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E' stato bello

di p. Maurizio Balducci dall'Uganda

È STATO BELLO…

Lettera di p. Maurizio

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Settembre 2005

È stato bello tornare in Uganda dopo più di un anno di…esilio.

Naturalmente, com’è logico, non c’è rosa senza spine e come (e più?) di sempre è stato difficile lasciare la mia casa e la mia Firenze. Ma questa è la vita del missionario che lascia pezzetti di cuore ovunque…

È stato bello rivedere scene e luoghi familiari; i 40 Km di strada da Entebbe a Kampala sono come un aperitivo all’Uganda: rivedere la rigogliosa vegetazione del Buganda e gli enormi alberi che scendono fino alle sponde dell’immenso Lago Vittoria; i gruppetti di persone che camminano ai bordi della strada e specialmente le donne coi loro lunghi, coloratissimi e svolazzanti vestiti tradizionali, i Gomes, che portano sulla testa cesti pieni di ortaggi, pesanti Kikopu, le borse da spesa fatte con foglie colorate (coloratissime) intrecciate di palma in mano e magari un bimbo piccolo sulla schiena…

È stato bello vedere la gente incontrarsi per la strada dandosi grandi pacche sulle mani e violente strette, mentre si scambia un lungo saluto e sempre con un gran sorriso della bocca che apre soprattutto la profondità del cuore e dell’animo!

È stato bello ritrovarsi (finalmente) a guidare “normalmente” sulla sinistra, accerchiati da una moltitudine di boda boda (mototaxi) e da una schiera di bianche auto giapponesi di seconda mano guidate senza troppi complimenti né apparenti limiti di velocità. Non troppo bello è stato invece ritrovarsi nella diuturna bolgia del traffico di Kampala e nello smog, prodotto dalla immancabile e abbondantissima polvere e dai gas della miriade di -spesso sgangheratissimi- matato (taxi collettivi).

È stato bello risentire i profumi familiari dei frangipane e dei gelsomini e anche (sic!) quelli dei monti di spazzatura che fermentano abbondanti ai lati delle strade…

È stato bello ritrovarsi in un ambiente giovane, dove miriadi di bambini che tornano da scuola vestiti nelle loro uniformi scorrazzano per ogni dove. E poi ancora i molti giovani, perlopiù studenti delle superiori e dell’università.

È stato bello rivedere tante persone care con cui si è condiviso tratti di cammino assieme, poterle riabbracciare, gustare il suono delle loro voci, assaporare con gusto la loro preziosa presenza di cui si è stati privati per un po’ di tempo…

È stato bellissimo rivedere i bambini che, cresciuti, magari si avvicinano a te con un po’ di timore (che dura poco) come se fosse la prima volta che ti vedono. E veder come Dio ha continuato a essere presente nella storia e nella vita di tanta gente e ringraziarlo della sua Signoria provvidente nella mia vita e nella vita di tanti.

È stato bello ascoltare i racconti delle cose successe in questo anno e sentirsi chiedere di fare altrettanto, prova di una lontananza solo fisica…

È stato bellissimo, poi, celebrare dopo tanto tempo the Nine O’clock Mass a Mbuya Parish. Ritrovarsi una volta ancora in questa grande chiesa a forma di capanna dedicata alla Regina d’Africa, in mezzo a una moltitudine in festa per la Pasqua settimanale che è sempre diversa settimana dopo settimana.

&EGrave; stato bello riascoltare le bellissime melodie provenienti da varie tribù ugandesi cantate con gusto dall’intera assemblea e ritmata da vivaci battiti delle mani. E poi il rullare dei tamburi la cui musica sembra entrarti nelle ossa, nelle viscere… E il dolce e un po’ scomposto suono degli adungu, specie di arpe usate nel nord Uganda.

Chiudere gli occhi e pensare: sono a casa, tra la mia gente!

Il giorno dopo il mio arrivo mi sono recato a Namugongo per vedere il mio Provinciale e così programmare il mio futuro. Ma quale occasione migliore per pellegrinare al cuore dell’Uganda, il luogo del martirio dei giovani Charles Lwanga e dei suoi amici, molti dei quali furono bruciati vivi qui. E qui sono ancora oggi vivi, vivissimi, irradiando la luce della loro protezione sopra tutti noi. Che bello inginocchiarsi una volta ancora davanti alla stella situata alla base dell’albero dove Lwanga fu bruciato da solo, capo del gruppo, lentamente, iniziando dai piedi. “Ciao, Karlo, sono tornato sai? E a te e ai tuoi amici affido la mia nuova missione al nord, dove tante sorelle e fratelli vostri continuano a vivere la medesima storia di martirio che viveste voi”.

Dopo pochi giorni già viene il momento di partire per Lira, al centro nord dove tuttora mi trovo. P. Moroni il mio parroco è venuto a prendermi, dato che tornando dall’Italia avevo un bagaglio pieno di piccoli regali portati per gente che ancora non conosco, ma che è destinata ad essere LA MIA GENTE!

Gli amici di Firenze mi hanno ben rifornito di campioncini di profumo, di balocchi e di gingilli che faranno la gioia di tanti. Ricordo quando anni fa regalai alla moglie di Amasio, un catechista in gambissima, una di queste fialette e prima che potessi dir qualcosa ne assaggiò un goccio… Non le piacque troppo, a giudicare dalle smorfie e io ne approfittai per spiegarle che … non è così che va usato. Una volta che l’ebbe annusato fu ben più contenta ed esclamò: gu andrikandri (profuma buono!).

È bello vedere i sorrisi accendersi smaglianti sui volti al ricevere queste piccole cose con stupore e meraviglia, come se ci fosse stato regalato il mondo intero. Quanta nostalgia avevo di questa semplicità piena di vita tornando dall’Italia dove troppo spesso la gente sembra sofisticata, annoiata, incapace di sorridere…

Questo già mi è capitato il primo giorno che ho messo piede nel st. John Bosco Catechist Pastoral Centre - che sarà il mio campo di lavoro nei prossimi anni - per la prima messa coi nostri studenti catechisti. Pensando a loro avevo comperato dei cartoncini con l’immagine del Papa. Ne avevo comperati 60 pensando che fossero più che sufficienti ed invece… Contando male ne avevo anche presi solo 59, che poi è risultato essere esattamente il loro numero. Quante volte succede anche nelle celebrazioni che quei frammenti del Corpo di Cristo senza averli contati siano esattamente quanto la gente! E come fai a non pensare che Lui li avesse contati per loro? Lui che non solo conosce il numero (cosa banale e massificante) ma soprattutto il nome e la storia di ciascuno di noi. E a ciascuno si fa dono perché la vita abiti in ME (noi)…

Quanti applausi mi son preso per quel semplice dono che non mi era costato quasi niente, anche se veramente li avevo comperati col cuore, pensando a queste persone che avrei presto incontrato. E quanto entusiasmo in quella celebrazione, anche se di lì a poco gli studenti avrebbero iniziato gli esami del secondo trimestre.

Qui a Ngetta (il centro parrocchiale) la situazione è abbastanza tranquilla, ma già ad una decina di chilometri da qui nella stessa settimana ci sono stati due casi di gente rapita di cui solo alcuni sono per ora tornati. Nel breve tragitto di qui alla città si incontrano alcuni dei molti campi di rifugiati: gente Lango esule in casa loro… Con noi abitano i due comboniani della parrocchia di Aliwang, anch’essi rifugiati: molte persone di Aliwang abitano qui nei campi ed essi dividono il loro tempo tra la gente che sta a casa loro ed i molti che ancora stanno nei campi. Il p.Guido ha pagato di persona la sua fedeltà alla gente ricevendo l’anno scorso una bella pallottola nella mano. E gli è andata anche bene perché, come vi dissi una volta, i guerriglieri avevano promesso di farlo cuocere ben bene e poi di farlo mangiare ai suoi parrocchiani. Lui dice che al momento del (brutto) incontro non ebbe neanche tanta paura e che riuscì perfino a far pregare quelli che poi gli avrebbero sparato. Ma poi ebbe bisogno di un lungo periodo per riprendersi dallo shock.

Adesso una volta ancora mi vedo trasformato in atin kwan (studente), alle prese con una lingua nuova di cui in questi miei anni ugandesi avevo conosciuto soltanto poche semplici parole. Una volta ancora mi trovo a vivere quella esperienza non troppo gratificante di desiderare di stare con la gente e comunicare con loro e poter farlo solamente…con un sorriso. È vero che spesso questo vale più di tante parole, magari pronunciate senza troppo entusiasmo né convinzione, però… non basta. Questo sarà il mio impegno principale per alcuni mesi, e lo stare chino sui libri e balbettare come un bambino sarà il mio segno di fedeltà a questa gente, per la quale e per diventare il più possibile uno di loro affronto questa ennesima prova.

Mi consola che assieme a me a imparare la lingua ci sia anche il nuovo vescovo, il comboniano p. Franzelli che è stato formatore nel nostro seminario di Firenze fino al ’95. Nonostante la sua riluttanza e quella dei comboniani ad accettare quest’incarico, la Santa sede ha insistito perché fosse lui a prendere in mano la situazione alquanto complicata di questa nostra diocesi di Lira. Ormai è passato il tempo in cui i vescovi ugandesi erano missionari e bianchi, e questa diocesi, nata staccandosi dalla diocesi madre di Gulu che una volta comprendeva tutto il Nord Uganda, fu subito guidata dal vescovo africano Asili: così non è mai stata retta da un missionario. Certamente questo fatto non è un grande onore per la diocesi, anche se possibilmente si tratterà di un impegno a breve termine che offre tra l’altro la possibilità di riflettere sul fatto che la Chiesa è comunque universale e non è certo scontato che il vescovo di qui debba essere per forza un Lango.

I preti di Lira non hanno visto questa nomina di buon occhio mentre grazie a Dio, la nostra gente semplice l’ha accolto con grande entusiasmo, assiepandosi festante lungo i 40 Km di strada che da corner Kamdini porta al capoluogo. La scelta di essere consacrato vescovo qui e non in Italia, assieme alla sua affabilità e semplicità l’hanno reso immediatamente popolare a tutti. Mi viene da pensare a quello che sta succedendo anche a papa Benedetto…

E così assieme a me vi chiedo di pregare anche per il nostro Episcopi, perché il Signore guidi entrambi, assieme ai comboniani e alle comboniane e al nostro popolo, soprattutto ai sempre meravigliosi catechisti, in questa nuova (per me) tappa della secolare avventura del Vangelo, di cui all’inizio di questo millennio (quante volte ce lo hanno detto, ma ci abbiamo riflettuto davvero?) noi e voi assieme siamo i primi responsabili.

Buon cammino!

p. Maurizio Murèngera Ayiko (tuttora in attesa di un nome Lango..)

p. Maurizio Balducci - Comboni Misionarios - Box 43 - Lira - UGANDA

A cura del Gruppo Missionario Parrocchiale di San Jacopino (FI)
per contatti:
Piero e Patrizia Grillo - tel. 055/333415 - e-mail: grillo.fam@tin.it

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