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La fiducia di Gesù

GIM1 Padova

 

LA FIDUCIA DI GESÙ

Catechesi

  GIM Padova 16/3/2013

 

 

Luca 23-24    Passione Morte Risurrezione di Gesù

…lo condussero da Pilato [2]e cominciarono ad accusarlo …Pilato domandò se era Galileo [7]e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. [9]Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. [10]
[11]Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato.
[13]Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, [14]disse: «Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; [15]e neanche Erode, infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. [16]Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò». [20]Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. [21]Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». [25]Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
[31] [Disse Gesù alle donne di Gerusalemme] “se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?”.
[32]Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati. [33]Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. [34]Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.
[44]Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. [45]Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. [46]Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.
[52] [Giuseppe di Arimatea] si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. [53]Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. [54]Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato. [55]Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, [56]poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.
24 [1]Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. [2]Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; [3]ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. [4]Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. [5]Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? [6]Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, [7]dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno». [8]Ed esse si ricordarono delle sue parole.

Corpi danzanti di donne

Si legge sulla quarta di copertina di Combonifem del mese di marzo: “basta! Mentre andiamo in stampa ci giunge notizia del ritrovamento, in fondo a un pozzo, dei corpi di tre sorelline di 6, 9, e 11 anni, violentate e uccise in India”
Lo scorso 14 febbraio c’è stata un’importante manifestazione One billion rising , flash mob mondiale contro gli abusi di genere. Molte donne, in diverse parti del mondo si sono unite in un ballo collettivo per la stessa causa. Racconta Combonifem a pagina 5:
«Questa danza concludeva con un dito puntato verso il cielo, con un “we rise” e un sorriso tra le labbra, mentre la musica sfumava su quelle parole:
“Alza le tue braccia al cielo, sollevati, e danza. Danza per quelle che tacciono, danza per coloro che non hanno diritti, danza per i massacrati dalla storia,danza per le donne di tutto il mondo, per cui la violenza è pratica quotidiana. Danza per gli uomini, perché il rispetto e l’amore non siano parole vuote. E danza per te stessa, perché il mondo sovverta questa vergogna” .
Nonostante le violenze, le spose bambine, i visi bruciati dall’acido. Nonostante gli stupri, il mobbing, l’impossibilità di andare a scuola e quella di lavorare. Nonostante le segregazioni, le mutilazioni genitali femminili, i padri, i compagni e i mariti che non ti lasciano uscire, quelli che ti obbligano ad abortire perché in grembo porti un’altra te, che non ti permettono di essere un soggetto libero, che non ti vogliono se sei pensante. Nonostante e mentre guardi tre di noi, devi metterne in conto una che ha subito violenza e nonostante tutto, eravamo là, tra passi di danza stentati e magari fuori tempo, dopo prove coreografiche incastrate tra figli e lavoro, noi c’eravamo. Volevamo esserci !!!»

Corpi migranti

Ecco la presentazione che Fondazione Nigrizia faceva della mostra nel novembre 2010:
«Dedicata al tema dell'immigrazione in Italia la mostra "Corpi migranti" racconta la storia, i sogni, la realtà di persone che nel viaggio che li conduce lontano dal proprio mondo di origine, perdono l'identità di esseri umani e diventano appunto "corpi". Corpi che vengono imbarcati, corpi che si perdono in mare, corpi che vengono respinti, corpi che diventano illegali, corpi che vogliono tornare ad essere persone e lottano per l'integrazione. Stanno a cuore soprattutto le giovani generazioni che sono e saranno chiamate a confrontarsi con un fenomeno che sta cambiando gli assetti della società italiana ed europea. […] volti di uomini, donne, bambini in cerca di un futuro lontano da guerre, persecuzioni e povertà. E rischiano tutto quello che hanno: la loro vita. A volte da tutta questa fatica e dalla sofferenza nascono anche opportunità per chi accoglie e per chi viene accolto: una nuova visione di società multietnica dove la condivisione e la conoscenza reciproca rappresentano la vera risorsa su cui tutti possono contare».

Corpi “clandestini” nel Mediterraneo

Gabriele Del Grande, nel blog Fortress Europe (fortresseurope.blogspot.it) scrive:
«Un giorno a Lampedusa e a Zuwarah, a Evros e a Samos, a Las Palmas e a Motril saranno eretti dei sacrari con i nomi delle vittime di questi anni di repressione della libertà di movimento. E ai nostri nipoti non potremo neanche dire che non lo sapevamo. Dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell'Europa almeno 18.673 persone. Di cui 2.352 soltanto nel corso del 2011. Il dato è aggiornato al 10 novembre 2012 e si basa sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi 24 anni …».

Il corpo sogna ciò che ancora non esiste

Nella Bibbia il corpo dice tutta la persona nella sua concretezza e fragilità esistenziale.
Recita il Salmo 139 (138)  «Sei tu che hai formato i miei reni, mi hai tessuto nel grembo di mia madre…
Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto  e tessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi …»
Il Creatore chiama gli esseri umani alla vita donandoli un corpo. Un corpo che gradualmente e con infinita tenerezza è intessuto calore nel grembo materno e che poi esce dal silenzio per “essere-in-relazione” con gli altri esseri e con il cosmo. Il corpo infatti è un “mezzo” di comunicazione, ma il corpo è molto più di uno “strumento”;  il corpo è “anatomia” , oggetto (abbiamo un corpo) e “vissuto” (identità, coscienza) (siamo corpo). Il corpo è il primo messaggio di Dio all’essere umano, è come un segno visibile che trasmette il mistero invisibile di un “destino altro” , di una pienezza e un compimento altro e oltre se stesso.  
Il fenomenologo Merleau Ponty, dice che “il corpo è come una soglia d’ombra dove transita la luminosità della coscienza”
Lungo la storia, anche nella concezione cristiana, parlare di “vita spirituale” obbediva quasi sempre a una concezione della vita a partire dalla quale si opponeva la spiritualità alla materialità. In molti casi la “salvezza dell’anima” dopo la morte era un punto centrale delle pratiche religiose, anche se non sempre è stato accompagnato da un impegno nella storia.
Oggi più che mai la salvezza dopo la morte non è più un orizzonte di riferimento per molti, come nei tempi passati. Si cerca la salvezza per questa stessa vita, o per sentirsi bene, o curati o saziati, o felici. Si cerca la salvezza perché viviamo in un ambiente di continua violenza degli uni contro gli altri, come se le minacce contro la nostra vita si moltiplicassero ogni giorno. Si cerca la salvezza perché viviamo in mezzo ad angustie quotidiane di insicurezza, paura e infortuni. La ricerca di salvezza o di spiritualità, che nel profondo ha a che vedere con la stessa esperienza umana, è assolutamente connessa alla materialità della vita.
Riconoscere la materialità dei nostri corpi vuol dire al tempo stesso affermare la capacità dei nostri corpi di sognare ciò che ancora non esiste, come relazioni di giustizia ed equità, ed anche corpi immateriali e mondi perfetti. Le nostre utopie sociali e i nostri sogni personali di amore eterno hanno a che vedere con i limiti della nostra corporeità. La nostra immaginazione e le nostre utopie sono radicalmente corporee benché molte volte ci appaiono come oltre il corpo. Ciò che sta oltre il corpo è qualcosa di desiderato dal nostro stesso corpo.

“Un Corpo mi hai preparato”

Così dice la Lettera agli Ebrei 10, 5-10 «Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.6 Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. 7 Allora ho detto: Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà". 8 Dopo aver detto: "Non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge, 9soggiunge: "Ecco, io vengo per fare la tua volontà". Così egli abolisce il primo ordine di cose per stabilire il secondo. 10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre».
Entrando nel mondo è un corpo che Dio (l’Abbà) prepara al suo Cristo e a ciascuno di noi. Il corpo come luogo concretissimo in cui si gioca la chiamata e la risposta. Il “corpo” nella concezione biblica ed è qui che si iscrive la chiamata divina nella prospettiva dell’incarnazione e dell’alleanza evocata dalla lettera agli Ebrei: “ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” .
Il sacrificio dell'agnello era un tema che apparteneva alla tradizione del popolo di Dio fin dai tempi di Abramo. Dopo l'esodo dall'Egitto, il sacrificio dell'agnello era diventato il memoriale della Pasqua ebraica, il passaggio di Dio che salva. Il sangue dell'agnello era il segno del popolo di Dio che doveva essere salvato a quel passaggio.
Nell'antichità il sacrificio era uno dei modi principali per onorare Dio. Nella Bibbia il sacrificio indica un dono fatto a Dio. Si offrivano in sacrificio sia animali sia offerte vegetali, come olio, vino, farina, focacce o anche incenso o profumi. Il sacrificio veniva offerto sull'altare, solitamente in un santuario e con la partecipazione dei sacerdoti. L'Antico Testamento ricorda vari tipi di sacrifici. I principali sono:
- sacrificio completo: tutte le parti dell'animale o della cosa offerta venivano interamente bruciate. Questo sacrificio viene anche chiamato olocausto;
- il Banchetto sacro: era un sacrificio offerto per allacciare o ripristinare una giusta relazione con Dio.
Sull'altare veniva bruciata soltanto una parte dell'animale o dell'offerta, mentre il resto, era mangiato o dall'offerente o dai sacerdoti.
Spesso veniva celebrato come sacrificio di ringraziamento.
Talvolta è chiamato anche sacrificio pacifico o sacrificio di comunione;
- sacrificio per il perdono dei peccati: in esso era importante il sangue, che era considerato la sede della vita ( Lv 4,1-5,13 ).

Secondo il Nuovo Testamento Gesù, con la sua morte in croce, "ha offerto se stesso una volta per sempre e ha compiuto la volontà di Dio; per questo Dio ci ha liberati dalle colpe e ci ha resi santi" ( Eb 10,10 ).
Gesù rompe la tradizione, con Lui inizia un tempo nuovo. Mai Gesù nel suo insegnamento a invitato a fare penitenza, a mortificarsi, e tanto meno a fare sacrifici. Anzi, ha detto il contrario: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 12,7). I sacrifici centrano l’uomo su se stesso, sulla propria perfezione spirituale, la misericordia orienta l’uomo al bene del fratello e della sorella.
Per questo Gesù invita invece al dono di sé, immediato e concreto, tanto quanto è grande la propria capacità di amare.
La quaresima non è orientata al venerdì santo, ma alla Pasqua di risurrezione. Per questo non è tempo di mortificazioni, ma di “vivificazioni”. Si tratta di scoprire forme nuove, originali, inedite, di perdono, di generosità e di servizio, che innalzano la qualità del proprio amore per metterlo in sintonia con quello del Vivente, e così sperimentare la Pasqua come pienezza della vita del Cristo e propria.
Le ceneri dell’inizio di quaresima sono una pratica che si rifà all’uso agricolo dei contadini che conservavano tutto l’inverno le ceneri del camino, per poi, verso la fine dell’inverno, spargerle sul terreno, come fattore vitalizzante per dare nuova energia alla terra.
È questo il significato delle ceneri: l’accoglienza della buona notizia di Gesù (“Convertiti e credi al vangelo”), è l’elemento vitale che vivifica la nostra esistenza, fa scoprire forme nuove originali di amore, e fa fiorire tutte quelle capacità di dono che sono latenti e che attendevano solo il momento propizio per emergere.
È un corpo ciò che l’Abbà ci ha preparato per vivere la Nuova ed eterna alleanza con Lui. Un corpo che è vivificato dal Vivente, e che diventa vivificante nella comunità cristiana.

Corpo consegnato

Nei versetti dal cap 23 del vangelo di Luca (testo iniziale), ho selezionato alcuni verbi in corsivo per dare risalto al corpo di Gesù: Un corpo che viene condotto, spostato da una parte all’altra come un pacco per essere visto, esaminato, analizzato e poi rispedito di nuovo al suo mittente. Gesù viene interrogato, insultato, schernito e rivestito di sarcasmo.
Il corpo di Gesù viene castigato e abbandonato alla volontà umana, come dice un canto “Dio ci ha messo il suo corpo tra le mani”. Dio si è sottomesso alla presunta “giustizia umana”, che spesso coincide con la forza dei potenti ed è stato giustiziato, come continuano ad essere giustiziati tanti innocenti in tutte le parti del mondo. Come afferma Pascal : «La giustizia è soggetta a contestazioni, la forza è riconoscibilissima e senza dispute. Così non si è potuto dare la forza alla giustizia perché la forza ha contraddetto la giustizia e ha detto che era ingiusta, che solo lei era giusta. Perciò, non potendo far sì che ciò che è giusto fosse forte, si è fatto sì che ciò che è forte fosse giusto».  (Pensieri 285)
Così il Figlio dell’uomo, diventa “icona”, sintesi, rappresentazione di tutti i crocifissi della storia di tutti i tempi, ed è per questo che diventa anche speranza, salvezza e liberazione del genere umano e di tutto  il cosmo. Nel crocifisso trovano casa i malfattori, l’umanità tutta, il cielo, la terra e tutto ciò che è in mezzo, in Lui sono ricapitolate tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili. “Il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio”tutto il pianeta partecipa alla morte e alla vita di Gesù.
In Lui sono concentrati i sogni umani più belli, quelli apparentemente falliti di una novità assoluta di cieli e terra nuovi.

Dice S. Paolo in 2Cor 5,17-19: “È Dio che ci ha riconciliati con se mediante Cristo e ha affidato a noi il mistero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo … Affidando a noi la parola della riconciliazione”
La Riconciliazione ha a che vedere con le Relazioni concrete tra le persone e tra le persone con il cosmo.  Annunciare la riconciliazione di cui il mondo ha tanto bisogno significa intraprendere innanzitutto  un cammino di conversione personale e comunitario, significa rimuovere gli ostacoli che abbiamo dentro di noi, significa avere il coraggio di passare dall’idea alla concretizzazione nella quotidianità di vita. Significa assumere uno stile di vita non-violento attivo, diventare costruttori di Pace, impegnarsi per la vita della comunità.
Gesù è la fonte della riconciliazione di Dio con l’umanità e con ogni persona. Chiamandoci a seguirlo, ci affida anche a noi  “la parola della riconciliazione” per essere autentici messaggeri di quella pace che il mondo non può dare. La pace vera nasce dal di dentro, dall’interno delle singole persone e delle comunità stesse che fanno esperienza di riconciliazione. La pace è il frutto maturo della riconciliazione.
Il cambiamento è implicito nella riconciliazione, e il perdono è un cambiamento profondo ed interiore della persona che la rende consapevole che anche le altre persone possono cambiare.
«Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» Riconciliazione è perdono, è volontà di ripartire, di ristabilire relazioni interrotte e di guardare al futuro piuttosto che al passato.
La riconciliazione non è una delle tante dimensioni del Vangelo, essa  ne è la sintesi ed è per noi il terreno sul quale costruire la nostra chiamata cristiana. Inseriti nella vita dei popoli, di coloro che soffrono violenza e ingiustizia, come Gesù, non rimaniamo indifferenti alle innumerevoli situazioni di esclusione, di intolleranza, di soprusi che coinvolgono la vita di donne, bambini, profughi e comunità intere. Il bisogno di riconciliazione come base per la pace e la convivenza tra popoli sono urgenti oggi.
Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.
Anche la lettera agli Ebrei esprime in termini drammatici come la preghiera di Gesù, il suo affidarsi completamente al Padre, apra spiragli di speranza e di liberazione per tutta l’umanità.  “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaurito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,7-9).
La Vita non nasce senza dolore, nemmeno un bambino nasce senza “rompere” il corpo di sua madre. L’umanità nuova, l’umanità riconciliata è nata da quel corpo consegnato ad un sistema violento.
La riconciliazione inizia da chi ha subito l’offesa, è la disponibilità di chi è offeso a perdonare  che dà inizio al processo della riconciliazione. Solo chi è offeso può fare il primo passo, solo egli può perdonare. Il perdono è qualcosa di divino ed è perdonando che ogni persona recupera la sua somiglianza con Dio.

Un corpo ricercato, custodito e amato

Giuseppe di Arimatea chiede il corpo di Gesù, lo cala dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo e lo depone in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. Le donne osservano la tomba e curano ogni dettaglio, vedono come è deposto il corpo di Gesù e se ne tornano a casa per preparare aromi e oli per poi tornare a profumare il corpo. Essendo già iniziato il sabato le donne aspettano appena possono andare, e così il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino si recano alla tomba.
Queste donne sono le stesse testimoni della morte di Gesù al Calvario, “tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti”.
In Luca la continuità tra la croce e il sepolcro vuoto è ancora  più forte di quanto non sia per esempio in Marco.  È  una presenza bella quella delle donne dopo la croce, perché sono le uniche che continuano a mantenere viva la tradizione. Sono spariti tutti e loro restano con questo osare molto forte; presenti, preparano.
Questo gesto della preparazione è importantissimo: è il gesto che fa tradizione, che dà continuità tra il tempo, la paura e la confusione della morte di Gesù e la risurrezione. Le donne restano e obbedendo alla legge del sabato cominciano a preparare qualcosa e poi tornano in questo luogo di confusione che è il sepolcro e cominciano a sognare qualcosa. Loro non cercano questo corpo solo perché solidali con la sofferenza, ma perché resistono,  mostrano una forte tensione verso l’oltre e superano gli spazi che gli altri hanno chiuso.
La ricerca del “corpo” dell’Amato dilata gli spazi, apre delle possibilità nuove, è fedeltà femminile non rassegnarsi davanti alla morte. Sono le fedeli testimoni di questa realtà ancora confusa, quelle che avevano più nostalgia di Gesù che non c’era più.

Il Corpo del Vivente

[Le donne] “trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno». Ed esse si ricordarono delle sue parole”.
La Risurrezione di Gesù non è un miracolo per forzare la nostra fede, ma è un miracolo per invitarci a viverla, perché si crede alla Risurrezione tanto quanto la si vive.
La Risurrezione di Gesù è l’invito a uscire dalla propria terra, dalla propria vita, dal luogo della propria schiavitù, per andare in un mondo libero che Dio ci ha preparato e che forse noi ancora non conosciamo.
La pietà e la religiosità delle donne poteva giungere ad imbalsamare Gesù, a conservare il ricordo di giorni felici, di sofferenze dure, ma mai avrebbe potuto prevedere una vita nuova che uscisse proprio dal sepolcro. L’azione dell’uomo si ferma al sepolcro e alla morte; l’amore e la  novità di Gesù escono dalla morte e creano sempre nuove occasioni per incontrarci.
Dio non è mai nel luogo dove lo vogliamo seppellire o imbalsamare … è forse il nostro rischio di una fede immatura: imbalsamare Gesù per poterlo controllare.
Gesù con la sua Risurrezione rompe il ritmo della vita umana. “Non è qui”. Il sepolcro è vuoto. Il Vivente è passato di qui, ma non è qui. Tuttavia solo chi sa restare qui sa che è da cercare altrove. Non tra i morti, bensì tra i vivi. Il ventre della madre terra si è svuotato, ha generato la vita nuova.
Morire così, come è morto Gesù, è Vivere. All’interno di quella morte in croce c’è una vita che non può essere assorbita, essa è nascosta dentro la morte. Non viene dopo la morte, è lì dentro già in una vita che ama, che è solidale, che assume anche il coraggio di sopportare la stessa morte. Con la morte questa vita rivela il potere della sua gloria. È questo che intende Giovanni quando parla dell’elevazione di Gesù sulla Croce: “quando sarò elevato attirerò tutti a me”, è l’ora della giustizia di Dio, che non è forza come quella dei violenti.
Passione e Risurrezione, Morte e Vita non sono realtà disconnesse. Vivere ed essere crocifissi per causa della giustizia di Dio, è vivere pienamente. La morte è apparente fallimento ed è apparentemente vuota di senso, ma attraverso di essa passa il senso della storia e della vera vita.
Vivere facendo propria la passione di Gesù per il Regno è già Risurrezione, impegno per la Vita.
Concludo con una preghiera del XIV secolo, che ci ricorda che Dio è crocifisso in ogni uomo e donna che soffre, e che Dio sogna e vive in ogni uomo e donna che sogna e vive oggi la realtà di un nuovo ordine di relazioni.

Domande per la riflessione

1. Valorizzi il tuo corpo come l’integrità di tutta la tua persona? E il corpo degli altri? Che valore ha per te?
2. Cosa consegni a Dio: momenti, rituali, azioni esterne? O vivi nella consapevolezza di essere “luogo teologico” dove Dio si appassiona, s’impegna, sogna, soffre, muore e vive?
3. Ti senti riconciliato/a con te stesso/a, con Dio, con il cosmo? Come vivi il perdono?
4. Che valore ha per te la dimensione comunitaria?
Cosa puoi fare concretamente per rinforzare questa dimensione nella tua vita e vivere da comunità di gente Risorta che annuncia?

L’equipe GIM ti augura una VERA PASQUA!

CRISTO NON HA MANI

Cristo non ha mani
ha soltanto le nostre mani
per fare il suo lavoro oggi.
 
Cristo non ha piedi
ha soltanto i nostri piedi
per guidare gli uomini sui suoi sentieri.
 
Cristo non ha labbra
ha soltanto le nostre labbra
per narrare di sé agli uomini di oggi.
 
Cristo non ha mezzi
ha soltanto il nostro aiuto
per condurre a sé gli uomini.
 
Noi siamo l'unica Bibbia
che i popoli leggono ancora,
siamo l'ultimo messaggio di Dio
scritto in opere e parole.
 
E se il testo risultasse falsificato
e non potesse essere letto?
 
Se le nostre mani fossero occupate
con altre cose e non le sue?
 
Se i nostri piedi andassero altrove là dove li attira il peccato?
 
Se le nostre labbra dicessero
parole che egli rifiuterebbe?
 
Pensiamo forse di poterlo servire senza seguirlo?

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