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Adempiamo ogni giustizia

Catechesi dell'incontro MisMo del 4 novembre 2017 a Modena.

Introduzione

All’inizio della sua vita pubblica, Gesù si trova sulle rive del Giordano, dove Giovanni predica e amministra un battesimo di conversione. Denunciava un sistema socio-economico ingiusto, che sfruttava e impoveriva sempre più la gente, che non ce la faceva più.

La gente comune era soggetta a tre tassazioni: quella romana, quella del re tetrarca e quella del tempio. Nella ricostruzione che gli storici fanno di quel tempo, sembra che fino al 70% dei raccolti dei contadini della Galilea andassero in tasse. Era impossibile farcela in un’economia di sussistenza come quella di quel tempo. Così i contadini prima si indebitavano e poi veniva ridotti in schiavitù con le loro famiglie. Al contempo, i ceti più abbienti approfittavano di queste situazioni e si creavano latifondi, grandi proprietà terriere che andavano ad accrescere la loro ricchezza e prestigio. Ma sotto questa enorme pressione, covavano dei movimenti di resistenza, che speravano in una rivolta armata che cacciasse gli oppressori e liberasse la popolazione da questo giogo.

Giovanni insisteva che non rimaneva tempo: o la società portava frutti di giustizia e di pace, o sarebbe stata la fine. “Che cosa dobbiamo fare?”, chiedevano a Giovanni. La conversione che questi predicava richiedeva un nuovo stile di vita basato sulla condivisione, lasciando la strada dell’accumulo di risorse e dello sfruttamento; e sulla giustizia, lasciando la violenza e l’oppressione dei più deboli.

C’era una grande attesa, il popolo esasperato attendeva una liberazione. Attendeva il Messia, che avrebbe condotto il popolo con potenza, sconfitto gli oppressori romani e annichilito i peccatori.  

 

Mt 3,13 – 4,11

3,13Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

4,1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».

5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». 11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.  

 

Un Messia diverso

Gesù fa una cosa molto strana: si mette in fila con i peccatori per essere battezzato come loro. Giovanni lo riconosce come Messia e vuole impedirglielo… la purezza e giustizia del Messia non è compatibile con il battesimo di conversione. “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”, gli dice Gesù. Giustizia, nel lessico biblico, significa “relazioni corrette”, secondo il sogno di Dio. Cioè stabilire rapporti di fraternità, di equità e costruire nuove relazioni che generano vita. A Gesù sta a cuore la relazione con i peccatori e porta all’estremo la solidarietà predicata da Giovanni. Il battesimo era un simbolo di purificazione dal peccato, di morte al passato. Con questo gesto, Gesù ci comunica che il cambiamento di un sistema di peccato, come era quello della società del suo tempo, passa attraverso la solidarietà con l’umanità, con le sue ferite, le sue fragilità, le sue ansie e sofferenze. Questa immersione nella fragilità dell’umanità diviene un’esperienza spirituale che segna la vita e la missione di Gesù. Immediatamente esce dall’acqua e “si aprirono per lui i cieli”: questa espressione viene dal linguaggio apocalittico e indica la comunicazione di Dio con l’umanità. È un’esperienza intima (“per lui”), non visibile a tutti, in cui Gesù sente lo Spirito di Dio che scende su di lui. Cioè sente dentro di sé tutta la forza dell’amore di Dio.

In Gesù si realizza l’uomo come doveva essere nei piani di Dio: figlio amato che vive dell’amore del Padre. Gesù si sente amato gratis dal Padre, incondizionatamente, e lo sperimenta proprio nel suo essere solidale fino in fondo con l’umanità. Qui capisce che la missione a cui è chiamato è quella di umanizzare le persone, il popolo, la società. La decisione di Gesù di dedicarsi pienamente al bene dell’umanità nasce qui ed attrae irresistibilmente lo Spirito di Dio, che si posa su di lui. Questo avviene anche per tutti quelli che accolgono Gesù e si coinvolgono nella sua missione.  

 

Il discernimento di Gesù

Nel battesimo Gesù viene investito della sua missione. Subito dopo, nella scena delle tentazioni, discerne il modo in cui portarla avanti. Lo troviamo nel deserto, che digiuna per 40 giorni, una scena che ci comunica la realtà di un’esperienza di pienezza in Dio. La location richiama l’Esodo: qui il vangelo ci comunica la realtà di un esodo dalla situazione di dominio, violenza, ingiustizia che caratterizzava la società in cui viveva Gesù.

La comunione con il Padre nel deserto fa nascere in Gesù la fame, il desiderio di cibarsi di quanto viene da Dio e di comunicarlo agli altri. È il sogno del Regno di Dio. Ma come comunicarlo? Come far nascere una società alternativa capace di accogliere il Regno, di liberare l’umanità dentro ogni persona e nelle strutture socio-economiche?

La prima difficoltà che Gesù ha sperimentato è stata l’esperienza della fame, cioè di un bisogno vitale. Si è reso conto che assolutizzare il proprio bisogno personale, cioè metterlo davanti alla relazione, porta all’auto-referenzialità, a volersi salvare da soli anziché assieme agli altri. I beni non sono più uno strumento per alimentare la vita e le relazioni, ma una ricchezza da accumulare e tenere e per sé. Gesù sceglie di farsi pane perché gli altri abbiano vita in pienezza, anziché darsi del pane, o usare le sue qualità a proprio esclusivo vantaggio.

“Fa che le pietre diventino pane” è la logica della massimizzazione del profitto per il proprio tornaconto. Mascherato, magari, dall’ipocrisia di voler saziare la fame dei popoli. Convertire anche i sogni in tornaconto economico. Niente fiori, solo denaro. Niente poesia, solo ricchezza. Niente musica, solo profitto.

La seconda difficoltà che Gesù trova è quella delle aspettative della gente. La tradizione religiosa credeva che il messia si sarebbe manifestato sul pinnacolo del tempio, cioè si aspettava un intervento prodigioso da parte di Dio. Sperava in una scorciatoia, in una soluzione dall’esterno dei propri problemi, che sovverte la realtà con un tocco magico e che così separa il bene dal male, facendo piazza pulita dei cattivi, cioè degli altri. Insomma, delle azioni spettacolari che si impongono, manifestazione di un potere senza eguali. Ci piacerebbe un Dio che ratifichi il nostro disimpegno e ci sostituisca nelle scelte decisive.

Gesù rifiuta la manipolazione della Scrittura e un Dio che si manifesta attraverso segni di potere. Il Regno non si impone, ma viene silenziosamente quando viviamo la giustizia, cioè relazioni corrette, di uguaglianza, che generano vita. Viene attraverso la fedeltà al sogno di Dio che si esprime in scelte di fraternità, di misericordia. Tutto questo è possibile quando facciamo l’esperienza di essere figli e figlie amate dal Padre, che si fidano della fedeltà di Dio anche quando gli avvenimenti e le situazioni in cui ci troviamo ci mettono paura, ci spingono a chiedere che Dio ci ascolti e faccia come noi vogliamo. Ecco la tentazione del prodigio. La distorsione della religione a scopi d’interesse. Un Dio utile, di cui ci si serve, funzionale ai nostri progetti. Gesù riafferma invece il bisogno di restare in ascolto di Dio ed accogliere la sua azione nella storia, cioè mantenere la fedeltà alla Parola di Dio, restare in sintonia con il Padre senza costringerlo a fare qualcosa di eclatante per dimostrare che ci ama (“non tentare il Signore Dio tuo”).

La terza sfida di cui Gesù fa esperienza è quella della seduzione del potere. Gesù viene idealmente portato su un monte molto alto, un luogo che allude alla dimora della divinità. Nella cultura dell’epoca, ogni persona che deteneva il potere si riteneva di “condizione divina”. La tentazione è quella di portare avanti la missione con il potere e il dominio. Ma questi, in realtà, non umanizzano! Gesù invece sceglie di manifestare il Regno nell’amore e nel servizio.

Ecco la tentazione del potere: crescere salendo sulle spalle dell’altro. Mettere spalle al muro il prossimo perché dipenda da me. Togliergli l’aria, perché deve prenderla dalle mie bombole. Negargli la dignità perché sia io a conferirgliela col contagocce.

É anche la tentazione della “violenza redentiva”, dell’uso della forza e del potere a fin di bene. Un mito che respiriamo quotidianamente, nelle narrative dei film come dei media e dello spettacolo: contro quello che etichettiamo come “il male”, la violenza è legittima, anzi auspicabile per eliminarlo una volta per tutte. Gesù invece ci fa capire che qualsiasi violenza disumanizza, non risolve alcun problema ma lo amplifica. La vera alternativa, quindi, è qui: o diamo il primato all’amore, e il potere diminuisce; o diamo il primato al potere e l’amore va a farsi benedire.

Il periodo che Gesù ha trascorso nel deserto è stato un tempo di discernimento su come compiere la missione di inaugurare il Regno nella sua società e nel mondo. Ne viene fuori con la visione di una società alternativa, che si basa sulla condivisione anziché sulla ricchezza; sull’uguaglianza, relazioni orizzontali, anziché sul prestigio e l’esclusione; sul servizio invece che sul dominio sugli altri.    

 

Domande per la riflessione personale:

1. Quale parola, frase, immagine del vangelo di oggi ti ha toccato in modo particolare? Che cosa ha suscitato in te? Che messaggio ti comunica?

2. Gesù ha fatto esperienza di vita in pienezza scegliendo la solidarietà con gli esclusi, abbracciando e rivelando la loro dignità, il loro essere amati gratuitamente dal Padre. Che cosa suscita in te questa sua esperienza? Evoca in te qualche esperienza personale di vita bella?

3. Condivisione, uguaglianza e servizio caratterizzano lo stile di vita di Gesù e della comunità radunata attorno a lui: che cosa ti attrae di questo modo di vivere le relazioni? Perché?

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