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2020-Monica-Sud Sudan

Lettera di Monica Gaspari, missionaria laica in Sud Sudan

L’augurio è di essere consapevolmente sereni pur nella tempesta

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Amici e amiche,
Vi voglio raggiungere in questo momento particolare con un augurio di risurrezione e di fiducia.
Il mondo intero sta guardando Bergamo, città prima sconosciuta ai più, ora nominata e ricordata negli angoli più remoti e impensabili.
Uno di questi luoghi è il Sud Sudan, non solo Yambio dove sono adesso, ma anche Cueibet, dove ero l’anno scorso, e Korogocho, in Kenya, dove sono stata in passato.
A Yambio prima che la scuola chiudesse, ogni mattina uno studente si alzava in piedi nell’assemblea per affidare alla protezione di Dio le sorelle e i fratelli di Bergamo, gli italiani, provati dalla sofferenza della malattia, per benedirli.

Una mattina di quelle, avevo la prima ora di matematica, dopo l’appello, Meling alza la mano e chiede la parola: voleva esprimere a nome della classe a me, alla mia famiglia, ai miei amici, ai bergamaschi e a tutti gli italiani la sua solidarietà.
Ha guidato la classe in una preghiera dove il messaggio principale era più o meno questo: “Quello che succede a te e alla tua gente è come se succedesse a noi, la stessa pena che provi tu è la nostra, non possiamo rimanere indifferenti quando la nostra famiglia soffre, e voi siete la nostra famiglia perché noi siamo uno. Non c’era un voi… c’era la partecipazione semplice di chi ha sofferto molto nei suoi venti anni di vita.

E poi Daniel Deng alza la mano: “Tu sei l’insegnante, ma è come se fossi tornata bambina, perché adesso tu hai bisogno di aiuto. Perciò mi permetto di parlarti così, come farebbe un padre con la figlia. Ti posso insegnare qualcosa, perché la guerra mi ha insegnato molto, e tra questo molto c’è anche come reagire al dolore, alla perdita, alla morte. La prima cosa è non diventare insensibili al dolore degli altri, perché il loro è anche il mio dolore. Secondo: non smettere mai di sperare, anche di fronte alle cose più terribili, non possiamo smettere di essere speranza per noi stessi e per gli altri. Terzo: non soffrire da sola pensando che questa cosa riguardi solo te. Ci riguarda tutti perché la sofferenza è parte della vita, è vita! Non possiamo far finta che non ci sia. Non ce ne dobbiamo vergognare, siamo esseri umani, siamo fatti così”.

E poi Chap Kim, Alemiga, Margaret, Arkangelo il più giovane, Andrew, Michael, Doctrine, Achuil, Bati, Isaac, John, e… Riak!
Riak è un Nuer di poche parole, è secco come un’acciuga perché mangia pochissimo. L’espressione del suo volto passa da una serietà inquietante ad un sorriso disarmante e contagioso. Lui è stato torturato durante la guerra, ne porta i segni sul corpo e nella mente, ma è un grande, di un’intelligenza pungente e brillante! Ha parole di consolazione, di fiducia nella vita e in Dio. È la prima volta che prende la parola di fronte alla classe.

Adesso che sono tornati alle loro case mi chiamano praticamente tutti i giorni, per sapere come stiamo qui al college, come sta la mia famiglia, mi chiedono com’è la situazione in Italia, mi assicurano le loro preghiere quotidiane e mi garantiscono che saranno molto prudenti: distanziamento sociale, stare a casa, lavarsi le mani spesso… Mi ripetono le linee guida di come bisogna comportarsi per prevenire il virus. E poi mi dicono: “Ci vediamo presto”.
Noi, gli insegnati che sono rimasti, cerchiamo con le risorse che abbiamo di fare lezioni a distanza. Per me vuol dire mandare un sms giornaliero a tutti con un tema di matematica. Per Allan, insegnate di inglese, correggere le pagine del “Journal”, il diario, che gli studenti scrivono settimanalmente. Per Guille, insegnate di “Professional Studies” ̶ un insieme di pedagogia, didattica e psicologia  ̶  significa chiamarli al telefono per monitorare il progetto comunitario che hanno messo a punto prima di partire sul tema della prevenzione del virus. È incredibile: in tanti ci mandano i loro compiti! Piccole cose, piccoli gesti, ma che dicono di vicinanza, affetto, fiducia, speranza. Comunicare per sostenersi a vicenda, per sentirsi vicini nonostante la lontananza.

Cosa succederà in Sud Sudan? Nessuno lo sa, è difficile da prevedere.

We trust in God, we listen to the Spirit e we continue to be honest.

Abbiamo fiducia in Dio, ascoltiamo lo Spirito e continuiamo ad essere onesti: questo si sono detti gli studenti prima di partire. Questa è la strada.

L’augurio è di essere consapevolmente sereni pur nella tempesta. 
Un abbraccio e un ricordo.
Serena Pasqua  

Monica Gaspari
missionaria laica in Sud Sudan
con Solidarity for South Sudan

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