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Marco 14, 1-11 - Perchè tutto questo spreco?

Gim 2 Padova - Marzo

Marco 14, 1-11  1 Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo. 2 Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo». 3 Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. 4 Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché tutto questo spreco di olio profumato? 5 Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. 6 Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona; 7 i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. 8 Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9 In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto». 10 Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù. 11 Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.

Introduzione:

Dopo che Gesù entra a Gerusalemme inizierà un continuo avanti indietro da Gerusalemme - Betania, Betania - Gerusalemme.

Marco scandisce le ultime giornate di Gesù una per una in sei giorni:

cap.11,1-11    1°giorno “Osanna, benedetto il regno che viene…”

 cap.11,12-19  2° giorno: fico senza frutto, tempio senza Dio.

cap.11,20    3° giorno: questo giorno è molto lungo, comprende il resto del cap.11, con la disputa sull’autorità di Gesù, poi le altre dispute sul potere di Gesù come Figlio di Dio - cap.12 - poi il discorso escatologico (realtà ultime) del cap.13

cap.14,1-11comincia il 4° giorno: Gesù a Betania 

 poi c’è il 5°giorno - giovedì - il primo giorno degli azzimi – in cui si fanno  i preparativi per mangiare la pasqua. 

e poi il 6°giorno - venerdì - che comincia al cap.14,22, perché le giornate cominciavano al tramonto del giorno prima. Il sesto giorno è il giorno “pieno”: contiene tutto, dall’istituzione dell’Eucarestia fino alla sepoltura di Gesù.

Riflessione:

 Ci fermiamo ora su questo quarto giorno di Gesù a Gerusalemme, che contiene una scena delicatissima. L’episodio  serve da introduzione ed è anche una scena strana: una donna che profuma il capo di Gesù.

Da notare che a questa scena si riserva una giornata intera dei sei giorni - che sono i sei giorni della creazione nuova e proprio la giornata decisiva prima della vigilia della cena pasquale.

“Mancavano due giorni alla Pasqua degli Azzimi”

 Marco fa cadere la Pasqua di Venerdì, anche se probabilmente era di Sabato perché gli interessa far coincidere la morte di Gesù con la Pasqua: l’evento pasquale, la nostra salvezza proprio attraverso la Morte del Servo, e non solo o soprattutto  attraverso la sua Risurrezione. E ci sarà un ritornello sulla Pasqua proprio per caricare la morte di Gesù di tutto il significato di cui è piena la Pasqua ebraica.

Diamo uno sguardo agli “attori” della Passione: “I sommi sacerdoti e gli scribi”; qui mancano gli anziani che di solito sono insieme a loro.

 1.    I sommi sacerdoti rappresentano il potere religioso e politico: ogni potere, anche quello religioso, è uguale o peggiore degli altri, se non è il servizio... e il servizio vuol dire dar la vita. Anzi: il peggior tipo di potere è quello religioso e politico, perché si ammanta anche di ideologia e si autogiustifica per la gloria di Dio.

 2.    Gli scribi rappresentano il potere culturale: la cultura è sempre al servizio del potere dominante, la penna si vende spesso... basta guardare alcuni giornalisti... ma non solo! È il contrario del potere profetico, che annuncia la Parola di Dio.

3.    Poi gli anziani rappresentano il potere economico della classe abbiente, senza il quale non esiste nessun potere.

Questi tre poteri rappresentano la maschera del male che è in ciascuno di noi: il desiderio di avere, di prevalere sull’altro, di apparire davanti agli uomini e davanti a Dio. Tutto il male lo si fa per questo motivo e Gesù sarà ucciso da questo potere. Qui non ci sono gli anziani perché gli anziani sono sostituiti egregiamente dai discepoli. Queste tre maschere di male in realtà poi si ritroveranno negli stessi discepoli, per cui il discepolo arriverà alla fine del Vangelo a capire che Cristo è morto per lui/lei, non per gli altri... fatto fondamentale del Vangelo è fare esperienza della salvezza personale: Dio è morto per me.

 Cosa fanno questi vari potenti? Fanno qualcosa il cui mezzo principale è l’inganno; e dove non basta l’inganno, c’è il denaro e la violenza. Ma l’inganno è più comodo perché lo si paga di meno, il denaro costa e la violenza costa almeno un po’ di scrupoli. È l’arma fondamentale di satana l’inganno, ed è sull’inganno che si regge ogni ingiustizia, ogni prevaricazione. Il fine dell’inganno è impadronirsi, la parola chiave della Passione è impadronirsi, impossessarsi: Dio è dono, l’amore è dono e impadronirsi del dono vuol dire ucciderlo. Dio non è padrone di nulla, dà tutto.

 “E dicevano: Che non avvenga di festa perché non ci sia un tumulto di popolo”... e invece avverrà di festa e quel tumulto di popolo va contro di Gesù. Perché? Perché lo stesso peccato dei capi ce l’ha anche il popolo ovviamente: i capi sono i nostri rappresentanti, sono il  nostro meglio o il nostro peggio.

  Ecco la cornice del nostro brano: prima la decisione di ucciderlo e poi la consegna da parte di Giuda Iscariota. In mezzo a questa cornice fosca c’è questa scena luminosissima di questa donna ed è l’unica scena dove Gesù non è più protagonista.

 Lui si trova a “Betania” - Bet’-anawim - “la casa del povero”: Gesù entra nella casa del povero, nella casa della nostra povertà e della nostra morte... è il senso della Passione, lui entra lì, “nella casa di Simone il lebbroso”: la lebbra è la morte visibile, l’insensibilità alla vita donata,vera.

  Ed è proprio lì che viene una donna - ed adesso c’è il centro del racconto - “una donna con un vasetto di alabastro, pieno di profumo di nardo genuino di grande valore”.

 Attenzione alle caratteristiche di questo profumo: prima di tutto il contenitore, il vaso di alabastro era un contenitore rotondo contenente un unguento prezioso; è un nardo - il nardo è un profumo che viene dall’India, non è un nardo qualunque: è il nardo migliore, quindi molto costoso. È un profumo che si fa con le radici delle piante e coi fiori quindi, una volta fatto il profumo, non c’è più la pianta. I discepoli subito fanno i conti: 300 danari: il salario di un anno... è detto "puro", con una parola che in greco (pistikòs) richiama la parola "fede" (pistis) e significa "atto a suscitare fede", cioè genuino, fedele.... vediamo perché.

Questa donna rompe l’alabastro e lo versa sul suo capo. Protagonista della scena non è né Gesù né la donna, ma l’alabastro rotto, dal quale esala il profumo, questo profumo preziosissimo. Tutto il resto è commento di questo profumo.

 Che gesto è questo della donna? Solo Marco precisa che l’unguento viene versato dalla donna sul capo di Gesù. Questo era il gesto compiuto dai profeti per ungere il re. Con la sua azione la donna riconosce in Gesù il vero re e si dichiara disposta a dare la sua vita con colui che, tra qualche giorno verrà crocifisso quale “Re dei Giudei”. Ma se la donna, versando il profumo si dimostra disposta, come Gesù, a donare la propria vita per amore, cioè vera discepola;  gli altri, quelli che “accompagnano” Gesù ma non lo “seguono”, non sono disposti a farlo e trovano inutile la morte del Messia, reagendo sdegnati: “Perché questa perdita di profumo?”. Non basta “accompagnare” Gesù, ossia stare insieme a lui, ma bisogna “seguirlo”, cioè abbracciare il suo messaggio e tradurlo in norma di vita.              

 Gesù aveva detto: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la troverà” (Mc 8,35).Gesù diventa il Consacrato, il Messia, il Salvatore, colui che ci libera. Da che cosa ci libera? Dalla brama di avere, di potere, di apparire. E ci fa simili a lui, capaci di vivere nella libertà di amare.

Il gesto di questa donna, dunque è qualcosa di più di una consacrazione, è un gesto di amore, di un amore folle, “sprecato”, totale. I discepoli presenti alla scena, si infuriano, un gesto di amore folle e stupido!, allora servono i poveri!

Non poteva benissimo il Signore, invece che andare in croce, salvarci in un altro modo? Perché questo spreco? Perché finire in croce? Rotto il vaso  del suo corpo e ne è uscito lo Spirito, che profuma la vita del discepolo. Dalla croce dove si spezza, dove si dona, solo da lì si può comprendere il suo spreco d’amore per noi. Dio è dono puro, è amore assoluto, si spreca, si dona fino alla follia della Croce.

Il profumo è importante: distingue la vita dalla morte. Il profumo è vita, la puzza è morte... c’era la lebbra in quella casa... ora c’è il profumo. Gesù è venuto a introdurre il profumo dove c’è la lebbra, il profumo è segno di gioia, è la presenza dello Sposo: infatti in Cantico 1,3 si dice: “Nardo versato è il suo nome”, nardo effuso... è il nome di Dio. Dio è presente dove è amato perché Dio è amore. Lui è la Presenza... presenza come profumo, che è dono, è vita, è gioia. Se Dio è questo profumo che si dona - e lo comprendiamo dalla croce -  la fede è esattamente vivere e impregnarsi di questo profumo e vivere allo stesso modo. Questa donna fa lo stesso gesto di Cristo: semplicemente ama; è questa la fede: amare come siamo amati.

 Il senso della vita è amare: amare Dio in modo assoluto, Lui è l’unico assoluto ed il resto come me stesso. Io amo me stesso se amo Dio in modo assoluto. Altrimenti amo in modo assoluto i miei egoismi, come tutti... l’avere, il potere e l’apparire: l’avere le cose, le persone, le ricchezze, il prestigio... i vari idoli ai quali sacrifichiamo la vita.

 È il gesto folle di Dio: è la risposta a questo gesto, cioè la fede... e diventa tutto il programma di vita, di amare come si è amati... ed è la stessa presenza di Dio assoluta nel mondo, come nome, come profumo.

 Davanti a questo gesto  si sdegnano. Ciascuno provi a mettersi lì e a guardare: perché questo spreco? Cosa penso? Mancano due giorni alla morte... perché questo spreco? Anzi dicono: “Si poteva, questo profumo, venderlo a 300 danari e darlo ai poveri” e si infuriavano. L’amore dimostrato dalla donna a Gesù, nuoce all’interesse dei presenti e di Giuda, perché per loro il profitto è il valore più importante. A loro i poveri non interessano. E la richiesta “Si poteva benissimo vendere a più di trecento denari e darli ai poveri!”, è solo un pretesto per rubare ancora di più.  Costoro rimproverano la donna perché il suo gesto d’amore verso Gesù è andato a scapito dei poveri, ma in realtà sono proprio loro, in quanto ladri, a causarne la povertà. Giuda, consegnando Gesù ai sommi sacerdoti, è figura di tutti quelli che sono disposti anche a distruggere la vita altrui, pur di accaparrare denaro e ricchezze.

Come il Figlio dell’uomo è venuto per essere accolto e uno, per essere accolto, ha bisogno di essere povero, di aver dato tutto, altrimenti chi lo accoglie? Perché è proprio accogliendo la gente che veniamo accolti noi.

È quella la conversione: accogliere, vivere l’amore, l’accoglienza... così diventa cristiana. Quindi il problema non è dare ai poveri, ciò che importa è farci poveri. Questa donna dà tutto all’ultimo dei poveri, che è Cristo cioè lo ama totalmente e poi diventa anche lei così.

 Il capitale si conservava anche in profumo, oltre che in oro, questo fa pensare che questa donna si servisse di questo profumo come un bene anche di produzione... probabilmente le serviva ed era anche frutto dei suoi guadagni.

La prima cosa che posso donare è il mio stesso peccato, la mia povertà, il mio bisogno, la mia fragilità... che, in quanto donato, da lebbra diventa profumo.

“Si infuriavano. E Gesù disse: Lasciatela stare” Gesù ne prende le difese. Questa donna non dice niente. “E, dice: I poveri li avrete sempre con voi”, come in Mc 28,20 dice: “Io sarò sempre con voi, fino alla fine del mondo... Ogni volta che lo hai fatto ad uno di questi ultimi l’hai fatto a me”

 Gesù non sta volendo dire che  sulla terra ci saranno sempre dei poveri tra voi e potete beneficarli quando volete, questo andrebbe contro il progetto di Dio, manifestato dal messaggio di Gesù, di costruire un mondo dove nessuno sia misero e bisognoso.

Gesù con questa espressione vuole invitare i discepoli a non limitarsi a fare beneficenza ai poveri, ma ad accoglierli nella comunità. Agli indigenti non c’è da dare l’elemosina, ma da donare se stessi. Gesù avverte che i bisognosi non devono essere solo “oggetto” di un’attività caritativa della comunità, bensì i “componenti” della stessa: “I poveri infatti li avete sempre tra voi”.

 “E Gesù dice: Non datele fastidio. Ha fatto un’opera bella”. Ha fatto un’opera “bella”: richiama la Genesi dove Dio creò e vide che era bello. Quello che fa questa donna è una cosa divina, un’opera “bella”. È  l’unica cosa “bella” che fa un uomo nel Vangelo. L’altra cosa “bella” è quando la gente dice di Gesù che “Ha fatto “bella” ogni cosa, fa udire i sordi, fa parlare i muti” nel cap.7. Ha fatto una cosa “bella”... ed è fatta direttamente a lui.

La cosa bella in assoluto è che l’uomo ami Dio come Dio ama lui: è questo che lo rende uomo, è questa la bellezza della creazione, che raggiunge il “settimo giorno”, raggiunge Dio. Per questo è stato creato l’uomo: per raggiungere questa bellezza di amare come è amato; allora diventa ciò che è, cioè figlio di Dio, a Sua immagine e somiglianza. Altrimenti l’uomo è brutto: deturpa sé e il creato.

Poi Gesù dice: “Ciò che aveva, fece”. Basta ricordate il giovane ricco, dove Gesù dice: “Vai, vendi quello che hai..” Ecco: questa dà tutto ciò che aveva... fa come la vedova anche, che “gettò tutta la sua sostanza”. Questa donna, nel gesto del profumo, dà tutta se stessa, la sua vita, i suoi averi.

Anche il profumo, se non esce dall’alabastro, non profuma: è necessaria la rottura!!!

Poi Gesù conclude: Amen, vi dico. Ovunque sarà annunciato il Vangelo - in tutto il mondo - ciò che essa fece sarà detto in ricordo di lei”. 

 Ora qui c’è una cosa strana: il Vangelo è ricordo del Signore e di quanto il Signore ha fatto e Gesù dice: “Ovunque sarà annunciato il Vangelo, in ricordo di lei si dirà quello che lei ha fatto”... questa donna - dice Gesù - è il Vangelo: sono io. C’è l’identificazione tra Gesù e questa donna: il Vangelo è ciò che ha fatto Gesù in ricordo di lui e Gesù dice: No, il vangelo è ciò che lei ha fatto in ricordo di lei.

Gesù si identifica totalmente con  questa donna... è il Vangelo vivo ...è il Cristo presente nella storia ma, ancora di più, è la sposa fedele che diventa una carne con il suo sposo. I due diverranno una carne sola, difatti l’amore ci rende una carne con Cristo.

Afferma il p. Gargano che queste parole “in memoria di lei”, richiamano quelle di Gesù nell’Eucaristia “in memoria di me”. Il Vangelo è completo quando queste due memorie sono inscindibili. L’effusione del sangue di Lui e l’effusione del profumo della fede, di Lei, disposta a giocarsi tutta per Lui.

Così il battesimo: con lo stesso spirito, cioè la stessa vita, lo stesso amore, Cristiani si diventa, Vangelo vivente, chiamati a diventare il “buon profumo di Cristo”, come dice Paolo in 2Cor 2,14.

Si chiude il racconto: “Allora Giuda...” Ecco: o abbiamo l’atteggiamento di questa donna o siamo con i sommi sacerdoti, gli scribi, gli anziani, i discepoli o Giuda... non cambia nulla. “Andò e lo consegnò”...non sa che farne di costui “Quelli gioirono e promisero di dargli denaro”. Per 30 sicli, il prezzo dello schiavo, è venduto....

 Lavoro personale: leggi e rifletti

LA LEGGENDA DEL BAMBU’

 Racconto popolare cinese

C’era una volta un bellissimo e meraviglioso giardino. Era situato a ovest del paese, in mezzo al grande regno. Il Signore di questo giardino aveva l’abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno, quando il caldo della giornata era più forte. C’era in questo giardino un bambù di aspetto nobile. Era il più bello di tutti gli alberi del giardino e il Signore amava questo bambù più di tutte le altre piante. Anno dopo anno, questo bambù cresceva e diventava sempre più bello e più grazioso. Il bambù sapeva bene che il Signore lo amava e ne godeva. Un bel giorno il Signore si avvicinò al suo albero amato e l’albero, in grande venerazione, chinò la sua testa: Il Signore gli disse: “ Caro bambù, ho bisogno di te”. Sembrò al bambù che fosse venuto il giorno di tutti i giorno, il giorno per cui era nato. Con grande gioia ma a bassa voce il bambù rispose: “ Oh Signore, sono pronto: Fa di me l’uso che vuoi!”. “ Bambù – la voce del Signore era addolorata – per usarti devo abbatterti”; il bambù fu spaventato, molto spaventato: “ Abbattere me, Signore, che hai fatto diventare il più bell’albero di tutto il giardino? No, per favore, no! Usami per la tua gioia, Signore, ma, per favore, non abbattermi”: “ Mio caro bambù – disse il Signore, e la sua voce era più triste – se non posso abbatterti, non posso usarti”. Nel giardino ci fu allora un grande silenzio. Il vento non tirava più, gli uccelli non cantavano più. Lentamente, molto lentamente, il bambù chinò ancora di più la sua testa meravigliosa. Poi sussurrò: “ Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa di me quello che vuoi e abbattimi”. “ Mio caro bambù – disse di nuovo il Signore – non devo solo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie ed i rami”. “ Oh Signore – disse il bambù – non farmi questo: lasciami almeno le foglie e i miei rami”. “ Se non posso tagliarli, non posso usarti”. Allora il sole si nascose e gli uccelli ansiosi volarono via, il bambù tremò e disse, appena udibile: “ Signore, tagliali!” “ Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso farti questo non posso usarti”. Il bambù non poté più parlare. Si chinò a terra. Così il Signore del giardino abbatté il bambù, tagliò i rami, levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore. Poi portò il bambù alla fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, il Signore dispose l’amato bambù a terra: un’estremità del tronco la collegò alla fonte; l’altra la diresse verso il campo arido. La fonte dava acqua, l’acqua si riversava sul campo che aveva tanto aspettato. Poi fu piantato il riso … i giorni passarono, la semenza crebbe e il  tempo della raccolta venne. Così il meraviglioso bambù divenne realmente una grande benedizione in tutta la sua povertà e umiltà. Quando era ancora grande e bello e grazioso, viveva e cresceva soltanto per se stesso e amava la propria bellezza. Al  contrario ora, nella sua condizione di povertà, era divenuto un canale, che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno. 

                                                                   Un modo “altro” di amare e lasciarsi amare

Un bel vasetto di alabastro: rotto per donare tutta la bontà del suo profumo.

 Gesù il Pastore Bello spogliato, fatto ultimo, servo di tutti per donare Vita Bella, buona, vera, piena di senso “qui e ora” e una promessa che vale sempre “non abbiate paura, io ho vinto il mondo”, “Io sarò con voi”.

Un bel bambù ha “perso” la sua bellezza e, spaccato in due ha dato vita al campo assetato. Era ciò che si voleva per collegare i campi inariditi alla bontà della fonte, ha dato da mangiare a molti. Tutte consegne totali … con grande umiltà. Ecco lo SPRECCO! La misura di Dio è amare senza misura … e così la nostra!

Nella tua vita personale in che cos’è che fai più resistenza a lasciarti “amare” (rompere) in questo modo “altro” per diventare dono gratuito? E, cos’è che più temi di “perdere”?

Prega: Verbo di Dio amatissimo, insegnami ed essere generosa/o, a servirti come tu meriti, a dare senza contare, a combattere senza temere le ferite, a lavorare senza cercare riposo, a darmi senza aspettare altra ricompensa che il sapere di aver compiuto la tua santa volontà. Così sia Ignazio di Loyola, 1492 - 1556.

 

 

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