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La testimonianza di Mario Pellegrino della tragedia del popolo Nuer in Sud Sudan.

La guerra è una bestemmia contro la tenerezza del Dio Papà

Lettera di Mario Pellegrino da Nyal, Sud Sudan

È stato davvero forte per me il rendermi conto un po’ di più di dove mi trovo qui in Sud Sudan. Lo scorso 23 febbraio 2017, il Papa Francesco ha lanciato un chiaro appello in favore delle popolazioni colpite dalla fame e dalla guerra in Sud Sudan. Il Papa sta parlando principalmente del popolo che mi è stato donato, del popolo della mia parrocchia St. Joseph the Worker, della mia gente. La nostra parrocchia è divisa in 4 aree chiamate qui contee. 3 di queste aree sono completamente in mano al governo che con la forza delle armi ha ucciso migliaia di essere umani, violentato donne, saccheggiato villaggi, bruciato vivi esseri umani e condannato molti altri a fame e sofferenza.

Questa, per gran parte del popolo del Sud Sudan, non è vita; la guerra, infatti, è la distruzione del piano di Vita di Dio per l’umanità, è l’anti-Regno. La guerra è una bestemmia contro la tenerezza del Dio Papà. La guerra fa del popolo di Dio un popolo crocifisso. Ed è in questo popolo crocifisso che Gesù continua ad identificarsi, a vivere e a risorgere.

Noi missionari siamo “rifugiati”; sì, può sembrare strano, ma anche noi come altre decine di migliaia di persone siamo dovuti scappare dalla guerra scoppiata nella contea di Leer e rifugiarci (“montare la tenda” direbbe l’evangelista Giovanni) nella contea di Panyijiar, l’unica della nostra parrocchia al momento non in mano all’esercito del governo oppressore. Il Sud Sudan è il terzo paese al mondo per numero di rifugiati e sfollati. Così come un’isola è circondata dal mare, questa contea di Panyijiar dove mi trovo è geograficamente circondata da regioni in mano all’esercito dell’SPLA. Nel 2014 e 2015 ci sono stati forti attacchi in quest’area ma il popolo Nuer è riuscito a fatica a mantenere il controllo della regione. Anche lo scorso Gennaio ci sono stati scontri e violenza qua vicino.

L’ONU ha parlato del ‘martoriato Sud Sudan, dove ad un conflitto fratricida si unisce una grave crisi alimentare che condanna alla morte per fame milioni di persone, tra cui molti bambini’. Questa tremenda carestia che affligge questo popolo non è qualcosa di casuale o accidentale, ma la voluta conseguenza di una guerra tra chi per saziare la propria fame di potere non si preoccupa della distruzione di milioni di vite innocenti. È una guerra voluta dai potenti, è un sogno di morte totalmente contrario al sogno di Vita di Dio.
Il nostro popolo nelle altre tre contee della parrocchia sta passando fame, violenza, tortura, violenza sessuale, sofferenza grande, come denunciato dal Vescovo di Roma e dai Vescovi locali. Noi missionari, in tempo di pace, ci spostiamo a piedi da una regione all’altra per incontrare le nostre comunità cristiane. Adesso la guerra ce lo impedisce. Queste 3 contee in mano all’esercito SPLA si trovano a circa 100 Km di distanza da qui, non sarebbe difficile arrivarci a piedi.

Ma la nostra presenza fisica rischierebbe di essere fatale per il popolo; se noi andassimo lì, infatti, il governo farebbe della nostra presenza un evento politico e subito verremmo chiamati a presentarci a Leer presso il governo.

Se noi andassimo, saremmo facilmente usati come esca per attirare il popolo Nuer tra le grinfie dell’SPLA; il governo annuncerebbe al popolo Nuer del nostro arrivo e la gente andrebbe fuori dalle paludi e dalle isolette dove si nascondono e sarebbero facilmente imprigionati e fatti fuori. Già in questi mesi, il governo ha comunicato alla gente che i missionari stavano arrivando (notizia totalmente falsa) esortandoli ad andare a preparare la chiesa con l’obiettivo di far uscire la gente fuori dai loro nascondigli ed eliminarli.

Se noi rifiutassimo l’invito del governo, l’ira dell’esercito contro questi “missionari ribelli” si schianterebbe contro il popolo innocente che ne pagherebbe le conseguenze tra violenza e distruzione. La gente di Leer, ci ha chiesto di mandare dei catechisti per battezzare i loro figli che da 2 anni muoiono senza battesimo.

La sofferenza del popolo fa del mio cuore un cuore lacerato. Sento la mia impotenza e piccolezza davanti ad un Impero di guerra e violenza. Nello stare qui con questo popolo, nel toccare questo Corpo di Cristo martoriato e violentato, sento crescere nel mio cuore una sete di pace come mai nella mia vita. Le parole di Gesù: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, diventano qui fontana viva di speranza. Leggere la Parola con gli occhi del popolo perseguitato trasforma la vita, tocca il cuore; senti davvero che questa Parola si incarna.

Nonostante la nostra piccolezza, il popolo, anche il più sofferente, è super felice del nostro semplice stare con loro. Dicono che siamo per loro segno tangibile della presenza di Dio con loro. Dicono che siamo speranza vera per loro e segno concreto che il Papà non li ha abbandonati.

È incredibile come l’essere semplicemente qui dia questa gioia e speranza ad un popolo ingiustamente oppresso.

È incredibile il rendersi conto di come Dio agisce attraverso il nostro piccolo e semplice stare tra i più poveri ed abbandonati.


È incredibile il vedere che il semplice “sedersi” col popolo perseguitato genera vita e nuova fiducia. Continuo a credere nella presenza viva di Gesù in mezzo a questa gente. Loro sono davvero il Corpo di Cristo. Il Dio dei poveri si identifica, cammina e r-esiste con loro.

Alla fine di questa Quaresima di fame e violenza, ostinatamente continuiamo a sperare nella Pasqua. Offro me stesso, la mia vita e la mia piccola presenza per la salvezza, la pace e la Vita piena del mio popolo in Sud Sudan.


Mario Pellegrino

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