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Saper andare oltre i limiti e le convenzioni del proprio tempo appartiene ai santi

OrmeGiovani scritto da padre Diego Dalle Carbonare, missionario in Sudan, ispirato dal brano del Vangelo Gv 9,1-41 e pubblicato sul numero di Marzo 2020 di Nigrizia.

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Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del ciecoe gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10 Allora gli chiesero: «Come dunque ti furono aperti gli occhi?». 11 Egli rispose: «Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista». 12 Gli dissero: «Dov'è questo tale?». Rispose: «Non lo so».
13 Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16 Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un peccatore compiere tali prodigi?». E c'era dissenso tra di loro. 17 Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». 18 Ma i Giudei non vollero credere di lui che era stato cieco e aveva acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19 E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20 I genitori risposero: «Sappiamo che questo è il nostro figlio e che è nato cieco; 21 come poi ora ci veda, non lo sappiamo, né sappiamo chi gli ha aperto gli occhi; chiedetelo a lui, ha l'età, parlerà lui di se stesso». 22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età, chiedetelo a lui!».
24 Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». 25 Quegli rispose: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo». 26 Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27 Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28 Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30 Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31 Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34 Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori.
35 Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». 36 Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37 Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». 38 Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi. 39 Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». 40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». 41 Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane».

«Con la bocca benedicono / ma nel loro cuore maledicono». Così recita il salmo 62, quando parla dei violenti. Turoldo titolava questo salmo “A pesarli sono aria”. Sembra parli di loro, quegli stessi farisei di Giovanni, capitolo 9. Professionisti dell’incartare con le loro belle parole il loro essere marci, piccoli. Insomma, per dirla con papa Francesco, mafiosi.

Il capitolo in cui Giovanni narra della guarigione dell’uomo nato cieco sembra quasi un teatrino dove nessuno sembra vedere e nessuno vuole ascoltare. Il cieco non sa chi lo ha guarito. I suoi genitori conoscono cosa è successo, ma non parlano, scaricando su di lui il fardello della verità. I farisei si fanno ripetere la storia della guarigione, come se non l’avessero sentita a sufficienza, provocando il miracolato a sbottare «volete anche voi diventare suoi discepoli?». Sembra il teatrino delle tre proverbiali scimmiette “non vedo”, “non sento” e “non parlo”.  

C’è solo uno che ascolta. Dio “ascolta” le preghiere di chi gli è timorato e fa la sua volontà (v. 31). E Gesù “ascolta” che il miracolato è stato scomunicato, cacciato dalla sinagoga (v. 35).   

L’ascolto, prima che essere la porta della legge di Mosè, è una delle cose che da sempre hanno caratterizzato Dio (anche perché lui non ci chiede cose che lui stesso non sia pronto a fare per primo). Fin dai tempi del roveto ardente, Dio è quello che vede la miseria degli oppressi, ascolta il loro grido, conosce le loro sofferenze e scende per liberarli (Es 3,7-8). Non siede sull’Olimpo, su un trono imbottito di distacco e indifferenza, ma ci cammina accanto. Ci conosce per nome.  

L’ascolto è il pronao dell’alleanza, il suo passaggio obbligato. L’ascolto che viene da entrambi: Dio ascolta il povero che grida, e questi ascolta la sua promessa. Senza ascolto non c’è storia, non c’è né Dio né umanità, ma solo la pagliacciata del teatrino dell’arroganza. L’ascolto è madre dell’iniziativa. Chi ascolta ha già fatto il primo passo.  

La tentazione per chi si dichiara non-fariseo è di dire che i farisei sono cattivi, ma si tratta di un inganno auto-contradditorio, perché dividere il mondo fra buoni e cattivi è già in sé farisaico. A essere onesti, i farisei sono poveracci, gente ridotta ad andare avanti col paraocchi. Sono ciechi. Non lo fanno per cattiveria, ma si rinchiudono in un piccolo guscio fatto di autogiustificazioni e dichiarano guerra a tutti quelli che sono fuori. Appena uno arriva e prova ad aprire i loro occhi, o a sbeccare il loro guscio, subito si fanno prendere dall’isteria collettiva e lo cacciano fuori. Ma questo poco ha a che fare con la cattiveria, trattandosi soprattutto di istinto di sopravvivenza.  

Nessuno sconto
È quello che vediamo tutti i giorni qui in Sudan, in quello che è il “dopo” dittatura. Ma da quando Al-Bashir è caduto, c’è qualcosa di nuovo che aleggia negli uffici della burocrazia, qualcosa che ha l’odore del fiele. Lì dove la vecchia guardia ha tenuto le redini del potere per trent’anni, si sta svolgendo una snervante lotta per la sopravvivenza. I falchi del vecchio regime non vogliono certo cedere il posto alle colombe della rivoluzione, che tra l’altro sono ricche di buoni intenti, ma povere di sfacciataggine (penso a Gesù che ai suoi diceva di essere semplici come colombe, ma astuti come serpenti... una lezione spesso ignorata dai giovani della primavera araba, anche qui in Sudan).  

Un po’ fanno anche pena, i burocrati del vecchio regime, perché – anche se conniventi – sono stati ridotti a servi da un sistema più grande di loro, e non si sono accorti di essere diventati irrimediabilmente pericolosi, a sé stessi e agli altri. E adesso pagheranno il conto di tutto il tempo in cui sono stati al potere. Senza riuscire a capirne il perché. Lo diceva il pedagogista brasiliano Paulo Freire che l’onere della coscientizzazione – ovvero la ri-umanizzazione – spetta agli oppressi, non perché gli oppressori siano intrinsecamente cattivi, ma piuttosto irrimediabilmente incapaci.  

Detta così, sembra una guerra senza prigionieri, e in buona parte lo è. Gesù stesso non dà una pacca sulla spalla ai farisei, ma chiude il discorso rincarando la dose lapidariamente: «Poiché dite “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane». Non ci sono né sconti né tempi di recupero.
Per riassumere, sono in pochi a vedere e a sentire, perché vedere e sentire sono arti divine. La Chiesa li chiama santi: sono quelli che hanno visto quello che i loro contemporanei non riuscivano a vedere.   

Un esempio fra tutti, san Daniele Comboni che nell’Africa del 1800 vide la protagonista della propria rigenerazione... Non c’è da meravigliarsi che lo abbiano preso per matto. Per capirci, dove tutti vedevano una donna da abusare lui vedeva una madre.  

Solo Dio e le persone “divine” riescono a vedere e a sentire. Gli altri recitano un copione scritto dalla scimmia antica.  

P. Diego Delle Carbonare  

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