire che forse si puo’ operare! Commuove vedere come queste anziane per la prima volta possono permettersi di prendersi cura di loro!

Entra una mamma un po’ timorosa, con un vestito sgualcito, con una grossa borsa di paglia, anche lei viene dall’Eastern Bank. Stavolta evito la figuraccia di chiedere: ‘Ma perche’ non ha portato il bambino?’...ho imparato che il bimbo e’ li’, bello schiacciato e cucinato dentro la borsa! Sconsolata apre infatti la borsa e vedo un neonatino cianotico, appiccicaticcio, che respira a malapena, un brivido mi attraversa la schiena: ho gia’ visto tanti piccolini arrivare troppo tardi e morire nelle nostre braccia...Istintivamente metto il fonendo sul cuoricino: e’ bradicardico, ha una brutta polmonite ma il battito c’e’ ancora. Per accelerare i tempi corro io stessa in reparto con il bimbo. Connettiamo l’ossigeno, lo ventiliamo, qualche massaggio al cuoricino, iniziamo la terapia...contro ogni previsione il piccolo Chol si riprende e nei giorni successivi risponde bene. Il nostro cuore trabocca di gioia. Ringrazio il Signore che ascolta la nostra preghiera e imparo che bisogna crederci sempre!

A volte la gente e’ tanta e quando, dopo 50 o piu’ pazienti, la stanchezza vorrebbe fare capolino ti arriva un altro piccolino con convulsioni per la malaria... e’ ancora Lui che arriva per farsi accogliere e amare! Come puoi sentire la stanchezza e non sentirti benedetta da questa abbondanza di Dio che ti viene donata? E sul finire della lunga mattinata quando riguardi la lunga lista dei pazienti visitati Lui mi fa sorridere ricordandomi la promessa: chi lascia casa, madre, fratelli per per Lui, ricevera’ il centuplo in fratelli, sorelle, figli!

Poi si torna in reparto. La vita esplode: tantissime sono le mamme gravide, i parti, i piccoli che nascono ma anche i drammi di chi perde ancora un figlio prima che nasca o di gravi complicanze ostetriche dovute a precedenti parti nei villaggi.

Grazie ad un affiatamento che si costruisce giorno dopo giorno con il personale locale, inevitabilmente poco qualificato e spesso analfabeta, e qualche infermiere keniano o ugandese riusciamo ad accomodare nell’unico reparto per ora funzionante bimbi, gravide, adulti, anziani! “Uniamo insieme le mani” ci invita il nostro Comboni! Speriamo per Natale anche il reparto di maternita’ sia pronto! La nuova scuola infermieri e il coinvolgimento del personale locale sono una priorita’ e una grande sfida...ma che gioia quando Anna, una infermiera abituata alle negligenze e probabilmente frustrazioni del vecchio sistema (appena arrivava si sedeva e ti faceva capire che lei parlava solo arabo) ora si muove felice nel reparto e con una velocita’ incredibile prepara e infila flebo di chinino. Non solo, mentre ti rivolgi a lei con il tuo povero arabo per farla sentire accolta, lei cerca di risponderti in inglese! I miracoli dell’amore!

Ancora solo due indimenticabili pagine di Vangelo delle tante che resterebbero ancora da raccontare...

Justine, 4 anni, ci arriva dispnoico, terribilmente edematoso, scopriamo presto che la polmonite ha scompensato una grave cardiopatia. E’ un bambino serio, ci tiene il broncio, non sorride...ma dopo qualche giorno, mentre sr Maria gli ausculta per l’ennesima volta il cuore affaticato, lui infila felice la manina nella tasca del camice di Maria dove ha osservato che lei tiene le caramelle per i bimbi! Ma il cuore di Justine e’ stanco, anche il fratellino di 1 anno e mezzo lo osserva pensieroso, e nella commozione di tutti un mattino presto ritorna a Casa. La mamma ci racconta tra le lacrime che il piccolo Justine il giorno prima aveva pregato cosi’: “Gesu’ vieni a prendermi presto!”

Non ha forma o bellezza da attirare i nostri sguardi..” (Is53,2). Confesso che ho tremato un attimo appena ho scoperto il lenzuolino che copre una neonatina di 7 giorni con gravissime malformazioni. Ogni voce dentro e fuori di me subito tace. Sento lontane le domande degli studenti infermieri vicino a me che chiedono: “Ma come respira? Come si nutre? Non ha occhi, non ha cranio...” Solo contemplo la straordinaria naturalezza e tenerezza con cui la madre fa scendere alcune gocce di latte nell’unica cavita’ che funge da bocca e naso della piccola. La mamma non fa domande, solo ama la sua bellissima creatura. E’ un miracolo che la bimba sia viva, sappiamo che non restera’ a lungo, sr Maria chiede alla mamma se desidera battezzare la piccola. La mamma alza il capo, dolcemente fa cenno di si’. Maria la invita a scegliere il nome. “Sunday!” risponde la mamma senza esitare. Sunday, il giorno della Resurrezione! Rimaniamo senza parole. Sunday, splendore del Calvario e di Betlemme, torna a Casa al mattino presto qualche giorno dopo e troviamo la mamma che non trattiene calde lacrime: davvero le voleva bene! La commozione e’ grande:

E la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre,
piena di grazia e di verita’
” (Gv1,15)

Nel silenzio della notte africana questi piccoli mi insegnano che da quando Dio e’ venuto nel mondo, il valore della nostra vita non sta nelle cose che siamo in grado di fare o di non fare...ma siamo la luce, la grazia e la verita’ che accogliamo e condividiamo, siamo quello che permettiamo all’Amore di fare in noi, nonostante tutto il buio che puo’ esserci dentro o fuori di noi!
Questo ci auguro per il santo Natale che si avvicina, facciamo nascere l’Amore in noi e attorno a noi! Vi porto nel cuore e nella preghiera, e anche voi ricordate il caro popolo del Sud Sudan e questa vostra sorellina! Maria, sorella e madre, ci accompagni nel cammino!

Nel Signore,
sr Marianna

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