Ho
cercato l'indirizzo tematico di….Dio.C'è
da impazzire; in quale cervellone lassù sarà memorizzato? Gli costerebbe così
poco giocherellareun po', e…
mettersi in contatto. Sono curioso di chiedergli che cosa ne pensaLui del 2000. Dopo tutto è stato proprio Lui ha dar inizio a questastoria "infinita". Attendo, ma la posta elettronica non apre.
Ricorro al un metodo,un po'
antiquato, di una normale lettera scritta a mano e vi leggo: "In passato ha
parlato per mezzo di molti profeti (la CNN e la posta elettronica non c'erano
ancora!) e ultimamente, in questi giorni, ha parlato per mezzo del suo
Figlio". Avrà un recapito questo suo Figlio, oggi? Una cosa è certa: egli
parla ai nostri giorni a quattr'occhi, in carne ed ossa, comeparla un Figlio. Questo sì che è una nuova maniera personalizzata di
comunicare. Parlare a quattr'occhi e a distanza ravvicinata. Vi racconto come.
Ecco
come avvenne. Sono andato a visitare i due preti sudanesi del ben noto caso
delle esplosioni di Khartoum (luglio ’98). Sono ancora in prigione. Sono
proprio a quattro passi da casa mia. Ero andato altre volte, ma nonsi erano ancora totalmente rimessi dalle torture sofferte, dalle
privazioni, dalle umiliazioni. Ma questa volta ho trovato il Padre Ilario Boma
"su di susta", libero di mente, chiaro, pronto a condividere, a
parlare. E mi parlò di quello che gli successe durante tre interminabili ore
dopo che quelli della sicurezza (polizia militare nei regimi dittatoriali) lo
portarono di fronte al vescovo Sudanese Daniel Adwok perché, questi, sentisse
la sua "confessione" di colpevole pentito. Era l'11 agosto 1998. P.
Ilario non rispose a nessuna delle domande pressanti che il vescovo gli pose.
Veniva, evidentemente, dalla dura prova delle torture. Finito il colloquio lo
portarono in un'altra stanzetta. Gli dissero che aveva una mezz'ora di vita
ancora, poi l'avrebbero ucciso. Gli puntarono la pistola alle tempia ripetendo
continuamente e minacciosamente che aveva pochissimo tempo da perdere. Se voleva
salva la vita gli bastava che dichiarasse di essere mussulmano. P. Ilario, (è
lui che mi riferisce), dichiarò che gli interessava più Cristo che la vita,
che con lui il gioco della pistola non funzionava. Anzi se doveva morire
perdonava già tutti in anticipo.
Lo
spogliarono nudo perché erano sicuri che questo figlio dell'Africa pagana prima
o poi avrebbe ceduto. Bisognava prepararlo alla circoncisione! Per tre ore
pistola alla testa, nudo come Cristo sulla croce, la minaccia della
circoncisione. Era all'estremo delle forze. Intervenne un ufficiale che si rese
conto dello stato di debolezza di P. Ilario. Non volevano farne un martire. Lo
trasferirono nella stanza chiamata dell'attesa, quella in cui si attendesolo la morte. Lì P. Ilario vi rimase in isolamento assoluto
fino a febbraio 1999. Fu solo a Natale che si rese conto che non sarebbe stato
giustiziato. Il primo Vice Presidente gli aveva mandato gli auguri di Buon
Natale!
Ora
che si trova in una prigione "normale", lontano dalle mani della
polizia militareproclama il
vangelo ai prigionieri, compone "canti dalla prigione", insegna ad un
paio di cristiani che fanno da direttori di coro come animare coi canti la messa
domenicale. Il suo caso e dei suoi compagni è ora, per decreto del Ministro
della giustizia, di competenza di un tribunale civile di Khartoum. E' questione
di tempo e saranno liberi, speriamo.
Come
mi parlava P. Ilario mi appariva via via sempre più come un testimone, non più
un accusato. Ha testimoniato Cristo, il Figlio, l'ultima e finale Parola di Dio
in "carne ed ossa".Se ci
sono uomini e donne di tale fede e fortezza d'animo, è perché Cristo é vivo.
Certamente Cristo non parla solo dalla prigione. In mille maniere lo proclamano
vivo i suoi!
Vi
auguro che vi parli Cristo, che venga reso presente in mezzo a noi. Occorre solo
cuore buono e un briciolo di fede. Un caro abbraccio.