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Mc 4,1-12 - Il seminatore

Lo sai che sei Terra buona?

Padre Ezequiele Ramin martire per amore, ai senza terra del Brasile amava dire:

" il seminatore usci a seminare ma non si dice che poi ritornò" come voler dire che questa semina e questa speranza del seminatore è ancora oggi presente. P. Ezechiele aggiungeva: "Il destino del seme (essere gettato per terra, lasciato marcire per poi risorgere abbondantemente), non sarà differente dal destino del seminatore".

Dal Vangelo di Marco

1 Di nuovo Gesù si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. 2 Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: 3 «Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; 6 ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. 7 Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8 E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno». 9 E diceva: "Chi ha orecchi per intendere intenda!"
10 Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: 11
«A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole,12perché:
guardino, ma non vedano, ascoltino,ma non intendano,
perché non si convertano e venga loro perdonato
».

Contesto del brano: E' il primo discorso che troviamo nel vangelo di Marco. Gesù in un momento di crisi (sente su di sé i primi rifiuti della sua proposta di vita), si rivolge ai suoi discepoli e ai 12, ed esprime la sua fede incrollabile nel Padre e nella potenza della Parola annunciata che, nonostante tanti insuccessi e difficoltà, troverà un terreno buono! Il seme muore per dare vita... Gesù usa il linguaggio della parabola non tanto per raccontarla ai bambini, ma per confondere le nostre sicurezze e perché il Regno di Dio non si può descrivere con efficacia e con idee astratte, ma solo con paragoni ed esempi presi dal vissuto semplice e profondo della vita quotidiana. Essa ha un linguaggio semplice e umile (contadino, seme, lampada, viandante...), che rivela qualcosa di misterioso e profondo suscitando una reazione in chi ascolta. Chi ascolta è chiamato a dare un giudizio dall'esterno e poi si accorge di essere coinvolto nella storia: infatti il giudizio è su ciascuno di noi! Il popolo eletto di Israele era imbevuto di nazionalismo, così Gesù usa le parabole per permettere a chi vuole aprirsi all'amore universale di Dio Padre (che ama tutti senza privilegi per alcuni), di comprendere, e agli altri di non comprendere fino a che non accetteranno di accogliere il Suo Spirito.

Cerchiamo ora di comprendere la parabola del seminatore raccontata da Gesù.

La Strada...."Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono".

C'è una parte del seme che appena è caduta, subito viene portata via, senza neppure germogliare. Se Dio è Parola e l'uomo è ascolto (E. Bianchi), ci viene da pensare che la parola (Gesù) rappresentata dal seme appena è lanciata, subito viene portata via (mangiata), cioè Gesù non viene ascoltato e accolto.

 Una proposta per noi oggi:

 Gli uccelli che non permettono alla semente di rimanere sulla strada nella speranza che forse  il vento o la pioggia trascini il seme sulla terra buona, possono richiamarci la nostra decisione di fuggire da ogni impegno o provocazione di assumerci una responsabilità , significa rifiutare ogni vocazione.

 Molti esperti dicono che questo è il tempo dove si ama fuggire dalla responsabilità, scaricando sempre sugli altri le colpe, senza che nessuno parti mai dai propri errori, così facendo non si cresce né come persone né come società. Il puro esistere dell'altro mi chiede di non fuggire, anzi di essere per lui risposta. Responsabilità è quella di M. Teresa. Quando un giorno un giornalista le pose la domanda:"Madre, cosa non va in questo mondo?" Lei rispose:" Signore, quello che non va siamo io e lei". Come volesse dire: non va ogni atteggiamento di comodo,il pensare che il non assumersi la responsabilità sia il modo migliore per non sentirsi mai colpevoli e per toglierci il tormento di scegliere. La responsabilità ci chiede invece di stare presso di noi, di vivere dentro la realtà senza fuggire, di non cercare alibi, di non scaricare le colpe. Quand'ero in Mozambico, prima di ritornare in Italia, ho voluto rivisitare i luoghi e la cara gente che avevo conosciuto nei dieci stupendi anni trascorsi laggiù, incontrando un caro amico paralitico che avevamo aiutato ad avere una sedia a rotelle (prima di averla si strisciava per terra ferendosi continuamente le ginocchia e le mani), mi presentò una bella lista di necessità, che erano vere ed urgenti. Io gli risposi che ci sono tante persone che possono aiutarlo, ed ora non è bene che si rivolga a me che già non vivo più vicino a lui. Il caro amico dopo avermi guardato con speranza abbassò la testa dicendo tristemente: "da chi mi posso rivolgere se non da mio Padre?!"In quell'attimo compresi quanto è facile cadere nella tentazione di fuggire dalle proprie responsabilità, davanti a colui che ripone in noi delle speranze e aspetta da noi un vero cuore di padre e di madre.

Il terreno sassoso.... "Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata"

L'effetto del sole sulla pianta è in genere benefico, dal momento che la rafforza e la fa crescere. Qui invece la pianta è bruciata. Ma la colpa non è del sole, ma del terreno sassoso e delle radici che non scendono in profondità per trovare il suo vero nutrimento. Come non pensare ai ritmi veloci e folli della nostra vita che brucia il germogliare di incontri fecondi con la Parola di Dio e con il fratello che vive accanto a te; le cose più belle, più intense, non si spiegano parlando,si spiegano a volte con i gesti lenti e segreti ci dice una saggia scrittrice (Antonietta Potente).Oggi ci si lamenta della velocità, dei ritmi pazzeschi, ma la velocità ci piace, ci fa sentire utili, riempie i tempi vuoti allontanandoci però dal guardarci dentro.

L'attivismo ci smartella il centro, lì dove sei, e ti conduce in un mondo perduto e disorientato di frammenti. Viviamo così rapporti umani fragili e discontinui che rendono sempre più difficili sia le amicizie profonde e durature che i rapporti amorosi. In Africa amano spesso dire:"Ci dobbiamo fermare un po' per permettere alle nostre anime di raggiungerci". Non abitare il presente, non percepire il tuo cuore, i tuoi sentimenti ti porta a diventare straniero a te stesso, straniero nella tua casa, alle persone, anche a quelle più care, straniero allo stesso tuo corpo.

 La conferenza di Durban sul problema del surriscaldamento climatico del pianeta e delle sue gravi conseguenze è stato un fallimento perché non si vogliono diminuire i ritmi dei consumi e lo sperpero delle risorse del pianeta, si vuole sperimentare tutto e per questo tutto dev'essere veloce per non perdere troppo tempo e così avere l'opportunità di sperimentare un'altra cosa. Cosa diranno di noi le generazioni future, ci benediranno o ci malediranno per il nostro modo di condurre la storia in questo stile agitato e spesso irresponsabile ?

I rovi... Gesù continua: "Un'altra parte cadde sui rovi, i rovi crebbero e la soffocarono.

Qui il terreno era buono, ma era un terreno dove c'erano anche le spine. E'cresciuta la pianta, sono cresciute le spine e l'hanno soffocata, perché le spine non gli hanno permesso di ricevere l'ossigeno e la luce del sole. Non è difficile riconoscere nelle spine le paure che soffocano il maturare le scelte vere della nostra vita; quanti giovani hanno rinunciato a vivere con pienezza perché dominati dalle paure, così da non aver fatto ancora una scelta vera nella loro vita. Quante volte abbiamo sentito parlare in questo modo:"cosa ci guadagno con ciò? ...E se poi perdo tutto! ...E se poi vengo abbandonato?"...fidarsi è bene, non fidarsi è meglio...", tutto questo ci richiama un senso di insicurezza che fa nascere la paura che ci domina rendendoci schiavi di essa, soffoca la nostra vita e ci impedisce di crescere.

Tutti noi ricordiamo la storia di S. Francesco e il lupo feroce di Gubbio. Il Santo non scappa di fronte alla violenza del lupo, vuol capire perché è violento. Si avvicina e si accorge che il lupo non è cattivo, ma ha solo fame e paura per cui invita i cittadini  a dargli da mangiare e non le legnate così ritornerà ad essere tranquillo e non più minaccioso. Questo nostro tempo non è  forse più cattivo  dei tempi passati, richiede la stessa attenzione e lo stesso coraggio per vedere che dietro tanta violenza c'è spesso solo fame di verità e giustizia e paura del futuro perché la fiducia in Dio si è indebolita. La paura è un'emozione naturale e complessa, una reazione di difesa, una paralisi che ci porta ad aggredire o a fuggire. Oggi si vive un clima di paura diffusa e di insicurezza che fa comodo a chi ha interesse a distrarci dal nocciolo dei problemi e impedirci di cercare soluzioni. La paura è come un cane, se scappi ti morde, la devi affrontare con coraggio come ha fatto Gesù quando ha incontrato sul suo cammino i vari "lupi di turni ", Lui non è scappato, ha pagato a caro prezzo ma ci ha donato il suo Spirito di verità e di coraggio dicendoci: "non abbiate paura: io ho vinto il mondo".   

Il terreno buono... Infine Gesù dice:"un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto".

Quindi nella prima non germoglia, nella seconda spunta e si secca, nella terza cresce e si soffoca, qui invece nel terreno buono libera tutte le sue energie" e diede frutto,il trenta, il sessanta, il cento per uno". Al tempo di Gesù quando da un chicco di grano nasceva una spiga con dieci o tredici chicchi era già considerato un buon raccolto, perché la media era sette o otto chicchi, in annate eccezionali si aveva una spiga con addirittura trenta chicchi, per cui Gesù ha una fiducia immensa in noi che oltrepassa il buon senso e ogni più splendida previsione umana. Gesù crede in noi più che noi stessi, perché ci conosce meglio di noi stessi e perché sa che con la sua presenza in noi ci fa sprigionare una potenzialità straordinaria di bene che non diminuisce e non rimane stabile nel tempo ma addirittura cresce, ora il trenta, ora il sessanta, ora il cento per uno. Possiamo dire che quando c'è LUI in noi e ci lasciamo condurre da Lui, la nostra vita diventa "un miracolo" sempre più stupendo: Tocca a noi però scoprirlo, non dimentichiamo che il ‘cento’ nella bibbia è segno e valore di "benedizione", perciò la nostra vita è chiamata a diventare una benedizione per tutti, questa è la nostra chiamata, cioè la nostra"vocazione". Per il Regno di Dio sei chiamato ad essere "ostinato" come il seminatore che si ostina a lanciare la semente da tutte le parti, non aver paura dei fallimenti che troverai, dei terreni infecondi che incontrerai, perché prima o dopo la benedizione di Dio (la vocazione ad essere terreno fecondo) si rivelerà con il  tuo stupore e lo stupore degli altri che forse prima ti deridevano. Caro amico, non dimenticare: Dio in Gesù ci ha insegnato che il suo donarsi a noi è sempre senza calcoli e senza risparmio e tu sei chiamato ad esserne la sua immagine.

S. Daniele Comboni,  uomo lungimirante che riusciva a intravvedere lo sguardo di Dio sull'umanità, ci illumina e ci dà coraggio. Se lui con l'aiuto di Dio ce l'ha fatta ad essere una "benedizione "per il popolo Africano, perché non tu?

Daniele, si era accorto che il "buon Seminatore"(Dio), aveva lanciato la sua semente nelle strade apparentemente infeconde della sua vita; pensiamo agli "uccelli" che hanno divorato la semente, rappresentati dalle continue morti di tutti i suoi fratelli, che scoraggiavano la forza della parola di Dio che lo chiamava a lasciare tutto per andare, lasciando così soli i suoi "poveri genitori".

Lui si era accorto della semente lanciata sul terreno sassoso che dopo il primo germoglio si secca, rappresentato dalle malattie che lo hanno costretto ben  presto a lasciare l'Africa dopo la sua breve esperienza.

Lui si era accorto anche della semente lanciata sui rovi, rappresentati dai tanti "ragionevoli consigli", di buon senso umano ma anche poco audaci e profetici, ricevuti anche da pie persone per invitarlo ad abbandonare il grande sogno che Dio aveva posto in lui.

Lui si era accorto infine della semente che aveva trovato in lui un terreno accogliente, dove nè le minacce, né le diffamazioni, né le malattie , né l'isolamento, né  il sentirsi abbandonato, ..., lo avevano distolto dalla certezza della sua vocazione di essere terreno fecondo, terreno di benedizione per il suo amato popolo africano, e così nell'abbandono fiducioso in Colui che lo ha amato e scelto, ha scoperto in se stesso il "miracolo di Dio”.

 A te caro giovane, oggi, il Signore ti invita a guardare che, ciò che Lui ha fatto con tanti terreni buoni come ne è un esempio il Comboni, ora lui lo desidera fare anche con te, ricordati la Parola che  ti ha rivolto oggi. Parola che ti chiama a non fuggire dalle tue responsabilità, a non cadere nella trappola della fretta che ti impedisce di ritrovarti e capirti nello sguardo di Dio, a non lasciarti imprigionare dalle paure, ma con animo coraggioso e lungimirante lasciati amare senza misura da quel "Cuore trafitto per amore ", per poi riamarlo nel volto del fratello che non è amato. Scoprirai  e vivrai così la tua chiamata, la “benedizione" di Dio per te, ma non solo per te, perché c'è un popolo che ti attende per essere benedetto anch'esso per mezzo di te. Buon cammino carissimo "terreno buono".

Domande:

-      Ci credo veramente che sono terreno buono, fertile? Ci credo che sono chiamato/a ad essere una "benedizione di Dio"?

-      Come ho reagito fin d'ora quando Dio mi ha chiesto di prendere le mie responsabilità?

-      Nella vita di ogni giorno, accetto di vivere in modo frenetico, oppure ho il coraggio di fermarmi, per ritrovare me stesso/a,e la presenza di di Dio nella mia vita?  

Come affronto le paure che mi abitano dentro? Riesco ad scoprirle e vincerle, oppure cerco di fuggire rimanendovi imprigionato?    

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