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Il momento degli adii

Gli ultimi saluti all'Uganda che invia Padre Maurizio verso l'Italia

il mio ritorno dal Kenya avevo già notato strani movimenti al Centro Catechistico solo intuendo che si stesse organizzando un farewell, una festa per la mia partenza.

E fu così che il 12 Giugno il giorno da me tanto temuto arrivò e questo era anche il giorno che avevamo già programmato per l’incontro col team di catechisti che insegnano nei corsi vicariali. Non era previsto che vi partecipassi, ma dato che come sapete si tratta di una esperienza nuova e che il mio successore non ne aveva fatto ancora parte più di tanto, (e visto che per colpa della festa ero ancora a Ngetta…) la mia presenza fu provvidenziale; diversi punti furono chiariti e questo mi dette davvero la certezza che le cose sarebbero continuate per il meglio.

Dopo l’incontro tutto si mise in moto per la sera. Alla celebrazione erano state invitate persone dalle diverse istituzioni sulla colina di Ngetta oltre che ad amici,  catechisti e preti e nientemeno che il vescovo di Lira ed il nostro Provinciale, il responsabile dei missionari in Uganda.

Il vescovo arrivò reduce da un incontro fiume (la consulta diocesana) che dovette essere interrotto dalla nostra celebrazione; quando arrivò era davvero ai minimi termini… eppure si mise subito in moto e fu brillante come sempre. I catechisti avevano organizzato tutto davvero molto bene e mi dette gioia vedere la LORO gioia. Questo contribuì a rendere una situazione penosa come quella di un addio molto meno pesante.

Durante la Messa il vescovo si rifece al progetto di elettrificazione rurale che nell’ultimo anno ha portato molte zone della nostra diocesi ad avere i pali della luce, ma non ancora… la luce (e chissà se e quando arriverà)! E ci invitava ad essere noi elettrificazione, ma più funzionale dell’UMEME, l’azienda della corrente elettrica. Noi siamo stati chiamati ad essere luce del mondo, mica l’UMEME, dopo tutto! Il suo linguaggio fu così vivido che andò a segno perché comprensibile a tutti.
Il messaggio era tanto più significativo perché ancora non era stato possibile farlo incontrare coi 18 catechisti che guidano i corsi vicariali a cui lui tiene tantissimo. Così oggi poteva parlare anche a loro! Era importante che questo incontro avvenisse e diverse volte avevamo tentato di organizzarlo, ma per via dell’agenda estremamente fitta del vescovo questo non si era ancora reso possibile, tenendo conto anche che il team si riunisce al centro soltanto tre volte in un anno e per un giorno solo.

Alla fine della Messa ci furono gli immancabili discorsi che però, per fortuna, furono ridotti rigidamente all’essenziale. Questo fu probabilmente il momento più toccante per me e per molti… Soprattutto i due catechisti con cui ho lavorato negli ultimi anni al Centro, Celestino e Sam Bob erano molto commossi e riuscirono a mala pena a parlare. Il loro inglese, soprattutto quello di Celestino non è proprio il massimo, quella sera fu… estremamente traballante. Forse erano anche preoccupati per il cambio della guardia al timone del Centro, ma credo che abbiamo davvero lavorato con piacere assieme e che fossero sinceramente dispiaciuti. Uno dei due quasi scoppiò in lacrime…

Quando toccò a me parlare manifestai tutto il mio disagio per questa celebrazione che certamente non avrei desiderato se solo fossi stato interpellato. Se hanno fatto tutto questo per me che ho lavorato in diocesi per soli 7 anni, cosa mai dovrebbero fare per altri missionari che hanno speso la loro intera esistenza nella diocesi di Lira? So certamente di aver ricoperto un ruolo importante e di aver fatto un buon lavoro, ma son anche consapevole di non aver fatto niente più di quello che avrei dovuto e dunque ero estremamente riconoscente per tutti questi apprezzamenti che ritenevo, alla fine, davvero esagerati. Il fatto che fossero presenti sia il vescovo che il Provinciale da Kampala fece certamente onore sia a me che a tutti noi missionari però mi appariva, nei miei confronti, eccessivo.

Come 17 anni prima la Chiesa italiana mi aveva inviato in quella che sarebbe divenuta la mia seconda patria adesso era come se gli ugandesi m inviassero in Italia. Quello che può apparire un pò retorico è invece profondamente vero perché questi anni mi han certamente cambiato ed il Maurizio che torna non è, a parte i tanti nomi acquisiti, lo stesso che arrivò. L’Uganda mi ha cambiato, nel bene e nel male, e mi ha fatto crescere. La presenza del Vescovo –benché lui pure italiano- ben significava questa realtà. E poi condivisi coi catechisti e coi presenti anche il prezzo di questo interscambio ecclesiale tanto arricchente. Un pezzo di cuore sarebbe senza dubbio rimasto in Uganda mentre il resto sarebbe partito per me. L’anatomia dei missionari è così anomala che se ne possono trovare pezzi sparsi dappertutto, ovunque abbiano avuto la ventura di vivere e condividere, a fondo. Di certo sarebbe  caso clinico da approfondire...

Un altro momento commovente fu quello dei regali, quando gli intervenuti, pochi alla fin fine, si fecero avanti con pacchi e pacchetti. I catechisti del centro mi avevano comperato un sacco di aggeggi tra magliette e oggetti africani e mentre tanta gente danzando mi portava qualcosa un gruppo di ragazzi mi si parò d’avanti con un pacco enorme. In quel momento ero così confuso che non cercavo neanche  di indovinar cosa ci fosse dentro, limitatomi abbracciare i ragazzi con un pò di lacrime agli occhi.
Il giorno dopo, con mia grande sorpresa, trovai che si trattava di un mio ritratto. 
UN MIO RITRATTO… roba da ridere! Con una scritta in inglese e in lango che spiegava il motivo della loro riconoscenza. Si tratta infatti di un gruppo di ragazzi che fanno fatica a trovare il denaro necessario per studiare. A tutti loro ho sempre detto che soldi non gliene avrei mai dati, ma lavoro pagato si, e siccome mai nessuno li avrebbe assunti altrove erano molto grati per questo aiuto. Come dire: non dare il pesce ma l’amo per pescare…Tra l’altro alla fine delle vacanze qualche aggiunta strategica c’era sempre alla bisogna. Qualcuno di loro che si preparava per un corso di specializzazione ha lavorato con noi anche un anno intero prima di tornare a scuola. A volte mi son chiesto se non fossi troppo duro con loro, però alla fine, a giudicare dalla loro riconoscenza, sembra che invece ci abbiano apprezzato molto. E dico CI perché mai ho preso una decisione senza prima consultare i miei due colleghi catechisti, visto che sei occhi ci vedon meglio di due.
Ed è stato proprio questo lavoro d’equipe che alla fine è risultato vincente,è proprio questo il tipo di formazione che vogliamo dare agli stessi catechisti: lavorare per Cristo, lavorare per la gente, ma.. sempre assieme alla Chiesa che concretamente sono i tuoi collaboratori e la gente che Dio ti affida.

Tutto si concluse con la cena, semplice, a base di cose buone lango. E poi…a nanna visto che ero e penso che tutti erano, distrutti.

Ma prima ancora una piccola emozione. Mi fu detto che un bambino aveva un regalo speciale per me, un piccolo leprotto; un bambino che conoscevo ma che non era stato invitato alla celebrazione. Però avendo trovato quel piccolo tesoro, aveva deciso che quel leprotto doveva essere proprio mio;  allora, messolo in una busta di plastica, insisté per entrare. Quando me lo trovai davanti era così emozionato che scappò senza dirmi nulla dopo avermi consegnato quel piccolo involto. Proprio carino e tenero quel batuffolo grigio che però difficilmente sarebbe sopravvissuto. Ma non così piccolo era il pensiero di Emmanuel che mi resterà sempre impresso, un pò come il gesto spropositato della donna che unse i piedi a Gesù prima della sua passione.

Dopo tutto quel trambusto mi resi conto che davvero il mio tempo in Africa era finito e che era ora di pensare ad altri lidi. E allora coraggio Maurizio, che il Signore ti aspetta altrove e non c’è proprio da preoccuparsi di niente, anche se il cuore, si sa, un pò sanguina.

p.Maurizio Mulengèra, Arali, Ayiko, Kamugisha, Bwambale, Obanga tye Kedwa, Okello, Biz’Imana


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