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Lc 24,13-35: Partirono senza indugio

GIM Padova, giugno 2010

GIM1, 19-20 giugno 2010


PARTIRONO SENZA INDUGIO

 

Ascolteremo e pregheremo un brano del Vangelo scritto dalla comunità di Luca; molto probabilmente già ascoltato diverse (o tante ) altre volte. Non preoccupiamoci troppo, non diamo per scontato nulla, predisponiamoci ad accogliere la Parola che desidera ancor’oggi essere lievito nella nostra vita. Sarebbe veramente perdere un’occasione, accostarci alla Parola con dei filtri che tentino di renderla sterile.

 

Introduzione

A che punto siamo del nostro cammino? Siamo a giugno, vari di noi hanno nel cuore le ultime esperienze vissute insieme, la marcia della Pace Perugia-Assisi, la convivenza a Limone in compagnia di Comboni e della sua spiritualità, il vangelo di Luca che ci ha accompagnato quest'anno, con “ostinata speranza”. Alcuni hanno fatto il cammino con fedeltà, altri un po' meno … Anche oggi però vogliamo focalizzare l'attenzione su colui che è “Il Fedele” per eccellenza, Gesù di Nazareth, che cammina con noi, si mette al nostro fianco, non ci abbandona. Quando i discepoli, dopo l'assassinio di Gesù si sentono persi, abbandonati, e riprendono la via del ritorno alla loro piatta quotidianità, non come scelta ma come inevitabile ripiego, dato che “non c'è più niente da fare”, allora Gesù si mette al loro fianco e cammina con loro.

 

Contesto storico-letterario

Siamo nel tempo successivo all’uccisione di Gesù di Nazareth.

Alcune donne e poi Pietro hanno visitato il sepolcro in cui era stato sepolto Gesù e lo hanno trovato aperto, con il masso rotolato via. Le donne hanno anche ascoltato il messaggio dell’angelo (letteralmente “messaggero di Dio”) che annunciava la Resurrezione di Gesù. Ma… sono ancora lontani dal fare l’esperienza della Resurrezione, dell’incontro con il Risorto; sono fermi a degli indizi/segni, che seppur importanti, non potranno mai essere decisivi.

 

Leggiamo:

Luca 24,13-35

Breve commento

Due dei discepoli dopo il fallimento, rappresentato dalla tortura e dalla morte di Gesù, sconsolati e tristi fanno ritorno al paesello Emmaus, discutendo animatamente.

È Gesù di Nazareth che impugna con decisione e tenerezza l’iniziativa: “si accostò e camminava con loro”!! Ancora una volta opta per la strada, si assume la responsabilità e ci regala ancor’oggi la possibilità dell’incontro.

Gesù non vuol imporsi in modo più o meno violento; desidera intensamente che i due discepoli facciano un percorso di crescita e di liberazione che li predisponga ad accoglierLo per poi ripartire personalmente e come comunità.

Non solo non sono in grado di riconoscere il Risorto, ma addirittura lo additano come “extracomunitario”, chiamandolo forestiero, fuori dalla comunità. A volte nella nostra vita, alle prese con problemi anche abbastanza gravi, tentiamo di mettere Dio fuori dalla nostra stessa Vita, poiché non corrisponde alle attese ed immagini che abbiamo su di Lui (Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele…).

La testimonianza di alcune donne e di qualche discepolo si basa su dei segni e, pertanto, non ha autorevolezza, in quanto non deriva dall’incontro personale con Gesù Risorto. Quindi, di quelle testimonianze rimane solo un microscopico lumicino acceso, che non considera definitivamente conclusa l’esperienza con Gesù di Nazareth, ma al tempo stesso non è sufficiente ad alimentare la speranza nel trionfo della Vita.

Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!” Gesù invita senza mezzi termini i discepoli a prendere coscienza della loro situazione. È un passaggio obbligato per poter riprendere a camminare. È impensabile vivere in profondità il cammino di discepolato se non si ha la percezione (alla luce della Parola) di ciò che si vive e dell’orizzonte verso cui si è indirizzati.

In piena continuità con l’opzione chiara di porre sempre al centro l’essere umano incontrato, Gesù riparte assieme ai due discepoli riprendendo le scritture che lo riguardavano; in altri termini pone le condizioni affinché possano incontrarLo per ciò che è, senza dover ricorrere alla spettacolarità della straordinarietà.

All’invito a restare con loro, Gesù, risponde affermativamente “entrò per rimanere con loro”. A questo punto del cammino, fatto anche alla luce della Parola, allo spezzare il pane riconoscono d’aver camminato con Gesù di Nazareth. “Si aprirono loro gli occhi”; cadono a questo punto i loro immaginari su Gesù ed allora c’è la possibilità dell’incontro.

Solo in quel momento vi è l’esperienza della Resurrezione: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?

La Resurrezione è proprio quel fuoco nel petto che arde!!!!!

Allora, a tutti gli effetti, possono ripartire senz'indugio verso Gerusalemme. Non è più possibile trattenere questa profonda gioia, è un motivo più forte dei dubbi che prima angustiavano e dei pericoli concreti in cui avrebbero potuto imbattersi nel viaggio.


GUARDANDO IN AVANTI …. Il peso della testimonianza!

Non ci fa male riconoscere la nostra fragilità!! Anzi, proprio da lì dobbiamo partire. Quel “senza indugio” si scontra con la nostra difficoltà ad essere coerenti, fedeli alle scelte intraprese. Vorremmo incarnare la profezia del Vangelo, vivere intensamente GIÀ un'alternativa che dia speranza e fiducia ad una realtà in cui viviamo sempre più chiusa, sempre più intollerante e insicura …. Ma ricadiamo inevitabilmente nelle logiche che razionalmente vorremmo espellere da noi. E ci ritroviamo pigri, svogliati, sfiduciati, pieni di cose e impegni ma spesso rattristati e soli.

E bisognosi di sempre nuovi stimoli per rialzarci....

Vivere il cristianesimo significa, tra le altre cose, coltivare la speranza della salvezza, desiderare una liberazione radicale dal male, dalla colpa, dalla morte, attendere in futuro così intensamente da ospitarne qualche frammento già nel presente. Infatti il senso del futuro si dischiude e può essere pensato non come la rappresentazione del finale del corso delle cose, o semplicemente come il domani, bensì attraverso il riconoscimento del dinamismo essenziale di cui siamo partecipi e da cui siamo attratti. Chi siamo noi che ci interroghiamo sul futuro e continuiamo a sperare ? Siamo esseri posti tra due mondi: tra la contraddizione e l'armonia, tra l'oppressione e la liberazione. Siamo il crocevia, il luogo vivente di un conflitto e di una nascita possibile. Il conflitto è quello tra il bene e il male, la creazione in atto e la minaccia dell'anticreazione. La nascita possibile è quella del regno di Dio nella realtà di tutti, la nascita del futuro assoluto della creazione nel presente che ci è dato. Portiamo in noi questa tensione e proprio per questo siamo capaci di speranza e di disperazione” (R. Mancini, L'umanità promessa, ed. Qiqajon, pag. 93)

Riconosciamo di non essere all'altezza della testimonianza del Dio che abbiamo conosciuto in Gesù di Nazareth, e vorremmo solo per frammenti riflettere nella nostra prassi il dono che ci è dato.

Per frammenti, almeno per frammenti.

Fragili ma coscienti del tesoro che ci è affidato.

  1. Con frammenti di gratuità e di non-potere. Solo frammenti. Perché non sappiamo dove e quando siamo capaci di amare solo per il gusto di amare, di servire senza pretendere il nostro salario, di prestare senza sperare in qualche modo di riavere (magari il centuplo), di dare a chi ci deruba quanto ha, malaccortamente, tralasciato di rubarci, etc … Di dichiararci, dopo aver compiuto ogni cosa, servi inutili. Già, perché, in definitiva, è questo vivere la dimensione della gratuità e della grazia! È creare piccoli spazi di non-potere, abbandonando anche solo per pochi momenti le nostre piccole, malcelate volontà di potenza, ambizioni, prevaricazioni, desideri di rivincita.

  2. Con frammenti di povertà e condivisione. Perché c'è sempre un muro di troppo (di 1000 ragionevolissime scuse), che ci separa dalla condivisione piena e totale con i poveri. E la nostra vita appare, e continuerà ad apparire inguaribilmente (e comprensibilmente,perché la carne è debole) piccolo borghese, con i suoi piccoli agi, le sue piccole manie, i suoi piccoli riti quotidiani (eucaristici pasti, abbondanti e regolari, etc.)

  3. Con frammenti di fraternità e di pace. Solo frammenti, perché il riconoscimento della fraternità vera di tutti gli esseri umani è duro. E presuppone la fine della figura del nemico, perché sia dato lo spazio solo alla figura del fratello, come te figlio dell'unico Dio. E tutto ciò è utopico, perché ci si continua a scannare tra nazioni, tra classi, tra religioni, tra Chiese, e dentro la Chiesa (e tutti naturalmente hanno ragioni da vendere!), dentro le comunità, e dentro le famiglie.

  4. Con frammenti di preghiera e di incontro. Perché anche la nostra preghiera, quand'anche ancorata alla lettura della cronaca o della storia del mondo, appare quasi sempre troppo e soltanto la nostra preghiera e non il gemito dello Spirito che urla a Dio dai bassifondi della non-storia. E l'incontro rischia di essere, spesso, semplicemente, non-incontro, mera figura dell'acquietamento di una cattiva coscienza o proiezione psicologica in cerca di appagamento.

  5. Con frammenti di ascolto e silenzio. Solo frammenti, perché i rumori del mondo ce li abbiamo dentro perfino nel midollo e se sapessimo fare silenzio forse Dio irromperebbe davvero nella storia (almeno nella nostra), per trasformarla, e noi non siamo troppo sicuri di volerci abbandonare incondizionatamente alla sua danza


SPUNTI PER CAMMINARE…..

  • In quali occasioni colloco Dio in condizioni di “extracomunitario”, straniero, ovvero estraneo alla mia storia e a quella della mia comunità?
  • Accolgo la proposta – convocazione di Gesù di camminare al suo fianco e con tanti altri fratelli e sorelle?
  • Come riconosco Gesù Risorto, in un mondo in cui progettiamo più di 50 conflitti armati, in cui ogni anno più di 40 milioni di esseri umani muoiono di fame, fomentata dall’accumulo di pochi?
  • Scegli per quest'estate frammenti di gratuità, povertà, fraternità, pace, preghiera, ascolto: datti un ritmo di preghiera, scegli passi concreti di discontinuità rispetto al sistema. Scegli un campo estivo comboniano in cui impegnarti per 10 giorni di servizio e condivisione.

caminante no hay camino, se hace camino al andar!

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