Ragazzi di strada & Coca Cola
di p. Ottavio dal Mozambico
Beira, 5 novembre 2000
RAGAZZI
DI STRADA & COCA COLA
Cari amici, sono
in Mozambico da una settimana e questa volta al posto del solito editoriale
desidero raccontare alcuni momenti della mia prima giornata e mezza. Arrivo
a Maputo alle 11.00 e vado subito alla Conferenza annuale dei Superiori degli
Istituti religiosi. Il tema trattato in quel momento è quello della inculturazione
della vita religiosa nella realtà del Mozambico e il tipo di presenza delle
comunità religiose. Accolto con molta cordialità saluto tutti e, in
particolare, i Superiori degli Istituti
soci dell’EMI. Colgo l’occasione per presentare il n. 2 dell’anno 2000
della rivista Ad Gentes che contiene
uno studio di Giuseppe Frizzi sulla evangelizzazione biblica e la valorizzazione
dei gesti in Mozambico dal titolo: “Tradurre e visualizzare la Bibbia in
lingua scirima”. Nel
primo pomeriggio parlo con Mathias, un giovane proveniente dall’Angola, che
lavorerà in una comunità missionaria nel nord del Mozambico. Usciamo assieme
per le strade di Maputo, nelle zone di periferia. Mi dicono che oggi ci sono
molti ragazzi per le strade perché sono iniziate le vacanze scolastiche. Quasi
tutti giocano e ridono. Ridono molto con un riso chiassoso che ti coinvolge.
Altri riempiono catini con la sabbia accumulata al margine della strada. Altri
riempiono secchi d’acqua sporca che fuoriesce da un tubo rotto. L’acqua è
un problema serio per i quartieri periferici. Qui, mi dicono, si raccoglie e si
vende tutto per un po’ di meticais, la moneta locale. Un dollaro vale 17.000
meticais. Ho cambiato 100 dollari e mi sono trovato in mano un mucchio di
banconote per il valore di un milione e settecentomila meticais. La paga mensile
di un lavoratore è di circa 700/800.000 meticais, poco meno di 50 dollari. Verso
sera mi hanno accompagnato a Matola, città satellite di Maputo. In pochissimi
anni è passata da 50.000 a 600.000 abitanti. Lì c’è una grande industria
per la produzione di alluminio. E’ un “regalo” dell’Australia. Una di
quelle industrie superautomatizzate il cui personale è formato da supertecnici
quasi tutti provenienti dai paesi ricchi. Al paese ospitante vengono regalate
molta ma molta contaminazione e pochi ma proprio pochi posti di lavoro in aree
marginali quali le pulizie dei locali e la vigilanza. Queste fabbriche sono un
modo facile per i paesi ricchi per poter dichiarare che i loro tassi di
inquinamento diminuiscono in conformità agli orientamenti di Rio, di Kyoto e di
altre grandi conferenze mondiali. A
Matola ho visto e incontrato anche una quindicina di giovani mozambicani che
vogliono diventare missionari. Nella loro formazione sono accompagnati dal p.
Juan, di origine spagnola, e da p. Toño, proveniente dal Messico. Il
giorno seguente prendo l’aereo per Beira dove mi accoglie all’aeroporto un
gruppetto di persone. P. Filomeno mi accompagna a visitare la città. Sembra che
abbia fretta di farmi vedere ogni cosa. Tra le tante cose interessanti non posso
tacerne due. Una
veloce vista alle carceri dove in uno spazio tremendamente limitato ci sono
circa 500 detenuti. All’infermiere lasciamo delle compresse di vitamine. Lui
stesso afferma che la quantità del cibo è aumentata ma la qualità lascia
molto a desiderare. Mi chiedono di ritornare per celebrare la Messa. Poco
lontano, andando verso il centro della città, un gruppetto di ragazzi riconosce
la camionetta di p. Filomeno, che si ferma e li invita a salire. Li portiamo a
fare un giretto. Sono ragazzi di strada. Sul lungomare ci fermiamo a parlare con
loro e poi offriamo una bibita a tutti. Naturalmente chiedono Coca Cola. Nella
città di Beira c’è un solo monumento. Il monumento alla Coca Cola. Su una
base di pietra troneggia una grande bottiglia: la bottiglia della Coca Cola.
Entriamo in un piccolo locale e gli 8 ragazzi si siedono attorno a due tavoli.
Il padrone del locale ci guarda. Capisce che siamo due padri. Senza dire nulla
mette su un vassoio 10 paste e le regala ai ragazzi e a noi dicendo: “Quando
si vede che c’è qualcuno che si impegna per gli altri, non si può rimanere
indifferenti”. Con
amicizia e stima... p. Ottavio Raimondo
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