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Dalla catechesi del GIM di Bari, una riflessione sul brano del Vangelo di Giovanni 6,1-15, a cura di
suor Patrizia Di Clemente

La con-divisione dei pani e dei pesci (Gv 6,1-15)

Il brano del Vangelo di Giovanni, che ascoltiamo e preghiamo oggi, si inserisce nel contesto del cammino che stiamo vivendo quest’anno. Nuovamente, lo ripetiamo, incontriamo quei segni di vita di Gesù, che toccano la nostra vita, la vita di tanta altra gente e la vita di tantissimi nel corso della storia. Toccare è una delle prerogative che caratterizzano l’incontro con Gesù che si perpetua in tutta l’esistenza, marcandoci di quel segno che vuole essere indelebile e che è tale perché impregnato del suo amore.
Lasciarsi e farsi toccare in modi diversi attraverso mezzi diversi: la parola, lo sguardo il tatto… Anche oggi vogliamo immergerci nell’incontro con Gesù che vuole toccarci. E subito, già da ora, ci chiediamo: in che modo desidero farmi toccare? Come mi predispongo a questo incontro?

Questo brano mostra una tipologia simile ai brani incontrati finora, quelli che appartengono alla categoria dei sette segni di Gesù nel Vangelo di Giovanni. C’è una festa, c’è della gente, e c’è un segno.
Il carattere di novità, o che contraddistingue la narrazione, a detta di alcuni studiosi, è proprio il contesto. Il contesto della comunità e dell’autore, che inseriscono nel Vangelo di Giovanni questo brano in un tempo postumo, probabilmente necessità sorta dal bisogno di sottolineare un aspetto importante della relazione del credente con il Dio della vita, che è pane di vita, per darne una catechesi sull’Eucaristia, il segno indelebile che separa il poco per farlo diventare molto.
Ma guardiamo un po’ come questo si svolge.

Già vi anticipo che questo brano, questi incontri, questi fatti, oggi, li vogliamo leggere alla luce della condivisione che non viene necessariamente in maniera verticale, e forse neppure orizzontale, ma in si compie, o Gesù vuole che si compia in maniera circolare. La vita è circolarità. Mi piace contestualizzare l’incontro di oggi in questa circolarità di vita che tocca tante dimensioni del nostro vissuto.

Dopo questi fatti: quali fatti? Quali sono i fatti che toccano la vita della gente al passaggio di Gesù? Oppure quali fatti toccano la vita di Gesù nel suo camminare di qua e di la, di su e di giù? I fatti, i fatti di tutti… i nostri fatti. Siamo sempre immersi nei fatti, negli avvenimenti che ci toccano e che in una maniera o nell’altra viviamo, i fatti dai quali siamo vissuti.
La gente, la folla, va da Gesù per i segni che ha compiuto. Per i segni che compie: le guarigioni sui malati!

Siamo in un tempo di festa; la grande festa per il popolo e la gente che, invece di andare a Gerusalemme per la Festa, cerca, segue, va ad incontrare Gesù. Si crea un grande raduno di popolo (cinquemila uomini, si dice!). E di un gruppo di popolo specifico: gente che ha bisogno di guarigione.
Vanno contro corrente con Gesù o per Gesù. Cercano qualcosa che la festa della Pasqua, lì, in quel momento non poteva dare. Un segno diverso, un segno nuovo (capito o non capito, questo non importa ora). La festa della Pasqua (ci viene detto) che è il tempo, l’ora della vigilanza per essere pronti ad accogliere la salvezza; è anche la festa delle primizie, delle cose nuove e buone raccolte dopo tanto duro lavoro, dei frutti generati, i primi, i nuovi. E’ la festa dei cereali che si raccolgono e che poi vengono usati per fare il pane. Si conservano e si usano nel tempo… non scadono e non finiscono immediatamente.

Gesù ha compassione della folla e vuole saziarla. Come? Lo sappiamo, lo abbiamo letto e riflettuto tante volte. Ma lasciamoci ancora avvolgere dalla Parola, dai fatti e dall’incontro che può essere sempre nuovo.
Gesù non compie un miracolo estraniato dalla storia del momento, Gesù non fa fuochi d’artificio dal nulla e non ci stupisce con effetti straordinari.
Gesù abilita a dare e a fare: qui si compie qualcosa insieme. E questo diventa straordinario. A volte non siamo capaci di vedere lo straordinario nell’ordinario della vita, ma forse è proprio questo l’invito che oggi Gesù ci fa con questo brano. Qui viene mostrato come nella vita si crede d’avere sempre poco (o almeno lo pensiamo) e Gesù ci fa vivere un’esperienza diversa: il poco condiviso basta per tutti. Io trovo qui l’invito del vedere il “di più” nel poco. E’ una sfida per noi oggi che cerchiamo sempre l’arricchimento in tutte le sue forme. Non ci piace il poco, anche quando è buono e bello.

Un giovane ragazzo, con pochi pani e pesci, li offre, vengono condivisi, sazia tutti in un momento di convivialità non previsto… la folla non si era radunata per mangiare, ma per vedere Gesù, ascoltarlo, magari anche per guarire.
Mi piace anche approcciare questo passaggio nella logica della re-distribuzione. Distribuire in maniera diversa ciò che è a disposizione. Lasciamo un po’ di spazio e tempo per riflettere su questo in relazione all’incontro con Gesù che non fa nulla di speciale, se non rendere ciò che è ordinario di un impatto carico di forza creatrice.
Tanta gente sdraiata su tanta erba: nella traduzioni letterali non si parla di uomini seduti ma sdraiati e nella cultura del tempo chi stava sdraiato al momento del pasto erano i signori, i potenti e non i poveri, la gente semplice, i servi, che invece dovevano appunto servire. Un banchetto un po’ fuori dalla norma, quindi!
Tutta la folla viene saziata, si sazia in abbondanza perché sappiamo che ci sono degli avanzi che vengono raccolti per non lasciarli lì, sprecati … perché nulla vada perduto di ciò che è stato condiviso (mi vengono in mente quelle belle situazioni di convivialità che spesso si vivono qui dalle nostre parti a Bari: si porta del cibo per condividere un pasto e poi gli avanzi raccolti vengono ridistribuiti, così si arriva all’incontro con le mani che portano qualcosa e si va via con le mani nuovamente piene!).

Questa azione di Gesù non è un miracolo, ma è un segno straordinario! Un segno che richiede alla folla la capacità di comprensione del moto della sazietà, che non è data dal pane, ma dall’azione di chi dona, di chi si è fatto capace di donare.
Però vediamo che la folla si ferma al fatto della sazietà e delle loro aspettative primarie soddisfatte, cioè di incontrare un fatto straordinario in Gesù e per questo è pronta a riconoscere in Gesù il re atteso, potente e grandioso, capace di sconfiggere il male e portare liberazione… ma alla maniera umana.

Giovanni scrive che “volevano impadronirsi di lui per farlo re”. Che idea abbiamo noi oggi di re?
Molto probabilmente non si discosterà tanto da quella che avevano le persone al tempo di Gesù. La regalità ci fa pensare a qualcosa legato alla supremazia e alla potenza, al saper e poter fare ciò che altri, “normali”, non sanno o non possono. A voi la riflessione!

Ma Gesù viene in maniera semplice, senza tanto clamore (se non quello vissuto entrando in Gerusalemme a cavallo di un asinello), e in semplicità ci invita a capire cosa significa quel pane (abbondante) donato.
Gesù si allontana dalla logica di quel popolo, si discosta, fisicamente, rifiuta la logica del potere che la gente gli vuole mettere addosso e se ne va nuovamente, sul monte e da solo.

La narrazione inizia ponendo Gesù sul monte con la folla e termina con Gesù che si trova un posto, sul monte, da solo.
I luoghi sono importanti. Dove ci mettiamo noi? Dove decidiamo di andare? In che modo ci poniamo nei confronti di quello che abbiamo? Come mi lascio condividere, re-distribuire alla folla?

pani e pesci

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