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Mt 26,6-13: Profuma la vita

Catechesi GIM1 Padova - Aprile 2014

 

PROFUMA LA VITA (Mt 26,6-13)

 Catechesi GIM1 Padova - Aprile 2014

 

 

 

Siamo in tempo pasquale e questo brano sicuramente ci aiuta a comprendere meglio quanto stiamo celebrando. Ripercorrendo la passione di Gesù attraverso la Scrittura, abbiamo notato la difficoltà dei discepoli di capire e accettare le scelte di vita e anche la morte di Gesù. La comunità giudeo cristiana in cui vive Matteo si trova in esilio, e questa comunità ricorda alla luce della Risurrezione di Gesù gli eventi passati. Loro hanno creduto che Gesù è veramente il Messia inviato da Dio, anche se la adesione a Lui la stanno pagando con la propria vita: sono guardati con sospetto dai giudei ortodossi, che non hanno riconosciuto in Gesù il Messia; sono emarginati dal potere religioso, che li ha cacciato via dalle sinagoghe e ora si trovano nelle loro case, sono minacciati dal potere politico e sociale, perché il messaggio di quel uomo-Dio è ritenuto “sovversivo”. La comunità di Matteo, quindi mette per scritto questi fatti sottolineando la libertà con la quale Gesù si consegna nelle mani dei suoi avversari, perché così si compiono le profezie e perché il Messia segue sino in fondo il cammino del Servo sofferente di Dio, profetizzato Isaia, molto tempo prima. Gesù è un uomo libero, non si aggrappa a nessun potere per salvare la sua vita, non scende a compromessi con nessun potente, vuole bene a tutti e verso tutti mostra rispetto, in tutti riconosce la dignità di figli. Lui benedice coloro che lo maledicono e perdona chi lo percuote, gli sputa in faccia e anche chi lo crocifigge. Questo provoca uno scandalo, è lo scandalo della misericordia di un Dio mai visto prima! Per molti è impossibile vedere Dio in questa veste, dov’è il Dio potente? Dov’è il Dio giustiziere? Di un Messia così non sanno cosa farsene, si sentono proprio spiazzati!

Il testo della catechesi di oggi è Mt 26, 6-13 (Gesù è unto da una donna), e prima di entrare nel brano cerchiamo di capire meglio il contesto in cui si situa questo brano, vediamo cosa sta succedendo, cosa c’è prima e dopo questo brano, che clima si respira intorno a Gesù.

Andiamo due capitoli indietro per collegarci:

Matteo 24,1-3 Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Gesù disse loro: «Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata». Sedutosi poi sul monte degli Ulivi, i suoi discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Dicci quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo».

Matteo sta cercando di mostrare che quella realtà ultima cominciò a compiersi con la passione di Gesù. La profezia relativa alla distruzione del tempio alla fine dei tempi, si situa nel Monte degli Ulivi, dove avrà inizio la sua passione. Gesù annuncia la sua passione con lo stesso stile con cui aveva parlato ai discepoli del tempio.

I versetti che precedono il brano:

Matteo 26, 1-5 Terminati tutti questi discorsi (sulla fine del mondo), Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso». Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire. Ma dicevano: «Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo».

Siamo quindi a due giorni dalla festa di Pasqua e qualcuno è disturbato da questo “predicatore non violento”. Non fa male a nessuno, ma le sue parole sono ritenute pericolose, sovvertono l’ordine stabilito, è meglio eliminarlo! Chi è il mandante di questo assassinio? Niente meno che il potere religioso! I sommi sacerdoti, che dovevano rappresentare Dio, sono proprio quelli che decidono l’uccisione di Dio.

Gesù unto da una donna a Betania 26, 6-13

Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso, gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa. I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: «Perché questo spreco? Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!». Ma Gesù, accortasene, disse loro: «Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete. Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei».

Giuda si svende al potere religioso per pochi soldi 14-16

Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.

Arresto e inganno

Come vediamo, nei versetti che precedono il brano dell’unzione e in quelli che lo succedono ci sono la decisione di far morire Gesù e il tradimento. Il clima quindi, in cui si situa questa scena dolcissima, è un clima di complotto, di tensione, di spionaggio e di calcolo.

Matteo apre il racconto della passione di Gesù con l’unzione. Una donna, una “ministra” unge il suo capo. Nella cultura ebraica, spargere olio profumato sulla testa dell’ospite era segno di festa e di accoglienza gioiosa, e questo era, probabilmente, il significato del gesto della donna. L’unzione del capo era fatta anche per consacrare re e sacerdoti e, in questo caso, chi ungeva era il sacerdote o profeta.

Nel libro della Bibbia chiamato Cantico dei Cantici, la sposa unge il marito con profumo, in segno di amore e di fedeltà. E anche qui si parla di profumo versato. Infine, nei riti funebri, si ungeva il corpo del defunto prima della sepoltura. E così che Gesù interpreta il gesto.

La “benedetta”, erede del Regno

Ci risuonano le parole del capitolo 25:“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”.

Gesù: il povero tra poveri

Proviamo ad immaginare lo stato d’animo del “povero Gesù”. Mancano solo due giorni e poi sarà messo a morte! Paura, solitudine, desolazione, angoscia, e chissà che altro ancora … si dirige verso Betania, che significa “la casa dei poveri”, è qui, tra i poveri che Gesù vuole vivere gli ultimi giorni. Il primo povero è Lui stesso: disprezzato, aggredito, giudicato e condannato a morte; mendicante di compagnia, di conforto, di amicizia fedele.

Poi c’è Simone il lebbroso, un emarginato appunto! ritenuto impuro e maledetto da Dio a causa della lebbra. La sua carne è in decomposizione, insensibile, manda cattivo odore. E questo è il posto dove Gesù trova conforto, tra i suoi preferiti, non era venuto per i sani, ma per i malati.

In più arriva questa donna, insignificante socialmente in quanto donna in una società patriarcale. Le donne erano considerate “povere” in quanto in se stesse non le veniva riconosciuto un valore.

Questa donna, anonima, diventa profetessa. Lei è l’unica che coglie lo stato d’animo di Gesù e gli offre conforto, tenerezza, solidarietà, si rende complice del suo dolore e della sua sorte.

La freschezza di questo gesto pieno di amore consola Gesù, è un segno di fedeltà, della fedeltà dei poveri nei suoi confronti, gesto che lo fa sentire accarezzato, in compagnia, degno, amico. Gesù che aveva sempre dato a tutti, ora riceve dai poveri; e Lui accoglie con umiltà questi gesti gravidi di gratitudine e semplicità.

“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”.

Questa donna è anonima, perfino “il lebbroso” ha un nome, lei no.

Si racconta di una madre il cui bambino, che aveva adottato da piccolo,  ad un certo punto le comincia a far domande sulla sua madre biologica: come era fatta, se lui le assomigliava oppure no, etc. La madre avrebbe voluto rispondere, ma non sapeva di lei più di tanto, allora decise di disegnargliela su un foglio. Disegnò una donna lasciando in bianco il viso, senza fattezze precise, così il bambino poteva giocare con la sua immaginazione, vederla come lui preferiva e così completare il disegno.

Un po’ questo fanno gli evangelisti con i personaggi anonimi, ognuno si può ritrovare in essi e sentirsi rappresentati.   Questa donna siamo tutti noi!

La scena è ricca di particolari realistici, ma è tutta riletta in chiave simbolica. Come se la comunità di Matteo volesse onorare la sepoltura di Gesù, racconta di una donna che unse il suo corpo vivo, dato che non avrebbe più potuto farlo dopo morto: risorgerà di domenica al mattino presto.

 

Perché questo spreco?

 

Sorge la discussione tra i discepoli sull’alternativa di distribuire il denaro che valeva quel profumo ai poveri, sono sdegnati. C’era un’usanza giudaica di dare dei generosi oboli ai poveri durante il periodo di Pasqua e probabilmente questa è la ragione che giustifica questo sdegno.

Gesù però  risponde che il gesto d’amore di quella donna nei confronti di un condannato a morte era più urgente dell’elemosina: “I poveri infatti li avrete sempre con voi”.

 Gesù ricorda che l’amore per i poveri deve essere vissuto nell’amore di colui che con loro scelse d’identificarsi. E la comunità, dal canto suo dovrà aver sempre poveri con sé (essere inserita in mezzo a loro).  

 Matteo sottolinea che Gesù è venduto per trenta monete da parte di Giuda perché si adempia la profezia di Zaccaria 11,12-13: «Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare». Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: «Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!». Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore.

Trenta monete era il prezzo di uno schiavo. A tale prezzo viene venduto il Messia.

In ricordo di lei

Gesù, accortosene, disse loro: «Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me. Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei».

Anche qui Gesù spiazza i discepoli, loro si fermano a guardare in superficie, guardano la materialità, il pragmatico utilizzo di un valore economico per l’adempimento di un’usanza, di una formalità da compiere per l’occasione, era pasqua … i loro cuori, però, non erano ne in sintonia, ne in solidarietà con lo stato d’animo di Gesù.

Questa donna invece si mette nei Suoi panni con vera empatia e amore; lei guarda oltre ed è come se intuissi il peso che quel momento drammatico ha per Gesù. È dall’abbondanza del suo cuore, dalla sua spontanea generosità, senza calcoli e senza cercare tornaconti che lei fa questo gesto “esagerato”.

In questo racconto c’è qualcosa di sovversivo, di assolutamente nuovo e ricco di significato. Questo gesto che la donna ha compiuto era il gesto compiuto dai profeti per ungere il re. Con la sua azione la donna riconosce in Gesù il vero re e si dichiara disposta a dare la sua vita con colui che, tra qualche giorno verrà crocifisso quale “Re dei Giudei”.

 Ma se la donna, versando il profumo si dimostra disposta, come Gesù, a donare la propria vita per amore, cioè vera discepola;  gli altri, quelli che “accompagnano” Gesù ma non lo “seguono”, non sono disposti a farlo e trovano inutile la morte del Messia, reagendo sdegnati: Perché questo spreco? Perché questa perdita di profumo?

Non basta “accompagnare” Gesù, ossia stare insieme a lui, ma bisogna “seguirlo”, cioè abbracciare il suo messaggio e tradurlo in norma di vita.  “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la troverà”.

 Il messaggio evangelico annunciava la liberazione, in vista del regno di Dio, dall'oppressione delle strutture sociali dell'antichità, essendo stata promessa l'eguaglianza fra tutti gli esseri umani, compresi in particolare i poveri, le donne, gli schiavi. Gesù aveva scardinato tutte le disuguaglianze, perché Lui guardava il cuore delle persone e non le apparenze o i ruoli che gli uomini inventavano all’interno della società.

 Anche se nella tradizione della nostra Chiesa i racconti di discepolato sono raccontati al maschile, dove i discepoli sono protagonisti di una sequela, in questa storia Gesù punta sulla comunità, dove non c’è differenza tra maschio e femmina, dove i discepoli e le discepole possono compiere atti sacramentali ricchi di significato, perché non è la legge o lo statuto che li autorizza a farlo, ma lo spirito e la verità dei loro cuori.

 Lui stesso afferma dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei.

 Il Vangelo è la Buona Notizia, ricordo di Gesù di quanto Lui fece, d’ora in poi questa Buona Notizia sarà unita a questa discepola. È come se Lui volesse identificarsi con questa donna.

 “In memoria di lei” richiama le parole  di Gesù nell’Eucaristia “in memoria di me”. Il Vangelo è completo quando queste due memorie sono inscindibili. L’effusione del sangue di Lui e l’effusione del profumo della fede, di Lei, disposta a giocarsi tutta per Lui.

Domande per la riflessione:

1. Gesù ricorda che l’amore per i poveri deve essere vissuto nell’amore di Colui che con loro scelse d’identificarsi.

Come vivi il tuo amore verso i poveri dove servi? Senti che questo amore sgorga dall’amore verso Gesù stesso? Nutri la relazione personale con Gesù? Senti che è una relazione ancora di testa, di calcolo? O riesci a sentire amore per Lui, per la sua vita?

2. La comunità dovrà aver sempre poveri con sé (essere inserita in mezzo a loro). Come vivi la dimensione comunitaria della fede?


3. Come ti identifichi con questa donna? Che tratti trovi in lei che ti rappresentano?

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