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II Gim Venegono (novembre 2004): Sequela è: fissare lo sguardo su Gesù che passa

 

Non fissare il tuo sguardo sul

mio dito

GIM2 Venegono Superiore novembre 2004

 

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Sequela è: fissare lo sguardo su Gesù che passa


Non fissare il tuo sguardo sul mio dito,

ma osserva ciò che sta indicando:è la luna piena che illumina il tuo cammino.

(Anonimo)


Il testo: Gv 1, 35-42a

35 L' indomani, Giovanni si trovava ancora là con due dei suoi discepoli. 36 Fissando lo sguardo su Gesù che passava, egli dice: «Ecco l' agnello di Dio». 37 I due discepoli lo sentirono parlare così e seguirono Gesù. 38 Gesù, voltosi e visti i due discepoli che lo stavano seguendo, dice loro: «Che cercate?». Gli dissero: «Rabbì (che, tradotto, significa "maestro"), dove stai?». 39 «Venite e vedrete», dice loro. Andarono e videro dove stava e quel giorno stettero presso di lui. Era circa l' ora decima. 40 Andrea, fratello di Simone Pietro, era uno di quei due che avevano ascoltato Giovanni e avevano seguito Gesù. 41 Egli trova anzitutto suo fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia» (che, tradotto, significa «Cristo»). 42 Lo condusse a Gesù.


Il contesto

Siamo nella settimana inaugurale del vangelo di Giovanni. Il Battista è chiamato a mostrare il vero maestro, Colui che è stato inviato dal Padre (cf. Gv 1, 19). In questo primo capitolo, Giovanni vuole mostrare al discepolo chi è veramente Gesù: “Io ho visto e reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio”, dirà il Battista al versetto 34. E’ su questa certezza che si può giocare la propria vita.

Questi versetti riuniscono i tratti caratteristici del discepolo secondo il quarto vangelo: discepolo è colui che accetta la testimonianza, segue, cerca, viene, vede, dimora, si fa a sua volta testimone”.


Entrando nel testo:

L’indomani (35); è il giorno dopo (il terzo). È il terzo giorno della settimana inaugurale del Vangelo di Giovanni, che si conclude con le nozze di Cana, dove Gesù si manifesta come il “settimo giorno”, la creazione definitiva. Ma è anche il nostro giorno, quello che avviene nella nostra quotidianità. È il giorno dopo perché ce ne è stato uno prima e ne verranno altri. L’incontro con il Signore avviene nel mezzo del cammino, dentro la nostra storia.


Si trovava ancora là (35); cioè nel luogo dove gli era stato rivelato l’autentico volto di Gesù: il volto del Figlio (cf. Gv 1, 34). Insieme ai discepoli sta ancora “contemplando” il mistero che ha vissuto.


E fissando lo sguardo su Gesù (36); il verbo fondamentale di tutto il testo è VEDERE. Si tratta di un atteggiamento che coinvolge tutta la persona. Quel “fissare lo sguardo” significa “tenere gli occhi fissi su Gesù” e non allontanarli più dalla sua persona. Vedere Gesù è una scelta di vita, perché chi vede Gesù vede il Padre e scopre la sua vera identità di figlio/a.


Su Gesù che passava (35); Gesù passa quando meno me lo aspetto, ma devo stare pronto per poterlo accogliere, per non perdere l’occasione della mia vita.


“Ecco l’Agnello di Dio” (36); ecco l’atteso da sempre, Colui che ci rende veramente liberi, che ci rende pienamente la nostra dignità. Adesso sappiamo che Gesù è il Figlio diletto del Padre, del quale ci rivela la pienezza dell’amore.


E i due discepoli seguirono Gesù (37); dopo che hai visto il Signore, come puoi restare indifferente? Ora che sai che Lui passa nella tua vita, devi muovere i tuoi passi verso di Lui, devi avere il coraggio di fare la tua scelta. Questo è il tempo decisivo. I verbi della sequela sono chiari: vedere, seguire, stare con/dimorare.


Gesù… vedendo che lo seguivano (38); ora lo sguardo è quello del Maestro, che si fissa sui discepoli guardandoli con l’amore e la tenerezza di chi vuole accogliere e mostrare il cammino per la vita, la felicità. Quello stesso sguardo che ha perdonato Pietro, che ha accolto Natanaele, che ha salvato la Maddalena, che ha amato Giovanni e Maria ai piedi della croce. È lo sguardo che mi fissa nel profondo del mio cuore, della mia esistenza.


“Che cercate?” (38); la domanda è rivolta a me, a te. Siamo invitati ad accogliere la provocazione rivolta ai discepoli. Che cosa cerchiamo alla fine? Di chi abbiamo desiderio autentico? Quale sete vogliamo appagare nella nostra vita? Gesù non forza il nostro passo, ma ci rivolge la domanda decisiva, quella che mette in moto ogni cammino di vita. La ricerca della mia, della tua verità.


“Rabbì dove abiti?” (38); i discepoli non sanno rispondere perché ancora non sanno la risposta. Solo il Maestro ci può indicare il cammino per giungere alla meta. Solo dimorando (facendo comunità con Lui) nella sua casa è possibile creare la dinamica giusta per una sequela che diventa scelta di vita. Stare con Gesù significa rendersi disponibili ad ascoltare, a vedere, a contemplare, a gioire e soffrire con Colui che è Signore della vita e della storia venuto perché tutti abbiano la vita in abbondanza.


“Venite e vedrete” (39); il Signore invita personalmente ad incontrarlo. Come fu per Zaccheo, che abbandonò il suo posto sicuro e privilegiato in cima al sicomoro, è necessario che anche noi muoviamo il nostro passo deciso verso il Maestro. Non si può più esitare. Aspettare che cosa? Questo è il tempo giusto, l’ora in cui è necessario “fermarsi presso” il Signore. Non si può più rimandare la scelta. Come per la Maddalena, per Giovanni nell’ultima cena, per i discepoli di Emmaus, è necessario fermarsi con il Maestro. Perché ascoltandone la Parola, fissando gli occhi sul suo sguardo, contemplando i suoi gesti d’accoglienza e tenerezza, possiamo sentire dentro di noi la sua presenza liberatrice.


Si fermarono presso di lui; era circa l’ora decima (39); questa è l’ora in cui devo decidere. È l’ora in cui il Signore vuole porre la sua dimora presso di me. Vuole stabilire la sua tenda dentro la mia vita. È il tempo nuovo, il “kairòs” di Dio: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Le cose antiche sono passate, ora ne accadono di nuove”. Sono io il tempo nuovo di Dio. Sono io il momento propizio. Questa è la mia ora decima, quella in cui devo prendere la decisione più importante della mia vita: lasciare che il Signore si fermi presso di me! È permettere all’iniziativa di Dio, alla sua creatività di rendermi persona nuova: discepolo della pace, della giustizia, della verità. Come Comboni, sentire dentro di me quel richiamo forte che lo ha animato tutta la vita: O Africa, o morte! O Cristo o la mediocrità.

È interessante notare che Gesù non proponga ai discepoli un’attività, un servizio, una missione. Perché la prima e autentica missione è quella di lasciarsi incontrare da Lui, lasciarsi conquistare dal suo amore, per mettersi poi alla sua sequela nella storia.


Abbiamo trovato il Messia (41); dopo l’incontro con il Maestro, i due discepoli si sono fermati con Lui, hanno dimorato, fatto comunione. Ora, dopo questa profonda esperienza d’intimità con il Signore, in loro sorge un desiderio autentico di condividere ciò che hanno vissuto. È la testimonianza, offrire l’opportunità ad un altro di farsi discepolo. L’incontro con Gesù è qualcosa di contagioso. Il discepolo si fa segno: diventa riferimento per gli altri. Ma non punta il dito su di sé, ma indica Colui che è il Signore autentico della vita: “e lo condusse da Gesù”.

È il nostro compito di discepoli: dall’incontro con il Maestro nasce la nostra sequela. Che non rimane esperienza isolata e individuale. Subito si trasforma in desiderio di condivisione. Dall’esperienza alla testimonianza.


Possiamo concludere dicendo che il Vangelo di Giovanni, in questo primo capitolo, ci mostra la sequenza del discepolato:

 a. vedere il maestro, cioè riconoscere che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio.

b. rimanere con Lui, stabilire una profonda comunione con il Signore.

c. testimoniare, ovvero dalla chiamata, al desiderio della condivisione dell’esperienza.


Per la preghiera:

testi utili: Sl 8; Ger 1,4-10; Lc 1, 26-38.


Per la riflessione:

Che cosa sto cercando nel mio cammino di fede?


Con chi voglio stabilire la mia dimora?


 

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